Lettera apostolica di Giovanni Paolo II all'episcopato, al clero e ai fedeli per l'Anno dell'Eucaristia (ottobre 2004 - ottobre 2005)
"Mane nobiscum Domine"
"Dodici mesi per riscoprire lo spezzare del
Pane come il momento centrale nella vita della Chiesa"
"Il pensiero di una simile iniziativa era già da tempo nel
mio animo: essa costituisce infatti il naturale sviluppo
dell'indirizzo pastorale che ho inteso imprimere alla Chiesa"
"Sentivo l'orizzonte del 2000 come una grande grazia anche
se non m'illudevo che un semplice passaggio cronologico potesse
per se stesso comportare grandi cambiamenti"
GIOVANNI PAOLO II
INTRODUZIONE
1. "Rimani con noi, Signore, perché si fa sera"
(cfr Lc 24,29). Fu questo l'invito accorato che i due discepoli,
incamminati verso Emmaus la sera stessa del giorno della
risurrezione, rivolsero al Viandante che si era ad essi unito
lungo il cammino. Carichi di tristi pensieri, non immaginavano
che quello sconosciuto fosse proprio il loro Maestro, ormai
risorto. Sperimentavano tuttavia un intimo "ardore" (cfr
ivi, 32), mentre Egli parlava con loro "spiegando" le
Scritture. La luce della Parola scioglieva la durezza del loro
cuore e "apriva loro gli occhi" (cfr ivi, 31). Tra le
ombre del giorno in declino e l'oscurità che incombeva
nell'animo, quel Viandante era un raggio di luce che risvegliava
la speranza ed apriva i loro animi al desiderio della luce piena.
"Rimani con noi", supplicarono. Ed egli accettò. Di lì
a poco, il volto di Gesù sarebbe scomparso, ma il Maestro
sarebbe "rimasto" sotto i veli del "pane spezzato",
davanti al quale i loro occhi si erano aperti.
2. L'icona dei discepoli di Emmaus ben si presta ad orientare un
anno che vedrà la Chiesa particolarmente impegnata a vivere il
mistero della Santa Eucaristia. Sulla strada dei nostri
interrogativi e delle nostre inquietudini, talvolta delle nostre
cocenti delusioni, il divino Viandante continua a farsi nostro
compagno per introdurci, con l'interpretazione delle Scritture,
alla comprensione dei misteri di Dio. Quando l'incontro diventa
pieno, alla luce della Parola subentra quella che scaturisce dal
"Pane di vita", con cui Cristo adempie in modo sommo la
sua promessa di "stare con noi tutti i giorni fino alla fine
del mondo" (cfr Mt 28,20).
3. La "frazione del pane" - come agli inizi veniva
chiamata l'Eucaristia - è da sempre al centro della vita della
Chiesa. Per mezzo di essa Cristo rende presente, nello scorrere
del tempo, il suo mistero di morte e di risurrezione. In essa
Egli in persona è ricevuto quale "pane vivo disceso dal
cielo" (Gv 6,51), e con Lui ci è dato il pegno della vita
eterna, grazie al quale si pregusta l'eterno convito della
Gerusalemme celeste. Più volte, e di recente nell'enciclica
Ecclesia de Eucharistia, ponendomi nel solco dell'insegnamento
dei Padri, dei Concili ecumenici e degli stessi miei
predecessori, ho invitato la Chiesa a riflettere sull'Eucaristia.
Non intendo perciò, in questo scritto, riproporre l'insegnamento
già offerto, al quale rinvio perché venga approfondito e
assimilato. Ho ritenuto tuttavia che, proprio a tale scopo,
potesse essere di grande aiuto un anno interamente dedicato a
questo mirabile Sacramento.
4. Com'è noto, l'Anno dell'Eucaristia andrà dall'ottobre 2004
all'ottobre 2005. L'occasione propizia per tale iniziativa mi è
stata offerta da due eventi, che ne scandiranno opportunamente
l'inizio e la fine: il Congresso eucaristico internazionale, in
programma dal 10 al 17 ottobre 2004 a Guadalajara (Messico), e
l'Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi, che si terrà in
Vaticano dal 2 al 29 ottobre 2005 sul tema: "L'Eucaristia
fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa".
Ad orientarmi in questo passo non è mancata, poi, un'altra
considerazione: cade in questo anno la Giornata mondiale della
gioventù, che si svolgerà a Colonia dal 16 al 21 agosto 2005.
L'Eucaristia è il centro vitale intorno a cui desidero che i
giovani si raccolgano per alimentare la loro fede ed il loro
entusiasmo. Il pensiero di una simile iniziativa eucaristica era
già da tempo nel mio animo: essa costituisce infatti il naturale
sviluppo dell'indirizzo pastorale che ho inteso imprimere alla
Chiesa, specialmente a partire dagli anni di preparazione del
Giubileo, e che ho poi ripreso in quelli che l'hanno seguito.
5. Nella presente lettera apostolica mi propongo di sottolineare
tale continuità di indirizzo, perché a tutti risulti più
facile coglierne la portata spirituale. Quanto alla realizzazione
concreta dell'Anno dell'Eucaristia, conto sulla personale
sollecitudine dei pastori delle Chiese particolari, ai qual i la
devozione verso così grande mistero non mancherà di suggerire
gli opportuni interventi. Ai miei fratelli vescovi, peraltro, non
sarà difficile percepire come l'iniziativa, che segue a breve
distanza la conclusione dell'Anno del Rosario, si ponga ad un
livello spirituale così profondo da non venire ad intralciare in
alcun modo i programmi pastorali delle singole Chiese. Essa,
anzi, li può efficacemente illuminare, ancorandoli, per così
dire, al mistero che costituisce la radice e il segreto della
vita spirituale dei fedeli come anche di ogni iniziativa della
Chiesa locale. Non chiedo pertanto di interrompere i "cammini"
pastorali che le singole Chiese vanno facendo, ma di accentuare
in essi la dimensione eucaristica, che è propria dell'intera
vita cristiana. Per conto mio, con questa lettera voglio offrire
alcuni orientamenti di fondo, nella fiducia che il popolo di Dio,
nelle sue diverse componenti, voglia accogliere la mia proposta
con pronta docilità e fervido amore.
CAPITOLO PRIMO: NEL SOLCO DEL
CONCILIO E DEL GIUBILEO
Con lo sguardo rivolto a Cristo
6. Dieci anni fa, con la Tertio millennio adveniente (10 novembre
1994), ebbi la gioia di indicare alla Chiesa il cammino di
preparazione al Grande Giubileo dell'Anno 2000. Sentivo che
questa occasione storica si profilava all'orizzonte come una
grande grazia. Non mi illudevo, certo, che un semplice passaggio
cronologico, pur suggestivo, potesse per se stesso comportare
grandi cambiamenti. I fatti, purtroppo, si sono incaricati di
porre in evidenza, dopo l'inizio del Millennio, una sorta di
cruda continuità con gli eventi precedenti e spesso con quelli
peggiori fra essi. È venuto così delineandosi uno scenario che,
accanto a prospettive confortanti, lascia intravedere cupe ombre
di violenza e di sangue che non finiscono di rattristarci. Ma
invitando la Chiesa a celebrare il Giubileo dei duemila anni
dall'Incarnazione, ero ben convinto - e lo sono tuttora più che
mai! - di lavorare per i "tempi lunghi" dell'umanità.
Cristo infatti è al centro non solo della storia della Chiesa,
ma anche della storia dell'umanità. In Lui tutto si ricapitola (cfr
Ef 1,10; Col 1,15- 20). Come non ricordare lo slancio con cui il
Concilio ecumenico Vaticano II, citando il Papa Paolo VI, confessò
che Cristo "è il fine della storia umana, il punto focale
dei desideri della storia e della civiltà, il centro del genere
umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni"
(1)? L'insegnamento del Concilio apportò nuovi approfondimenti
alla conoscenza della natura della Chiesa, aprendo gli animi dei
credenti ad una comprensione più attenta dei misteri della fede
e delle stesse realtà terrestri nella luce di Cristo. In Lui,
Verbo fatto carne, è infatti rivelato non solo il mistero di
Dio, ma il mistero stesso dell'uomo (2). In Lui l'uomo trova
redenzione e pienezza.
7. Nell'enciclica Redemptor hominis, agli inizi del mio
Pontificato, sviluppai ampiamente questa tematica, che ho poi
ripreso in varie altre circostanze. Il Giubileo fu il momento
propizio per convogliare l'attenzione dei credenti su questa
verità fondamentale. La preparazione del grande evento fu tutta
trinitaria e cristocentrica. In questa impostazione, non poteva
certo essere dimenticata l'Eucaristia. Se oggi ci avviamo a
celebrare un Anno dell'Eucaristia, ricordo volentieri che già
nella Tertio millennio adveniente scrivevo: "Il Duemila sarà
un anno intensamente eucaristico: nel sacramento dell'Eucaristia
il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa,
continua ad offrirsi all'umanità come sorgente di vita divina"
(3), Il Congresso eucaristico internazionale, celebrato a Roma,
diede concretezza a questa connotazione del Grande Giubileo.
Mette conto anche ricordare che, in piena preparazione del
Giubileo, nella lettera apostolica Dies Domini proposi alla
meditazione dei credenti il tema della "Domenica" come
giorno del Signore risorto e giorno speciale della Chiesa.
Invitai allora tutti a riscoprir e la celebrazione eucaristica
come cuore della Domenica (4).
Contemplare con Maria il volto di Cristo
8. L'eredità del Grande Giubileo fu in qualche modo raccolta
nella lettera apostolica Novo millennio ineunte. In questo
documento di carattere programmatico suggerivo una prospettiva di
impegno pastorale fondato sulla contemplazione del volto di
Cristo, all'interno di una pedagogia ecclesiale capace di tendere
alla "misura alta" della santità, perseguita
specialmente attraverso l'arte della preghiera (5). E come poteva
mancare, in questa prospettiva, l'impegno liturgico e, in modo
particolare, l'attenzione alla vita eucaristica? Scrissi allora:
"Nel secolo XX, specie dal Concilio in poi, molto è
cresciuta la comunità cristiana nel modo di celebrare i
Sacramenti e soprattutto l'Eucaristia. Occorre insistere in
questa direzione, dando particolar rilievo all'Eucaristia
domenicale e alla stessa domenica, sentita come giorno speciale
della fede, giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito,
vera Pasqua della settimana" (6). Nel contesto
dell'educazione alla preghiera invitavo poi a coltivare la
Liturgia delle Ore, mediante la quale la Chiesa santifica le
diverse ore del giorno e la scansione del tempo
nell'articolazione propria dell'anno liturgico.
9. Successivamente, con l'indizione dell'Anno del Rosario e con
la pubblicazione della lettera apostolica Rosarium Virginis
Mariae, ripresi il discorso della contemplazione del volto di
Cristo a partire dalla prospettiva mariana, attraverso la
riproposta del Rosario. In effetti, questa preghiera
tradizionale, tanto raccomandata dal Magistero e tanto cara al
popolo di Dio, ha una fisionomia spiccatamente biblica ed
evangelica, prevalentemente centrata sul nome e sul volto di Gesù,
fissato nella contemplazione dei misteri e nel ripetersi dell'Ave
Maria. Il suo andamento ripetitivo costituisce una sorta di
pedagogia dell'amore, fatta per accendere l'animo dell'amore
stesso che Maria nutre verso il Figlio suo. Per questo, portando
a ulteriore maturazione un itinerario plurisecolare, ho voluto
che questa forma privilegiata di contemplazione completasse i
suoi lineamenti di vero "compendio del Vangelo"
integrandovi i misteri della luce (7). E come non porre, al
vertice dei misteri della luce, la Santa Eucaristia? Dall'Anno
del Rosario all'Anno dell'Eucaristia
10. Proprio nel cuore dell'Anno del Rosario promulgai la lettera
enciclica Ecclesia de Eucharistia, con la quale volli illustrare
il mistero dell'Eucaristia nel suo rapporto inscindibile e vitale
con la Chiesa. Richiamai tutti a celebrare il Sacrificio
eucaristico con l'impegno che esso merita, prestando a Gesù
presente nell'Eucaristia, anche al di fuori della Messa, un culto
di adorazione degno di così grande mistero. Soprattutto
riproposi l'esigenza di una spiritualità eucaristica, additando
a modello Maria come "donna eucaristica" (8). L'Anno
dell'Eucaristia si pone dunque su uno sfondo che si è andato di
anno in anno arricchendo, pur restando sempre ben incardinato sul
tema di Cristo e della contemplazione del suo Volto. In certo
senso, esso si propone come un anno di sintesi, una sorta di
vertice di tutto il cammino percorso. Tante cose si potrebbero
dire per vivere bene questo anno. Io mi limiterò ad indicare
alcune prospettive che possano aiutare tutti a convergere verso
atteggiamenti illuminati e fecondi.
CAPITOLO II:
L'EUCARISTIA MISTERO DI LUCE "Spiegò loro in tutte le
Scritture ciò che si riferiva a lui" (Lc 24,27)
11. Il racconto dell'apparizione di Gesù risorto ai due
discepoli di Emmaus ci aiuta a mettere a fuoco un primo aspetto
del mistero eucaristico, che deve essere sempre presente nella
devozione del popolo di Dio: l'Eucaristia mistero di luce! In che
senso può dirsi questo, e quali sono le implicazioni che ne
derivano per la spiritualità e per la vita cristiana? Gesù ha
qualificato se stesso come "luce del mondo" (Gv 8,12),
e questa sua proprietà è ben posta in evidenza da quei momenti
della sua vita, come la Trasfigurazione e la Risurrezione, nei
quali la sua gloria divina chiaramente rifulge. Nell'Eucaristia
invece la gloria di Cristo è velata. Il Sacramento eucaristico
è "mysterium fidei" per eccellenza. Tuttavia, proprio
attraverso il mistero del suo totale nascondimento, Cristo si fa
mistero di luce, grazie al quale il credente è introdotto nelle
profondità della vita divina. Non è senza una felice intuizione
che la celebre icona della Trinità di Rublëv pone in modo
significativo l'Eucaristia al centro della vita trinitaria.
12. L'Eucaristia è luce innanzitutto perché in ogni Messa la
liturgia della Parola di Dio precede la liturgia eucaristica,
nell'unità delle due "mense", quella della Parola e
quella del Pane. Questa continuità emerge nel discorso
eucaristico del Vangelo di Giovanni, dove l'annuncio di Gesù
passa dalla presentazione fondamentale del suo mistero
all'illustrazione della dimensione propriamente eucaristica:
"La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda"
(Gv 6,55). Sappiamo che fu questa a mettere in crisi gran parte
degli ascoltatori, inducendo Pietro a farsi portavoce della fede
degli altri Apostoli e della Chiesa di tutti i tempi: "Signore,
da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68). Nel
racconto dei discepoli di Emmaus Cristo stesso interviene per
mostrare, "cominciando da Mosé e da tutti i profeti",
come "tutte le Scritture" portassero al mistero della
sua persona (cfr Lc 24, 27). Le sue parole fanno "ardere"
i cuori dei discepoli, li sottraggono all'oscurità della
tristezza e della disperazione, suscitano in essi il desiderio di
rimanere con Lui: "Resta con noi, Signore" (cfr Lc 24,29).
13. I padri del Concilio Vaticano II, nella costituzione
Sacrosanctum Concilium, hanno voluto che la "mensa della
Parola" aprisse abbondantemente ai fedeli i tesori della
Scrittura (9). Per questo hanno consentito che, nella
Celebrazione liturgica, specialmente le letture bibliche
venissero offerte nella lingua a tutti comprensibile. È Cristo
stesso che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura
(10). Al tempo stesso hanno raccomandato al celebrante l'omelia
quale parte della stessa liturgia, destinata ad illustrare la
Parola di Dio e ad attualizzarla per la vita cristiana (11). A
quarant'anni dal Concilio, l'Anno dell'Eucaristia può costituire
un'importante occasione perché le comunità cristiane facciano
una verifica su questo punto. Non basta infatti che i brani
biblici siano proclamati in una lingua comprensibile, se la
proclamazione non avviene con quella cura, quella preparazione
previa, quell'ascolto devoto, quel silenzio meditativo, che sono
necessari perché la Parola di Dio tocchi la vita e la illumini.
"Lo riconobbero nello spezzare il pane" (Lc 24,35)
14. È significativo che i due discepoli di Emmaus,
convenientemente preparati dalle parole del Signore, lo abbiano
riconosciuto mentre stavano a mensa nel gesto semplice della
"frazione del pane". Una volta che le menti sono
illuminate e i cuori riscaldati, i segni "parlano".
L'Eucaristia si svolge tutta nel contesto dinamico di segni che
recano in sé un denso e luminoso messaggio. È attraverso i
segni che il mistero in qualche modo si apre agli occhi del
credente. Come ho sottolineato nell'enciclica Ecclesia de
Eucharistia, è importante che nessuna dimensione di questo
Sacramento venga trascurata. È infatti sempre presente nell'uomo
la tentazione di ridurre l'Eucaristia alle proprie dimensioni,
mentre in realtà è lui a doversi aprire alle dimensioni del
Mistero. "L'Eucaristia è un dono troppo grande, per
sopportare ambiguità e diminuzioni" (12).
15. Non c'è dubbio che la dimensione più evidente
dell'Eucaristia sia quella del convito. L'Eucaristia è nata, la
sera del Giovedì Santo, nel contesto della cena pasquale. Essa
pertanto porta inscritto nella sua struttura il senso della
convivialità: "Prendete e mangiate... Poi prese il calice e...
lo diede loro dicendo: Bevetene tutti..." (Mt 26, 26.27).
Questo aspetto ben esprime il rapporto di comunione che Dio vuole
stabilire con noi e che noi stessi dobbiamo sviluppare
vicendevolmente. Non si può tuttavia dimenticare che il convito
eucaristico ha anche un senso profondamente e primariamente
sacrificale (13). In esso Cristo ripresenta a noi il sacrificio
attuato una volta per tutte sul Golgota. Pur essendo presente in
esso da risorto, Egli porta i segni della sua passione, di cui
ogni Santa Messa è "memoriale", come la liturgia ci
ricorda con l'acclamazione dopo la consacrazione: "Annunciamo
la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione...".
Al tempo stesso, mentre attualizza il passato, l'Eucaristia ci
proietta verso il futuro dell'ultima venuta di Cristo, al termine
della storia. Questo aspetto "escatologico" dà al
Sacramento eucaristico un dinamismo coinvolgente, che infonde al
cammino cristiano il passo della speranza. "Io sono con voi
tutti i giorni..." (Mt 28,20)
16. Tutte queste dimensioni dell'Eucaristia si rannodano in un
aspetto che più di tutti mette alla prova la nostra fede: è il
mistero della presenza "reale". Con tutta la tradizione
della Chiesa, noi crediamo che, sotto le specie eucaristiche, è
realmente presente Gesù. Una presenza - come spiegò
efficacemente il Papa Paolo VI - che è detta "reale"
non per esclusione, quasi che le altre forme di presenza non
siano reali, ma per antonomasia, perché in forza di essa Cristo
tutto intero si fa sostanzialmente presente nella realtà del suo
corpo e del suo sangue (14). Per questo la fede ci chiede di
stare davanti all'Eucaristia con la consapevolezza che siamo
davanti a Cristo stesso. Proprio la sua presenza dà alle altre
dimensioni - di convito, di memoriale della Pasqua, di
anticipazione escatologica - un significato che va ben al di là
di un puro simbolismo. L'Eucaristia è mistero di presenza, per
mezzo del quale si realizza in modo sommo la promessa di Gesù di
restare con noi fino alla fine del mondo. Celebrare, adorare,
contemplare
17. Mistero grande, l'Eucaristia! Mistero che dev'essere
innanzitutto ben celebrato. Bisogna che la Santa Messa sia posta
al centro della vita cristiana, e che in ogni comunità si faccia
di tutto per celebrarla decorosamente, secondo le norme
stabilite, con la partecipazione del popolo, avvalendosi dei
diversi ministri nell'esercizio dei compiti per essi previsti, e
con una seria attenzione anche all'aspetto di sacralità che deve
caratterizzare il canto e la musica liturgica. Un impegno
concreto di questo Anno dell'Eucaristia potrebbe essere quello di
studiare a fondo, in ogni comunità parrocchiale, i Principi e
norme per l'uso del Messale Romano. La via privilegiata per
essere introdotti nel mistero della salvezza attuata nei santi
"segni" resta poi quella di seguire con fedeltà lo
svolgersi dell'anno liturgico. I pastori si impegnino in quella
catechesi "mistagogica", tanto cara ai padri della
Chiesa, che aiuta a scoprire le valenze dei gesti e delle parole
della liturgia, aiutando i fedeli a passare dai segni al mistero
e a coinvolgere in esso l'intera loro esistenza.
18. Occorre, in particolare, coltivare, sia nella celebrazione
della Messa che nel culto eucaristico fuori della Messa, la viva
consapevolezza della presenza reale di Cristo, avendo cura di
testimoniarla con il tono della voce, con i gesti, con i
movimenti, con tutto l'insieme del comportamento. A questo
proposito, le norme ricordano - e io stesso ho avuto modo
recentemente di ribadirlo (15) - il rilievo che deve essere dato
ai momenti di silenzio sia nella celebrazione che nell'adorazione
eucaristica. È necessario, in una parola, che tutto il modo di
trattare l'Eucaristia da parte dei ministri e dei fedeli sia
improntato a un estremo rispetto (16). La presenza di Gesù nel
tabernacolo deve costituire come un polo di attrazione per un
numero sempre più grande di anime innamorate di Lui, capaci di
stare a lungo ad ascoltarne la voce e quasi a sentirne i palpiti
del cuore. "Gustate e vedete quanto è buono il Signore!"
(Sal 33 [34],9). L'adorazione eucaristica fuori della Messa
diventi, durante questo anno, un impegno speciale per le singole
comunità parrocchiali e religiose. Restiamo prostrati a lungo
davanti a Gesù presente nell'Eucaristia, riparando con la nostra
fede e il nostro amore le trascuratezze, le dimenticanze e
persino gli oltraggi che il nostro Salvatore deve subire in tante
parti del mondo. Approfondiamo nell'adorazione la nostra
contemplazione personale e comunitaria, servendoci anche di
sussidi di preghiera sempre improntati alla Parola di Dio e
all'esperienza di tanti mistici antichi e recenti. Lo stesso
Rosario, compreso nel suo senso profondo, biblico e
cristocentrico, che ho raccomandato nella lettera apostolica
Rosarium Virginis Mariae, potrà essere una via particolarmente
adatta alla contemplazione eucaristica, attuata in compagnia e
alla scuola di Maria (17). Si viva, quest'anno, con particolare
fervore la solennità del Corpus Domini con la tradizionale
processione. La fede nel Dio che, incarnandosi, si è fatto
nostro compagno di viaggio sia proclamata dovunque e
particolarmente per le nostre strade e fra le nostre case, quale
espressione del nostro grato amore e fonte di inesauribile
benedizione.
CAPITOLO III:
L'EUCARISTIA SORGENTE ED EPIFANIA DI COMUNIONE "Rimanete in
me e io in voi" (Gv 15,4)
19. Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che
Egli rimanesse "con" loro, Gesù rispose con un dono
molto più grande: mediante il sacramento dell'Eucaristia trovò
il modo di rimanere "in" loro. Ricevere l'Eucaristia è
entrare in comunione profonda con Gesù. "Rimanete in me e
io in voi" (Gv 15,4). Questo rapporto di intima e reciproca
"permanenza" ci consente di anticipare, in qualche
modo, il cielo sulla terra. Non è forse questo l'anelito più
grande dell'uomo? Non è questo ciò che Dio si è proposto,
realizzando nella storia il suo disegno di salvezza? Egli ha
messo nel cuore dell'uomo la "fame" della sua Parola (cfr
Am 8,11), una fame che si appagherà solo nell'unione piena con
Lui. La comunione eucaristica ci è data per "saziarci"
di Dio su questa terra, in attesa dell'appagamento pieno del
cielo. Un solo pane, un solo corpo
20. Ma questa speciale intimità che si realizza nella "comunione"
eucaristica non può essere adeguatamente compresa né pienamente
vissuta al di fuori della comunione ecclesiale. È quanto ho
ripetutamente sottolineato nell'enciclica Ecclesia de Eucharistia.
La Chiesa è il corpo di Cristo: si cammina "con Cristo"
nella misura in cui si è in rapporto "con il suo corpo".
A creare e fomentare questa unità Cristo provvede con
l'effusione dello Spirito Santo. E Lui stesso non cessa di
promuoverla attraverso la sua presenza eucaristica. In effetti,
è proprio l'unico Pane eucaristico che ci rende un corpo solo.
Lo afferma l'apostolo Paolo: "Poiché c'è un solo pane,
noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti
partecipiamo dell'unico pane" (1Cor 10,17). Nel mistero
eucaristico Gesù edifica la Chiesa come comunione, secondo il
supremo modello evocato nella preghiera sacerdotale: "Come
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa
sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).
21. Se l'Eucaristia è sorgente dell'unità ecclesiale, essa ne
è anche la massima manifestazione. L'Eucaristia è epifania di
comunione. È per questo che la Chiesa pone delle condizioni
perché si possa prendere parte in modo pieno alla celebrazione
eucaristica (18). Le varie limitazioni devono indurci a prendere
sempre maggior coscienza di quanto sia esigente la comunione che
Gesù ci chiede. È comunione gerarchica, fondata sulla coscienza
dei diversi ruoli e ministeri, continuamente ribadita anche nella
preghiera eucaristica attraverso la menzione del Papa e del
vescovo diocesano. È comunione fraterna, coltivata con una
"spiritualità di comunione" che ci induce a sentimenti
di reciproca apertura, di affetto, di comprensione e di perdono (19).
"Un cuor solo e un'anima sola" (At 4,32)
22. In ogni Santa Messa siamo chiamati a misurarci con l'ideale
di comunione che il libro degli Atti degli Apostoli tratteggia
come modello per la Chiesa di sempre. È la Chiesa raccolta
intorno agli Apostoli, convocata dalla Parola di Dio, capace di
una condivisione che non riguarda solo i beni spirituali, ma gli
stessi beni materiali (cfr At 2,42-47; 4,32-35). In questo Anno
dell'Eucaristia il Signore ci invita ad avvicinarci il più
possibile a questo ideale. Si vivano con particolare impegno i
momenti già suggeriti dalla liturgia per la "Messa
stazionale", in cui il vescovo celebra in cattedrale con i
suoi presbiteri e i diaconi e con la partecipazione del Popolo di
Dio in tutte le sue componenti. È questa la principale "manifestazione"
della Chiesa (20). Ma sarà lodevole individuare altre occasioni
significative, anche a livello delle parrocchie, perché il senso
della comunione cresca, attingendo dalla celebrazione eucaristica
un rinnovato fervore. Il giorno del Signore
23. In particolare auspico che in questo anno si ponga un impegno
speciale nel riscoprire e vivere pienamente la domenica come
giorno del Signore e giorno della Chiesa. Sarei felice se si
rimeditasse quanto ebbi a scrivere nella lettera apostolica Dies
Domini. "È proprio nella Messa domenicale, infatti, che i
cristiani rivivono in modo particolarmente intenso l'esperienza
fatta dagli Apostoli la sera di Pasqua, quando il Risorto si
manifestò ad essi riuniti insieme (cfr Gv 20,19). In quel
piccolo nucleo di discepoli, primizia della Chiesa, era in
qualche modo presente il popolo di Dio di tutti i tempi" (21).
I sacerdoti nel loro impegno pastorale prestino, durante questo
anno di grazia, un'attenzione ancor più grande alla Messa
domenicale, come celebrazione in cui la comunità parrocchiale si
ritrova in maniera corale, vedendo ordinariamente partecipi anche
i vari gruppi, movimenti, associazioni in essa presenti.
IV CAPITOLO:
L'EUCARISTIA PRINCIPIO E PROGETTO DI "MISSIONE" "Partirono
senza indugio" (Lc 24,33)
24. I due discepoli di Emmaus, dopo aver
riconosciuto il Signore, "partirono senza indugio" (Lc
24,33), per comunicare ciò che avevano visto e udito. Quando si
è fatta vera esperienza del Risorto, nutrendosi del suo corpo e
del suo sangue, non si può tenere solo per sé la gioia provata.
L'incontro con Cristo, continuamente approfondito nell'intimità
eucaristica, suscita nella Chiesa e in ciascun cristiano
l'urgenza di testimoniare e di evangelizzare. Ebbi a
sottolinearlo proprio nell'omelia in cui annunciai l'Anno
dell'Eucaristia, riferendomi alle parole di Paolo: "Ogni
volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi
annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Cor 11,26).
L'Apostolo pone in stretta relazione tra loro il convito e
l'annuncio: entrare in comunione con Cristo nel memoriale della
Pasqua significa, nello stesso tempo, sperimentare il dovere di
farsi missionari dell'evento che quel rito attualizza (22). Il
congedo alla fine di ogni Messa costituisce una consegna, che
spinge il cristiano all'impegno per la propagazione del Vangelo e
la animazione cristiana della società.
25. Per tale missione l'Eucaristia non fornisce solo la forza
interiore, ma anche - in certo senso - il progetto. Essa infatti
è un modo di essere, che da Gesù passa nel cristiano e,
attraverso la sua testimonianza, mira ad irradiarsi nella società
e nella cultura. Perché ciò avvenga, è necessario che ogni
fedele assimili, nella meditazione personale e comunitaria, i
valori che l'Eucaristia esprime, gli atteggiamenti che essa
ispira, i propositi di vita che suscita. Perché non vedere in
questo la speciale consegna che potrebbe scaturire dall'Anno
dell'Eucaristia? Rendere grazie
26. Un fondamentale elemento di questo progetto emerge dal
significato stesso della parola "eucaristia":
rendimento di grazie. In Gesù, nel suo sacrificio, nel suo
"sì" incondizionato alla volontà del Padre, c'è il
"sì", il "grazie" e l'"amen"
dell'umanità intera. La Chiesa è chiamata a ricordare agli
uomini questa grande verità. È urgente che ciò venga fatto
soprattutto nella nostra cultura secolarizzata, che respira
l'oblio di Dio e coltiva la vana autosufficienza dell'uomo.
Incarnare il progetto eucaristico nella vita quotidiana, là dove
si lavora e si vive - in famiglia, a scuola, nella fabbrica,
nelle più diverse condizioni di vita - significa, tra l'altro,
testimoniare che la realtà umana non si giustifica senza il
riferimento al Creatore: "La creatura, senza il Creatore,
svanisce" (23). Questo riferimento trascendente, che ci
impegna ad un perenne "grazie" - ad un atteggiamento
eucaristico appunto - per quanto abbiamo e siamo, non pregiudica
la legittima autonomia delle realtà terrene (24) ma la fonda nel
modo più vero collocandola, al tempo stesso, entro i suoi giusti
confini. In questo Anno dell'Eucaristia ci si impegni, da parte
dei cristiani, a testimoniare con più forza la presenza di Dio
nel mondo. Non abbiamo paura di parlare di Dio e di portare a
fronte alta i segni della fede. La "cultura dell'Eucaristia"
promuove una cultura del dialogo, che trova in essa forza e
alimento. Ci si sbaglia a ritenere che il riferimento pubblico
alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato e delle
istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare
atteggiamenti di intolleranza. Se storicamente non sono mancati
errori in questa materia anche nei credenti, come ebbi a
riconoscere in occasione del Giubileo, ciò va addebitato non
alle "radici cristiane", ma all'incoerenza dei
cristiani nei confronti delle loro radici. Chi impara a dire
"grazie" alla maniera del Cristo crocifisso, potrà
essere un martire, ma non sarà mai un aguzzino.
La via della solidarietà
27. L'Eucaristia non è solo espressione di comunione nella vita
della Chiesa; essa è anche progetto di solidarietà per l'intera
umanità. La Chiesa rinnova continuamente nella celebrazione
eucaristica la sua coscienza di essere "segno e strumento"
non solo dell'intima unione con Dio, ma anche dell'unità di
tutto il genere umano (25). Ogni Messa, anche quando è celebrata
nel nascondimento e in una regione sperduta della terra, porta
sempre il segno dell'universalità. Il cristiano che partecipa
all'Eucaristia apprende da essa a farsi promotore di comunione,
di pace, di solidarietà, in tutte le circostanze della vita.
L'immagine lacerata del nostro mondo, che ha iniziato il nuovo
Millennio con lo spettro del terrorismo e la tragedia della
guerra, chiama più che mai i cristiani a vivere l'Eucaristia
come una grande scuola di pace, dove si formano uomini e donne
che, a vari livelli di responsabilità nella vita sociale,
culturale, politica, si fanno tessitori di dialogo e di comunione.
A servizio degli ultimi
28. C'è ancora un punto sul quale vorrei richiamare
l'attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura
l'autenticità della partecipazione all'Eucaristia, celebrata
nella comunità: è la spinta che essa ne trae per un impegno
fattivo nell'edificazione di una società più equa e fraterna.
Nell'Eucaristia il nostro Dio ha manifestato la forma estrema
dell'amore, rovesciando tutti i criteri di dominio che reggono
troppo spesso i rapporti umani ed affermando in modo radicale il
criterio del servizio: "Se uno vuol essere il primo, sia
l'ultimo di tutti e il servo di tutti" (Mc 9,35). Non a
caso, nel Vangelo di Giovanni non troviamo il racconto
dell'istituzione eucaristica, ma quello della "lavanda dei
piedi" (cfr Gv 13,1-20): chinandosi a lavare i piedi dei
suoi discepoli, Gesù spiega in modo inequivocabile il senso
dell'Eucaristia. San Paolo, a sua volta, ribadisce con vigore che
non è lecita una celebrazione eucaristica nella quale non
risplenda la carità testimoniata dalla concreta condivisione con
i più poveri (cfr 1Cor 11,17- 22.27-34). Perché dunque non fare
di questo Anno dell'Eucaristia un periodo in cui le comunità
diocesane e parrocchiali si impegnano in modo speciale ad andare
incontro con fraterna operosità a qualcuna delle tante povertà
del nostro mondo? Penso al dramma della fame che tormenta
centinaia di milioni di esseri umani, penso alle malattie che
flagellano i Paesi in via di sviluppo, alla solitudine degli
anziani, ai disagi dei disoccupati, alle traversie degli
immigrati. Sono mali, questi, che segnano - seppur in misura
diversa - anche le regioni più opulente. Non possiamo illuderci:
dall'amore vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine per
chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di
Cristo (cfr Gv 13,35; Mt 25,31-46). È questo il criterio in base
al quale sarà comprovata l'autenticità delle nostre
celebrazioni eucaristiche.
CONCLUSIONE
29. O Sacrum Convivium, in quo Christus sumitur! L'Anno
dell'Eucaristia nasce dallo stupore con cui la Chiesa si pone di
fronte a questo grande Mistero. È uno stupore che non finisce di
pervadere il mio animo. Da esso è scaturita l'enciclica Ecclesia
de Eucharistia. Sento come una grande grazia del ventisettesimo
anno di ministero petrino, che sto per iniziare, il poter
chiamare ora tutta la Chiesa a contemplare, a lodare, ad adorare
in modo specialissimo questo ineffabile Sacramento. L'Anno
dell'Eucaristia sia per tutti occasione preziosa per una
rinnovata consapevolezza del tesoro incomparabile che Cristo ha
affidato alla sua Chiesa. Sia stimolo ad una sua celebrazione più
viva e sentita, dalla quale scaturisca un'esistenza cristiana
trasformata dall'amore. Tante iniziative potranno essere
realizzate in questa prospettiva, a giudizio dei Pastori delle
Chiese particolari. La Congregazione per il Culto divino e la
disciplina dei sacramenti non mancherà di offrire, al riguardo,
utili suggerimenti e proposte. Non chiedo tuttavia che si
facciano cose straordinarie, ma che tutte le iniziative siano
improntate a profonda interiorità. Se il frutto di questo anno
fosse anche soltanto quello di ravvivare in tutte le comunità
cristiane la celebrazione della Messa domenicale e di
incrementare l'adorazione eucaristica fuori della Messa, questo
anno di grazia avrebbe conseguito un risultato significativo.
Buona cosa tuttavia è mirare in alto, non accontentandoci di
misure mediocri, perché sappiamo di poter contare sempre
sull'aiuto di Dio.
30. A voi, cari confratelli nell'episcopato, affido questo anno,
sicuro che accoglierete il mio invito con tutto il vostro ardore
apostolico. Voi, sacerdoti, che ogni giorno ripetete le parole
della consacrazione e siete testimoni e annunciatori del grande
miracolo di amore che avviene tra le vostre mani, lasciatevi
interpellare dalla grazia di quest'anno speciale, celebrando ogni
giorno la Santa Messa con la gioia ed il fervore della prima
volta e sostando volentieri in preghiera davanti al Tabernacolo.
Sia un Anno di grazia per voi, diaconi, che siete da vicino
coinvolti nel ministero della Parola e nel servizio dell'altare.
Anche voi, lettori, accoliti, ministri straordinari della
comunione, abbiate coscienza viva del dono che vi viene fatto con
i compiti a voi affidati in vista di una degna celebrazione
dell'Eucaristia. In particolare, mi rivolgo a voi, futuri
sacerdoti: nella vita di Seminario cercate di fare esperienza di
quanto è dolce non solo partecipare ogni giorno alla Santa
Messa, ma anche indugiare a lungo nel dialogo con Gesù
Eucaristia. Voi, consacrati e consacrate, chiamati dalla vostra
stessa consacrazione a una contemplazione più prolungata,
ricordate che Gesù nel Tabernacolo vi aspetta accanto a sé, per
riversare nei vostri cuori quell'intima esperienza della sua
amicizia che sola può dare senso e pienezza alla vostra vita.
Voi tutti, fedeli, riscoprite il dono dell'Eucaristia come luce e
forza per la vostra vita quotidiana nel mondo, nell'esercizio
delle rispettive professioni e a contatto con le più diverse
situazioni. Riscopritelo soprattutto per vivere pienamente la
bellezza e la missione della famiglia. Molto infine mi aspetto da
voi, giovani, mentre vi rinnovo l'appuntamento per la Giornata
mondiale della gioventù a Colonia. Il tema prescelto - "Siamo
venuti per adorarlo (Mt 2,2)" - si presta in modo
particolare a suggerirvi il giusto atteggiamento in cui vivere
quest'anno eucaristico. Portate all'incontro con Gesù nascosto
sotto i veli eucaristici tutto l'entusiasmo della vostra età,
della vostra speranza, della vostra capacità di amare.
31. Stanno davanti ai nostri occhi gli esempi dei santi, che
nell'Eucaristia hanno trovato l'alimento per il loro cammino di
perfezione. Quante volte essi hanno versato lacrime di commozione
nell'esperienza di così grande mistero ed hanno vissuto
indicibili ore di gioia "sponsale" davanti al
Sacramento dell'altare. Ci aiuti soprattutto la Vergine Santa,
che incarnò con l'intera sua esistenza la logica dell'Eucaristia.
"La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è
chiamata ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero
santissimo" (26). Il Pane eucaristico che riceviamo è la
carne immacolata del Figlio: "Ave verum corpus natum de
Maria Virgine". In questo anno di grazia, sostenuta da
Maria, la Chiesa trovi nuovo slancio per la sua missione e
riconosca sempre di più nell'Eucaristia la fonte e il vertice di
tutta la sua vita. A tutti giunga, apportatrice di grazia e di
gioia, la mia benedizione. Dal Vaticano, 7 ottobre, memoria della
B.Maria Vergine del Rosario, dell'anno 2004, ventiseiesimo di
Pontificato
MESSAGGIO
DI SUA SANTITÀ
GIOVANNI
PAOLO II
PER LA CELEBRAZIONE DELLA
GIORNATA MONDIALE
DELLA PACE
1o GENNAIO 2005
NON
LASCIARTI VINCERE DAL MALE
MA VINCI CON IL BENE IL MALE
1. All'inizio del nuovo anno, torno a rivolgere la mia parola ai responsabili delle Nazioni ed a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, che avvertono quanto necessario sia costruire la pace nel mondo. Ho scelto come tema per la Giornata Mondiale della Pace 2005 l'esortazione di san Paolo nella Lettera ai Romani: « Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male » (12,21). Il male non si sconfigge con il male: su quella strada, infatti, anziché vincere il male, ci si fa vincere dal male.
La prospettiva delineata dal grande Apostolo pone in evidenza una verità di fondo: la pace è il risultato di una lunga ed impegnativa battaglia, vinta quando il male è sconfitto con il bene. Di fronte ai drammatici scenari di violenti scontri fratricidi, in atto in varie parti del mondo, dinanzi alle inenarrabili sofferenze ed ingiustizie che ne scaturiscono, l'unica scelta veramente costruttiva è di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al bene (cfr Rm 12,9), come suggerisce ancora san Paolo.
La pace è un bene da promuovere con il bene: essa è un bene per le persone, per le famiglie, per le Nazioni della terra e per l'intera umanità; è però un bene da custodire e coltivare mediante scelte e opere di bene. Si comprende allora la profonda verità di un'altra massima di Paolo: « Non rendete a nessuno male per male » (Rm 12,17). L'unico modo per uscire dal circolo vizioso del male per il male è quello di accogliere la parola dell'Apostolo: « Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male » (Rm 12,21).
Il male, il bene e l'amore
2. Fin dalle origini, l'umanità ha conosciuto la tragica esperienza del male e ha cercato di coglierne le radici e spiegarne le cause. Il male non è una forza anonima che opera nel mondo in virtù di meccanismi deterministici e impersonali. Il male passa attraverso la libertà umana. Proprio questa facoltà, che distingue l'uomo dagli altri viventi sulla terra, sta al centro del dramma del male e ad esso costantemente si accompagna. Il male ha sempre un volto e un nome: il volto e il nome di uomini e di donne che liberamente lo scelgono. La Sacra Scrittura insegna che, agli inizi della storia, Adamo ed Eva si ribellarono a Dio e Abele fu ucciso dal fratello Caino (cfr Gn 3-4). Furono le prime scelte sbagliate, a cui ne seguirono innumerevoli altre nel corso dei secoli. Ciascuna di esse porta in sé un'essenziale connotazione morale, che implica precise responsabilità da parte del soggetto e chiama in causa le relazioni fondamentali della persona con Dio, con le altre persone e con il creato.
A cercarne le componenti profonde, il male è, in definitiva, un tragico sottrarsi alle esigenze dell'amore(1). Il bene morale, invece, nasce dall'amore, si manifesta come amore ed è orientato all'amore. Questo discorso è particolarmente chiaro per il cristiano, il quale sa che la partecipazione all'unico Corpo mistico di Cristo lo pone in una relazione particolare non solo con il Signore, ma anche con i fratelli. La logica dell'amore cristiano, che nel Vangelo costituisce il cuore pulsante del bene morale, spinge, se portata alle conseguenze, fino all'amore per i nemici: « Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete dagli da bere » (Rm 12,20).
La « grammatica » della legge morale universale
3. Volgendo lo sguardo all'attuale situazione del mondo, non si può non constatare un impressionante dilagare di molteplici manifestazioni sociali e politiche del male: dal disordine sociale all'anarchia e alla guerra, dall'ingiustizia alla violenza contro l'altro e alla sua soppressione. Per orientare il proprio cammino tra gli opposti richiami del bene e del male, la famiglia umana ha urgente necessità di far tesoro del comune patrimonio di valori morali ricevuto in dono da Dio stesso. Per questo, a quanti sono determinati a vincere il male con il bene san Paolo rivolge l'invito a coltivare nobili e disinteressati atteggiamenti di generosità e di pace (cfr Rm 12,17-21).
Parlando all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dieci anni or sono, della comune impresa al servizio della pace, ebbi a far riferimento alla « grammatica » della legge morale universale(2), richiamata dalla Chiesa nei suoi molteplici pronunciamenti in questa materia. Ispirando valori e principi comuni, tale legge unisce gli uomini tra loro, pur nella diversità delle rispettive culture, ed è immutabile: « rimane sotto l'evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso... Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell'uomo. Sempre risorge nella vita degli individui e delle società »(3).
4. Questa comune grammatica della legge morale impone di impegnarsi sempre e con responsabilità per far sì che la vita delle persone e dei popoli venga rispettata e promossa. Alla sua luce non possono non essere stigmatizzati con vigore i mali di carattere sociale e politico che affliggono il mondo, soprattutto quelli provocati dalle esplosioni della violenza. In questo contesto, come non andare con il pensiero all'amato Continente africano, dove perdurano conflitti che hanno mietuto e continuano a mietere milioni di vittime? Come non evocare la pericolosa situazione della Palestina, la Terra di Gesù, dove non si riescono ad annodare, nella verità e nella giustizia, i fili della mutua comprensione, spezzati da un conflitto che ogni giorno attentati e vendette alimentano in modo preoccupante? E che dire del tragico fenomeno della violenza terroristica che sembra spingere il mondo intero verso un futuro di paura e di angoscia? Come, infine, non constatare con amarezza che il dramma iracheno si prolunga, purtroppo, in situazioni di incertezza e di insicurezza per tutti?
Per conseguire il bene della pace bisogna, con lucida consapevolezza, affermare che la violenza è un male inaccettabile e che mai risolve i problemi. « La violenza è una menzogna, poiché è contraria alla verità della nostra fede, alla verità della nostra umanità. La violenza distrugge ciò che sostiene di difendere: la dignità, la vita, la libertà degli esseri umani »(4). È pertanto indispensabile promuovere una grande opera educativa delle coscienze, che formi tutti, soprattutto le nuove generazioni, al bene aprendo loro l'orizzonte dell'umanesimo integrale e solidale, che la Chiesa indica e auspica. Su queste basi è possibile dar vita ad un ordine sociale, economico e politico che tenga conto della dignità, della libertà e dei diritti fondamentali di ogni persona.
Il bene della pace e il bene comune
5. Per promuovere la pace, vincendo il male con il bene, occorre soffermarsi con particolare attenzione sul bene comune(5) e sulle sue declinazioni sociali e politiche. Quando, infatti, a tutti i livelli si coltiva il bene comune, si coltiva la pace. Può forse la persona realizzare pienamente se stessa prescindendo dalla sua natura sociale, cioè dal suo essere « con » e « per » gli altri? Il bene comune la riguarda da vicino. Riguarda da vicino tutte le forme espressive della socialità umana: la famiglia, i gruppi, le associazioni, le città, le regioni, gli Stati, le comunità dei popoli e delle Nazioni. Tutti, in qualche modo, sono coinvolti nell'impegno per il bene comune, nella ricerca costante del bene altrui come se fosse proprio. Tale responsabilità compete, in particolare, all'autorità politica, ad ogni livello del suo esercizio, perché essa è chiamata a creare quell'insieme di condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona(6).
Il bene comune, pertanto, esige il rispetto e la promozione della persona e dei suoi diritti fondamentali, come pure il rispetto e la promozione dei diritti delle Nazioni in prospettiva universale. Dice in proposito il Concilio Vaticano II: « Dall'interdipendenza ogni giorno più stretta e poco alla volta estesa al mondo intero deriva che il bene comune ... diventa oggi sempre più universale ed implica diritti e doveri che interessano l'intero genere umano. Pertanto ogni comunità deve tener conto delle necessità e delle legittime aspirazioni delle altre comunità, anzi del bene comune di tutta la famiglia umana »(7). Il bene dell'intera umanità, anche per le generazioni future, richiede una vera cooperazione internazionale, a cui ogni Nazione deve offrire il suo apporto(8).
Tuttavia, visioni decisamente riduttive della realtà umana trasformano il bene comune in semplice benessere socio-economico, privo di ogni finalizzazione trascendente, e lo svuotano della sua più profonda ragion d'essere. Il bene comune, invece, riveste anche una dimensione trascendente, perché è Dio il fine ultimo delle sue creature(9). I cristiani inoltre sanno che Gesù ha fatto piena luce sulla realizzazione del vero bene comune dell'umanità. Verso Cristo cammina e in Lui culmina la storia: grazie a Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui, ogni realtà umana può essere condotta al suo pieno compimento in Dio.
Il bene della pace e l'uso dei beni della terra
6. Poiché il bene della pace è strettamente collegato allo sviluppo di tutti i popoli, è indispensabile tener conto delle implicazioni etiche dell'uso dei beni della terra. Il Concilio Vaticano II ha opportunamente ricordato che « Dio ha destinato la terra con tutto quello che in essa è contenuto all'uso di tutti gli uomini e popoli, sicché i beni creati devono pervenire a tutti con equo criterio, avendo per guida la giustizia e per compagna la carità »(10).
L'appartenenza alla famiglia umana conferisce ad ogni persona una specie di cittadinanza mondiale, rendendola titolare di diritti e di doveri, essendo gli uomini uniti da una comunanza di origine e di supremo destino. Basta che un bambino venga concepito perché sia titolare di diritti, meriti attenzioni e cure e qualcuno abbia il dovere di provvedervi. La condanna del razzismo, la tutela delle minoranze, l'assistenza ai profughi e ai rifugiati, la mobilitazione della solidarietà internazionale nei confronti di tutti i bisognosi non sono che coerenti applicazioni del principio della cittadinanza mondiale.
7. Il bene della pace va visto oggi in stretta relazione con i nuovi beni, che provengono dalla conoscenza scientifica e dal progresso tecnologico. Anche questi, in applicazione del principio della destinazione universale dei beni della terra, vanno posti a servizio dei bisogni primari dell'uomo. Opportune iniziative a livello internazionale possono dare piena attuazione al principio della destinazione universale dei beni, assicurando a tutti individui e Nazioni le condizioni di base per partecipare allo sviluppo. Ciò diventa possibile se si abbattono le barriere e i monopoli che lasciano ai margini tanti popoli(11).
Il bene della pace sarà poi meglio garantito se la comunità internazionale si farà carico, con maggiore senso di responsabilità, di quelli che vengono comunemente identificati come beni pubblici. Sono quei beni dei quali tutti i cittadini godono automaticamente senza aver operato scelte precise in proposito. È quanto avviene, a livello nazionale, per beni quali, ad esempio, il sistema giudiziario, il sistema di difesa, la rete stradale o ferroviaria. Nel mondo, investito oggi in pieno dal fenomeno della globalizzazione, sono sempre più numerosi i beni pubblici che assumono carattere globale e conseguentemente aumentano pure di giorno in giorno gli interessi comuni. Basti pensare alla lotta alla povertà, alla ricerca della pace e della sicurezza, alla preoccupazione per i cambiamenti climatici, al controllo della diffusione delle malattie. A tali interessi, la Comunità internazionale deve rispondere con una rete sempre più ampia di accordi giuridici, atta a regolamentare il godimento dei beni pubblici, ispirandosi agli universali principi dell'equità e della solidarietà.
8. Il principio della destinazione universale dei beni consente, inoltre, di affrontare adeguatamente la sfida della povertà, soprattutto tenendo conto delle condizioni di miseria in cui vive ancora oltre un miliardo di esseri umani. La Comunità internazionale si è posta come obiettivo prioritario, all'inizio del nuovo millennio, il dimezzamento del numero di queste persone entro l'anno 2015. La Chiesa sostiene ed incoraggia tale impegno ed invita i credenti in Cristo a manifestare, in modo concreto e in ogni ambito, un amore preferenziale per i poveri(12).
Il dramma della povertà appare ancora strettamente connesso con la questione del debito estero dei Paesi poveri. Malgrado i significativi progressi sinora compiuti, la questione non ha ancora trovato adeguata soluzione. Sono trascorsi quindici anni da quando ebbi a richiamare l'attenzione della pubblica opinione sul fatto che il debito estero dei Paesi poveri « è intimamente legato ad un insieme di altri problemi, quali l'investimento estero, il giusto funzionamento delle maggiori organizzazioni internazionali, il prezzo delle materie prime e così via »(13). I recenti meccanismi per la riduzione dei debiti, maggiormente centrati sulle esigenze dei poveri, hanno senz'altro migliorato la qualità della crescita economica. Quest'ultima, tuttavia, per una serie di fattori, risulta quantitativamente ancora insufficiente, specie in vista del raggiungimento degli obiettivi stabiliti all'inizio del millennio. I Paesi poveri restano prigionieri di un circolo vizioso: i bassi redditi e la crescita lenta limitano il risparmio e, a loro volta, gli investimenti deboli e l'uso inefficace del risparmio non favoriscono la crescita.
9. Come ha affermato il Papa Paolo VI e come io stesso ho ribadito, l'unico rimedio veramente efficace per consentire agli Stati di affrontare la drammatica questione della povertà è di fornire loro le risorse necessarie mediante finanziamenti esteri pubblici e privati concessi a condizioni accessibili, nel quadro di rapporti commerciali internazionali regolati secondo equità(14). Si rende doverosamente necessaria una mobilitazione morale ed economica, rispettosa da una parte degli accordi presi in favore dei Paesi poveri, ma disposta dall'altra a rivedere quegli accordi che l'esperienza avesse dimostrato essere troppo onerosi per determinati Paesi. In questa prospettiva, si rivela auspicabile e necessario imprimere un nuovo slancio all'aiuto pubblico allo sviluppo, ed esplorare, malgrado le difficoltà che può presentare questo percorso, le proposte di nuove forme di finanziamento allo sviluppo(15). Alcuni governi stanno già valutando attentamente meccanismi promettenti che vanno in questa direzione, iniziative significative da portare avanti in modo autenticamente condiviso e nel rispetto del principio di sussidiarietà. Occorre pure controllare che la gestione delle risorse economiche destinate allo sviluppo dei Paesi poveri segua scrupolosi criteri di buona amministrazione, sia da parte dei donatori che dei destinatari. La Chiesa incoraggia ed offre a questi sforzi il suo apporto. Basti citare, ad esempio, il prezioso contributo dato attraverso le numerose agenzie cattoliche di aiuto e di sviluppo.
10. Al termine del Grande Giubileo dell'Anno 2000, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte ho fatto cenno all'urgenza di una nuova fantasia della carità(16) per diffondere nel mondo il Vangelo della speranza. Ciò si rende evidente particolarmente quando ci si avvicina ai tanti e delicati problemi che ostacolano lo sviluppo del Continente africano: si pensi ai numerosi conflitti armati, alle malattie pandemiche rese più pericolose dalle condizioni di miseria, all'instabilità politica cui si accompagna una diffusa insicurezza sociale. Sono realtà drammatiche che sollecitano un cammino radicalmente nuovo per l'Africa: è necessario dar vita a forme nuove di solidarietà, a livello bilaterale e multilaterale, con un più deciso impegno di tutti, nella piena consapevolezza che il bene dei popoli africani rappresenta una condizione indispensabile per il raggiungimento del bene comune universale.
Possano i popoli africani prendere in mano da protagonisti il proprio destino e il proprio sviluppo culturale, civile, sociale ed economico! L'Africa cessi di essere solo oggetto di assistenza, per divenire responsabile soggetto di condivisioni convinte e produttive! Per raggiungere tali obiettivi si rende necessaria una nuova cultura politica, specialmente nell'ambito della cooperazione internazionale. Ancora una volta vorrei ribadire che il mancato adempimento delle reiterate promesse relative all'aiuto pubblico allo sviluppo, la questione tuttora aperta del pesante debito internazionale dei Paesi africani e l'assenza di una speciale considerazione per essi nei rapporti commerciali internazionali, costituiscono gravi ostacoli alla pace, e pertanto vanno affrontati e superati con urgenza. Mai come oggi risulta determinante e decisiva, per la realizzazione della pace nel mondo, la consapevolezza dell'interdipendenza tra Paesi ricchi e poveri, per cui « lo sviluppo o diventa comune a tutte le parti del mondo, o subisce un processo di retrocessione anche nelle zone segnate da un costante progresso »(17).
Universalità del male e speranza cristiana
11. Di fronte ai tanti drammi che affliggono il mondo, i cristiani confessano con umile fiducia che solo Dio rende possibile all'uomo ed ai popoli il superamento del male per raggiungere il bene. Con la sua morte e risurrezione Cristo ci ha redenti e riscattati « a caro prezzo » (1 Cor 6,20; 7,23), ottenendo la salvezza per tutti. Con il suo aiuto, pertanto, è possibile a tutti vincere il male con il bene.
Fondandosi sulla certezza che il male non prevarrà, il cristiano coltiva un'indomita speranza che lo sostiene nel promuovere la giustizia e la pace. Nonostante i peccati personali e sociali che segnano l'agire umano, la speranza imprime slancio sempre rinnovato all'impegno per la giustizia e la pace, insieme ad una ferma fiducia nella possibilità di costruire un mondo migliore.
Se nel mondo è presente ed agisce il « mistero dell'iniquità » (2 Ts 2,7), non va dimenticato che l'uomo redento ha in sé sufficienti energie per contrastarlo. Creato ad immagine di Dio e redento da Cristo « che si è unito in certo modo ad ogni uomo »(18) questi può cooperare attivamente al trionfo del bene. L'azione dello « Spirito del Signore riempie l'universo » (Sap 1,7). I cristiani, specialmente i fedeli laici, « non nascondano questa speranza nell'interiorità del loro animo, ma con la continua conversione e la lotta contro i dominatori di questo mondo di tenebra e contro gli spiriti del male (Ef 6,12) la esprimano anche attraverso le strutture della vita secolare »(19).
12. Nessun uomo, nessuna donna di buona volontà può sottrarsi all'impegno di lottare per vincere con il bene il male. È una lotta che si combatte validamente soltanto con le armi dell'amore. Quando il bene vince il male, regna l'amore e dove regna l'amore regna la pace. È l'insegnamento del Vangelo, riproposto dal Concilio Vaticano II: « La legge fondamentale della perfezione umana, e perciò anche della trasformazione del mondo, è il nuovo comandamento della carità »(20).
Ciò è vero anche in ambito sociale e politico. A questo proposito, il Papa LeoneXIII scriveva che quanti hanno il dovere di provvedere al bene della pace nelle relazioni tra i popoli devono alimentare in sé e accendere negli altri « la carità, signora e regina di tutte le virtù »(21). I cristiani siano testimoni convinti di questa verità; sappiano mostrare con la loro vita che l'amore è l'unica forza capace di condurre alla perfezione personale e sociale, l'unico dinamismo in grado di far avanzare la storia verso il bene e la pace.
In quest'anno dedicato all'Eucaristia, i figli della Chiesa trovino nel sommo Sacramento dell'amore la sorgente di ogni comunione: della comunione con Gesù Redentore e, in Lui, con ogni essere umano. È in virtù della morte e risurrezione di Cristo, rese sacramentalmente presenti in ogni Celebrazione eucaristica, che siamo salvati dal male e resi capaci di fare il bene. È in virtù della vita nuova di cui Egli ci ha fatto dono che possiamo riconoscerci fratelli, al di là di ogni differenza di lingua, di nazionalità, di cultura. In una parola, è in virtù della partecipazione allo stesso Pane e allo stesso Calice che possiamo sentirci « famiglia di Dio » e insieme recare uno specifico ed efficace contributo all'edificazione di un mondo fondato sui valori della giustizia, della libertà e della pace.
Dal Vaticano, 8 Dicembre 2004.
GIOVANNI PAOLO II
(I Messaggi degli anni precedenti sono nelle varie)
"IL DONO CHE TRASFORMA IL CUORE DELL'UOMO MUTANDO I SUOI SOGNI E LE SUE ILLUSIONI IN PROGETTI CONCRETI DI BENE E DI PACE"
La Madonna, Donna Eucaristica, LUCE e AURORA del mondo nuovo, ci invita ancora una volta, in questanno dellEucaristia, a fare di Palermiti la CITTA DELLUOMO.
Con questa certezza vogliamo celebrare le giornate Eucaristiche.
Programma:
1. Prima giornata: Domenica 29.05.05 Solennità: "CORPUS DOMINI"- Conclusione del Congresso Eucaristico a Bari Ore 17.30: Santa Messa Processione Eucaristica (Percorso tradizionale);
2.Seconda Giornata: Sabato 04.06.05 Ore 17.30: Santa Messa "SANTUARIO MADONNA DELLA LUCE". (Processione Via Spasari ).
3. Terza Giornata: Domenica 05.06.05 Ore 17.30: Santa Messa"CASE POPOLARI"(Processione lungo Via Regina Elena).
Anche i nostri sogni per diventare progetti concreti di Carità, di Bene e di Pace, espressione di una umanità piena, hanno bisogno di essere purificati sullaltare della croce, di cui lEucaristia è segno»
Invito la Comunità Cristiana a partecipare, presentare il volto più bello, abbellire le vie cittadine. Non è una forma di esaltazione ma un atto dAmore.
Notte di Natale 2004
Il
Verbo si è fatto carne della mia carne?
"
Natale"
Guardo il
presepe scolpito, dove sono i pastori appena giunti alla povera
stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti salutano il potente Re del
mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio delle figure di legno:
ecco i vecchi del villaggio e la stella che risplende,
e l'asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri? "
"Gesù nasce per
tutti e nessuno è solo; nessuno è escluso dal cuore di Dio!"
AUGURI A TUTTI I PALERMITESI SPARSI NEL MONDO
D. Antonio - Parroco
Carissimi Fedeli, in questo momento di dolore e di lutto per la morte di Sua Santità Giovanni Paolo II, IL GRANDE sentiamoci in profonda comunione con tutta la Chiesa e uniamoci alla preghiera di suffragio che da ogni parte del mondo sale a Dio per questo nostro amatissimo Papa, che per più di ventisei anni ha guidato la Chiesa universale aiutandola a prendere il largo in obbedienza alla parola di Gesù (cfr. Luca 5, 4).
SABATO 09.04.05 ALLE ORE 17.30 NELLA CHIESA PARROCCHIALE SARA CELEBRATA UNA SOLENNE SANTA MESSA DI SUFFRAGIO.
Siamo tutti invitati a partecipare per Pregare rendere testimonianza ringraziare il Signore per averci dato un DONO così grande
PALERMITI,CITTA DI MARIA MADRE DELLA VERA LUCE
NON TI DIMENTICHERA MAI!
E OGNI SUO FIGLIO FIGLIA RIPETERA CON TE TOTUS TUUS.
GRAZIE! PAPA BUONO.
Palermiti 07.04.05
IL PARROCO
Sac. Francescantonio De Gori
PARROCCHIA SAN NICOLA
VESCOVO
88050 PALERMITI
Un avvenire di
pace
"La fede poi ci insegna che anche
nelle prove più difficili e dolorose, - come nelle calamità che
hanno colpito nei giorni scorsi il Sud-Est Asiatico -,
DIO NON CI ABBANDONA MAI: nel mistero del Natale è venuto a
condividere la nostra esistenza.(GIOVANNI
PAOLO II - ANGELUS Domenica, 2 gennaio 2005)
Carissimi, in questi giorni, "la festa del
Natale - come ha detto il Papa al termine dell'Angelus di
domenica scorsa 26 dicembre - è stata rattristata dalle notizie
giunte dal Sud-Est dell'Asia per il forte terremoto che ha
colpito l'Indonesia con conseguenze in altri Paesi, come
lo Sri Lanka, l'India, il Bangladesh, il Myanmar, la Thailandia,
la Malesia e le Maldive" e che ha raggiunto, perfino, la
Somalia, la Tanzania e il Kenya, in Africa orientale.
Di fronte a questa ecatombe mai vista, la
ragione umana si dà per vinta, gli interrogativi più
inquietanti ci assalgono e rimangono senza spiegazioni
convincenti.
Ed è proprio in questo enorme dolore, che
appare insopportabile e assurdo, che l'uomo non ha nessun altro a
cui aggrapparsi se non Dio, per cercare e trovare in lui e nella
solidarietà dei fratelli un sostegno, un conforto, la forza per
andare avanti e per tornare a sperare nel futuro.
Con questi sentimenti nel cuore, anche noi
vogliamo unirci alla sofferenza di tanti fratelli e sorelle
colpiti nei loro affetti più cari, accogliendo l'accorato
appello del Papa che invita le comunità ecclesiali a pregare per
le vittime e a sostenere ogni iniziativa utile ad alleviare le
sofferenze delle popolazioni colpite dalla tragedia.
Questa vicinanza chiedo sia espressa con la
preghiera corale che
MERCOLEDI' 05 Gennaio:ore 16.00 - 17.00;
faremo in modo comunitario nella nostra Chiesa
Parrocchiale; chi non può
partecipare prima, la Chiesa sarà aperta dalle 20.30 alle 22.00
per pregare
Palermiti 01.01.05 Dio ci benedica
tutti!
Il PARROCO - DON ANTONIO
Le offerte saranno destinate esclusivamente come "aiuto alle persone" tramite la Caritas Diocesana sul C. C. P. n° 14867881 - Causale "Emergenza Maremoto".
"La Comunità parrocchiale ha raccolto la somma di 750,00".