Tomàs Segovia


Dimmi donna...

Dimmi donna dove nascondi il tuo mistero donna acqua pesante volume trasparente più segreta quanto più ti spogli quale è la forza del tuo splendore inerme la tua abbagliante armatura di bellezza dimmi non posso più con tante armi donna seduta sdraiata abbandonata insegnami il riposo il sonno e l'oblio insegnami la lentezza del tempo donna tu che convivi con la tua carne ignominiosa come accanto ad un animale buono e calmo donna nuda di fronte all'uomo armato togli dalla mia testa questo casco d'ira calmami guariscimi stendimi sulla fresca terra toglimi questi vestiti di febbre che mi asfissiano sommergimi indeboliscimi avvelena il mio pigro sangue donna roccia della tribù sbandata discingimi queste maglie e cinture di rigidezza e paura con cui mi atterrisco e ti atterrisco e ci separo donna oscura e umida pantano edenico voglio la tua larga fragrante robusta sapienza, voglio tornare alla terra e ai suoi succhi nutritivi che corrono sul tuo ventre e i tuoi seni e irrigano la tua carne voglio recuperare il peso e la completezza voglio che tu m'inumidisca, m'ammolli, m'effemini per capire la femminilità, la morbidezza umida del mondo voglio appoggiata la fronte nel tuo grembo materno tradire il ferreo esercito degli uomini donna complice unica terribile sorella dammi la mano torniamo ad inventare il mondo noi due soli voglio non distaccare mai gli occhi da te donna statua fatta di frutta colomba cresciuta lasciami sempre vedere la tua misteriosa presenza il tuo sguardo di ala e seta e lago nero il tuo corpo tenebroso e raggiante plasmato di slancio senza incertezze il tuo corpo infinitamente più tuo che per me quello mio e che dai di slancio senza incertezze senza tenerti niente il tuo corpo pieno e uno illuminato tutto di generosità donna mendicante prodiga porto del pazzo Ulisse non permettere che io dimentichi mai la tua voce di uccello memorioso la parola calamitata che nel tuo intimo pronunci sempre nuda la parola sempre giusta di folgorante ignoranza la selvaggia purezza del tuo amore insensato delirante senza freno abbrutito inviziato il gemito nettissimo della tenerezza lo sguardo pensieroso della prostituzione la cruda chiara verità dell'amore che assorbe e divora e si alimenta l'invisibile zampata della divinazione l'accettazione la comprensione la sapienza senza strade la spugnosa maternità terreno di radici donna casa del doloroso vagabondo dammi da mordere la frutta della vita la stabile frutta di luce del tuo corpo abitato lasciami reclinare la mia fronte funesta sul tuo grave grembo di paradiso boscoso spogliami acquietami guariscimi di questa colpa acre di non essere sempre armato ma soltanto io stesso.


 
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