PALERMITI NELLA STORIA
NEL FOLKLORE
E NELLA FEDE MARIANA
A circa 15 chilometri dal golfo di Squillace, adagiata sul
dorso d'una amena collina del retroterra jonico, sorge come un'acropoli,
ci-vettuola e superba, Palermiti.
Le sue case, addossate le une alle altre, in un variare continuo
di dimensioni e di forme, s'inerpicano sui fianchi del colle
" come un branco di pecore pascenti in cerca di cielo e di
spazi infiniti. lì suo panorama, incastonato tra il verde cupo
dei castagni e quello argenteo degli ulivi, assume un
caratteristico aspetto pa-storale che invita gli uomini alla pace
del cuore e alla gioia dei sentimenti più intimi.
L'azzurra calotta del cielo, a volte arabescata da ciuffi
bizzarri di argentee nuvole, si stende su questo paesello calabro
come una immensa cupola e dona all'intero paesaggio l'olimpica
maestosità di un tempio pagano.
Campagne ubertose, ombreggiate da seco-lari castagni, da estesi
uliveti e da fiorenti vi-gneti, copiose sorgenti di acque fresche
e cri-stalline, meravigliosi orizzonti schiudentisi sulle glauche
acque dello Ionio e sulle candide mon-tagne della Sua fanno di
Palermiti un centro economicamente ricco, turisticamente privile-giato,
climaticamente salubre.
Tutti questi fattori avranno certamente invo-gliato alcuni
profughi di Palermo a fissare su questa collina la propria dimora
verso la prima metà del 1509.
Già vi esisteva un piccolo borgo agricolo con poche abitazioni,
per di più fatte di paglia, il che dovrebbe essere confermato
dal fatto che il borgo era chiamato, appunto, Pagliariti. I nuovi
arrivati, che dovevano essere dei ricchi mercanti o appartenenti
a nobili e fiorenti famiglie di Palermo, attratti dalla bellezza
e dalla salubrità del luogo, vi costruirono sulla parte più
alta della collina le prime case in muratura,
creando così un vero e proprio villaggio. Riten-nero opportuno,
quindi, cambiare al centro ospi-tale anche il nome e, in omaggio
alla loro città di origine, lo chiamarono Palermiti.
Da allora Palermiti iniziò a costruire lenta-mente la sua
modesta storia.
In un primo tempo e per un lungo periodo dovette essere una
frazione di Squillace, o co-me allora si diceva, casale. Negli
atti riscontrati nell'archivio parrocchiale, Palermiti è infatti
riportato con questa denominazione. Riteniamo interessante
trascrivere un caratteristico atto di battesimo del 1656: "
A 6 di s.bre 1656, lo D. Marco Lumbardo procappellano nel Casale
di Palermiti ho battezzato (il nome è illeggibile) fi-glia de
Gianni lencarellu e de Caterina Merar-chi de dettu casale coniugi,
la tenne alti tonti Caterini Truglia de dettu casale; nacque alti
30 de Agosto"
Dal 1705 nei suddetti atti la denominazione di casale non appare
più: è da supporre che da quell'anno Palermiti sia diventato un
comune autonomo. Pare, anzi, che Palermiti allo scopo di ottenere
la propria autonomia abbia dovuto lottare duramente con Squillace,
tanto da dover
sostenere addirittura una vera e propria batta-glia.
La restante parte della sua storia non è fatta di grandi cose,
ma dall'umile, costante e silen-zioso lavoro dei suoi abitanti.
Questi, infatti, col sacrificio del quotidiano lavoro consumato
sui campi, con l'eroico coraggio di lasciare, anche se
temporaneamente, il paese natio e gli affetti più cari per
avventurarsi in terre straniere di oltre mare in cerca di
migliori fortune, con il fermo proposito di migliorare ed elevare
il te-nore di vita dei propri figli, sono riusciti a dare al
proprio paese un volto nuovo e ad aprirgli il sentiero del
progresso e del vivere civile.
Incamminandosi ormai verso più moderne forme di vita, volute dal
nostro tempo, Palermiti, però, non sa rinunciare ad alcune sue
tradi-zionali caratteristiche, che costituiscono l'auten-tico e
il più prezioso patrimonio del suo pas-sato: il folklore. Anche
se l'invadenza della vita moderna ne ha attenuato il rigoglio e
la fre-schezza dei toni e dell'entusiasmo, esso resiste
ugualmente nei genuini canti popolari, nel ca-ratteristico
costume della " pacchiana ", ricco nelle fogge e nelle
tinte, nelle intramontabili ma-nifestazioni spettacolari, dalla
rappresentazione della Passione di Cristo ("a pigghiata")
ai falò (i luminari), che si accendono nella notte precedente la
festa dell'Immacolata, alle scene satirico-burlesche (a *harza)
in occasione del Carnevale.
Ma dal 1720 Palermiti, nell'esultanza e nel-l'entusiasmo, vive e
spera nella sua Madonna, Maria SS. della Luce, la cui festa si
celebra ogni anno nell'ultima domenica di agosto.
E' per Palermiti la festa per eccellenza; per i Palermitesi come
la fine e l'inizio di un anno.
Dal 2 luglio, giorno in cui si celebra una prima festa in onore
della venerata Patrona, iniziano con fervore i preparativi per la
festa randa "; incominciano a giungere da ogni parte gli
emigrati, affrontando, il più delle volte, non pochi sacrifici;
tutto è fervore, ansia, attesa per la grande festa che richiama
da ogni angolo della Calabria folle di fedeli e di pellegrini.
Con l'inizio della "novena" fino all'" otta-va
" Palermiti è in festa: una lunga festa tutta interiore,
fatta di amore e di devozione pro-fonda verso la " Madonna"
e che raggiunge il suo acme nei tre giorni dei solenni festeggia-menti
esterni, religiosi e civili.
Dopo l'" ottava " tutto ritorna nella norma-lità e
nella quete; tutti ritornano al quotidiano lavoro, e a ben
ragione, possono ripetere il po-polare adagio: Si dissuru li
missi a Palermiti, non si 'nda dinnu 'cchiù missi cantati