Freccia-sx4.jpg (2157 byte)     Michael Collins
ORIGINE: USA - ANNO: 1996 - REGIA: Neil Jordan - SOGGETTO: Neil Jordan - INTERPRETI:Liam Neeson (Michael Collins), Julia Roberts (Kitty Kieman) , Alan Rickman (Eamon de Valera) Aidan Quin -GENERE: drammatico - DURATA: 132’ -PREMI: Leone d’oro alla mostra di Venezia
Il film storico
Spesso il cinema affronta la Storia. Possono essere individuati tre modalità di approccio con i fatti del passato:

  1. Ricostruzione fedele, storiografica, scientifica dei fatti. Appartengono a questo tipo di approccio di alcuni film di Rosi, come Il caso Mattei

  2. Utilizzazione del fatto storico per fare un discorso sui grandi temi della vita. La storia diventa un pretesto per sviluppare e sostenere una tesi, per riflettere, per condannare o esaltare alcuni atteggiamenti di costume. Il caso del film Ridicule di Patrice Leconte

  3. Costruzione di una agiografia su un personaggio che si vuole portare come esempio, come campione di un ideale. E questo è il caso del film Michael Collins di Neil Jordan, in cui il regista, pur cercando di essere obiettivo (ne sono testimonianza i diversi inserti di film documentari dell’epoca) non nasconde da che parte sta e la sua ammirazione per l’eroe.

Il film
Siamo nell’Irlanda del 1922, durante la guerriglia contro gli inglesi da parte dell’IRA, movimento che rivendica non solo l’autonomia, ma anche l’indipendenza dell’Irlanda dalla Gran Bretagna. Il protagonista del film è Michael Collins, un personaggio che nel giro di brevissimo tempo passa dalla ammirazione al disprezzo dei suoi connazionali, da eroe dell’indipendenza a fellone. A Michael Collins il movimento indipendentista irlandese rimprovera di avere accettato le condizioni imposte dal trattato anglo - irlandese del 1921 in base al quale l’Irlanda del Nord non si stacca dal Regno Unito e il resto del paese, pur riconosciuto stato libero, rimane vincolato al giuramento di fedeltà alla Corona. Da qui l’accusa di tradimento e la condanna a morte, da parte dei dissidenti, di Michael Collins.
Nel 1964, dopo che l’Irlanda aveva lasciato il Commonwealth, il presidente della Repubblica Eamon De Valera, vecchio compagno di Michael Collins, al quale aveva però rimproverato ferocemente la firma del trattato del ’21, riconobbe i meriti dell’amico - rivale di un tempo attribuendogli in pieno il ruolo di eroe nazionale.
Anche il film riabilita la memoria di Michael Collins, ricostruendo fedelmente la sofferta vicenda umana e politica - rimasta troppo a lungo censurata e dimenticata - di questo personaggio affascinante e complesso.
Il regista
Neil Jordan è irlandese ed è l’autore di altri film sul tema dell’indipendenza dell’Irlanda (Mona Lisa, La moglie del soldato, Intervista col vampiro). Ma è anche autore di bellissime commedie (Un amore, forse due) nelle quali dà libero sfogo al sua estro geniale, uno dei più originali tra i registi di oggi. In questo film la sua genialità rimane un po’ sottotono, non perché il regista sia scaduto ad un livello più basso, ma perché egli intenzionalmente si mette con umiltà al servizio della Storia e della oggettività del personaggio di cui vuole raccontare le vicende. Ciò premesso, non si può non ricordare che Joardan , nel raccontare di Collins, ignora completamente la presenza della Chiesa Cattolica nella lotta per l’indipendenza della’Iralanda. E questo non è un particolare da poco.
Gli aspetti formali
Si tratta di un film nobile, di alto respiro epico, solenne, eppure snello e avvincente, di taglio popolare e di piglio spettacolare. Specie nella prima parte il montaggio è serrato e travolgente, come travolgente è la vitalità rivoluzionaria di Michael. Vi sono almeno tre sequenze da grande film: la cosiddetta "notte dei dodici apostoli", in cui per ordine di Collins furono giustiziati all’alba una dozzina di informatori Irlandesi al servizio degli Inglesi; l’episodio, altrettanto storico, della strage nello stadio compiuta per rappresaglia dalle "tanks" britanniche su una folla pacifica ed inerme; l’uccisione dei militari inglesi inviati a sostituire gli informatori irlandesi.
In quest’ultimo episodio il regista usa un montaggio alternato di grande efficacia espressiva: le scene di rappresaglia si alternano a quella in cui Michael, in un interno, dialoga con Kitty sul significato della rivoluzione e dell’odio: i due, ormai amanti, sono vicini nella semi oscurità illuminata da una fredda luce grigio/azzurra che proviene dalla finestra: è la stessa tonalità che caratterizza la gran parte delle sequenze dell’intero film, dove predomina una atmosfera cupa; il sole non si vede quasi mai; tutto è avvolto nei freddi toni dell’inverno o dell’autunno piovoso.
Di grande efficacia è anche l’interno successivo alla uccisione dell’amico che è passato coi dissidenti: da un tendaggio sullo sfondo penetra nella stanza una fosca luce rossastra che illumina la disperazione di Michael.
Sono poche le sequenze luminose o con tonalità calde. Una di queste è la sequenza dell’internonella sequenza in cui Michael conosce Kitty, dove predomina una tonalità giallo/bruno tenera e avvolgente. Un’altra è l’inizio della sequenza del ritorno di Mahcael, poco prima della sua uccisione, nella terra della sua giovinezza, che ci viene mostrata nel suo luminoso e tenero verde.
L’opera non è però immune da qualche cedimento alla confezione lussuosa e da qualche sfumatura romantica. Ad esempio il montaggio alternato della sequenza finale: l’eroe si avvicina alla morte, mentre l’amata Kitty, con il sottofondo di un commento musicale costituita da una straziante canzone, un va per negozi a comparsi il vestito da sposa. La sequenza qui cede un po’ al melodrammatico e alle esigenze della produzione che ha investito nel film 26 milioni di dollari.
Il film è diviso in due parti. Nella prima parte sono contrapposti i rivoluzionari irlandesi agli oppressori inglesi. E il film vive di quelle sequenze drammatiche di cui abbiamo parlato più sopra.
Nella seconda parte il contrasto è tra Michael e De Valera, cioè tra il rivoluzionario feroce e appassionato che ha sposato la tesi del compromesso ragionevole e il freddo politico che è prigioniero dei suoi schemi ideologici che non tengono conto della realtà. Frequenti sono le inquadrature in cui De Valera, quasi sempre inquadrato da solo, come a volere sottolineare il freddo isolamento dei suoi schemi astratti, viene ripreso dal basso e Michael è schiacciato da inquadrature dall’alto.
La prima parte inizia con un sequenza di sconfitta: i rivoluzionari irlandesi catturati dagli Inglesi sfilano, mesti e umiliasti, ripresi dall’alto. La seconda parte si conclude con un’altra ripresa dall’alto: qui lo sconfitto è Michael col suo seguito, che va incontro all’agguato.
Michael Collins sembra un film che parla di perdenti. In realtà la questione irlandese non è ancora risolta e Michael ha ricevuto solo più tardi, dalla storia e dalla stresso De Valera (come testimonia una sua dichiarazione del 1996 che compare nei titoli di coda), la riabilitazione ed è ora considerato un eroe nazionale.
Il film per quanto possa essere considerato l’agiografia di un eroe epico, non manca di indicare una riflessione. È lo stesso Michael a suggerircela, quando dice che odia gli Inglesi non perché sono di un’altra razza o perché sono degli oppressori, ma perché con la loro politica obbligano alla violenza, la stessa violenza a cui Michael è costretto suo malgrado.
Gli interpreti
Gli interpreti, tranne Julia Roberts, sono tutti Irlandesi e danno un apporto così caloroso che va oltre una prestazione professionale di alto livello. Il protagonista è Liam Neeson nella parte di Michael Collins: è lo stesso autore che interpreta Schindler nel film Schindler’s list.

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