Le riforme

UN MILLENARIO MONUMENTO RISORTO  (ANNO 1027)

 

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Il testo
e le immagini in b/n
sono state tratte
dal libro:

"L' antica Pieve
di S.Vito
Ferrarese"

Scritto dal Prof.

GIUSEPPE
RIVANI

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Archidiocesi di
Ravenna e Cervia

 


AreaFerrarese
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 Ritornando alla chiesa, la lapide già ricordata nel 1686 ci  fa dunque sapere che sul finire del sec. XVII, venne invertito l'orientamento della costruzione basilicale e che questa fu riformata secondo il gusto dell'arte barocca, che ha saputo si darci dei veri capolavori, ma che, in campagna soprattutto, nella trasformazione di chiese medioevali ci ha lasciate le più ibride e brutte costruzioni.

 Alla generale riforma di allora si sono aggiunti i cosiddetti restauri dei secoli successivi, i quali ancora di più, hanno contribuito a distruggere e a cancellare quanto rimaneva visibile d'antico nella povera costruzione mutilata. Insieme alla chiesa anche il campanile ha dovuto subire un taglio di muro alla base per la collocazione di un altare dedicato a S.Eurosia. In tal guisa la chiesa che contava già tanti anni di vita gloriosa era giunta a noi: con una ibrida facciata al posto delle absidi antiche: con una cadente abside, che addossata al campanile, col moto delle campane sempre più veniva minacciata nella sua stabilità; con i muri perimetrali notevolmente strapiombanti: colla piccola cripta distrutta ed interrata; con l'interno travestito nell'aspetto più decadente; alterata per di più nelle proporzioni, con la sopraelevazione delle navate minori e la demolizione superiormente di parte della navata maggiore.

 Unici elementi originali conservati erano: le arcate interne di divisioni delle navi (vedi "Struttura"), gran parte dei muri perimetrici con  le sole mensolette del coronamento e 
con le finestre feritoia. Dell'antica facciata era rimasta la fondazione e una piccola parte in elevazione con un solo archetto pensile e incompleto del coronamento; delle tre absidi 
e della cripta i soli muri di fondazione o poco più. Quando D. Giacomo Mazzotti, nel 1913 prese il governo della parrocchia, oltre alla perdita del tradizionale provento, trovò la chiesa del tutto deturpata e ridotta con il campanile in misere condizioni di statica... 

...ciò che ancor più contribuiva allora a rendere difficile il trovare un sacerdote 
che si assumesse il grave compito di compiere, senza mezzi adeguati, il restauro 
degli insigni monumenti. Soltanto nel 1925 l'arciprete, impaziente di porre mano al progetto dell'Ufficio regionale di Ravenna, iniziò i lavori di scavo e di assaggio, demolendo una cappella laterale, rimettendo in luce le fondazioni delle absidi, (gia scoperte dall'egregio architetto Ecchia nel 1915) scoprendo i vestigi della cripta e della facciata. frammenti di plutei, della mensa d'altare e laterizi manubriati romani.

 Il 16 giugno successivo, dopo 
una straordinaria adunanza con più influenti e volonterosi parrocchiani e, presi accordi con il Municipio di Ostellato(Fe), il quale ha voluto subito generosamente ed esemplarmente essere il primo contribuente con una offerta di £.12.000, vennero iniziati i lavori di restauro con la demolizione della facciata moderna e la liberazione dei sepolti vestigi absidali dell'antica costruzione. 

 Il 13 luglio si iniziarono i lavori di ricostruzione con la direzione tecnica dell'Ing. Vincenzo Miranda di Migliarino(Fe) (che, come tecnico del Comune di Ostellato(Fe), aveva già approntato il progetto di massima in base a quello dell'architetto Ecchia) ed a opera del capomastro Mario Battaglia, direttore della Cooperativa Edilizia fra i muratori del Comune, e del fratello Giuseppe. Il 15 successivo con l'arciprete canonico Gaetano Botti, invitto e noto restauratore della chiesa e degl'edifici parrocchiali di Sala Bolognese, il quale era stato già largo di consigli e di approvazioni all'opera dell'arciprete Mazotti, mi trovai per la prima volta a S.Vito e contemporaneamente ad un improvviso e provvidenziale sopraluogo del Comm. Corsini R. Soprintendente all'arte medioevale e moderna dell'Emilia e della Romagna. Dico provvidenziale perchè, malgrado il fatto che i lavori erano stati iniziati a sua insaputa e senza la sua dovuta autorizzazione, ciò servì tuttavia molto bene alla definizione con la massima fedeltà stilistica di ogni particolare architettonico e decorativo delle absidi, cripta e facciata, ricostruite sugli avanzi antichi, perchè sul posto allora e successivamente a Bologna ha potuto di conseguenza ottenere in merito i suoi preziosi consigli e le sue autorevoli approvazioni.

 Nello stesso anno 1925 sono state così ricostruite le tre absidi, ed è stato riportato il pavimento della chiesa al livello antico. Sul finire del medesimo anno, demolita l'abside moderna cadente, è stata ricostruita la facciata con la caratteristica bifora e col semplice portale arcuato di cui si è rinvenuta qualche traccia. Nel 1926, sempre con l'intelligente collaborazione dell'Ing. Miranda e ad iniziativa ed opera dell'Arciprete, sempre in attività esemplare sul ponte e fra i suoi operai, sono stati sopraelevati i muri della navata maggiore, si sono ricostruiti i tratti di muro cadenti delle navate minori riportandoli all'altezza originale, ricomponendone i coronamenti e le monofore; dovunque poi è stata rifatta la copertura a capriate in legno.

 Ultimo lavoro è stata la ricostruzione della cripta e quindi del presbiterio e della scala d'accesso al medesimo. Questa cripta ridotta alla navata maggiore, con due accessi laterali dalle navate minori, è stata ricomposta nelle sue tre navate coperte 
da volte a crociera sulle tracce antiche mediante interessanti frammenti antichi, quali colonne, capitelli e basi di stile greco-romano, tutti rinvenuti sul posto e nei luoghi vicini. Una base è costituita da un antico capitello di carattere greco rovesciato e già usato come pila d'acqua santa in chiesa, un'altra è una base di epoca romana e di sapore puro greco rinvenuta arando nel campo, in possessione Colombara. I fusti di due colonne sono in marmo: dei quattro capitelli uno a larghe foglie lacustri parrebbe di tardo stile greco-romano, gli altri sono invece di stile tardo-romanico. Anche gl'altari della cripta e del presbiterio sono stati ricomposti con elementi archeologici. Quello della suggestiva e raccolta cripta è costituito dal già ricordato sarcofago romano per le spoglie mortali dell'innocente bambina di 4 anni (vedi "I ritrovamenti"), sopra di esso fa da mensa d'altare una lastra di pietra d'Istria. 
L'altare del presbiterio, con mensa a quattro colonnette in marmo bianco di Verona, opera del marmista Cavara di Persiceto, il quale ha pure eseguito il tabernacolo 
della cripta, è sostenuto nella parte centrale dal cippo romano di marmo greco già appartenente alla tomba del ricordato Camurio Prisco condottiero della XIV coorte delle milizie di Roma. Ogni altare è fornito di candeliere in ferro battuto. opera del Sig. Armando Casadio di Bologna. Dalla grandiosa opera di restaurazione della chiesa anche la quadrata torre campanaria ne ha tratto un primo e notevole beneficio, perchè nel suo angolo nord-ovest, ove s'innesta alla facciata, e alla base, ove era la cappella barocca e un'ampia finestra, è stato oggetto di razionale consolidamento e restauro.

 

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