Freccia-sx4.jpg (2157 byte)    L’età inquieta                        
Titolo originale: La vie de Jésus. Origine: Francia. Anno: 1997. Regia, soggetto, sceneggiatura: Bruno Dumont. Interpreti: attorni non professionisti, autentici abitanti del luogo.Il regista: Bruno Dumont è alla sua prima opera cinematografica, ma ha alle spalle un nutrito bagaglio culturale (è laureato in psicologia) e professionale (giornalista)
Siamo nel profondo nord della Francia, in una piana agricola delle Fiandre, al confine con il Belgio. Un piccolo villaggio, Bailleul, in una zona depressa, poche case ai bordi di una strada deserta i cui unici frequentatori sembrano Freddy, il figlio della proprietaria del bar che soffre di epilessia, e i suoi amici a bordo di vecchi e rumorosi ciclomotori truccati. Le giornate si ripeto uguali, una dopo l’altra: non c’è nulla da fare, nulla da dire, nulla da sperare. Anche Freddy vive, come il suo uccellino, nella gabbia di una condizione umana che gli impedisce di volare, ma lui in fondo è più fortunato dei suoi coetanei : ha una ragazza: Marie, con cui fare all’amore. In questa condizione la rabbia, prima o poi, finisce per esplodere. È così che, quando Kader, figlio di immigrati, comincia a ronzare intorno alla sua bella, la noia precipita nella tragedia.
Il film da, come pochi altri, una immagine forte, tagliente e crdua del disagio giovanile. Il regista dà della realtà in cui si svolge la vicenda una rappresentazione cruda, senza mezzi termini, incluse le scene di sesso tra le più esplicite che si siano mai viste nel cinema non hard. Dapprima presenta allo spettatore la noia, l’indolenza, l’incomunicabilità, l’accidia, i riti di una vita sempre uguale a se stessa, introducendoci in un piccolo mondo di proletari. Poi ci mostra come la devastazione civile e culturale produca pulsioni violente, bestialità, ignoranza, violenza, razzismo ed anche omicidio. Freddy riflette nel suo comportamento il malessere di quel mondo isolato, separato, dimenticato e come Gesù (si ricordi che il titolo originale è: La vie di Jésus) porta sulle sue spalle (si guardi come cammina ...) e nel suo fisico (è epilettico ... ) tutti i peccati di quel mondo.
La disperata solitudine di questo mondo, fatta di isolamento, frustrazione, disoccupazione, disagio è resa dal regista con inquadrature staccate le une dalle altre, isolate come frammenti di un specchi andato in frantumi.
Il film non è poi così disperato come a prima vista può sembrare. Alcune scene e inquadrature fanno intravedere spiragli di speranza. Quando il gruppo di ragazza va all’ospedale a far visita all’amico malato di AIDS, sullo sfondo compare un poster sulla resurrezione di Lazzaro quasi a voler suggerire che non sempre la vita esce sconfitta dal mistero dell’esistenza. Il film poi termina con una soggettiva di Freddy che guarda verso un cielo sereno, sia pure con qualche nube, che nel farsi più luminoso lascia presagire come un’attesa di giornate più serene.

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