CENNO STORICO

SULLA CHIESA ARCIPRETALE DI PALERMITI


Il terremoto del 1783 distrusse la chiesa di S. Giusto che sorgeva nei pressi dell'orto Ba-rone e precisamente nella località tuttora de-nominata , "Chiesa vecchia". Non essendoci in Palermiti altre chiese, si provvide a costruirne provvisoriamente un'altra in legname all'ombra di una quercia che si elevava maestosa nella parte più bassa e periferica del paese, corri-spondente all'attuale Piazza dei Martiri, deno-minata " Cona >. Il tempo passava, ma la nuo-va chiesa non veniva ricostruita, non tanto, for-se, per mancanza di fondi, quanto per l'inde-cisione sulla scelta del luogo su cui la chiesa doveva sorgere: se sullo stesso posto della vec-chia oppure altrove. Per molti anni tale inde-cisione fece ritardare la ricostruzione della chiesa, fino a quando un fatto singolare non intervenne a dissipare ogni incertezza e a rom-pere ogni indugio.
Si racconta, infatti, che sul posto dove ora sorge la chiesa fu notato un mucchio di pietre che appariva, mattina per mattina, sempre più grosso. I vicini non sapevano rendersene conto perché durante il giorno non vedevano persona alcuna che accumulava quelle pietre. Sulle pri-me essi pensarono che qualche loro compaesa-no dovendo costruire, apprestava il materiale di notte, forse perché di giorno era impegnato nel lavoro dei campi. Tuttavia, spinti dalla cu-riosità, volevano sapere chi poteva essere que-sto nuovo vicino di casa. Domandarono a que-sto e a quello, ma non vennero a capo di nulla.
Una donna, più curiosa degli altri, non volle darsi per vinta. Una notte, mentre tutti gli altri dormivano tranquillamente, essa volle vegliare spiando dalla finestra. Per alcune ore rimase lì in inutile attesa. Ma a mezzanotte in punto vide finalmente ciò che aspettava: una donna bellissima, ammantata di azzurro, portava sulla testa una grossa pietra che depose sul muc-chio misterioso. Per tre volte la bellissima ope-raia rifece il suo viaggio col carico di una pie-tra sulla testa. Deposto l'ultimo masso, la stra-na donna si allontanò lentamente lasciando die-tro di sé una scia di vivida luce.
La donna che spiava dalla finestra, sconvol-ta da un sì strano fenomeno, non riusciva a credere ai suoi occhi; se li stropicciò, ebbe un attimo di smarrimento: aveva visto realmente o aveva forse sognato? All'indomani raccontò tut-to ai vicini. Poi in un baleno la voce si sparse per tutto il paese. Non c'era più alcun dubbio: quella misteriosa operaia era la Madonna della Luce e quello doveva essere il posto su cui do-veva sorgere la nuova chiesa.
Senza altri indugi si provvide alla costru-zione del sacro tempio. La relativa esecuzione dei lavori fu affidata a un certo Calabretta, che pare sia stato anche il costruttore del Duomo di Squillace.
Durante questa prima fase dei lavori furono elevati i muri perimetrali, mentre la costruzione dell'area interna fu limitata alle sole tre navate.
Si racconta che, appena terminati i lavori, l'affresco di Murorotto raffigurante la Madonna della luce, si sia da solo trasferito dalla vecchia alla nuova chiesa, dove tuttora è gelosamente custodito.
A circa un secolo di distanza furono ripresi i lavori per il restauro e il completamento del-l'intero edificio sotto la direzione del costrut-tore Astorino, il quale eseguì l'apertura e la si-stemazione del transetto e dell'abside e la co-struzione della cupola. Completata nel 1904, la intera opera si presentava maestosa e perfetta nelle sue linee architettoniche. La sua struttu-ra, a forma di croce latina, si accosta fedelmen-te allo stile romanico, anche se è leggermente contaminato da motivi ottocenteschi. Lodevole merito di questa seconda fase dei lavori fu dell'alora Arc. Don Raffaele Varano, che, come ricordano i più anziani a lui contem-poranei, si prodigò alla realizzazione dell'opera con l'ardore e l'abnegazione di un missionario e di un padre, non disdegnando, persino, di por-tare sulle spalle massi di pietra e secchi pieni di malta.
Fu ancora egli che nel 1918 provvide alla decorazione della chiesa, affidandone l'incarico
al pittore Giuseppe Murmura di Pizzo per la parte ornamentale e al pittore M. Zimatore per a parte figurativa, le cui tele, raffiguranti i quat-tro Evangelisti e i quattro Dottori, costituiscono senza dubbio, per la chiesa di Palermiti, il più caro e prezioso patrimonio artistico.
Ma dopo alcuni decenni l'usura del tempo e la persistente umidità deteriorarono le magni-fiche decorazioni, mentre l'acqua piovana, pe-netrando dal tetto, infracidiva e sconnetteva la volta in legno della navata centrale, che quasi minacciava di crollare. Bisognava ricorrere al più presto ai ripari per restituire alla chiesa il suo primitivo splendore, che i palermitesi esi-gevano non solo perché essa era l'unica chiesa esistente nel paese, ma anche e soprattutto perché era la dimora prescelta dalla loro ve-nerata Madonna.
Nel 1962 l'Arciprete Don Innocenzo Lombar-do ruppe ogni indugio e, pur senza una lira a sua disposizione, iniziò il completo e totale re-stauro della chiesa, provvedendo al rifacimento in rete della volta centrale, al rivestimento dei pilasti in marmo pregiato, alla rintonicatura delle restanti parti e alla totale decorazione, affidandone l'esecuzione ai pittori Nicola e Do-menico Pignataro, che hanno arricchito la volta centrale e quella dell'abside di pregevoli affre-schi. Di notevole fattura artistica è il battistero, inquadrato in una meravigliosa figurazione evangelica in mosaico.
I palermitesi non rimasero insensibili dinan-zi alla coraggiosa iniziativa dell'Arciprete Don Lombardo e tutti, o quasi tutti, contribuirono con generose offerte a coprire le ingenti spese impegnate dal valoroso parroco. Inoltre la ge-nerosità di alcuni emigrati completò l'opera con l'offerta di alcuni arredi. Fra questi merita una particolare menzione il pulpito, vero capolavoro dell'arte della scultura in legno, opera del maestro Galati di Vallelonga su ordinazione del Sig. Vincenzo Tripodi, emigrato in U.S.A.
A seguito di tutti questi lavori di restauro e di abbellimento, la chiesa di Palermiti ha ri-conquistato il suo primitivo splendore, destan-do ammirazione e stupore nei visitatori, sacro orgoglio e intima soddisfazione nei palermitesi.


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