Non a lungo ti canterò; congiunte le nostre vite,
più non sarà mio compito parlare oltre di te,
ma volgermi a quel che esiste, ricco della tua luce.
E il Signore conceda che tu mi sia l'eguale
d'una luce nascosta nel mio petto silente,
senza che morte o affanni svelino la distanza,
in cui tu ti rinnovi materia del mio canto.
Oh soltanto materia non sei tu d'alcuni versi!
Canto questo mio amore, nell'umile ignoranza
del poeta che canta cose della sua vita
perchè sono le sole di cui gli è certo qualcosa.
Ma tu resti lassù, nelle più misteriose
regioni di quest'anima, di cui nulla conosco,
profonda più che il mio cantico, nel lago sepolto
dove mai giungono parola nè pensiero.
Parlare è mio compito, illuminare i misteri
con voce ignorante. Compito con il quale forse
io mi meriti Iddio. Parlare di quel che vedo,
non di me, chè agli uomini non potrebbe importare.
... L'amore la sventura la primavera il vento
tutto trapassa eguale, per l'anima volta in sguardo.
Parlo, e dietro il nimbo della voce, in ombra io vivo,
nè mi conosco, e t'amo lì col silenzio.
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