Era mio padre
Titolo originale: Road To
Perdition - Nazione: Usa - Anno:
2002 - Genere: Drammatico
Regia:
Sam Mendes - Cast: Tom Hanks, Paul Newman, Jude Law, Jennifer Jason Leigh.
Trama:
Michael O'Sullivan, conosciuto ad amici e nemici come l'Angelo della
Morte, se pur coinvolto profondamente nel suo lavoro è anche dedito alla sua
vita privata come padre di due giovani. Quando, però, questi due mondi entrano
in collisione, tanto che deve assistere alla morte della moglie e del figlio più
piccolo, O'Sullivan ed il figlio superstite, Michael jr., abbandonano la loro
pacifica vita familiare e si imbarcano in un viaggio di vendetta.
Commento
Il titolo originale è: Road To Perdition,
che significa strada per la perdizione, ma anche strada per Perdizione, un
piccolo paese degli USA. Strada per la perdizione è anche l’esito tragico
della vicenda. È questo anche in
un certo senso il significato del film. Si tratta di un film noir. Il genere
noir al cinema è storia di
gangsters, dell’America degli anni 30 della depressione. Ma vuol dire anche
tragedia della contemporaneità.: Il genere noir al cinema ci racconta la
dimensione tragica. Se nella commedia si può giocare con gli dei, nella
tragedia non è possibile giocare con gli dei. Occorre sottomettersi. La
tragedia è una strada inevitabile. La storia nasce da un fumetto, un fumetto
noir. Il regista sa che questa storia è già stata raccontata. Allora ci mette
la preziosità, la cura formale. Questo è un film
che forse può deluderci a livello narrativo dove i personaggi possono
sembrare troppo stilizzati, ma non ci delude sul piano formale in maniera
particolare per alcune scelte che il regista fa: i colori sembrano scomparire,
c’è una stilizzazione che cancella il colore. In questa fotografia
acromatica, dove i colori forti sembrano non esistere nasce il gioco tipico del
genere nero che è il gioco della luce e dell’ombra, che è il gioco del bene
e del male, delle tante scelte di fronte alle quali noi ci troviamo.
Nel cinema nero la luce è salvifica e l’ombra è mortale.
Qui il regista pare fare un capovolgimento, che ha sul piano estetico
formale una grandissima suggestione: la luce diventa il momento di una
rivelazione, la rivelazione è la perdizione, perché dentro la tragedia del
vivere non sembra esserci possibilità di salvezza. A testimoniare questo gioco
non ci sono questa volta figure di gangsters, perché la figura centrale, come
ci ricorda il brutto titolo italiano, è l’occhio di un bambino, che dentro
questo viaggio compie la sua iniziazione. E ci dice una verità dolorosa: che
non c’è iniziazione poetica, che non c’è iniziazione romantica, che ogni
entrata nella vita presuppone il pagamento di un pedaggio, la presa di coscienza
di un dolore, di uno strappa, la perdita dell’innocenza. L’America è stata
a lungo un paese che si credeva senza peccato originale (Thomas Marton), di
essere innocente. Ha scoperto che non è vero durante la guerra del Viet Nam:
l’America è come tutti i paesi un paese che si porta dentro il dolore
dell’uomo. Se il western, il musical ci dicono di una America innocente che
crede di saper distinguere il bene dal male, i bianchi dai pellerossa, il film
noir di cui questa sera vediamo una perfetta ricostruzione (un film prezioso da
un punto di vista della scrittura, anche se un po’ deludente da un punto di
vista della narrazione) sconvolge i codice,
li rovescia, dà alla luce un significato e all’ombra un altro e ci
dice che l’innocenza non è più possibile e che allora entrare nella vita
anche per questo ragazzino vuol dire non chiudere gli occhi, imparare a guadare
anche dentro il buio, giocare il gioco della luce e dell’ombra che è il gioco
del bene e del male, ma è anche
quel gioco che rende possibile il cinema, perché il cinema non è altro che il
tentativo di sottrarre al buio immagini, storie. Le tragedie antiche sono tutte
storie di maternità e paternità, di rivalità fraterna. Anche dentro questo
film ci sono due fratellastri che si urtano rispetto al padre putativo al capo
della famiglia .