Il giubileo inizia nel Natale 1999 e termina alla vigilia della festa dell’Epifania del 2001.

I segni del giubileo

  1. Il pellegrinaggio denota la condizione dell’homo viator. La storia d’Israele, fin dalle origini, e quella della Chiesa è il diario vivente di un pellegrinaggio mai terminato. Il pellegrinaggio evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore: c’è esercizio d’ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma del cuore.
  2. La porta santa fu aperta la prima volta nel 1423 nella Basilica del SS. Salvatore in Laterano. Evoca il passaggio attraverso Cristo che ha detto . "Io sono la porta" (Gv 10,7), unica via di salvezza. Anche l’uomo deve aprire la porta a Cristo. "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me"(Ap3,20). E aprirla anche ai fratelli nella solidarietà e nell’accoglienza caritatevole.
  3. L’indulgenza è il terzo segno giubilare. Il grande perdono di Dio concesso attraverso la Chiesa. Abbiamo al possibilità di salvarci tutti ma in cordata.(36)

Nella Tertio Millenium adveniente il papa aveva indicato altri segni.

  1. La purificazione della memoria è il coraggio e l’umiltà di riconoscere le mancanze di coloro che portano il nome di cristiani. L’esame di coscienza è momento qualificante dell’esistenza del credente ("rientrare in se stessi " Lc 15, 17 - 20). Con esso ogni persona si pone di fronte alla verità della propria vita. Scopre la distanza che separa le sue azioni dall’ideale che si è prefisso. Questo è vero anche per la storia della Chiesa: da una parte è piena della testimonianza luminosa dei suoi santi e dall’altra anche di vicende di contro testimonianza. Come singoli e come Chiesa dobbiamo chiedere scusa a Dio e al mondo per le mancanze di fede vissuta che hanno offeso e allontanato tanti dalla fede.
  2. Il segno della carità. I singoli e la Chiesa sono chiamati a testimoniare il Vangelo della carità di fronte alle enormi situazioni di ingiustizia e di violenza del mondo di oggi. Il papa propone l’azzeramento dei debiti dei paesi poveri e creare una cultura di solidarietà e cooperazione per un modello di economia al servizio di ogni persona. La vera novità del giubileo del duemila è il forte accento messo sulla carità come condizione per ottenere il grande perdono.
  3. L’acquisto della indulgenza, che può essere pure applicata ai defunti, ha queste condizioni : ricevere il sacramento della Riconciliazione e dell’eucarestia, la preghiera secondo l’intenzione del Sommo pontefice, atti di carità, atti di penitenza, visita delle Basiliche di Roma , Terra Santa e delle chiese stabilite.

Trascriviamo una norma che è unica, penso in tutta la storia della Chiesa, almeno formulata in questo modo: "In ogni luogo, se si recheranno a rendere visita ai fratelli che si trovano in necessità o in difficoltà( infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.)quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro e ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera"(36).

 

I santi nella devozione popolare

San Michele

 

Michele, nome ebraico che vuol dire "Chi è come Dio?", viene ricordato due volte nel libro di Daniele come protettore particolare del popolo eletto (Da 10,13 ; 12,1). La lettera di San Giuda lo presenta in lotta contro Satana per il corpo di Mosè. Anche l’Apocalisse (12, 17) ricorda il combattimento di Michele e dei suoi angeli contro il drago. La liturgia dei defunti lo vuole accompagnatore delle anime. Molto venerato dagli ebrei divenne popolare nel culto cristiano, specialmente dopo l’apparizione alla grande grotta sul monte Gargano. Quel posto era meta di tutti grandi pellegrini del medioevo insieme a San Giacomo di Compostela, alle basiliche degli apostoli a Roma e alla terra santa .

La prima apparizione confina con la leggenda. Essa risale al pontificato di Feliciano III. Vescovo di Siponto era San Lorenzo Maiorano. Un giorno ad Elvio Emanuele, signore del monte Gargano, scomparve il più bel toro del suo armento. Dopo giorni di ricerca lo trovò inginocchiato entro una caverna inaccessibile. Non potendolo raggiungere scoccò una freccia. Il dardo, però, girandosi colpì il tiratore. Sorpreso dalla novità dell’avvenimento si recò dal Santo vescovo Lorenzo, che ordinò tre giorni di preghiere e di digiuno. Al terzo giorno gli apparve l’arcangelo Michele e gli disse: "Io sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode...La dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini...Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’, perciò, sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano". Sulla montagna, allora, era ancor vivo il culto pagano e il vescovo indeciso differì l’esecuzione dell’ordine angelico.

Nuova apparizione nel 492.Siponto città cristiana assediata dalle truppe d’Odoacre era agli estremi. San Lorenzo ottenne una tregua di tre giornate; ordinò preghiere e penitenze. Apparve l’arcangelo che promise il suo aiuto contro gli invasori. Una tempesta di sabbia e di grandine si abbatté sulle truppe d’Odoacre: Siponto era salva .Il vescovo indisse una processione di ringraziamento e salì col popolo alla montagna, ma non osò entrare nella gotta. .

Nel 493 nuova apparizione. L’angelo gli disse : "Non è necessario che voi dedichiate questa chiesa che io stesso ho consacrato con la mia presenza. Entrate e sotto la mia assistenza innalzate preghiere e celebrate il sacrificio. Vi mostrerò come io stesso ho consacrato quel luogo". Quando entrò trovò un altare coperto di panno rosso e sopra una croce di cristallo. All’entrata della grotta Lorenzo fece costruire una chiesa che fu dedicata il 29 settembre. E’ l’unica chiesa al mondo che non è stata consacrata e non ha neppure la pietra sacra come gli altari delle nostre chiese.

Nel 1656 avvenne la quarta apparizione in cui l’angelo dava la sua protezione contro la peste che stava infuriando in quei luoghi.

Recenti ricerche hanno formulato l’ipotesi che sui nostri monti si è stato diffuso la sua devozione perché i cristiani che primi qui abitarono erano ariani, soldati che avevano come protettore quest’angelo combattente le battaglie della fede.

Riporto la preghiera che in latino il sacerdote faceva in fondo alla messa quando si rivolgeva a San Michele: era stata composta da Leone XIII.

San Michele Arcangelo, difendici nel combattimento : sii nostro aiuto contro la malizia e le insidie del demonio. Che Dio lo scacci, supplichevoli te ne scongiuriamo : e Tu, Principe della milizia celeste, con la forza divina, respingi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che, a perdizione delle anime, vanno girando per il mondo. (Leone XIII)

Il suo culto ebbe diffusione, su questi monti, anche per opera delle confraternite seppellitrici, loro protettore. Spesso il sant’Angelo è raffigurato con le bilance in mano per significare il giudizio cui l’anima deve sottostare alla sua morte.

L’arcangelo è raffigurato in una grande stata marmorea e collocato sulla facciata della chiesa di Monchio(fig.213). Il santo è presentato in atto di calcare il demonio, che ha il busto desinente in una sinuosa coda di serpente, ha le ali aperte, la destra alzata e il braccio sinistro nell’atto di sostenere la lancia, attualmente perduta, ma documentata fino al 1934. Veste una tunica, che si apre ondeggiante sulle gambe calzate da alti schinieri. Porta la lorica e l’elmo. La raffigurazione del demonio è simile a quella della maestà dei santi Lorenzo e Michele del cimitero e della Madonna dell’aiuto del Prato(fig.188)

Come per la statua di San Lorenzo la collocazione originaria della statua era all’interno dell’edificio tra il presbiterio e la navata. L’ignoto marmorino lunigianese nel secolo XVII ha compiuto un’opera veramente pregevole.

San Giuseppe

 

San Giuseppe ha legato Gesù alla discendenza di Davide. Gesù ha potuto rivendicare questo titolo messianico annunciato dalla Scrittura. Questa funzione di Giuseppe è messa in particolare rilievo dalla doppia genealogia di Gesù che ci hanno lasciato i vangeli di Luca e di Matteo.

Giuseppe è, inoltre, il patriarca che compie il tema biblico dei sogni, con i quali Dio ha spesso comunicato agli uomini le sue intenzioni. Come Giovanni è l’ultimo dei profeti, perché indica a vista colui che le profezie annunciavano, così Giuseppe è l’ultimo patriarca biblico, che ha ricevuto il dono dei sogni. Questa rassomiglianza agli antichi patriarchi risalta ancora maggiormente nel racconto della fuga in Egitto con la quale Giuseppe rifà il viaggio dell’antico Giuseppe, affinché si compia in lui e in Gesù, suo figlio, il nuovo Esodo. Infine Giuseppe è il capo della modestissima famiglia, nella quale i suoi contemporanei hanno potuto costatare la realtà dell’Incarnazione dell Verbo e scoprire la grandezza delle umili realtà temporali di cui Dio si serve per attuare il suo piano.

Giuseppe, sposo di Maria, è l’ultimo dei giusti dell’Antico Testamento che vive di fede. Per la fede meritò di custodire la promessa ormai realizzata nel mistero della salvezza. Il Vangelo lo presenta come una figura fondamentale nel disegno di amore del Padre, con un compito di segno privilegiato della paternità di Dio. La devozione popolare, decretando tanta devozione a San Giuseppe, riconosce profondamente che Dio sceglie nella sua opera le persone più adatte nel momento più giusto (20)

San Giuseppe è visto nella devozione popolare come patrono di ogni famiglia: nei tempi moderni vedendo le difficoltà delle famiglie si è presentato ricorso a questo particolare patrono. In tal senso è sempre stata viva la devozione alla Santa Famiglia. In una maestà di Lugagnano Superiore si svolge una scena intima familiare: la Madonna presenta il bimbo divino a San Giuseppe.

E’ invocato come patrono della buona morte. Lo s’immagina, secondo i vangeli apocrifi, moribondo con Maria e Gesù accanto a lui. Pur non avendo nessun supporto storico il considerarlo anziano, è sempre stato visto così dalla devozione popolare. Nei tempi passati ormai tramontati, come abbiamo detto, la buona morte era quella accompagnata dai sacramenti.

Ha faticato ad entrare nell’animo popolare, la devozione a San Giuseppe lavoratore. Il primo maggio continua ad essere considerato come festa laica.

La statua di San Giuseppe c’è a Riana, Valditacca, Trefiumi, Monchio, Pianadetto, Cozzanello.

A Monchio si conserva un bel quadro raffigurante San Giuseppe(fig.214). Il dipinto è risolto secondo l’iconografia tradizionale con il santo rappresentato in piena maturità con barba fluente, vestito di un’ampia tunica e avvolto nel mantello. Sorregge il bambino col braccio sinistro. Accanto a lui il bastone che era fiorito, unico tra i pretendenti di Maria, sempre secondo i vangeli apocrifi. E’ della seconda metà del XVII secolo di ignoto pittore di scuola parmense.(16) E’ un’opera che non molto riuscita ma trasmette ai fedeli fascino.

 

Santa Rita

 

Rita nacque nel paesello di Rocca Porrena in quel di Cascia nell’Umbria, da genitori avanzati in età l’anno 1381. Fin dai più teneri anni predilesse la mortificazione, l’amore a Gesù crocefisso e ai suoi poveri. Sposa a un uomo collerico da cui ebbe molto a soffrire, fu modello di sposa e di madre come lo era stata di fanciulla

Rimasta priva del marito, trucidatole da mano nemica e poi dei due figlioletti, sopportò tutto con mirabile rassegnazione non solo, ma dopo un po’ di vita penitente nella solitudine, ne prese motivo per appagare i suoi voti di fanciulla rendendosi religiosa tra le monache Agostiniane di Cascia. Là condusse una vita santa, con molte prove. Il Signore la rese degna di provare in parte le sue sofferenze con una puntura sulla fronte di una delle sue spine della sua corona. Dopo lunga e dolorosa malattia rese l’anima a Dio il 1457 a 76 anni di età e 44 di vita religiosa.

La statua di Santa Rita c’è a Monchio, a Valditacca, a Ceda tutte acquistate dai devoti per grazie ricevute. La devozione venne alimentata in questo secolo col movimento dell’Azione Cattolica. Le spose cristiane hanno nella santa un potente modello che non è passato di moda, visto che neppure il matrimonio religioso non è più pacificamente accettato nelle nostre zone.

La statua di Monchio (fig.215) raffigura la santa secondo l’iconografia tradizionale: l’abito delle suore agostiniane, il crocefisso, il segno della spina sulla fronte

 

 

Santa Teresa del Bambino Gesù

 

Nata ad Alençon in Normandia (Francia), Teresa Martin ottiene da Leone XIII di poter entrare nel convento del Carmelo di Lisieux a quindici anni. Vi passa nove anni . Per obbedienza scrisse la sua autobiografia spirituale, Storia di un’anima. Muore il 30 settembre 1890. Dichiarata Santa il 1925 da Pio XI ; lo stesso papa la proclama patrona delle missioni; Giovanni Paolo II, la proclama dottore della Chiesa.

Le Aspiranti e le Beniamine della gioventù femminile di Azione Cattolica l’hanno invocata come loro patrona. Questo è il motivo della sua presenza nelle nostre chiese(statue e quadri). La sua statua c’è a Casarola, Pianadetto, Monchio. La sua particolare spiritualità viene chiamata la via dell’infanzia spirituale. Lasciamola parlare:

"Conto proprio di non restare inattiva in cielo : il mio desiderio è di continuare a lavorare per la Chiesa e per le anime; lo chiedo al buon Dio e sono certa che mi esaudirà. Gli Angeli non si occupano continuamente di noi senza mai smettere di contemplare il volto divino, di perdersi nell’Oceano senza sponde dell’Amore? Perché Gesù non dovrebbe permettermi di imitarli ?" (37).

"Capisco e so per esperienza che il Regno di Dio è dentro di noi. Gesù non ha affatto bisogno di libri e di dottori per istruire le anime, Lui il Dottore dei dottori, insegna senza rumor di Parole...Mai l’ho udito parlare, ma sento che Egli è in me ad ogni istante, mi guida, mi ispira quello che devo dire o fare. Scopro proprio nel momento in cui ne ho bisogno delle luci che non avevo ancora visto, il più delle volte non è durante le orazioni che sono più abbondanti, ma piuttosto tra le occupazioni della giornata"(38).

"Considerando il Corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuna delle membra descritte da San Paolo, o meglio volevo riconoscermi in tutte...La carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava, capii che la Chiesa aveva un Cuore, e che questo era bruciante d’amore"(39).

"Tutte le grandi verità della religione, i misteri dell’eternità, mi immergevano l’anima in una felicità che non era della terra...Presentivo già quello che Dio riserva a coloro che l’amano ( non con l’occhio dell’uomo ma con quello del cuore ) e vedendo che ricompense eterne non avevano nessun paragone con i lievi sacrifici della vita, volevo amare, amare Gesù con passione, dargli mille segni d’amore fintanto che potevo"(40)

I suoi devoti avranno capito la sua vita o il suo pensiero oppure avranno guardato solo alla pioggia di rose?(fig.216)

 

San Giovanni Bosco

 

Di famiglia povera, ma ricco di doti, fu mosso da speciale vocazione divina a dedicarsi totalmente alla gioventù. Dinamico e concreto, da ragazzo fondò trai coetanei la società dell’allegria, sulla base della guerra al peccato. Fatto sacerdote, sentì sempre di dovere la sua opera a Maria Ausiliatrice. Iniziò coi giovani in cerca di lavoro: diede loro una casa, un cuore amico, istruzione e protezione, assicurando per essi onesti contratti di lavoro; creò scuole professionali, laboratori. Offrì uguale assistenza agli studenti. Indirizzò i giovani a conquistare un posto nel mondo, aiutandoli a raggiungere competenza e abilità professionali ; li orientò alla vita cristiana, curando molto la formazione religiosa, la frequenza ai sacramenti, la devozione a Maria. Zelò le vocazioni.

Cercò fra i suoi ragazzi i migliori collaboratori per la sua opera, avendo l’ineguagliabile arte di formare ciascuno secondo la sua personalità. Con loro formò i Salesiani e intraprese una vasta opera missionaria. Con santa Maria Domenica Mazzarello fondò le Figlie di Maria Ausiliatrice; come collaboratori esterni, uomini e donne, creò i Cooperatori, salesiani nel mondo. Anticipatore in molti campi della vita ecclesiale, Don Bosco, tanto bonario e semplice, ma di acuto ingegno e di forte capacità di azione, è tipo di apostolo dei tempi nuovi. La sua pedagogia cristiana, attuata con abilità di genio ed efficacia di santo, mira a prevenire i mali, a preservare la gioventù con l’intelligente comprensione, l’adattamento alle sue esigenze, con ragionevolezza, confidenza, carità, allegria, espressione tutte della presenza costante dell’educatore. "Che i giovani sappiano di essere amati". Già vecchio poteva dire di sé: "Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani".

Tra i più bei frutti della sua pedagogia, san Domenico Savio, quindicenne, che aveva capito la sua lezione : "Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri".(20).

A Lugagnano nel secondo dopo guerra è stata acquistata una statua di Don Bosco.(fig.217)

Molti giovani del monchiese hanno potuto studiare a Parma perché custoditi dai figli di Don Bosco a Parma in collegio. La disciplina che lì hanno trovato li ha spesso infastiditi, ma guardando al loro passato sono riconoscenti per chi li ha seguiti con amore, con lo spirito di Don Bosco.

 

Altre devozioni popolari moderne

 

Sacro Cuore

 

Diffondere questa devozione fu il compito assegnato dalla divina Provvidenza a S. Margherita Maria Alacoque. Nasce il 22 luglio 1647 in Francia. Ogni primo venerdì del mese, Gesù la favorisce con la visione del suo Cuore. Le visioni avvengono a Paray. La missione che Dio affida alla santa è dire "Dio ti ama". Il suo messaggio sta tutto in questo: Ecco quel Cuore che ama tanto gli uomini. Quel Cuore non è solo il simbolo e il sacramento dell’amore della SS. Trinità per l’umanità, ma sta per la persona amante del Cristo Risorto, nostro contemporaneo. "L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente" . Così diceva Giovanni Paolo II a Paray.

I documenti della Chiesa insistono sullo scopo di questa devozione: riportare la vita cristiana all’essenziale, centrare la nostra vita nel nucleo essenziale dell cristianesimo. Il cristianesimo è dall’inizio alla fine un mistero d’amore. Essere cristiano significa credere all’amore di Dio per noi e consentire a questo amore di espandersi in modo da suscitare una risposta d’amore. Il teologo Karl Rahner fa questa riflessione: "Il cuore è la realtà intima e unificante che evoca il mistero che resiste a tutte le analisi, che è la legge più potente di ogni organizzazione e utilizzazione tecnica dell’uomo. Cuore indica il luogo dove il mistero dell’uomo trascende nel mistero di Dio; là la vuota infinitudine che egli sperimenta dentro di sé grida e invoca la infinita pienezza di Dio. Evoca il cuore trafitto, il cuore angosciato, spremuto, morto. Dire cuore significa dire amore, l’amore inafferrabile e disinteressato, l’amore che vince nella inutilità, che trionfa nella debolezza, che ucciso dà la vita, l’amore che è Dio. Con questa parola si proclama che Dio è là dove si prega dicendo : Dio mio perché mi hai abbandonato? Con la parola cuore si nomina qualcosa che è totalmente corporeo e tuttavia è tutto in tutto, al punto che si possono contare i suoi battiti e ci si può fermare in un pianto beato perché non è più possibile andare avanti dal momento che si trovato Dio. Chi può negare che in questa parola noi ritroviamo noi stessi, il nostro destino e il modo proprio dell’esistenza cristiana, che ci è imposto come peso o come grazia insieme, e assegnato come nostra missione ?"

 

Beato Padre Pio da Pietrelcina

Non c’è nessun quadro e nessuna statua dedicata al Beato ma è nel cuore di tutte le famiglie di Monchio. Si rivolgano a Dio per mezzo di lui in tante momenti della vita.

Padre Pio nacque a Pietrelcina (Benevento) il 25 maggio 1887 da umili genitori e fu battezzato col nome di Francesco.

Di indole timida, manifestò sin da bambino una viva tendenza alla preghiera e Dio gli infuse una così grande vocazione per la vita religiosa che a soli 15 anni (ottobre 1902) entrò nel convento dei Cappuccini di Morcone.

Frate Pio, così prese nome nel convento, venne ordinato sacerdote il 10 maggio 1910 nel duomo di Benevento.

Trascorse alcuni anni a Pietrelcina a causa della salute cagionevole. La mattina di venerdì 20 settembre 1918, pregando davanti al crocefisso del coro della vecchia chiesa, ricevette il dono delle stimmate che rimasero aperte, fresche e sanguinanti, per mezzo secolo.

"Era la mattina del 20 dello scorso mese di settembre, in coro, dopo la celebrazione della santa Messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile a un dolce sonno. Tutti sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo tempo vi un totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione del tutto e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.

E mentre questo si andava operando mi vi mise dinanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del cinque agosto che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrisce, ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto.

La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue"(41).

La sua vita fu una continua sofferenza sempre però votata al grande amore verso Gesù e al prossimo. "Questo umile frate cappuccino ha stupito il mondo con la sua vita tutta dedita alla preghiera e all’ascolto dei fratelli" Durante la sua vita attese unicamente allo svolgimento del suo ministero sacerdotale. "Chi si recava a San Giovanni Rotondo per partecipare alla sua Messa, per chiedere consiglio o confessarsi, scorgeva in lui un’immagine viva del Cristo sofferente e risorto. Sul volto di Padre Pio risplendeva la luce della risurrezione"(41).

Fondò "I Gruppi di preghiera" e "La casa Sollievo della Sofferenza": "La sua carità si riversava come balsamo sulle debolezze e sofferenze dei fratelli: Padre Pio unì così allo zelo per le anime l’attenzione per il dolore umano. Egli volle la Casa Sollievo della Sofferenza come un ospedale di prim’ordine, ma soprattutto si preoccupò che in essa si praticasse una medicina veramente umanizzata, in cui il rapporto con il malato fosse improntato alla più calda premura e alla più cordiale accoglienza. Sapeva bene che, chi è malato e sofferente, ha bisogno non solo di una corretta applicazione dei mezzi terapeutici, ma anche e soprattutto di un clima umano spirituale che consenta di ritrovare se stesso nell'incontro con l'amore di Dio e la tenerezza dei fratelli.

Con la Casa Sollievo della Sofferenza egli ha voluto mostrare che i miracoli ordinari di Dio passano attraverso la nostra carità. Occorre rendersi disponibili alla condivisione e al servizio generoso dei fratelli, avvalendosi di ogni risorsa della scienza medica e della tecnica"(42). Visse sempre in umiltà e obbedienza, fu consigliere amorevole per coloro che lo avvicinarono, seppe infondere coraggio e riportare a Dio molte anime.

- No, non temete; voi camminate sul mare tra i venti e le onde, ma ricordatevi che siete con Gesù. Che vi è da temere? Ma se il timore vi sorprende, gridate fortemente: O Signore, salvatemi! Egli vi stenderà la mano; stringetela forte; e camminate allegramente.

Fatevi animo; sopportiamo anche noi l’ora della prova ed aspettiamo quel giorno in cui possiamo a lui congiungerci nella patria dei beati davanti a Gesù"(43)

Morì il 23 settembre 1968 a San Giovanni Rotondo.

SUCCEDERA’ PER VOI IL MIRACOLO CHE E’ SUCCESSO PER PADRE PIO.GUARDATE CHE FAMA HA AVUTO, CHE CLIENTELA MONDIALE HA ADUNATO ATTORNO A SE’! MA PERCHE’? FORSE PERCHE’ ERA UN FILOSOFO? PERCHE’ ERA UN SAPIENTE? PERCHE’ AVEVA MEZZI A DISPOSIZIONE? PERCHE’ DICEVA LA MESSA UMILMENTE, CONFESSAVA DAL MATTINO ALLA SERA, ED ERA, DIFFICILE A DIRE, RAPPRESENTANTE , STAMPATO, DELLE STIMMATE DI NOSTRO SIGNORE. ERA UOMO DI PREGHIERA E DI SOFFERENZA.

Paolo VI (Questa lapide è posta sulla parete vicino alla tomba).

A Monchio è costituito con approvazione ecclesiastica un gruppo di preghiera di Padre Pio.

 

HOMO VIATOR 1

Capitolo sesto :il perdurare della fedeltà attraverso la devozione a Maria

Capitolo settimo : pietà cristiana e confraternite

Capitolo ottavo :la religiosità popolare

 

 

CAPITOLO SESTO :LA FEDELTA’

ATTRAVERSO UNA PROFONDA DEVOZIONE A MARIA

 

 

Maria nella spiritualità dei cattolici :Maria volto materno di Dio

 

Nei ricordi della fanciullezza, rivedo quanta parte ebbe la devozione a Maria nella fede della gente del mio paese. E’ da cinquant’anni che a Careno non c’è più un prete residente , la catechesi agli adulti è venuta meno per vari motivi e, già quand’ero bambino, mi trovavo con un piccolo gruppo di amici perché la popolazione era diminuita in modo vistoso : molti erano emigrati in Inghilterra , in Argentina , o altrove , i mezzadri se ne erano andati ( i padroni ormai conducevano direttamente i loro fondi che prima erano dati a mezzadria ). C’era un punto che manteneva forte l’identità della mia gente : la devozione a Maria e, in particolare la sua festa al quindici agosto. La devozione alla Madonna era il cordone ombelicale che teneva tutti uniti alla fede cristiana . Questo è accaduto in tutta la montagna del parmense , e in particolare qui nelle Corti . Di gran lunga la devozione primari è rivolta a Maria come via più semplice per arrivare a Dio .Maria ha sempre rappresentato il volto materno di Dio ..

Ho imparato ad apprezzare due immagini di Maria che l’arte ci ha trasmesso :la Vergine di Vladimir (XI secolo) e la pietà di Michelangelo, conservata in San Pietro.

La vergine di Vladimir. Da destra scende una forte luce sul volto della Vergine e del bambino, che crea sul naso della Vergine un riflesso netto. La parte in cui volti si toccano resta nell’ombra. L’impressione ieratica , lascia il posto qui all’intimità ;l’eternità sembra incarnarsi nel tempo. Il bambino abbraccia il collo della madre tenendo il volto vicino alla sua guancia .Il bimbo è più adulto che bambino come a significare che quel bambino siamo tutti noi .

"Ad Efraim io insegnavo a camminare, tenendolo per mano,

ma essi non compresero che avevo cura di loro.

Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore ;

ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia ;

mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.

Come potrei abbandonarti, Efraim ,

come consegnarti ad altri , Israele ?

Il mio cuore si commuove dentro di me ,

il mio intimo freme di compassione "(Osea 11, 3 - 8.8)

Quella icona diventa così la rappresentazione della maternità di Dio

"Sion ha detto :Il Signore mi ha abbandonato,

il signore mi ha dimenticato.

Si dimentica forse una donna del suo bambino,

così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere ?

Anche se queste donne si dimenticassero,

io invece non ti dimenticherò mai"(Isaia 49, 14 - 16.

Ognuno guardando all’immagine di Mari che tiene il bimbo tra le braccia, sa che Dio non mi dimenticherà anche se sono povero o peccatore.

Quante immagini dolci e rassicuranti nelle maestà raffigurano la Madre con il bambino da quelle più semplici a quelle più elaborate, come l’immagine della Madonna di Loreto, disseminate nei sentieri che ormai non sono più percorsi. Quante le statue della Madonna del rosario a Monchio, Pianadetto, Trefiumi, Lugagnano, Riana , Casarola, Vecciatica ;le madonne del Carmelo(Cozzanello, Valditacca). Da queste immagini traspare sicurezza, serenità, abbandono fiducioso. E’ da segnalare anche una Madonna vestita a Casarola , come nei santuari parmensi di Careno e Fontanellato : un tempo teneva il bambino su un braccio (foto n.)

" L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata."

(LC 1, 46 - 48)

Con queste parole Maria esprime l’immensità dei suoi sentimenti quando comprende appieno la grandezza della missione di pace che a lei è stata affidata ; non a caso, infatti, il canto del Magnificat non avviene subito dopo l’annunciazione dell’angelo ma dopo l ’ incontro con Elisabetta ; è il riconoscimento di questa maternità da parte dell’anziana cugina che svela a Maria il profondo mistero che vive. Ora che tutti la possono riconoscere, e la riconosceranno come la beata fra le donne, Maria sperimenta la Misericordia del Padre , che ancora non osa chiamare Padre , ma per il timore di Dio chiama Signore Ed è proprio in questa prima espressione del Magnificat che Maria viene sommersa di Misericordia : Dio che è il Padre di Misericordia, opera in Maria perché ella stessa diventi la Madre di Misericordia : cioè la madre di Cristo nello Spirito santo come il Padre è il Padre di Cristo nello Spirito santo.

Maria, dunque, partecipando della totalità delle grazie dello Spirito santo partecipa automaticamente a tutte le vicende della Santissima Trinità, tanto da divenire la Theotokos(Colei che ha generato Dio)e tanto da essere ritratta in opere pittoriche e sculture, e inneggiata in carmi e prosa, più di ogni altra creatura al mondo.

Queste immagini di Maria col bambino hanno raccolto preghiere, voti, speranze, lacrime di tanti che ci hanno preceduto nel segno della fede : lei come la Madre che sta per noi davanti all’Eterno.

E il cuore quando d’un ultimo battito

avrà fatto cadere il muro d’ombra,

per condurmi, madre, sino al Signore,

come una volta mi darai una mano.

In ginocchio, decisa,

sarai una statua davanti all’Eterno,

come già ti vedeva

quando eri ancora in vita.

Alzerai tremanti le vecchie braccia,

come quando spirasti

dicendo :mio Dio eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,

ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,

e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Giuseppe Ungaretti.

La lirica esprime la confidente fiducia del figlio nella Madre e nella madre la decisa volontà di salvare eternamente il g

figlio. Il figlio ha paura di varcare da solo la soglia per presentarsi al Signore : come in vita ebbe bisogno della tenerezza materna , così ora vuole quella mano sempre pietosa e buona che affettuosamente lo prenda :E’ una madre forte e decisa , solo intenta a salvarlo. Alza le mani pronte ad accogliere ogni sacrificio in vita e ora supplicanti davanti a Dio. Guarderà il figlio con tenerezza quando lo saprà salvo dopo la dolorosa attesa .

Questa immagine poetica riproduce la premura materna di Maria verso il suo fedele .La pietà popolare la sentiva vicino. Questa fede offriva un Dio materno, la soddisfazione di un bisogno profondo dell’animo umano. Anche la devozione al Sacro cuore di Gesù è su questa linea : il bisogno di tenerezza , di vedere il volto umano di Dio .I Vangeli presento vari volti di Cristo. Marco come il leone di Giuda che tiene tra zampe la preda ;in Matteo Gesù è colui che compie le antiche profezie ( la divina rivelazione si riteneva data per mezzo degli angeli) ; Giovanni cerca di entrare nelle profondità del mistero di Cristo , Verbo eterno (l’aquila che vola nelle altezze ) ;il Vangelo di Luca ci offre il volto misericordioso del Padre in Gesù che si china sulla miseria umana ( il bue animale mite che veniva aggiogato per compiere i lavori pesanti per l’uomo.).

Fromm fa un’analisi psicologica del bisogno di una madre . Vediamo. "Geneticamente, la madre la madre è la prima personificazione del potere che protegge e garantisce sicurezza, ma non è affatto la sola. In seguito, quando il bambino cresce, la madre come persona viene spesso sostituita e completata dalla famiglia, dal clan, da tutti coloro che partecipano dello stesso sangue e sono nati sullo stesso suolo. Più tardi, quando le dimensioni del gruppo aumentano, la razza e la nazione, la religione o i partiti politici divengono le madri, i garanti di protezione e di amore. In persone orientate in senso più arcaico, la natura stessa, la terra e il mare, diventano i grandi rappresentanti della madre. Il trasferimento della funzione materna della madre reale alla famiglia, al clan, alla nazione, alla razza, presenta lo stesso vantaggio che abbiamo rilevato a proposito della trasformazione da narcisismo personale a narcisismo di gruppo. Prima di tutto, la madre di chiunque morrà probabilmente prima dei suoi figli ; donde il bisogno di una figura di madre che sia immortale. Inoltre, l’obbedienza ad una madre personale ci lascia soli e isolati dagli altri che hanno madri diverse. Se, tuttavia, tutto il clan, la nazione, la razza, la religione o Dio possono diventare una madre comune, allora il culto della madre trascende l’individuo e lo unisce a tutti quelli che adorano lo stesso idolo materno ; allora nessuno deve essere intralciato idoleggiando la propria madre ; la lode della madre comune al gruppo unirà tutti gli animi ed eliminerà tutte le gelosie. I molti culti della Grande Madre, il culto della Vergine, il culto del nazionalismo e del patriottismo, tutti recano testimonianza dell’intensità di tale venerazione. Empiricamente , si può agevolmente sostenere che esiste una stretta correlazione tra le persone con una forte fissazione alla loro madre, e quella dei legami eccezionalmente forti con la nazione e la razza , la terra e i sangue".(...) (Fromm) E’ una lettura psicologica a cui oggi si dà peso. Il legame alla madre permane tutta la vita in modo conscio o inconscio. Non è da escludere che questa tendenza dell’animo umano abbia favorito il culto a Maria Madre di Dio e madre nostra. Dio era visto solo in una dimensione paterna Solo in tempi recenti si parla spesso della maternità di Dio. Fece chiacchierare un discorso di papa Luciani che parlava di Dio Padre e Madre. Non faceva altro che mettere in risalto ciò che la Bibbia anche nell’antico Testamento dice con frequenza.

Non si può dire che il bisogno di madre abbia fatto nascere il culto mariano ma il bisogno di tenerezza , di guardare a Dio come un bimbo guarda con fiducia alla propria madre ha sicuramente accentuato la devozione a Maria , che in mancanza di una forte cultura biblica ha permesso a questa gente di perpetuare la propria fedeltà a Cristo. In Maria , Dio si faceva vicino all’uomo con un volto materno . L’analisi di Fromm va guardata con rispetto anche perché ha fornito valori positivi a chi l’ha letto ma viene da un’area non cattolica (i protestanti non hanno mai accettato il culto a Maria come se togliesse qualcosa a Cristo unico mediatore dell’uomo)e poi Fromm si è sempre dichiarato ateo.

A , Roma nella prima cappella entrando in San Pietro, la prima pietà di Michelangelo .Reale e irreale allo stesso tempo. E’ una pietà che non rappresenta tutta la drammaticità del momento, ma anzi rappresenta il volto materno di Dio Padre . Maria è raffigurata come una bella giovane, Gesù come un bel uomo. Non è una scena straziante ma serena ,(come due innamorati ).La gloria che Cristo, morendo sulla croce e Maria, assistendo sotto la croce, hanno raggiunto davanti agli occhi del Padre è tale , che i loro corpi straziati dal dolore fisico e morale, sono diventati belli come nel giorno più bello della loro vita. La misericordia del Padre è presente in modo imponente e nascosta insieme.

Si vede negli occhi pieni d’amore e di misericordia di quella Madonna quasi bambina che sembra voglia giocare con il suo figlio morto, ma quasi dolce dormiente. E’ amore quello che traspare da ogni sguardo , tanto di Maria quanto dell’abbandono leggero del cristo morto. Non c’è condanna sul volto di Maria, non c’è disperazione , c’è solo amore, misericordia, sembra che dica a ognuno di noi : tutto questo perché ti ho voluto tanto bene. Gesù si abbandona come ognuno di noi nelle tenere braccia della mamma e dona misericordia : guarda verso di noi)e riceve quell’ultimo sguardo d’amore e dà a noi lo stesso amore E’ una pietà trasfigurazione .

 

Le pietà nelle Corti

 

L’immagine della Pietà ritorna con frequenza nelle corti : il fedele si identificava con quella Madre e con il suo Figlio :contemplava e il suo dolore, il suo peccato , la sua misera condizione si trasfigurava . Nella sofferenza di Dio vedeva la sua sofferenza e se andava confortato

Compianto sul Cristo morto, nella chiesa di Monchio. E’ dell 100.L’autore è un ignoto pittore di scuola romana. E’ in evidente attinenza con la pietà di Michelangelo in San Pietro. La vergine ai piedi della croce , col volto giovanile al pari dell figlio : questo dà al dramma dell dolore e della redenzione una accentuazione di grazia e di mistero. Sono i forti i chiaroscuri dei volti. Maria ha in grembo il Redentore cui Giuseppe d’Arimatea sostiene il capo . A sinistra ritta in piedi la Maddalena piangente.

Il dipinto fu donato da un gruppo di monchiesi emigrati a Roma come "polaroli". Insieme venne donata una croce con sei candelieri alla confraternita dell Santissimo Sacramento in occasione dell giubileo dell 1600

Compianto sul Cristo morto, coi santi Pietro e Paolo, nella chiesa di Casarola. E’ della seconda metà dell ‘700.La scena si svolge in modo drammatico : il dolore sul volto della Madonna come una madre che si dispera. San Pietro e San Paolo partecipano alla scena in atteggiamento di devota contemplazione. Il recente restauro ha fatto riaffiorare i colori in modo molto vivo. Il quadro risente della temperie spirituale e artistica dell barocco .

La pietà in una maestà di Monchio basso. Ora collocata su un fianco di una casa per la distruzione dell cippo per una bomba. E’ dell sec. XIX : richiama l’immagine dell santuario di Saviore (presso Monterosso).Intensa è la partecipazione della madre al dolore dell figlio : è una immagine molto composta.

Pietà altare maggiore di Lugagnano. E’ dello stesso artista autore dei tre altari di marmo , collocati nel 1946 (opera dell’architetto Remedi ). Evidente l’imitazione dell modello michelangiolesco . Opera molto dignitosa che infonde serenità per i fedeli che assistono al divino sacrificio . Ora in bella evidenza dopo i lavori per adattare l’altare alle esigenze della nuova liturgia.

Pietà di Pianadetto : raffigurata dal pittore Delfitto nel suo recente affresco nella chiesa. E’ una scena molto umana che fa pensare alle numerose mamme che hanno dovuto raccogliere da terra il loro figlio caduto per qualche sventura .

La Madonna addolorata

Una statua pregevole in legno dell ‘700 è nella chiesa di Monchio. La madonna che piange per il divin figlio :il petto come vuole la profezia del vecchio Simeone è trapassato da un pugnaletto in argento del secolo scorso.

La devozione ai dolori di Maria fu assai prima popolare che liturgica , diffusa particolarmente dai Serviti e Passionisti ,e contempla i setti momenti messi in rilievo dai Vangeli. Fu papa Pio VII, che in ricordo delle sofferenze inflitte da Napoleone alla Chiesa nel suo capo, introdusse nella liturgia la celebrazione dei dolori di Maria. La compartecipazione dolorosa della madre dell Salvatore alla sua opera di salvezza (Lc 2, 33 - 35) è testimoniata nell’ora della croce da Giovanni che l’ha ricevuta in madre(Gv 19, 25 - 27 ).Attualmente , questa memoria dei dolori di Maria si concentra meglio su di lei, la Addolorata, e sul sacrificio di Cristo, che lei stessa offre con lui al Padre. L’arte la raffigura nella "pietà".(messale dell’assemblea cristiana).

Foto n.

Foto n.

Foto n.

Foto n.

Assunzione

Maria assunta e Maria Immacolata sono due icone di Maria arrivate alla pietà cristiana da una convinzione teologica ;sono entrate nel cuore del popolo diventando due soggetti artistici riprodotti in tanti modi diversi .Il fedele vi si è identificato vedendo in esse l’immagine della donna , della persona umana pienamente riuscita . Siamo tutti chiamati ad arrivare lì dove una persona umana è già arrivata. Una e immagine antica :le chiese a lei dedicate dimostrano la loro vetustà. L’altra è di formulazione recente dopo la proclamazione del dogma .

La definizione dell dogma è avvenuta nel 1950 per opera di Pio XII. Ignoriamo se, come quando avvenne la morte di Maria , festeggiata assai presto come "dormitio". E’ una solennità che corrisponde al Natalis (morte) degli altri santi, quindi considerata la festa principale della Vergine. Il 15 agosto ricorda con probabilità la dedicazione di una grande chiesa a Maria in Gerusalemme .(messale dell’assemblea cristiana)

Foto n.

Foto n

 

Immacolata

 

In Inghilterra e in Normandia si celebrava già nel secolo XI una festa della concezione di Maria ; si commemorava l’avvenimento in se stesso, soffermandosi soprattutto sulle sue condizioni miracolose (sterilità di Anna, ...).Oltre questo aspetto aneddotico, Sant’Anselmo mise in luce la vera grandezza dell mistero che si attua nella concezione di Maria : la sua preservazione dal peccato. Nel 1439 il concilio di Basilea considerò questo mistero come una verità di fede , Pio IX ne proclamò il dogma nel 1854.

Maria appare accanto a Cristo ,il nuovo Adamo, e perciò si presenta come figura della donna vicino all’uomo. Maria aiuta riscoprire il posto della donna nella salvezza dell’umanità. Richiama ed esalta il posto della vergine, della sposa, della madre, della vedova, nella società, nella Chiesa e nel mondo ; rivendica la dignità della donna contro ciò che l’attenta.(Messale dell’assemblea cristiana)

Foto n.

Foto n.

Natività della beata vergine Maria

Come quasi tutte le solennità principali di Maria anche la natività è di origine orientale . Nella chiesa latina ve l’avrebbe introdotta il papa orientale San Sergio I alla fine del sec. VII originariamente doveva essere la festa della dedicazione della basilica di Sant’Anna in Gerusalemme .La tradizione indicava quel luogo come la sede dell’umile dimora di Gioacchino ed Anna ,lontani discendenti di Davide, genitori di Maria Santissima. Occorre cercare in questo culto della natività di Maria una profonda verità la venuta dell’uomo - Dio sulla terra fu lungamente preparata dal Padre nel corso dei secoli. La personalità divina dell Salvatore supera infinitamente tutto ciò che l’umanità poteva generare, però la storia dell’umanità fu come un lento e difficile parto delle condizioni necessarie all’Incarnazione dell Figlio di Dio.

La devozione cristiana ha voluto , perciò, venerare le persone e gli avvenimenti che hanno preparato la nascita di Cristo sul piano umano e sul piano della grazia : la sua Madre, la nascita di essa, la sua concezione, i suoi genitori e i suoi antenati . Credere nei preparativi dell’Incarnazione significa credere nella realtà della Incarnazione e riconoscere la necessità della collaborazione dell’uomo all’attuazione della salvezza dell mondo. La vera devozione a Maria conduce sempre a Gesù : ogni celebrazione mariana culmina sempre nella messa.( messale dell’assemblea cristiana)(...)

Nelle Corti viene celebrata con particolare solennità nel Santuario di Rimagna l’otto settembre e nella domenica successiva .Viene celebrata anche a Cozzanello e a Trefiumi dove c’è pure l’immagine della celeste bambina, fasciata come un tempo usavano fare coi bimbi. A Cozzanello è stato trafugato la tela che raffigurava il prodigioso evento sostituito con una nuova tela di gusto pessimo. Di pregio rimane l’ancona lignea che la incornicia .

Foto

Foto n.

foto n

Annunciazione di Maria

Nella chiesa antica poco prima di Natale (in Oriente, a Milano e a Ravenna ) si celebrava il mistero dell’Incarnazione : vi si riferiscono ancora oggi i testi liturgici della terza domenica di Avvento. Non fu soltanto una preoccupazione di esattezza cronologica che contribuì a fissare la festa dell ?Annunciazione nove mesi prima della nascita dell Signore : calcoli erudite e considerazioni mistiche fissavano egualmente al 25 marzo la data della crocifissione e della creazione dell mondo.

Dio non è entrato nel mondo con la forza : ha voluto proporsi. Il si di Maria realizza definitivamente l’alleanza .In lei è tutto, il popolo della promessa : l’antico (Israele) e il nuovo (la chiesa) ; il Signore è con lei, cioè Dio è il nostro Dio e noi siamo per sempre il suo popolo.

foto n.

La festa della Madonna Annunziata si celebra a Ceda nella seconda domenica di luglio. La statua segue i canoni stilistici dell barocco :la madonna è raffigurata in atteggiamento di profondo misticismo nel momento che riceve l’annunzio dell’angelo.

Madonna del Carmelo

Il Carmelo è cantato nella Bibbia per la sua bellezza. Su quel monte il profeta Elia aveva difeso la purezza della fede di Israele nel Dio vivente. Nel secolo XII alcuni eremiti, ritiratisi su questa montagna vi avrebbero fondato l’Ordine dei Carmelitani, dedito alla contemplazione, sotto il patrocinio della santa Madre di Dio, Maria. La memoria dell 16 luglio dedicata alla Beata Vergine dell monte Carmelo è stata istituita per ricordare la data in cui, secondo le tradizioni carmelitane, il primo generale dell’Ordine ,San Simone Stock ricevette dalle mani della Madonna lo scapolare con la promessa di salvezza eterna . (messale dell’assemblea cristiana)

Foto n.

L’altra faccia dello stendardo della confraternita dell Santissimo Sacramento di Cozzanello rappresenta la Madonna del monte Carmelo che da lo scapolare al santo carmelitano e a San Bernardo.

La Madonna del monte Carmelo nelle Corti è venerata a Valditacca, a Cozzanello, in varie maestà specialmente a Tichiano.

Foto n.

Foto n.

Foto n.

Cuore Immacolato di Maria

A Trefiumi una bella statua lignea di fattura ligure rappresenta Maria che fa vedere il suo cuore,. Sotto i suoi piedi sta il serpente con in bocca la mela . In questo modo il richiamo alla Genesi è molto puntuale . Maria è la nuova donna che vince il male perché molto ha amato.

Il giorno che segue la solennità dell Cuore di Gesù il nuovo calendario pone la memoria dell Cuore Immacolato di Maria, ritornando così all’origine storica di questa devozione. San Giovanni Eudes, nel secolo XVII nei suoi scritti non separava i due cuori nei progetti liturgici. All’estensione di questa devozione contribuirono specialmente le apparizioni di Fatima. Nel 1942 Pio XII consacrò tutta l’umanità al Cuore di Maria e ne aveva fissato la celebrazione al 22 agosto, ottava dell’Assunta, per invocare la pace. "Tutte le generazioni mi chiameranno beata", aveva predetto di sé la vergine dell Magnificat. Ogni apertura di orizzonte sui tesori infiniti d’amore e di grazia racchiusi nel Cuore di Gesù è un richiamo anche a Maria. Per nove mesi la vita dell Figlio di Dio fatto carne pulsò ritmicamente col cuore di Maria : un legame non si è mai interrotto ; anzi si è rafforzato da quando Maria è in cielo in anima e corpo. (...)

 

Beata Maria Vergine di Lourdes

 

Solo da quattro anni Pio IX aveva additato alla Chiesa il segno luminoso della potenza salvatrice accordata dal Padre al Redentore :, sua madre, ripiena di Spirito Santo totalmente preservata dal peccato, è Immacolata. L’11 febbraio 1858, Maria si manifestò come Immacolata a Berdardetta Soubirous nella grotta di Massabielle egli alti Pirenei, per 18 volte fino al 16 luglio.

Il perenne miracolo di Lourdes è l’Eucarestia. Ad di là dell fenomeno religioso rimangono gli effetti dell messaggio fondamentale dell Vangelo, richiamato con forza da Maria la conversione, e dell grande gesto di Cristo : dare il proprio corpo e il proprio sangue per la salvezza degli uomini. L’accettazione gioiosa della sofferenza insieme con Cristo da parte degli ammalati, la dedizione ammirevole di tanti giovani ai poveri e ai sofferenti, il clima ininterrotto di intensa preghiera, a Lourdes, non sono comprensibili se non alla luce della Messa che nella cittadella di Maria è al primo posto, sempre . E Cristo nell’Eucarestia passa benedicente fra i malati, annunciatore e realizzatore di una salvezza più profonda. (messale dell’assemblea cristiana)

Nella chiesa di Riana e Cozzanello la Madonna di Lourdes ha due statue a lei dedicate. A Lugagnano era stata costruita una grande grotta a lei dedicata. La devozione alla Madonna di Lourdes è diffusa in tutte le famiglie dell monchiese.

(foto)

Madonna di Caravaggio

A Rigoso una nicchia con la statua ci ricorda la devozione che in queste zone c’era alla Madonna di Caravaggio : ricordata pure dall’erezione di due maestà.

Foto n.

Foto n.

 

Il Rosario

 

Ripercorrere le tappe della spiritualità della gente delle Corti vuol dire anche imbattersi in questa pratica così diffusa a livello individuale e comunitario . Ancora oggi il rosario rappresenta la compagnia delle persone sole, la preghiera più amata dalle persone che voglio pregare . (foto)Anche le nostre maestà testimoniano la leggenda diffusa che legano il rosario a San Domenico (1170 - 1221) ,accreditata dal domenicano Alano de la Roche (1428 - 1478) uno dei fondatori delle confraternite del rosario .Il rosario si era già formato ancor precedentemente ,preghiera ritenuta semplice anche per i conversi che non avevano cultura ..Nel 1569 Sa Pio V consacrò, con la bolla Consueverunt romani pontifices ,la forma di rosario ancor oggi in uso . In seguito lo stesso pontefice con la bolla Salvatoris Domini (1572) istituì la festa della Madonna del Rosario . La dottrina di Pio V si può così sintetizzare : a. Necessità della preghiera per superare la difficoltà di guerre e di altre calamità ; b. Il rosario inventato da San Domenico è un mezzo semplice e alla portata di tutti ;c. È un mezzo efficace contro tutte le eresie e i pericoli della fede e ha operato sempre delle conversioni ;d. Il papa raccomanda la recita a tutto il popolo cristiano Il rosario da allora non è più il retaggio di alcune confraternite mariana ma entra nel popolo alla portata di tutti :Pietà mariana e rosario si confonderanno e l’una alimenterà l’altra . La devozione a Mari sarà sempre accompagnata dalla recita del rosario fino alle più recenti apparizioni accettate dalla chiesa ,Fatima e Lourdes . Si susseguiranno continui interventi dei sommi pontefici per erigere confraternite, stabilirne privilegi, annettere indulgenze . Leone XIII il papa della Rerum novarum incoraggia ed invita preghiera per superare l’avversione al sacrificio en alla sofferenza ponendo la propria fede e il proprio sguardo sulle sofferenze di Cristo ;l’avversione alla vita umile e laboriosa si supera da parte del cristiano meditando sull’umiltà del Salvatore e di Maria ;l’indifferenza verso i misteri della vita futura e l’attaccamento ai beni materiali si guariscono meditando e contemplando i misteri della gloria di Cristo , di Maria e dei santi . Pio XII nella enciclica Ingruentium malorum afferma :"Benché non ci sia un unico modo di pregare per conseguire questo aiuto, tuttavia noi stimiamo che il santo rosario sia il mezzo più conveniente ed efficace :come del resto dimostrano sia l’origine stessa , più divina che umana , di questa pratica , sia la sua intima natura ...Non esitiamo ad affermare di nuovo pubblicamente che grande è la speranza che noi riponiamo nel santo rosario per risanare i mali che affliggono i nostri tempi. Non con la forza , non con le armi, non con l’umana potenza , ma con l’aiuto divino ottenuto per mezzo di questa preghiera , forte come Davide con la sua fionda , la chiesa potrà affrontare impavida il nemico infernale ...". Paolo Vi nella Marialis cultus ricorda gli elementi costitutivi di tale preghiera : a. Contemplazione di una serie dei misteri della salvezza , distribuiti sapientemente in tre cicli ; b. L’orazione del Signore il Padre nostro ,che per il suo immenso valore è alla base della preghiera del cristiano ; c. La successione litanica delle Ave Maria nel numero fissato dalla tradizione ; d. La dossologia Gloria al Padre che chiude questa devozione con la glorificazione del dio uno e trino .

Il rosario ha formato generazioni di giovani alla preghiera : era un momento di forte aggregazione serale quando tutta la famiglia unita recitava il rosario intonato dal capofamiglia . Nel mese di maggio tutti ci si ritrovava per lodare Maria e mettere le proprie pene in mano di colei che rappresenta la vicinanza di Dio ; quando moriva un proprio caro era la preghiera che tutti avevano imparato a fare / non c’era neppur bisogno che ci fosse un prete per condurre la veglia di preghiera ; col rosario si costellava di preghiera il mese dei morti . Qualcuno potrà dire che si tratta di preghiera ripetitiva , non biblica , che non lascia nulla . Tutta una tradizione dimostra che veniva incontro alle esigenze popolari e alimentava la fede di tanti che trovavano difficili altri modi ,di pregare . Era un uso certo sbagliato ,ma quando la liturgia era in latino , i fedeli recitavano il rosario anche durante la Messa perché non sapevano come seguire per ben pregare . .Nel momento in cui si metteva la corona tra le dita di una persona morta non era un gesto semplicemente formale perché quella persona di rosari ne aveva detti tanti nella vita , e aveva rappresentato tutto il cammino della sua spiritualità . Sappiamo che anche agli inizi della cristianità , il comando del Signore era interpretato spesso come l’esortazione a ripetere tante volte una preghiera fino a ritmarla col proprio respiro.

Il rosario è preghiera da notevoli contenuti teologici . E’ una preghiera evangelica :vengono meditati i vari misteri della vita del Signore come sono contenuti nel Vangelo , incarnazione ,passione e gloria :attraverso gli occhi di Maria anche noi partecipiamo a quella stessa vicenda che è anche la nostra :la vita è fatta di gioia e dolori :la gloria ,quella vera arriva solo alla fine , nel nostro giorno eterno .

E’ preghiera cristocentrica :al centro sta il mistero dell’incarnazione del figlio di Dio che si è fatto nostro fratello per condividere la nostra realtà umana (in tutto simile a noi fuorché nel peccato. :Lodando Maria , in effetti non si fa altro che proclamare ed annunciare in continuità la grazia per la quale ella è genitrice di Dio, quindi proclamare l’incarnazione . L ’ Ave Maria è lode perenne a Cristo che da se stesso all’uomo .

E’ preghiera ecclesiale La finalità del rosario rimane l’atto di fede , cioè l’adesione a Cristo da parte di tutto il popolo dei credenti. Maria è la nuova Eva che genera con Cristo alla fede come immagine della chiesa che genera dal fonte battesimale alla salvezza .

Il rosario presenta alti valori spirituali , che aiutano la formazione dell’uomo interiore secondo lo Spirito . E’ preghiera semplice .porta al centro del mistero cristiano senza disperdersi in forme raffinate che esigono più studio o maggiori conoscenze .Insegna l’itinerario verso la povertà e semplicità di spirito . Tutti santi moderni si sono fatti tali con la corna in mano (pensiamo a quante volte al giorno recitava il rosario il Beato Padre Pio ). E’ preghiera contemplativa , perché preghiera di un cuore che ama che non si stanca di ripetere la parola che fa piacere all’amato . E’ contemplativa perché l’essenza del rosario sta proprio nella meditazione del mistero .

E’ preghiera che rispetta i ritmi della vita .E’ un colloquio respiro con Dio che passa attraverso tutti sentimenti umani ,gioia ,dolore , speranze .Ripropone la vita come vocazione alla lotta, al sacrificio, alla responsabilità di fronte a Dio , se stessi .il creato tutto .

Il rosario inoltre è preghiera creativa contrariamente a quanto si pensa : porta il credente a verificare se stesso su Cristo ,sul suo gesto di amore , di perdono, di verità, di fermezza .In questo continuo confronto cadono le scorie della vita , ci si mette in condizione di conversione di purificazione .

E’ una preghiera che introduce alla liturgia , in quanto questa è proprio la meditazione del mistero di Cristo anzi la riproposizione del mistero di Cristo per l’uomo contemporaneo .

Detto questo come è vissuta in realtà ? E’ difficile dire : a volte sembra preghiera detta senza anima .,però per chi la dice rappresenta un modo per vivere la fedeltà a Cristo, per mettersi in comunione con Dio , per prendere forza di fronte alle prove della vita . Dona pace al cuore .Ritengo che proprio nel mondo di oggi possa rappresentare ancora una risorsa spirituale , se accompagna dalla volontà vera di pregare col cuore .

(foto n.)

(foto n.)

Beata Vergine del Rosario

Nel medioevo, i vassalli usavano offrire ai loro sovrani delle corone di fiori in segno di sudditanza. I cristiani adottarono questa usanza in onore di Maria , offrendole la triplice corona di rose che ricorda la sua gioia, i suoi dolori, la sua gloria nel partecipare ai misteri della vita di Gesù suo figlio. Inizialmente la festa dell sette ottobre si chiamò "Santa Maria della vittoria" per celebrare la liberazione dei cristiani dagli attacchi dei Turchi, nella vittoria navale dell 7 ottobre 1571 a Lepanto (Grecia). Poiché in quel giorno, a Roma le confraternite dell Rosario celebravano una solenne processione , San Pio V attribuì la vittoria a "Maria aiuto dei cristiani" e in quel giorno ne fece celebrare la festa nel 1572. Dopo le altre vittorie di Vienna (1683) e di Peterwaradino (1716), papa Clemente XI istituì la festa dell Rosario nella prima domenica di ottobre.

Noi ci rivolgiamo a Maria , meditando e pregando, perché ci aiuti a partecipare ai misteri della vita, morte, risurrezione di Cristo. Sono i misteri che attualizzano la nostra salvezza nella celebrazione eucaristica e noi chiediamo alla sua materna intercessione che si compiono in pienezza "nell’ora della nostra morte ".(messale dell’assemblea cristiana ).

A Pianadetto, Riana, Casarola. Monchio, Rigoso, Trefiumi, Lugagnano, Vecciatica ci sono le statue della Madonna del Rosario che vengano variamente celebrate.

Foto n.

 

Il pellegrinaggio mariano

(foto n.)

Il santuario di Rimagna .

Foto n.

La tradizione popolare afferma che il santuario di Rimagna è sorto attorno una roccia su cui era rimasta impressa miracolosamente l’immagine di Maria . I lavori incominciarono nel 1713 con l’autorizzazione del vescovo Camillo Marazzani e sotto l’assistenza di Don Lazzaro Rinaldi ,rettore :Tutta la popolazione prestò la manodopera gratuitamente per anni trasportando materiale e incaricandosi della raccolta delle offerte .Nel 1723 fu terminata la copertura del presbiterio, voltato a botte ,e delle navatelle coperte a crociera .Nel luglio del 1727 fu sistemata la gloria in stucco eseguita da uno scalpellino e un muratore (notizia tratta dal libro per la spesa ). Il 14 settembre 1727 fu inaugurato il santuario con la prima messa solenne .Nel 1732 fu edificato il piccolo campanile a vela e acquistata la campana .Nel 1738 infine fu realizzata la pavimentazione a piagne regolari in arenaria fittamente zigrinata .Nel 1909 decorazione a fresco del voltone eseguita da Vighi Icilio per conto di Giacomo Rinaldi .Negli anni 1950 - 1960 una pittrice esegue la decorazione musiva sovrastante la trabeazione dei pilastri , ispirati a motivi paleocristiani .Per quanto riguarda la gloria fu poi restaurata e ridipinta .In origina la gloria racchiudeva entro la cornice ovale a festoni di lauro l’immagine della Madonna impressa sul Sassone .Fra gli anni cinquanta e sessanta del nostro secolo ,l’immagine originaria ormai del tutto illeggibile ,fu coperta con l’attuale tela di autore anonimo .

Il santuario è stato un perno della fede di questo popolo :in occasione della festa la gente arrivava a piedi da tutte le Corti e da più lontano per fare festa alla madre di Dio .La festa religiosa era accompagnata da una fiera in cui si trovava di tutto :i commercianti venivano soprattutto dalla Toscana . Negli ultimi anni è andato in decadenza :abbiamo fatto timidi tentativi per rivitalizzare la devozione come l’iniziativa di solennizzare il tredici del mese secondo le apparizioni di Fatima .

Foto n.

Nonostante la devozione popolare alla Madonna di Rimagna troviamo solo due maestà a lei dedicate : una su una casa di Rimagna (opera commissionata per sua devozione da Guatteri Maria nel 1909) .La Madonna è effigiata a braccia aperte in atto di dispensare grazie .

Foto n.

Un altra , la cosi detta Madonnina di Rigoso, fatta edificare da F.C .Dalcielo (prima metà del XIX secolo )La Madonna è raffigurata come è dipinta sul Sasso miracoloso , con le braccia aperte , con il manto svolazzante in ampie pieghe e la corona sospesa sul capo, sorretta da due minuscoli cherubini. Sotto c’è l’iscrizione latina propria del santuario

( foto n. )

La raffigurazione della Madonna di Rimagna è molto interessante in quanto pur avendo tutte le caratteristiche di una Assunta non guarda il cielo ma il popolo : è la Madre che vuole tutti abbracciare .

Sotto la sacra immagine della Madonna sta la scritta IN PETRA EXALTAVIT ME (sulla pietra Dio mi ha esaltata ) :Ricordiamo che nella Bibbia la pietra è il Signore , la roccia da cui sgorga l’acqua viva :la gloria di Maria viene tutta dal figlio e chi è devoto a Maria cammina verso Cristo . La devozione a Maria dice sempre ordine al Padre dal quale viene ogni bene .

(foto n.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO SETTIMO :PIETA’ CRISTIANA E CONFRATERNITE

 

Pietà cristiana

Il termine pietà è desunto dal latini pietas ma con un altro significa. Nel linguaggio attuale risulta una nozione impoverita come sinonimo di commiserazione , di compatimento verso chi soffre o verso chi è in difficoltà(co il senso di pietà che ci prendeva davanti alle immagini di gente disperata che fuggiva dal Kosovo).., quindi è un sentimento verso i propri simili. La pietas latina caratterizzava tutti i rapporti dell’inferiore verso il suo superiore. Innanzitutto questo avveniva nella sfera religiosa : l’uomo pio dimostrava come comportarsi di fronte agli dei ( ricordiamo tutti la figura dell pio Enea del capolavoro virgiliano). La pietas si allargava dalla sfera religiosa a quella familiare sociale perché gli dei erano anche gli dei Familiari (Lari e Penati). La pietas , quindi, era espressa nel rapporto con il pater familias e con l’imperatore .

La pietas cristiana è prima di tutto l’atteggiamento di Dio verso l’uomo. Dio è la sorgente della pietà che gli uomini devono poi avere tra di loro, a imitazione di quella di Dio. La Bibbia parla della sua bontà - misericordia (hesed) e della sua fedeltà (‘émet).Cristo è la piena manifestazione della pietà di Dio verso gli uomini e della pietà degli uomini verso dio : Gesù è il tipo dell’uomo pio. Non si riduce a sentimento ma a gesti concreti. Gesù è l’esercizio della pietà ."Esercitati nella pietà , perché l’esercizio fisico è utile a poco, mentre la pietà è utile a tutto" (1Tim 4, 7 - 8).E’ un passo biblico che ha esercitato un’influenza enorme. Sta pure all’origine della distinzione tra gli esercitia corporalia (mortificazione e ascesi cristiana) e le diverse forme di preghiera. Exercitium entra nel linguaggio cristiano per indicare l’impegno per la pratica della virtù e dell’orazione. Esercizio spirituale è prima di tutto la preghiera nelle varie forme.

Dopo il Concilio di Trento, che riformò la vita religiosa e istituì i Seminari per la formazione dell clero, alcuni esercizi di pietà (meditazione , esame di coscienza quotidiani, adorazione privata dell ‘Eucarestia, la confessione frequente, il rosario entrarono nelle costituzioni e nelle regole che sono arrivate fino ad oggi )Per il mondo dei laici le cose andarono diversamente : data l’impossibilità di istituzionalizzare la vita dei fedeli, la loro spiritualità rimase sguarnita e aperta ad ogni iniziativa privata.. Nel popolo , da una parte, gli esercizi di pietà dei religiosi rimasero l’ideale (solo loro possono diventare santi perché solo loro possono veramente praticarli )dall’altra parte nacque nella gente una larga disponibilità per ogni pratica devozionale e per gli esercizi che ne era l’espressione . L’esercizio primario sarà il rosario .La pietà cristiana si identificherà sempre più con gli esercizi di pietà : la pietà personale e quella liturgica sembrano camminare su strade diverse (i singoli fedeli recitavano sommessamente il rosario durante la celebrazione della messa, la confessione avveniva spesso durante la messa. La pietà personale si sentiva più realizzata negli esercizi di pietà più che nelle celebrazioni liturgiche , a meno che non diventassero popolari con canti e forme espressive di sentimento ). Il movimento liturgico di questo secolo cercherà (spesso con poco successo e poco tatto ) di rimettere la vita liturgica al centro della vita dell cristiano e come momento privilegiato della pietà cristiana. Il cammino è ancora lungo anche perché spesso nuove forme devozionali prendono ancora il sopravvento quando le celebrazioni liturgiche non tengono conto dell bisogno profondo di religiosità della persona umana.

 

Culto per i morti, Confraternite seppellitrici

 

La morte come riflessione è il grande tema assente nel mondo attuale. E’ come vietato prenderne coscienza dal punto di vista personale. La morte viene celebrata come spettacolo che si riferisce agli altre, agli estranei.. I media la presentano come un film che si svolge lontano dall’uomo che vive. Tutto concorre , anche le imprese di pompe funebri, a renderla un fenomeno ordinario o addirittura come un commercio. Perché questo silenzio sulla morte ? In primo luogo per la concezione edonistica della vita. Riconoscerla e assumerla come realtà equivarrebbe a mettere in discussione la capacità della società di soddisfare pienamente " la necessità di felicità" dichiarata come assolutamente imprescindibile.

Un altro motivo di questo silenzio è la secolarizzazione che va di pari passo con una società borghese. E’ una società desacralizzata , al posto dei riti, lo spettacolo. La morte è passata come celebrazione alla sfera privata.

Potrebbe essere un altro motivo l’atteggiamento tecnico euforico della società attuale. L’evento della morte è assunta come un fatto tecnico biologico, un incidente di percorso che va affrontato con strumenti tecnici adeguati. Questo tentativi fatto dalla società contemporanea di calare il sipario sulla realtà della morte non è riuscito che in parte. Nelle città il funerale deve essere meno visibile possibile sbrigato in una mezz’ora ; nello stesso condominio non si sa quando è avvenuto un decesso. Per l’uomo singolo la morte rimane una minaccia, anche se inconfessabile, non essendo possibile dire all’individuo la propria finitudine in un insieme sociale che si pensa illimitato.

L’atteggiamento dell’uomo che ha vissuto la fede in queste nostre comunità era totalmente diverso. La morte era oggetto di meditazione (" memorare novissima tua et in aeternum non peccabis") da parte di tutto un popolo. Sopra un concio di una casa posta sopra il vicolo di Ceda sta la scritta " VOS ESTOTE PARATI QUIA QUA HORA NON PUTATIS FILIUS HOMINIS VENIET" "voi state pronti perché nell’ora che non pensate , il Figlio dell’Uomo verrà" : non è tanto la meditazione sulla precarietà della vita ma prepararsi per un grande incontro. Ricordiamo le parole del nostro papa Giovanni XXIII ."Le mie valigie sono sempre pronte !". "Qui passar dovrete ".Era la via attraverso la quale si svolgeva il funerale , ultimo pellegrinaggio dell’uomo sulla terra insieme con gli amici e le persone che vengono per "accompagnare " il defunto

Si conviveva coi propri morti sepolti nel sagrato (terra consacrata) della chiesa o sotto i pavimenti delle chiese. Di alcuni particolarmente illustri ci sono cenotafi sulle pareti esterne delle chiese. A memoria, in genere, della virtù del defunto

La signora Basteri Donatella che ha curato la trascrizione del testo dell’atto di fondazione della chiesa di Riana ha raccolto questa testimonianza dalla bocca della nonna Basteri Anna Maria.

Il vecchio cimitero, quello menzionato nell’Atto di fondazione della Chiesa , è stato cancellato anche nella memoria degli abitanti del paese, dopo l’avvenuta unità d’Italia, sopravvive solo grazie al racconto del nonno Michele, che nacque a Riana nel 1870.

Era solito narrare che ogni famiglia al suo tempo possedeva alcuni metri quadrati di terreno sul sagrato attorno e di fianco alla Chiesa , in cui seppelliva i propri morti. In capo alla tomba si poneva una lapide con le date anagrafiche dei defunti incise sopra, così che il " lastrone" fungeva anche da registro comunale all’aria aperta ed era sempre consultabile, " perché, "soleva ripetere, " così si sapeva subito con chi si era parente e con chi non ci si poteva sposare."

In un secondo momento le ossa, "ripulite" dalle intemperie venivano riesumate, "avvolte in bende" e collocate all’interno della Chiesa, sotto i "lastroni del pavimento," ove "ciascuna famiglia aveva il proprio posto."

E così avvenne per due secoli e mezzo circa. Gli abitanti del paese ignorarono l’Editto di S. Cloud del 1801, Maria Luigia e i Borboni non si curarono di applicarlo, finché si arrivò all’unificazione d’Italia e all’applicazione delle leggi piemontesi. Non si ottemperò all’ordine e neppure ai successivi, purtroppo una mattina "arrivarono i soldati, molti per l’esattezza e armati, che intimarono alla popolazione di uscire dalle case, la radunarono nella piazzola antistante la Chiesa, la tennero a bada con i fucili spianati, mentre alcuni di essi cominciarono a scavare il cimitero, quale sacrilegio!, divellendo persino i lastroni del pavimento della Chiesa, accatastando cadaveri e ossa insieme, tutti, senza fare distinzione tra quelli appartenenti ad una famiglia o ad un’altra." Poi fu tutto scaraventato "in una fossa comune".

Il nonno Michele vide con orrore il corpo di suo nonno, Michele anche lui, scaraventato fuori dalla tomba dopo qualche tempo appena dalla sepoltura, pur bambino, ricordò quella scena macabra e sacrilega da tramandarla ai nipoti, e fu come l’ho raccontata, perché le sue parole mi rimasero impresse nella mente.

 

La lapide sulla facciata della chiesa di Pianadetto riporta la seguente scritta : ALLA CARA MEMORIA DEL TENENTE LAZZARI GIACOMO PROSSIMO AD ESSERE SACERDOTE A SOLI 27 ANNI IL 20 GIUGNO 1917 CADEVA DA PRODE PER LA GRANDEZZA DELLA PATRIA LA MEDAGLIA AL VALORE I GENITORI DOMENICO E ROMANA E LA ZIA BARBERINA ADDOLORATISSIMI PER LA PERDITA DELL’UNICO FIGLIO Q.M.P.P.

 

I funerali erano celebrati con solennità cantando gli uffici in latino ; le confraternite indossavano le loro divise( la Kappa veniva girata dalla parte nera) per rendere ordinato e solenne il corteo. I cantori cantavano antiche melodie (in genere si trattava di gregoriano che aveva assunto i modi della cultura locale).Il funerale nelle Corti ancora oggi riecheggia dell’antico canto dell MISERE, dell BENEDICTUS, dell DIES IRAE tramandati da secoli. Il culto dei morti permane vivo.

Sotto a questa esteriorità stava la certezza di Dio come Padre misericordioso (anche se giudice).

" Ai nostri fratelli

dà dunque il riposo,

oh Padre amoroso

perdono pietà".

Stava ancora la fede che

"Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,

nessun tormento le toccherà.

Agli occhi degli stolti parve che morissero ;

la loro fine fu ritenuta una sciagura ,

la loro partenza da noi una rovina,

ma essi sono nella pace....

Nel giorno del loro giudizio risplenderanno ..."(Sap3, 1 - 9)

Anche la morte di un giovane era accettata con grande fede :

"Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo.

Vecchiaia veneranda non è la longevità,

né si calcola dal numero degli anni ;

ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza ;

vera longevità è una vita senza macchia.

Divenuto caro a Dio, fu amato da lui

e poiché viveva trai peccatori , fu trasferito.

Fu rapito . perché la malizia non ne mutasse i sentimenti

o l’inganno non ne traviasse l’animo,

poiché il fascino del vizio deturpa anche il bene

e il turbine della passione travolge una mente semplice..."

(Sap 4, 7 - 15)

Chi ben aveva vissuto non aveva da temere entrando nella vita eterna. "Io, Giovanni , udii una voce dal cielo che diceva : "Scrivi :Beati fin d’ora i morti che muoiono nel Signore. Si, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono"" .Ap 14, 13.

Se i propri defunti avevano ricevuto tutti sacramenti erano sicuramente salvi. Il periodo della vita sarà un’attesa per potersi poi ricongiungere con loro. Molto importante era ricevere il viatico, che veniva portato in modo solenne con l’ombrello e i ceri accesi( Castelli raccomanda che sia accompagnato da dieci della confraternita) e ricevere l’estrema unzione. Era invalso l’uso di chiamarla così perché era l’ultima e , quindi , si cercava di rimandarla il più possibile poiché toglieva tutti i peccati. Nel nostro tempo, dopo il concilio Vaticano II , è ritornato l’uso di chiamarla unzione dei malati, olio degli infermi che può essere data anche semplicemente quando una persona anziana e ammalata sente il bisogno del conforto del dono dello Spirito magari anche per lottare per la propria guarigione. Il fenomeno della peste era spaventoso anche perché non si potevano ricevere i sacramenti more solito e dunque sembrava il castigo di Dio abbattutosi sulla umanità.

La gente delle Corti sente molto il bisogno di suffragare le anime dei propri morti di fare celebrare messe perché sia abbreviata per loro la pena del peccato in Purgatorio. Ci si iscriveva nelle confraternite soprattutto perché dopo la morte l’associazione si prendeva cura di far celebrare riti di suffragio (uffici, mese, benedizione ). Questo uso fa pensare alla "venal prece" di cui parla Foscolo nei Sepolcri : i fedeli vanno certamente educati a un modo giusto di intendere il suffragio dopo secoli di abitudini portate avanti senza essere illuminati sul significato.

Un particolare ricordo è riservato ai caduti delle guerre  : il cippo davanti alla chiesa di Monchio ricorda il sacrificio dei giovani caduti per la libertà nelle guerre napoleoniche. Sul cippo è messa la croce penitenziale tipica di queste zone con tutti simboli della passio per stabilire un collegamento immediato tra il sacrificio di Cristo che ha dato la vita e quello dei giovani che hanno combattuto. Il pilastro votivo porta inciso il millesimo 1814.(foto n. )

 

Il dipinto nella chiesa di Rimagna ricorda la strage compiuta dai nazisti il due luglio durante i bombardamenti in una popolazione inerme e poverissima.

"La sera precedente il dottor Mavilla ci avvertì che il nostro paese sarebbe stato bombardato il giorno seguente. La notizia gettò il panico tra tutti noi : il due luglio gli aeroplani sorvolavano il cielo di Rimagna. Noi ci incamminammo verso la macchia per poterci nascondere nel folto , così come ci era stato consigliato dal dottor Mavilla . Ma i nostri spostamenti erano stati notati dagli aerei tedeschi che cominciarono a sganciare su di noi spezzoni e ci mitragliavano. Ci furono nove morti. Io, mia madre e mio fratello eravamo insieme, in seguito io per aspettare mia nonna mi sono fermata e nascosta poi sotto un faggio dove secondo me potevamo rimanere senza essere viste ; mia madre e mio fratello continuarono a camminare , fu per questo che anche mio fratello Dario fu ferito.

Vidi i feriti che giacevano a terra colpiti alla schiena, al collo.. Finito il bombardamento ci riavvicinammo al paese e le altre persone ci venivano incontro per soccorrere i feriti. C’erano anche soldati tedeschi, i quali si diressero al nostro Oratorio e siccome la porta era chiusa, con il calcio del fucile la batterono più volte. La notte del bombardamento, siccome eravamo ancora sconvolti da ciò che avevamo vissuto, non la passammo nelle nostre case, ci rifugiammo nella galleria. Fu una notte terribile : io reggevo mio fratello ferito in braccio e, con i piedi e le gambe immerse nell’acqua della galleria. In seguito per un mese intero passammo le notti in quel modo ; ricordo la galleria illuminata dalle candele, la puzza di cera era fortissima e dura da sopportare insieme a tutti gli altri sacrifici imposti dalla difficile situazione. Il funerale dei morti avvenne qualche giorno dopo : le bare erano costituite da assi inchiodate in qualche modo. Sul viale del cimitero vedemmo un altro triste spettacolo : due impiccati a testa in giù, orribilmente sfigurati : uno era l’ombrellaio che tutti gli anni veniva ad aggiustarci gli ombrelli " (testimonianza di Elsa Dalcielo - Rimagna).

Altri monumenti , come quello di Lugagnano vicino alla casa canonica , ricordano i caduti delle ultime grandi guerre per dire ai giovani del nostro tempo quanto sia costata quella libertà politica che ora abbiamo.(foto n.)

 

Confraternita del Santo Rosario

 

Le confraternite del santo Rosario, sorte anche pria del Concilio di Trento, avevano lo scopo di alimentare la devozione a Maria con la recita del santo rosario sia in comunità che nelle famiglie. Questo ha contribuito non poco a tratteggiare L’identità del cristiano cattolico che perdura a tutt’oggi. Il cattolico sa che Gesù è l’unico mediatore di salvezza ma sa pure che una parte notevole ebbe la Vergine Maria nell’economia della salvezza ,parte che continua ancor oggi ad esercitare . diamo a lei volentieri il titolo Madre della divina grazia. Inoltre ,per il dogma della comunione dei santi chi ci ha preceduto nel segno della fede è pure vicino a noi se è vicino a Dio .

Nella processione avevano il loro stendardo. L’insegna processionale di Monchio presenta l’immagine della Beata Vergine del Santo Rosario, con Gesù tra le braccia, seduta su un trono di nubi, fra i santi Michele e Lorenzo a sinistra e dall’altra parte Domenico nell’atto di ricevere il rosario e santa Caterina . Lo stendardo è da mettere in relazione con la confraternita del Santo Rosario istituita nel 1637.(foto n.)

Lo stendardo di Pianadetto rappresenta la Beata Vergine , già inventariato nel 1829 ; era lo stendardo della confraternita del Santo Rosario, eretta in Pianadetto in data imprecisata, ma riconosciuta dalla curia di Parma nel 1639.(foto n. )

Il capolavoro che risale all’epoca detta è l’ancona dell’altare della Madonna (il restauro è stato ultimato nel 1998) (foto nn.).L’ancona è in legno intagliato dipinto e in parte dorato. L’epoca è del XVI secolo. Raffigura i misteri del rosario . Sulla sinistra per chi guarda, incominciando dal basso : L’annunciazione, la Visitazione, la presentazione al tempio, Gesù tra i maestri del tempio (misteri gaudiosi), a destra :l’Orazione nell’orto degli ulivi, la flagellazione, l’Ecce Homo, la caduta sotto la croce, la morte sulla croce ; in alto al centro : La risurrezione, l’Ascensione, Maria incoronata regina , la discesa dello Spirito santo, l’Assunzione della Vergine al cielo. Oltre i misteri del Rosario raffigura anche san Domenico e santa Caterina da Siena e due angeli .E’ di scuola genovese, ben curata Alcune immagini sono veramente dei piccoli capolavori di arte popolare , altre più rozze.

L’ancona venne rimaneggiata nel secolo XVII per renderla simile a quella dell’altro altare .

La confraternita del Santo Rosario non ha lasciato tracce importanti nei documenti ma l’opera più bella è stata quella di radicare il rosario nel popolo.

Il rosario verrà recitato i famiglia specialmente nei mesi più freddi tenendo uniti piccoli e grandi. Il capofamiglia si sentiva in dovere di 2segnare" il rosario. Nei nostri tempi è invalsa l’abitudine che nelle veglie dei defunti debba essere presente il parroco per la recita del rosario : un tempo questo non avveniva . Erano i laici che recitavano il rosario in latino ( i vecchi dicono "in dialetto" tanto era popolare).

Possiamo pensare che molte maestà , dedicate alla Madonna del rosario siano state volute da membri delle confraternite. (foto n 1,24) Madonna del Rosario e Santi., seconda metà del XVII secolo e inizi del XVIII. La Vergine è assisa in gloria tra le nubi, con il braccio sinistro sorregge il figlio. Porge il rosario a san Domenico. Sant’Antonio eleva la mano per ricevere il giglio da Cristo. E’ una maestà di origine essenzialmente domenicana perché è solo san Domenico a ricevere il Rosario : Sant’Antonio appartiene a quei santi pellegrini che diffusero la devozione a Maria col rosario. Come questa tante altre propongono lo stesso tema

.

Esercizi di pietà eucaristica

La pietà cristiana ha sempre visto nell’Eucarestia il vertice della propria vita religiosa (una volta affermato senza ombra di dubbio che Cristo è realmente presente nell’ostia consacrata ) : attorno all’Eucarestia ha creato vari esercizi di pietà (processioni, benedizione eucaristica, le sante quarantore, le adorazioni solenni, l’ora di adorazione, la visita al santissimo Sacramento, lo stesso sepolcro nel venerdì santo ..)Hanno un’unica matrice storico - culturale : proclamare la fede nella presenza reale, la transustanziazione messa in discussione in modo accanito dalla riforma luterana. Assume importanza enorme l’adorazione : Gesù da adorare più che da saper riconoscere nei fratelli. E nella com - unione. Il testo della lettera ai Corinzi di Paolo è stato interpretato in modo devozionale più che come espressione della caritas (......)L’affermazione della presenza reale non può essere fine a se stessa . In questo modo si è lasciato cadere in ombra le ragioni di questa presenza e l’economia salvifica a cui corrisponde. Gli esercizi di pietà eucaristica sono degenerati in una forma di trionfalismo eucaristico come dimostrano determinate espressioni "il divino prigioniero", "Ospite solitario", Cristo che "impera" nei cuori. Gesù è presente in modo reale ma sacramentale , ciò che deve essere messo in risalto è il motivo per cui lui ha voluto essere presente in mezzo agli uomini. La pietà eucaristica deve essere una attività sacramentale cioè segno efficaci un rapporto con Cristo che si riverbera immediatamente come impegno coi fratelli . Il momento dell’esercizio di pietà deve diventare il momento di presa di coscienza che tutti dobbiamo avere per essere "custodi" dei nostri fratelli. Le processioni e le adorazioni solenni dovrebbero significare che l’economia della salvezza proclamata deve trovare applicazione nei nostri ambienti (strade , piazze , posti di lavoro) con una forte testimonianza , profetica.

La radice fortemente devozionale della spiritualità delle Corti ha impedito un cristianesimo attivo sul piano sociale e umanitario ( i bisognosi hanno dovuto arrangiarsi, i giovani se ne sono andati vedendo "la inutilità" della pratica religiosa, le comunità si sono impoverite perché incapaci di reagire alla modernità che tendenzialmente cerca di mettere Dio tra parentesi rilegandolo a un problema privato. I praticanti sono stati considerati "bigotti"). Il preti che hanno cercato di far cogliere in tempi recenti ,dopo la riforma conciliare dell Vaticano secondo , anche con metodi dirompenti la dimensione "politica" della fede sono stati amati perché popolari ma non capiti. In chi continuava a frequentare la chiesa e in chi se ne era andato rimaneva un DNA di cristianesimo antico di secoli fatto di una fede piena di belle tradizioni che lasciva tutto e tutti al loro posto senza esigere una vera conversione .

 

Confraternite del Santissimo Sacramento

Foto n.

foto n.

Di gran lunga la confraternita più importante è stata quella dell Santissimo Sacramento di fatto obbligatoria per non dire imposta dai vescovi. Nella visita di Castelli del 1575 risultano essere costituite quella di Monchio, Lugagnano, Pianadetto , Rigoso. Nei decreti della sua visita dice che siano invece erette a Casarola e a Trefiumi.

In archivio esiste ancora la pergamena della omologazione della Venerabile Confraternita dell Santissimo Corpo di Gesù in Monchio e Lugagnano (1636). Viene concessa l’aggregazione all’arciconfraternita romana di San Lorenzo in Damaso. Vengono estese a quella di Monchio le stesse indulgenze, la grazie spirituali, gli indulti con gli adempimenti previsti nelle costituzioni di papa Clemente VIII dell 1604 e Paolo V dell 1607 e 1611.

Ancora l’8 maggio 1900 il vescovo Magani accoglie l’istanza di don Eugenio Gastaldi parroco a Pianadetto perché sia ufficialmente eretta tale confraternita e col diritto di portare la kappa.

I numerosi simboli bernardiniani sui portali sono da attribuire alla grande fede dei monchiesi nell’eucarestia, alla presenza di preti in una determinata famiglia e , naturalmente, alla devozione popolare alimentata dalle confraternite., costituite per animare le pratiche di pietà eucaristiche.

Trascriviamo il regolamento del 1899 della confraternita di Lugagnano che ripete i privilegi detti sulla pergamena e lo statuto ,naturalmente aggiornato per gli interventi successivi dei pontefici .I privilegi per chi si adoperava per il culto del Santissimo Sacramento partono dal momento in cui veniva costituita la festa devozionale del Corpus Domini cioè con la bolla Transiturus di Urbano IV (1264).Poi in ordine abbiamo .Martino V (26\5\1429) ; Eugenio IV (26\5\1433) ;Paolo V (3\11\\1606) ;Clemente X (24\1\1673) ; Innocenzo XII (3\1\1694) : Benedetto XIV (2\8\1749) ;Innocenzo XI (1\10\1678) ; Pio IX (13\6\1853)

(foto n.

Regole per la confraternita del Santissimo Sacramento eretta nella chiesa parrocchiale di Lugagnano (1896)

Dell’accettazione

1.

Qualsivoglia persona dell’uno e dell’altro sesso, purché abbia superato gli anni dodici e sia di provata fede e vita cattolica, potrà far parte della confraternita dell Santissimo Sacramento : ma il giudizio per l’ammissione spetta al parroco e agli ufficiali superiori della confraternita.

2.

Non accettasi nella confraternita colui che per inobbedienza alle leggi della Chiesa potesse trovarsi vincolato da qualche censura ecclesiastica.

3.

Non saranno accettati minori d’età senza il permesso dei loro legittimi superiori, né le donne maritate senza il consentimento dei loro mariti.

4.

All’atto della iscrizione ogni confratello pagherà la quota di cent. 50, ed in seguito di centesimi 50 ogni anno, e più Cent. 10 per ogni defunto.

5.

Colui che , trascorsi sei mesi dalla pubblicazione del presente regolamento, volesse essere iscritto nel ruolo di detta confraternita (avendo già raggiunta l’età di 50 anni ). All’atto di sua iscrizione, dovrà pagare , cominciando da quell’anno tutte le quote scadute. ..

Degli obblighi della confraternita

6.

Primo e principal dovere della confraternita si è lo zelare con tutte le sue forze l’onore di Gesù nel SS : Sacramento, la gloria dell quale deve uniformarla in ogni atto.

7.

La confraternita dovrà ogni anno colla pompa e divozione possibile celebrare la solennità dell Corpus Domini ; assistere con decoro alle consuete processioni della terza Domenica d’ogni mese e tutte le altre processioni d’uso nella parrocchia. A questo ella provvederà ogni confratello di una candela.

8.

Quando si avesse a recare il SS : Sacramento a qualche infermo, la confraternita avrà cura di farlo accompagnare da alcuni confratelli.

9.

Qualora la famiglia di un confratello infermo chiedesse qualche assistenza , la confraternita provvederà un servigio di due suoi confratelli, i quali gratuitamente prestino all’infermo pietosa, caritatevole, cristiana assistenza.

10.

Nel trasporto funebre di un confratello o di una consorella , almeno 4 vestiti di cappa lo accompagneranno dall’abitazione fino al cimitero e tutta la confraternita presente lo accompagnerà dalla chiesa al cimitero con le candele accese.

11.

Farà poi suffragare l’anima di ciascun confratello defunto con un Uffizio da requiem e 10 messe ; il primo giorno non impedito dopo la prima domenica di settembre farà celebrare per tutti i confratelli defunti un anno Uffizio con messa da requiem cantata, assistita dal parroco, con l’intervento di tutta la compagnia .

Degli obblighi de’ confratelli

12.

Ogni confratello avrà cura di frequentare i SS . Sacramenti, essere d’esempio agli altri per la vita veramente cristiana, e mantenere con tutti una santa armonia ed una caritatevole benevolenza.

13.

E’ dovere di ogni confratello l’intervenire con diligenza e divozione alle parrocchiali funzioni., vestendo, richiesto, la propria cappa che dovrà provvedersi a proprie spese.

14.

Pel mantenimento del buon ordine ogni confratello dee star sottomesso al proprio priore, e prestarsi volentieri a qualsivoglia servigio cui sia chiamato nelle sacre funzioni.

15.

Quel confratello che, senza ragionevoli motivi, si rifiutasse per il trasporto funebre dei confratelli defunti (la casa dei quali non disti dalla sua oltre un miglio), dovrà pagare ad ogni mancanza la multa di centesimi 20. In quelle famiglie dove fossero più confratelli, sarà sufficiente che ne intervenga uno solo. Questa regola è fatta pei morosi : ma non menoma punto il dovere di carità che tutti hanno di assistere al trasporto dei loro confratelli defunti.

16.

Ciascun confratello, non appena avrà ricevuto l’annunzio di morte di un suo confratello, reciti in suffragio dell’anima di lui la terza parte almeno dell santo Rosario......................................................................................

Degli ufficiali della confraternita

17

.La confraternita vien regolata da sei ufficiali che ne formano il consiglio, e

18.

Il priore, il sotto Priore, il maestro dei novizi, ed il Cancelliere vengono per la prima volta eletti, e in seguito rinnovati ad ogni triennio per voti segreti dai confratelli capifamiglia della parrocchia.

Nel fare le sopraddette elezioni ognuno non deve aver di mira altro che il puro bene della confraternita : quindi gli ufficiali saranno da scegliersi tra quelli che maggiormente si distinguono per la vita veramente cristiana e per la più esatta osservanza dei proprii doveri inverso della confraternita.

20

Nessuno quindi oserà di brigarsi per essere lui l’eletto. Eletto però che uno sia, non rinunzi alla carica cui fu assunto senza forti e legittimi motivi ; ma procuri anzi di adempierne con prudente zelo e dolci maniere gli obblighi annessi.

21.

Il consiglio nomina la prima volta ed in seguito poi rinnova ad ogni triennio per le consorelle :

22.

il consiglio è tenuto ad adunarsi ogni anno nella prima domenica di gennaio per la rivista ed approvazione dei conti presentati dal tesoriere, e per trattare di tutto ciò che può essere necessario al buon andamento della confraternita. Ma al bisogno, dietro invito dell presidente o dell priore , dovrà adunarsi in qualunque tempo.

23.

Qualora l’Ordinario diocesano chiedesse i conti della confraternita, il consiglio è tenuto a darli precisi con prontezza.

24

Il parroco presiede sempre le Adunanze sia della confraternita si dell consiglio della medesima e, nella parità dei voti ha la preponderanza.

25.

Le adunanze si terranno sempre nella sagrestia della chiesa parrocchiale o nella canonica , non mai nelle case dei privati.

Dell’espulsione

26.

Un confratello che , per inobbedienza alle canoniche leggi, fosse incorso in qualche censura ecclesiastica, se entro tre mesi dalla incorsa censura non si sarà con la santa Chiesa riconciliato, verrà irremissibilmente espulso.

27.

Chi desse cattivo esempio da disonorare colla riprovevole sua condotta la confraternita, e si dimostrasse incorreggibile, verrà espulso.

28.

In qualunque caso l’espulsione deve farsi con deliberazione dell Consiglio.

29

.chi lascerà passare due anni senza pagare la quota, sarà tenuto come non più appartenente alla confraternita.

30.

Chi per qualunque motivo cessasse di appartenere alla confraternita non potrà vantare diritto o rimborso qualsiasi

 

Approvato il 20 gennaio 1899 dal vicario generale

Can .Guido Maria Conforti..

 

 

 

 

 

Mi sembra utile riportare le indulgenze concesse ai confratelli che assolveranno i seguenti compiti :

11 .Indulgenza di cento giorni ai confratelli e alle consorelle ogni volta che assisteranno alle Messe da celebrarsi pro tempore nella chiesa o cappella o nell’oratorio della confraternita .

  1. od a qualunque processione si faccia con licenza dell’ordinario ;
  2. od alloggeranno poveri :
  3. oppure pacificheranno nemici o dissidenti fra loro o li faranno pacificare od anche lo procureranno :
  4. o se impediti non potranno accompagnare il Santissimo Sacramento dell’Eucarestia sia nelle processioni, sia quando viene portato agli infermi ; od in qualunque altro luogo ed in qualunque modo, ed al segno della campana dato per questo reciteranno una volta l’orazione domenicale e la salutazione angelica , o reciteranno la stessa orazione e salutazione cinque volte per le anime dei confratelli e delle consorelle defunti della stessa confraternita :
  5. o ridurranno sulla via della salute qualche traviato :
  6. od insegneranno a chi li ignora i comandamenti di Dio, e quelle cose che son necessarie alla salute :
  7. o visiteranno gli infermi e i carcerati o li sovverranno in qualche aiuto spirituale o temporale ;
  8. od eserciteranno qualunque opera di pietà o di carità .

Come si può notare in un clima di grandi cambiamenti sociali, culturali e politici si intende orientare la confraternita anche all’attenzione ai problemi attraversati dalla società .

L’impulso dato alla costituzione delle confraternite rispondeva alla necessità della chiesa ufficiale di rispondere a chi aveva voluto la rivoluzione all’interno della chiesa . C’era però largamente diffusa una religiosità popolare che si esprimeva sia in modi conformi al dottrina ufficiale della chiesa e sia in modi largamente difformi .

Il fiorire delle maestà è sia espressione della religiosità popolare sia risposta devozionale alla chiamata della chiesa alla vera riforma

Gli stendardi delle confraternite dell Santissimo Sacramento parlano della grande devozione vissuta con profonda intensità .Lo stendardo di Cozzanello è inserito nell’ancona lignea di sinistra. Raffigura l’Ostia santa entro un ricchissimo ostensorio ambrosiano con ai piedi un santo vescovo e Sant’Antonio di Padova in atteggiamento di mistica devozione . Anche quest’opera è vicina all’epoca della consacrazione della chiesa .i due santi adorano : l’adorazione è all’eucarestia non è un atto di idolatria ma riconoscere che in Cristo ci sono due nature ,quella umana e quella divina :E’ la persona di Cristo che rende presente nella consacrazione per opera dell Divino Spirito , mediante l’azione dell sacerdote.

Foto n.

Ricco ma senza particolari immagini è pure quello di Rigoso. E’ della seconda metà del XIX secolo preesistente all’attuale chiesa . Finissima la decorazione che inquadra il calice con l’ostia raggiata che reca il monogramma IHS. Due putti alati ,dipinti a mano libera all’acquerello, sorreggono una corona sopra l’ostia divina . E’ la fede che riconosce nel pane consacrato il re dell’universo( la fede riaffermata a Trento sulla transustanziazione)

Foto n.

Chiudiamo il discorso per accenni sulle confraternite con una nota di Cignolini (...) :"Tutte le chiese di queste parrocchie sono mantenute di arredi sacri, cera e oglio dalle rispettive Compagnie del Santissimo Sacramento e del Santissimo rosario, che ordinariamente in tutte con questo o altro titolo sono erette , ed è pur dovere di tai Compagnie di solennizzare la festività del loro titolo. Non mancano tali Corpi a tal uopo d’entrate particolari, che sono amministrate dai loro rispettivi priori colla dipendenza dal parroco, e fu ottimo consiglio de’ loro fondatori e benefattori il procurargliene, perché i benefizi parrocchiali sono quasi tutti di rendite assai limitate, non oltrepassando quelli di Lugagnano e Nirone l’annua rendita di cento zecchini circa, pochi ve ne sono di duemila e molti ad di sotto delle mille lire nostre". (...) Cignolini

Le processioni

Per chi viene a fare le sue vacanze nel monchiese , le vede spesso : i santi, le madonne sono sempre celebrate con le processioni dopo la messa. L’esteriorità è ridotta al minimo indispensabile e durante la processione si prega. Un giorno ad Olbia vidi una manifestazione che ingombrava varie di gente festosa, allegra . Ho chiesto a un sacerdote che cosa era e mi è stato detto che era un misto di sacro e profano. L’unica processione vissuta nella mia infanzia era quella mariana del 15 agosto, si portava il simulacro della madonna attraverso i campi accompagnato da una grandissima folla che era venuta da tutte le parti a festeggiare la Madonna di Careno.

La gente delle Corti che partecipa alle sacre celebrazione desidera anche fare queste processioni. Qual è il loro significato ? La processione è un rito religioso universale. Il suo simbolismo, il gesto di camminare insieme, risponde ad un bisogno primario di quell’aggregazione con cui il gruppo acquista consistenza. La processione aggiunge alla celebrazione liturgica un gesto di notevole valore psicologico , il pregare camminando insieme. La preghiera diventa più fervente e la comunità è potenziata nella sua unità. Insieme uniti come un corteo dietro a un gran personaggio. Si cammina non solo per arrivare ma anche per vivere la strada : la processione fa vedere gli uomini inseriti nella vita che si svolge fuori dall’ambiente dei riti. Si passa per gli stessi luoghi della vita quotidiana, ma quei luoghi diventano sacri. Mischiati nel cammino, uniti nella preghiera e nel canto , i credenti si scoprono affratellati, più coinvolti negli stessi problemi.

La processione è , inoltre, un altro segno che manifesta l’homo viator et peregrinans. Processione e pellegrinaggio sono segni contigui : la processione diventa il pellegrinaggio ritualizzato della comunità.

La processione ha dunque un forte valore religioso. La troviamo già nella Bibbia : la marcia dell’Esodo, il ritorno dall’esilio, la presa di Gerico, il trasporto dell’Arca a Gerusalemme, la processione di Neemia, la processione di Giuditta, l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme.

Liturgicamente ci sono processioni che commemorano i misteri di Cristo, processioni straordinarie, e occasionali, processioni rituali all’interno stesso della chiesa.

Le più comuni nelle Corti sono le devozionali e votive : la processione dell Corpus Domini, nata con l’istituzione della festa, processioni mariane e degli altri santi.

Gli elementi delle processioni cristiane sono : riunione in determinato luogo o partendo dalla stessa chiesa, procedere con un ordine stabilito, preghiera intensa, una metà fissata, un mistero cristiano da celebrare.

Nelle Corti il folklore è molto contenuto e solo ad alcune di esse c’è ancora un attaccamento : la processione col Cristo morto e con la Madonna addolorata, san Lorenzo, san Rocco, Maria Assunta, e in genere il patrono. La carenza dei sacerdoti ha poi ridimensionato tutto. Da quanto detto ritengo importante mantenere questo segno che rivela una struttura dell’essere umano e offre la possibilità di una preghiera più intensa. Ritengo che determinati segni non vadano aboliti perché sembrano in contrasto con la liturgia ma valorizzati con una valida catechesi. Non sarà che la liturgia cattolica si è troppo ridotta a messa a far perdere a tanti il gusto della pratica religiosa, quando le forme espressive della religione possono essere molteplici ? E’ proprio vero che pregare processionalmente non interessa più ai giovani ?

foto n.

Altri Esercizi di pietà cristiana :

 

Via Crucis

 

Come è ancora praticata nei nostri giorni è nata solo nel XVII secolo, però trova i suoi precedenti storici in pratiche devozionali che risalgono al XIII secolo. In quell’epoca avvenivano drammatizzazioni dei misteri di Cristo (sacre rappresentazioni ) per la contemplazione e per la catechesi. C’era già in uso la compartecipazione alla passione di Cristo facendo un percorso che riproducesse la via dolorosa . Prevaleva l’imitazione sulla meditazione anche se sottostava un ricco patrimonio di fede e di dottrina. Nel XIV secolo si sente la necessità di aggiungere la meditazione al cammino. Le stazioni arrivano fino a 47 ripercorrevano un cammino voluto simile a quello percorso da Gesù (riprodurre in loco quello che il pellegrino poteva vivere andando in Palestina ). Solo in Spagna nella prima metà del XVII secolo si ha notizia della via crucis in 14 stazioni. E’ un esercizio di pietà importante, da valorizzare : in tutte le nostre chiese è stata collocata ed è un elemento necessario per qualificare una chiesa cattolica .Una influenza grandissima esercita sui pellegrini le grandi via crucis a Lourdes, Fatima, San Giovanni Rotondo .(foto n.)Le suggestive immagini bronzee ad altezza d’uomo che animano la via crucis del monte Castellana, scolpite da Francesco Messina , inducono a meditare sul mistero della passione di Cristo. Questo è stato uno dei temi fondamentali della vita meditativa di Padre Pio, uomo della terra e umile servo di Dio. Nella V stazione la figura del Cireneo è quella del Padre e che ha portato nella sua carne i segni della passione per tutta la vita . "Soffro e soffro assai, ma grazie al buon Gesù, sento ancora un altro po’ di forza ; e di che cosa non è capace la creatura aiutata da Gesù ? Io non bramo punto di essere alleggerita la croce, poiché soffrire con Gesù mi è caro ; nel contemplare la croce sulle spalle di Gesù me sento sempre più fortificato ed esulto di una santa gioia" (Padre pio da Petrelcina, Pensieri, esperienze, suggerimenti, ,San Giovanni Rotondo, 1995 ).

Quando si fa questo esercizio di pietà bisognerebbe veramente farlo diventare una meditazione biblica e inserire nel percorso le stazioni sulla gloria di Cristo per evitare che prevalga solo l’emotività partecipe del dolore di Cristo avulsa da un contesto salvifico.

Una pietra in arenaria(proveniente da Ticchiano ,cm.67 x cm 29 x cm16,5) , rozzamente squadrata , è da collegare con il discorso della via crucis. Ben visibili nella parte conservata segni cruciformi resi ad incisione . Tra gli altri si riconoscono :in alto a sinistra :croce complessa con segni orizzontali e verticali aggiunti ai bracci. In basso a sinistra : tre croci sormontanti il calvario stilizzato a forma di triangolo. In alto a destra : cerchio tagliato dalla croce con braccio orizzontale desinente a cuspide. Raffigurazioni di questo tipo, chiaramente ricollegabili alla simbologia cristiana, sono da mettersi in relazione a espressioni di culto popolare e risultano piuttosto frequenti, soprattutto in luoghi montani.

In mancanza di associazioni ed elementi datanti sicuri (come nel nostro caso)un’attribuzione cronologica risulta assai difficile essendovi in concreto la possibilità che i simboli non siano stati tracciati contemporaneamente , ma in tempi successivi. Seppure si conoscono esempi piuttosto recenti (1600 - 1700) l’uso di tracciare graffiti di questo tipo risale al tardo medioevo quando, soprattutto ad opera dell’ordine francescano, viene istituita e propagandata la pratica devozionale del "cammino della croce" e , parallelamente, viene introdotto in modo massiccio il culto dei Sacri Monti e si incoraggiano pellegrinaggi lungo percorsi prestabiliti scanditi dalle stazioni della via crucis.

Oltre alla raffigurazione della croce semplice, di quella più bracci e di quella entro il cerchio, legata ai concetti di macro cosmo e microcosmo presenti nella filosofia platonica dei Padri della Chiesa e in particolare di Sant’Agostino, ecco quindi il diffondersi anche il simbolo stilizzato del monte che ha visto la passione di Cristo( Studio della dottoressa Catarsi Dall’Aglio)

Foto n.

 

Le via crucis nel monchiese.

Nella chiese di Riana e Casarola ci sono due serie di via crucis che vengono da una scuola parmense dell XIX secolo . Sono realizzate ad acquatinta colorata a mano ad acquerello. Rendono con dovizie di particolari le scene evangeliche per aiutare i credenti a rivivere la passione dell Signore .

foto n.

La via crucis di Valditacca .Fu acquistata a Milano nel secondo dopo guerra ma risalente ai primi dell ‘900. L’opera è di Carlo Morgari ultimo discendente artistico della casa torinese. Le scene ricche di particolari parlano al cuore e alla fantasia dell devoto. Era il desiderio dell credente di essere in medias res dell grande dramma della redenzione

foto n.

Collegabili con questa religiosità pietistica prima del concilio Vaticano secondo sono i vari cristi morti : chiesa di Pianadetto, di Rimagna , di Monchio. La celebrazione dell venerdì santo più che meditazione della passione era occupata per i preparativi per la grande processione dell a sera , in cui la confraternite sfilavano con le loro divise.

A Monchio insieme al Cristo morto si portava in processione la statua della Madonna addolorata. Con il relativo stendardo.

Foto

Grande era la devozione popolare dei monchiesi per la Vergine addolorata se fin dagli inizi dell ‘900 sentirono il bisogno di costituirsi in confraternita dell’Addolorata che durò fino all’epoca dell Concilio Vaticano II

A Monchio si conserva un prezioso reliquiario della santa croce ..................(foto n .)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO OTTAVO :RELIGIOSITA’ POPOLARE

 

Forme della religiosità popolare

 

Le forme in cui si manifesta le religiosità popolare sono almeno le seguenti :un accentuato culto alla Vergine e ai santi specialmente nelle feste ;pellegrinaggi ai santuari ;culti e riti a carattere sacramentale interpretati e vissuti come atti celebrativi di avvenimenti biologici dell’esistenza, nascita, fecondità, la morte ; culti extraliturgici indirizzati a persone morte o ancora viventi alle quali si attribuiscono particolari poteri ; pratiche magico - superstiziose /unite spesso a riti "cristiani"). Questo sono i fenomeni senza entrare nel merito di una loro discussione critica .Si ritrovano in tutti gli ambienti popolare anche nella nostre montagne da tempi immemorabili (anche in persone di cultura medio alta ) . A quali bisogni risponde la religiosità popolare , quale funzione ha ?IN primo luogo una funzione culturale , anche se Dio più che essere considerato come sommo bene , come creatore è spesso visto , inconsapevolmente, come un potere che può essere piegato a proprio vantaggio eseguendo bene quei determinati riti. Questo è molto vicino alla magia .Perché portare in processione il santo ?La risposta può essere :siamo sicuri della sua protezione perché abbiamo adempiuto tutto . Aver abolito , subito dopo il Concilio Vaticano II, processioni, aver nascosto molte statue di santi in sacrestia è stato visto come un affronto , non capito e ha finito per allontanare diverse dalla pratica della fede nel proprio ambiente . La religiosità popolare ha bisogno di toccare con mano la presenza del sacro . .

In secondo luogo risponde alla funzione dell’impetrazione di favori materiali o spirituali , di dire un forte grazie quando si ritiene di aver ottenuto quel favore che è stato chiesto . Ecco gli ex voto :fare un pellegrinaggio , un quadretto con un cuore , un’immagine che descriva il fatto miracoloso , erigere una maestà,(foto n.) un quadro che richiama la vergine sotto il titolo in cui è stata invocata (foto. n. )A Monchio si conserva un quadro con un immagine di Maria col bimbo : è un’immagine molto dolce , circonfusa della luce soprannaturale con un arcobaleno che indica la pace del cuore ha riportato nel persona devota . Sotto ha la scritta ACCIPE CONSILIUM A ME (prendi consiglio da me ).In una parete del presbiterio di Pianadetto è appeso un quadro di una Madonna di Loreto (foto) ed i Santi Carlo Borromeo, Antonio Abate e Paolo Apostolo. Il dipinto è un ex - voto. Il committente Giovanni Paolo di Lazzaro lo stesso della maestà detta dei Lazzari (foto). la più antica maestà datata dell territorio delle Corti, che reca scolpita l’immagine della Vergine col bambino fra i santi Carlo Borromeo e Paolo Apostolo. Il quadro è citato nell’inventario dell 1694.Il quadro ,come nelle immaginette , presenta la descrizioni di tanti particolari ,le figure sono disposte in modo simmetrico con al centro la Beata vergine.

La religiosità risponde, inoltre, all’esigenza di rassicurazione contro le continue incertezze che contrassegnano la vita del povero per quanto concerne il lavoro e la salute : come diremo , non esisteva né una previdenza sociale né la possibilità di curarsi in un ospedale né la disponibilità economica . Ecco la necessità di un santo protettore (foto n. ) Per fare un esempio la devozione a Santa Barbara era molto sentita a Lugagnano e a Rigoso perché molta gente emigravano per un buon periodo all’anno per andare a lavorare in miniera o in gallerie o comunque in cantieri polverosi (la silicosi era sempre in agguato ). Ci si affidava alla protezione di della divina Provvidenza per intercessione del santo . L’invocazione al santo protettore era più immediata perché era sentito più vicino .

La religiosità risponde ancora al bisogno di uscire da una vita di routine, quindi possibilità di entrare in rapporto con gli altri , di fare conoscenze , di ricrearsi Le sagre venivano attese. Si andava per incontrare amici e parenti . Il vespro domenicale , il rosario nel mese di maggio alla sera diventavano occasioni di incontro anche per fare un affare o intraprendere una relazione .

La religiosità popolare può rispondere anche al bisogno di innovazioni sociali o religiose più vicine al popolo .

La religiosità popolare contiene sicuramente valori umani e religiosi autentici anche se bisognosi di purificazione . Del resto , quale rapporto con dio non è bisognoso di purificazione ? La religiosità esprime la sete di Dio ("ha sete di te Signore l’anima mia , quando vedrò il tuo volto ?"Sl......)L’apostolo Paola parla nella lettera ai Romani di una umanità che ricerca Dio "a tentoni "(Rm...) :questo accomuna , del resto, tutte le forme religiose . La pietà polare , quando si tratta di manifestare la fede , rende capaci di generosità di sacrifici fino all’eroismo: pensiamo ai sacrifici che l’uomo pellegrino faceva per raggiungere la Palestina o Santiago di Campostela . Ripenso ad atti di generosità come l’obolo della vedova che dà tutto quello che aveva per vivere che arriva fino ad impressionare Gesù che osserva ammirato la scena .

La religiosità popolare esprime, inoltre , un senso profondo degli attributi di Dio quali la paternità , la Provvidenza , la sua presenza amorosa e costante . Quello che Manzoni ha espresso nel suo capolavoro era l’animo di tanta parte del nostro popolo :accettare la volontà di Dio , qualunque essa fosse, e ritenere che tutto andrà per il nostro meglio. "Dopo un lungo dibattere e ricercare insieme , conclusero che i guai vengono bensì spesso , perché ci si è dato cagione ; ma che la condotta più cauta e innocente non basta a tenerli lontani ; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce , e li rende utili per una vita migliore " (Manzoni, I promessi sposi). L’autore dice questa soluzione trovata da "povera gente ".

Dalla religiosità popolare sono espressi altri valori quali la pazienza , il senso della croce nella vita quotidiana , il distacco , l’apertura verso gli altri, La devozione :Sono valori autentici anche se talvolta coperti da atteggiamenti non del tutto chiari per un credente , che lascino punti interrogativi per chi va alla ricerca di una fede senza ambiguità .

Nella religiosità popolare occupa un posto importante la festa popolare . Vediamo i valori in essa contenuti. Da intellettuali vengono messi spesso in rilievo solo gli aspetti folcloristici e le reminiscenze pagane . Sono in realtà celebrazioni ricche di simboli, di fantasia creatrice , di fede narrata. La festa popolare non rappresenta una fuga dal quotidiano, dal dolore e dal lavoro come avviene nella festa borghese. . Ha spesso un carattere penitenziale cioè del riconoscimento del proprio peccato e dalla volontà di espiare . Si sottolinea anche l’aspetto duro della vita. Mi ricordo che mia mamma andava in processione a piedi scalzi il 15 agosto nella grande processione a Careno , per ottenere la protezione della famiglia sulla nostra famiglia . I pellegrini a Fatima sono colpiti dalla fede che cerca il sacrificio vedendo tanti che percorrono in ginocchi tutta l’immensa piazza per arrivare al santuario . La festa borghese crea opposizione tre il festivo e il feriale . Nella cultura popolare il festeggiare non si sgancia dal lavoro , ma diviene tempo idoneo per sviluppare capacità di convivenza e rapporti nuovi . Alla sagra si univa la fiera :si aspettava l’una e l’altra . Nella festa il popolo ritrovava la forza di vivere e la capacità di ritornare con rinnovata speranza alle lotte quotidiane . La festa diventa l’esplosione di una solidarietà profonda , il ricupero di una consapevolezza di non essere soli a lottare ed ad operare per una convivenza umana più giusta. (foto n )Din qui si capisce la nostalgia chi parla della festa quando un tempo c’era partecipazione e la gente veniva da tutte le parti. Il tempo era scandito da un vivere non in modo uniforme ma creativo che offriva nuove possibilità alla vita . La gioia, la speranza, la solidarietà sono esaltati dal fatto di sentire la presenza amica della Madonna e dei santi che vivono vicini a noi. Ecco perché le sagre erano partecipate da tutti anche da coloro che alla domenica non andavano in chiesa .La festa popolare ha in sé una somma di valenze. Costituisce la rivincita della fantasia sulla routine :si manifesta nelle cose diverse che si fanno nella festa (vestiti nuovi, mangiare senza parsimonia che deve significare , almeno per un giorno, l’abbondanza a cui tutti siamo chiamati nel Regno di Dio , regno di giustizia per tutti dove tutti si potranno sfamare, "banchetto di grasse vivande" .....)

Nella festa viene espresso un rapporto fiducioso e filiale con Dio e di devozione filiale a Maria e ai santi .

(foto n. )

La religiosità popolare si esprime in modo forte nel pellegrinaggio. Non nasce dall’istituzione anche se questa lo riconosce e gli fornisce privilegi. Al santuario si svolge una preghiera semplice , spontanea, a carattere devozionale : vedi preghiera di consacrazione nel santuario di Rimagna. Per sentire la protezione di Maria i fedeli prelevavano un po’ di sasso che mettevano nel taschino prima di emigrare o andare alla guerra per chiedere il favore di ritornare un giorno sani e salvi .

Nella religiosità rimangono delle ambiguità come la ricerca del consolatorio, del miracoloso, dell’evasione dalla realtà per cercare una gratificazione . Penso che siano più gli spetti positivi : integrano la freddezza di una religione "intellettuale" solo teologica o solo liturgica .La venerazione della maternità di Maria ha esercitato una funzione positiva , stimolante, ha dato energia, stimoli nuovi, speranza agli emarginati (pensiamo ai fenomeni di Fatima , Lourdes, Medjugorie, Radio Mariae). Il popolo ha bisogno di segni , di avere un dio per amico : la preghiera non deve nutrire solo la mente ma anche il cuore , la vita .

Dalla religiosità sono nate tanti racconti, leggende, preghiere, canti popolari .Nel racconto popolare religioso , il fedele diventa partecipe dell’avvenimento , del particolare intervento del divino :Il cuore si riempie di speranza di non sentirsi soli.

Una delle cause dell’allontanamento di tanti è dovuta al fatto di trovare la pratica della fede fredda e distaccata , di non trovare nei fratelli e sorelle che partecipano alla stessa assemblee amicizia e simpatia .

Foto n.

Foto n.

 

LE MAESTA’

 

Manifestazione della religiosità della popolazione delle Corti sono le numerose maestà che sono disseminate nei borghi e sui sentieri ora ben poco frequentati . Le più antiche risalgono agli inizi del secolo XVII(sulle colline della Bastia sorge la maestà dedicata a San Rocco data 1631 . gli abitanti di Rigoso dice la leggenda sono grati a San Rocco per la scampata peste di manzoniana memoria )(foto n. ).Poi con fasi alterne la loro produzione è continuata fino ai nostri giorni . E’ stata benedetta con solenne concorso di popolo la maestà dedicata alla madonna di Fontanellato ai confini del comune di Monchio sulla strada che porta a Corniglio (1998). La maestà è stata fatta secondo le indicazioni che la storia del passato ha fornito cioè il bianco marmo è stato inserito in una piccola cappelletta di pregevole fattura degli artigiani locali (foto n.). Seguendo le stessa tradizione ,Pietro Cavalli ha voluto crearne un’altra vicino alla sua casa restaurata di Riana :questa volta è l’immagine di Cristo Pantocratore secondo il modello del Cristo del catino dell’abside duomo di Monreale (anche questa è stata benedetta nel 1998.) Il Cristo Pantocratore è stato riprodotto in mosaico ,secondo l’antica tradizione dei mosaici ravennati ,anche nella pieve di San Vincenzo , ricostruita nel 1945 , da cui dipendevano le chiese di Monchio, Pianadetto ,Lugagnano (foto n.) . Rozzi Giacomo, Mariotti Teresa al Prato, Rossi Valerio .........

Sembra assodato che il nome di maestà derivi dalla parola maiestas Domini come nel IV secolo si è cominciato a raffigurare Cristo seduto in trono nella conchiglia ,simbolo della sua signoria su tutto il creato  . Ne abbiamo un esempio nella raffigurazione del Cristo Pantocratore nella lunetta sopra l’altare del battistero di Parma collocato ad oriente come generalmente erano collocate le chiese ( Anche la chiesa di Monchio aveva probabilmente tale collocazione in quanto nella parete dell’abside esterna si vedono ancora la traccia del portone di ingresso formata da pietre lavorate e le relative finestre ).Dalla raffigurazione della maestà del Signore ,si passa raffigurare la maestà di Maria ,anch’essa vista come regina seduta sul trono (confrontare la madonna col bambino raffigurata nell’arte dell ’Antelami sulla lunetta del Battistero di Parma che guarda piazza duomo ).

Queste maestà sparse ricordano la tradizione antica pagana e germanica di edificare sacelli o pietre votive nei boschi e sentieri che si ritenevano popolati da divinità amiche e da demoni malefici .

Ci sono maestà sulle abitazioni, maestà vicino alle fonti, e maestà delle strade : questo non tanto per il richiamo al paganesimo ma perché rappresentavano i luoghi o di aggregazione(tutte le donne si recavano in quel posto a lavare ) o di passaggio o per ricordare la presenza di Dio nella propria famiglia .

.Variano anche i motivi per cui sono collocate anche se la motivazione più espressa rimane quella per devozione . Sono spesso ex voto per grazie ricevute guarigioni straordinarie , superamento di gravi pericoli ,benefici materiali ..Sono anche per affidare alla protezione del santo la propria famiglia ,i beni materiali ,la salute. Nel cimitero di Monchio è collocata una maestà (foto n.) dedicata alla Madonna con il bambino e a San Michele e San Lorenzo. E’ del 1665, voluta da don Pietro Penelli , esponente eminente della famiglia dei Penelli della Valle ,che sarà poi parroco a Trefiumi e a Rigoso (1635 - 1651).Le maestà delle nostre zone appaiono espressione della devozione privata delle più importanti famiglie del territorio(almeno inizi ), e in particolare dei sacerdoti che ne erano membri .

Le confraternite ,inoltre, intendevano diffondere la devozione alla Madonna del Rosario, o al Santissimo Sacramento o a qualche santo protettore (San Michele era pure protettore delle confraternite seppellitrici : era raffigurato con la simbolica bilancia destinata a pesare le anime dei morti per stabilire la loro giusta ricompensa) . Dopo il concilio di Trento ,le maestà diventano un aiuto per diffondere la vera fede in mezzo al popolo e difendersi dalla eresia protestante Rappresentavano un aiuto per il popolo cattolico che a differenza dei protestanti non poteva prendere in mano direttamente la sacra scrittura in linea con la tradizione che aveva accettato il culto delle immagini come biblia pauperum.. Arte popolare semplice ma di aiuto alla fede del popolo : la controriforma cattolica ha combattuto con vari mezzi la riforma protestante . Il Concilio di Trento è stato in primo luogo un grande concilio riformatore che ha dato nuovo fiato spirituale alla chiesa cattolica come dimostra la figura di San Carlo che ha portato un rinnovamento nella chiesa (nella chiesa di Riana sono raffigurate nei dipinti, ormai fatiscenti ,le virtù di San Carlo che dovrebbero essere il patrimonio di ogni credente ) Dalla stagione del concilio si è , però ,andata affermando una vera controriforma che ha invaso tutti campi della cultura (arte, poesia ,...)e ha controllato .in sostanza il libero manifestarsi della creatività dello spirito popolare . Anche queste espressioni della religiosità popolare dovevano uniformarsi alla fede professata .Mentre nel mondo protestante la riforma della chiesa si era diretta all’analisi diretta del sacro testo, della liturgia resa più adatta al popolo alla nuova formazione dei capi della comunità , nel mondo cattolico si dirotta più alla devozione , venendo ancora una volta incontro alle esigenze popolari. Mai ci si doveva dimenticare della presenza di Dio e dei santi anche quando si facevano lavori profani :il sacro doveva permeare tutta la vita dell’uomo e accompagnarlo lungo il cammino della vita e consegnarlo nelle mani del Padre , ricco di misericordia, alla fine dell’esistenza terrena.........................................................................
Vediamo che significa "per devozione ".perché questo qualifica probabilmente il tipo di fede vissuto nelle Corti fino all’avvento della riforma del concilio Vaticano secondo : all’avvento del ventesimo secolo si preferisce una scritta più laica ( foto n.).La devozione consiste in prontezza d’animo nel darsi alle cose che appartengono al sevizio di Dio. E’ devoto chi si dà o si consacra interamente a Dio e vuol rimanere totalmente sottomesso a lui .Caratteristica della devozione è la prontezza della volontà, disposta sempre a darsi al servizio di Dio .I veri devoti son sempre disposti a tutto quanto si riferisce al culto o al servizio di Dio : L’esempio più sublime di devozione è quello di Cristo che disse entrando nel mondo :" Eccomi, Signore, disposto a compiere la tua volontà ; in questo pongo la mia compiacenza e dentro il mio cuore sta la tua legge "(Sal.38, 8 - 9 ; Ebr.10 , 5 - 7).Se si cerca l’unione amorosa con Dio proviene dalla carità ; se si cerca il culto o il sevizio di Dio è un atto di religione .Molti fanno consistere la propria devozione nel sovraccaricarsi di pie pratiche, di numerose preghiere recitate per abitudine , nell’appartenere a gruppi ecclesiali ( allora le confraternite) senza pio farsi scrupolo nel ricominciare a trinciare giudizi sugli altri, o voltarsi da un’altra parte quando il prossimo ha bisogno . Quando è così e falsa devozione ,perché confonde la devozione con le devozioni .La vera devozione consiste nel dare se stessi a Dio e nella costante disposizione a compiere con fedeltà e prontezza tutto ciò che appartiene al suo santo servizio . La devozione si riferisce sempre a Dio , non alle creature .La devozione ai santi non deve fermarsi ad essi , ma giungere a Dio per mezzo di loro. Nei santi noi veneriamo propriamente ciò che hanno di dio ,cioè noi onoriamo Dio in loro. Sarebbe errore fermarsi al santo o a quella particolare immagine . Come vivevano allora quella loro devozione ? ( Come la viviamo oggi ?)

La maggior parte delle maestà sono dedicate a Maria :in questo caso le dediche riflettono motivi teologici(figurano i vari titoli mariani.) , motivi  occasionali :. Più comune .madonna del rosario. Con Pio V i papi avevano in tutti modi appoggiato questa pratica di pietà. I titoli mariani  raffigurati vanno dai più antichi come madonna dell’aiuto(foto n. ) fino ai più recenti come Immacolata (foto n ) Si trattava di una fede antica ,nella donna vestita di sole e coronata di dodici stelle e vincitrice su Satana . nel 1854 era stato solennemente proclamato il dogma .E dedicata all’immacolata la maestà creata di recente dalla famiglia Isi a Rigoso .era posizionata originariamente nella casa di famiglia in Valcieca :la formella rappresenta una madonna assunta .immagino che un venditore tosco l’abbia allora portata sul mercato delle Corti e poi il devoto ha fatto mettere sotto la scritta Beata Vergine Immacolata perché in quel momento agli inizi del novecento era devozione diffusa

.Foto n.

Altre maestà mariane hanno motivi occasionali dovuti o a una particolare devozione suscitata dal particolare attaccamento verso un santuario mariano (molte sono dedicate alla madonna di Fontanellato: questo santuario incomincia la sua bella storia per i parmigiani a partire dal seicento )

( foto n.) .

Altre sono dovute a contatti avuti con altri paesi ,specialmente liguri e toscani ,per svariate motivazioni anche commerciali percorrendo gli antichi sentieri che per attraversavano le dorsali appenniniche come la Madonna dei Quercioli (foto n )

Un particolare interesse acquistano le maestà collocate vicino alle fonti ( foto n. ) . il lavatoio rappresentava un momento di aggregazione per le donne che andavano a lavare o per chi vi conduceva le bestie all’abbeveraggio quotidiano .L’acqua è un bene prezioso : tante volte la gente deve fare strada per rifornirsi. Più in profondità c’è il motivo di richiamo all’acqua santa del battesimo che ogni credente ricorda nel fare il segno di croce :c’è nell’uomo il bisogno istintivo della purificazione (sono da prendere in considerazione in questo modo le acque che i pellegrini portano a casa dopo essere stati a Lourdes . E’ interessante vicino alla nostra diocesi la Madonna della Fontana di Casalmaggiore (dove si conservano le spoglie del Parmigianino ) che risale fino all’anno mille . Bevendo quell’acqua ci si sente protetti , purificati, rinforzati .

Tante sono dedicate ai santi :la fede preferisce rivolgersi ai santi considerati amici dell’uomo piò che rivolgersi direttamente a Dio . Il rigorismo giansenista aveva comunque gettato il suo seme :meglio rivolgersi ai santi che alla onnipotenza di Dio .I santi scelti sono legati ai bisogni immediati della vita difficile ,come particolari protettori . Sant’Antonio abate perché protettore degli animali ,San Rocco protettore contro le malattie pestilenziali ,san Michele contro le potenze del male ,San Genesio contro l’epilessia, San Valentino contro il malocchio ,Santa Lucia per la vista ,Santa Barbara contro le folgori, Santa Liberata per le partorienti e come aiuto nei mali difficili .

Dalla catalogazione in mano al comune di Monchio :

Dedicate a Gesù :

La sacra famiglia

Sacro cuore di Gesù

Gesù divino fanciullo

Crocifissione

dedicate a Maria :

titoli teologici.

Natività di Maria

L’annunciazione

Madonna Assunta

Madonna Immacolata(numerose )

Sacra Famiglia

Sacro cuore di Maria

Madonna col bambino(numerose )

Madonna addolorata

titoli delle litanie lauretane :

Madonna delle Grazie(numerose )

Madonna della misericordia

Madonna degli angeli

Madonna del rosario(numerose )

Madonna della pace

Madonna del buon Consiglio

titoli derivati da santuari conosciuti dai pellegrini

Madonna dell’aiuto

Madonna di Caravaggio

Madonna del Carmine

Madonna di Greggio

Madonna di Loreto

Madonna di Lourdes

Madonna di Montenero

Madonna di Provenzano

Madonna dell ?edera

Madonna del Sasso di Rimagna

Madonna della guardia

Madonna della neve

Madonna dei Quercioli

Madonna di Fontanellato

Madonna di Pompei

Madonna di Soviore

Madonna di Viterbo

Maria divina Pastorella

Dedicate ai santi :

Sant’Antonio Abate

Sant’Antonio da Padova

Santa Barbara

San Carlo

Santa Caterina d’Alessandria

Santa Rita da Cascia

Santa Liberata

Santa Caterina da Siena

San Domenico

San Michele

altre

 

 

Da quello che abbiamo detto, si tratta di una fede semplice che però dimostra di credere in alcune verità fondamentali del dogma cattolico :innanzitutto la fede nella comunione dei santi e nella sopravvivenza della persona dopo la morte : i santi non sono addormentati" in attesa del risveglio ma sono ben vivi e presenti anche nella vita del credente , la fiducia in un Dio amico dell’uomo , Padre che si prende cura dei propri figli anche se sembra che questo avvenga attraverso intermediari , la mediazione forte di Maria in quanto legata al mistero fondamentale della fede cioè l’incarnazione del figlio Dio ,il senso diffuso della presenza di Dio , Al viandante e al passante era un ricordo continuo che siamo sempre in presenza di dio ,che non esistono azioni ordinarie della vita ma che la vita vissuta in grazia di Dio ha un valore immenso per l’eternità . Le maestà parlano di questa signoria di Dio sul tempo e sullo spazio :non esiste il profano ma tutto è sacro perché esce dalle mani di Dio :esiste la volontà cattiva dell’uomo e la forza personale del male che può rovinare l’uomo capolavoro della grazia redentrice.

I GIUBILEI

 

Incidevano enormemente nella vita religiosa anche i giubilei che i papi indicevano più frequentemente per venire incontro alla devozione popolare .

Qualche accenno .

Anno santo 1575 (papa Gregorio XIII. Bolla Dominus ac Redemptor noster ) :E’ terminato il concilio di Trento, inizia la grande riforma morale e religiosa della Chiesa cattolica . Il papa afferma di confidare " nella esuberanza della divina bontà" e, per il buon esito del giubileo si rivolge ai re agli imperatori, in questo caso a Massimiliano I, figlio di Ferdinando i , fratello di Carlo V .Questo appello ai capi dei popoli sarà imitato in seguito da altri papi .Scrive Gregorio XIII :"Preghiamo anche nel Signore il nostro carissimo figlio Massimiliano, re romano, imperatore eletto , e tutti i re e principi cristiani, che accrescano tanto più i loro meriti presso il Signore nel favorire questa pietà dei pellegrini e vogliano provvedere alla sicurezza delle strade a vantaggio dei medesime pellegrini e soccorrere i bisognosi con beneficenza ed elemosine ".

Anno santo 1600 (papa Clemente VIII. Bolla Annus Domini placabilis ). Il papa ripercorre la storia del secolo passato e lamenta la scissione dei cristiani :" siamo presi da un pungentissimo dolore ripensando con la mente e col cuore a quante numerose nazioni e popoli si sono miseramente staccati dall’unità e dalla comunione della Chiesa cattolica e apostolica ". Quasi a far vedere a costoro quale tesoro abbiano perso allontanandosi da Roma , ecco un grande elogio della città :"Questa è quella felice città la cui fede , lodata da bocca apostolica , viene annunziata in tutto il mondo. Qui la pietra della fede, qui la fonte dell’unità sacerdotale , Qui la dottrina dell’incorrotta verità ,qui le chiavi del regno dei cieli e il sommo potere di legare e di sciogliere ,qui infine quell’inesauribile tesoro delle sacre indulgenze della Chiesa ,custode e dispensatore è il sacro romano Pontefice ". Il papa spiega la differenza tra il Giubileo cristiano e quello ebraico :la consuetudine degli Ebrei nel loro Giubileo era soltanto in figura .Adesso non è come allora ,non si deve pensare che " gli schiavi di servitù umana sottoposti a giogo vadano liberi o gli incatenati in carcere vengano dimessi o gli oppressi da grave debito verso gli altri vengano liberati ,e neppure perché ritornino in possesso dei beni paterni .Infatti queste cose sono terrene ,fluttuanti e caduche ...Ma i frutti dell’anno del nostro Giubileo santo e spirituale sono quelli abbondantissimi che le anime redente dal sangue di Cristo vengano sciolte dal ferreo giogo della tirannide diabolica e dal tetro carcere e dalle catene dei peccati ".

Nessun accenno di autocritica della Chiesa per la scissione dei protestanti : la Chiesa neppure in vista del Giubileo è invitata alla conversione del cuore . Viene sottolineata l’importanza delle indulgenze :questo continuerà a favorire una spiritualità di tipo devozionale intimo che non si incarna nella storia. umana concreta . L’evento cristiano era nato dall’Incarnazione .il Giubileo cristiano lo doveva ricordare, di fatto però continuava una religiosità avulsa dalla vita anche se la fede e la religione continuavano a impastare la vita della società .Non meglio sicuramente andava nei paesi in cui si era installata la riforma protestante in quanto per sostenersi doveva appoggiare senza riserve il principe e conti8nuare una forma di cristianesimo intimistici e oppressivo .C’è poi nelle parole del papa un infelice accostamento con il Giubileo ebraico : la bellezza del Giubileo ebraico era proprio nel ristabilire rapporti sociali più equi, eliminando forme gravissime di ingiustizia . Il pensare solo all’interiorità spesso può voler dire dimenticare la dimensione di salvezza che la fede deve portare all’uomo anche sul piano umano .

Benedetto XIV invita i fedeli ad affrontare un viaggio per il Giubileo a Roma, ma , da uomo pratico, considera anche quando non si deve fare. Scrive :" Il pellegrinaggio fa parte del culto volontario, il cui compimento non riguarda gli atti di virtù da esercitare obbligatoriamente. Così il marito che in forza del vincolo matrimoniale è tenuto a stare con la moglie, farà male se, opponendosi la moglie, intraprende un lungo pellegrinaggio, lasciando lei a casa . Anzi, benché ci sia il consenso della moglie, un pellegrinaggio del marito potrebbe tuttavia contenere una irregolarità, se a motivo dell’assenza per l’uno o l’altro dei coniugi contenesse verosimilmente il pericolo di far venir meno la virtù". Così un padre, la cui presenza fosse necessaria al sostentamento della famiglia. "Lo stesso dicasi di colui che , oberato dai debiti, né avendo altro modo di assolvere i debiti, fuorché stare in luogo e lavorare, scegliesse tuttavia di vedere i luoghi santi". E’ inutile, afferma poi il papa, fare pellegrinaggi se non ci si converte. Molti credono che basti il pellegrinaggio per la remissione dei peccati, convinzione abbastanza diffusa se il pontefice cita l’abate Alberto Stadense che , nella sua Cronaca, scrive :" Raramente o mai ho visto qualcuno tornare migliore di luoghi d’oltremare o dalla vista della tomba dei santi".

Il papa insiste sulla confessione e sulla severità del confessore :"Lavatevi, siate mondi, togliete il male dai vostri pensieri". I confessori di prelati, di principi, di re, di governatori, li riprendano e li ammoniscono, se non fanno i loro doveri. Al papa non piacciono quei confessori che sono troppo indulgenti con i grandi :" Se uno teme la faccia del potente, non si assuma l’ufficio del pastore".

Benedetto XIV, infine, con un’altra Bolla ,Inter praeterito, ricorda che, fin dai primi giubilei, per ottenere le indulgenze i romani devono fare le visite alle chiese per trenta giorni, i pellegrini forestieri, invece, per quindici. Ma poi si sofferma spiegare chi si deve intendere per romani :"Vanno compresi sotto il nome di romani tutti quelli che sono nati e abitano a Roma, o che sono nati e abitano nel distretto di Roma, che è come dire nelle vigne dentro alle cinque miglia dalla città...Sotto il nome di abitante dell’Urbe vanno intesi tutti quelli che sono venuti a Roma con l’animo di abitarvi la maggior parte dell’anno e tutti quelli che stando in Roma per qualche impiego, o per trovare impiego, se non contraggono un vero e rigoroso domicilio, almeno contraggono un quasi domicilio".(Domenico del Rio)

 

 

Trascriviamo lo scritto sul Giubileo del 1793 riportato nel volume Produzioni varie di Fr. Adeodato Turchi ,vescovo di Parma , Assisi, 1802 (da p. 27 a p. 38) E’ il vescovo che ha lasciato l’opera che caratterizza le Corti di Monchio ,il ponte romano (foto n..)Il ponte sulla Cedra metteva sull’unica via per la Toscana fu fatto costruire nel 1602 dal vescovo di Parma Alessandro Farnese ; ma pressoché cadente per l’impeto delle piene fu nel 1801 fu rinnovato dal vescovo Turchi, come si legge nella lapide marmorea.

QVI PONS VERTENTE ANNO NDCII

FERDINANDO FARNESIO PARMENSIVM

ANTISTITE...MVUNCI. DVNASTA

IN COLONORUM COMMODUM FVERAT

EXCITATVS INVIRIA TEMPORRVM

FATISCENS ET PENE LABESCENS

ADEODATI TVRCHIJ E...CAPPUCCINORVM

FAM...EPISCOPI MAGNIFICENTIA

EST RESTITUTS AGGERE ADIECTO

PRO MVNIMENTO AB INCHOATO

EXTRVCTO ANNO MDCCCI

Foto n.

GIUBBILEO

Concesso dal regnante sommo pontefice Pio VI allo stato di Parma , pubblicato il 16 febbraio 1793

E’ molto tempo ,che ci va svegliando il Signore co’ suoi castighi. E quanti ne abbiamo provati nel giro di questo secolo ! Guerre, carestie, inondazioni, tremuoti, mortalità di bestiame, ed altri in gran numero. Ma questo secolo stesso nato e cresciuto con indole sì funesta pare voglia terminare il suo corso con un’indole assai peggiore. Sotto i colpi e replicati della divina giustizia siamo ricorsi agli Altari per implorare la divina misericordia. Eppure in mezzo alle preghiere e pubbliche, e private sembra che la stessa divina giustizia abbia preso maggior vigore per castigarci. E donde ciò, dilettissimi miei ? Sarebbe mai vero, che essendo mai noi solleciti di pregar molto all’esterno, non siamo stati niente solleciti di ritornare al cuor nostro, mutar tenore di vita ?E Tridui e Novene, e Solennità a Dio, alla Vergine, ai nostri santi Protettori, ed in mezzo a tante dimostrazioni di pentimento nessun pentimento efficace e sincero ? Il mal costume è cresciuto e va crescendo ogni giorno. E sarà poi maraviglia , che le nostre preghiere siano fatte finora senza frutto nessuno, e che a misura si sono moltiplicate le orazioni, si sieno anche moltiplicati i castighi. Molte sono le maniere, che insegnano i Padri per istruirci a pregare Iddio. Io non ne conosco che una sola, che è l’anima di tutte, quella cioè di abbandonare il peccato, amare Iddio , e poi pregarlo di cuore. Ma se in noi vive la colpa, se Iddio non si ama , come si può pregar bene ?

In tanta calamità dovremo dunque perder coraggio, ed abbandonarci ad una funesta disperazione ? Ah no miei Figliuoli, Iddio è in collera con noi, sì ; egli è forse giunto al colmo delle sue collere. Ma per questo appunto ardisco dirvi, ch’egli è anche più vicino ad usarci misericordia. Iratus, et misertus es Domine. Questo stesso conoscere ch’egli è in collera, ch’egli è in collera per le nostre colpe, è già un gran tratto della sua bontà, che ci incammina al pentimento, e per conseguenza al perdono. Eh sorgiamo una volta dal letargo, che ci opprime, apriamo gli occhi a veder quella spada, che ci aggira sul capo, disarmiamo con le lagrime e co’ singulti il nostro Padre celeste, e pieni di una tenera confidenza diciamogli una volta per sempre : Ah Padre, caro Padre abbiam peccato, ma da questo momento il peccato avrà termine nel nostro cuore .

Ad agevolarci una sì salutevole Penitenza, il Sommo Regnante Pontefice Pio VI con quella podestà, che da Dio solo ha ricevuta, ed a tutta la Cattolica Chiesa si estende, condiscendendo alle piissime preci dell nostro Real Sovrano, che brama di far godere ai suoi sudditi ogni temporale non solamente, ma anche spirituale vantaggio, si è degnato di accordare a questi Reali Stati quella stessa Plenaria Indulgenza in forma di Giubbileo, che sotto il giorno 24 novembre dello scorso anno 1792 ha già pubblicata per tutto lo Stato Ecclesiastico, dando a noi per tale oggetto tutte le facoltà opportune, in virtù delle quali vi manifestiamo.

Che durerà due settimane il prefato Giubbileo, ed avrà il suo principio per questa Città e Sobborghi nella domenica seconda, e il suo termine nella domenica quarta di Quaresima inclusivamente. Nel dopo pranzo della seconda domenica verso le ore tre vi sarà nella Cattedrale un divoto Ragionamento conveniente alla circostanza , finito il quale i due Cleri Secolare e Regolare si porteranno processionalmente alla visita della Chiesa di San Pietro martire , una di quelle da noi destinate per l’acquisto della Plenaria Indulgenza .

Le Chiese da visitarsi in città fissate da noi sono sei : la nostra Cattedrale cioè San Pietro martire, la SS : Annunziata, San Giuseppe, San Rocco, e la Chiesa de’ Servi di Maria .A richiamare i cuori ad una vera conversione , e ad impetrare la divina misericordia mediante l’intercessione di Maria Santissima , dell glorioso Apostolo San Pietro, dell Santo pontefice Pio V, e de’ Santi Vescovi Ilario e Bernardo nostri principali Protettori desideriamo vivamente , che in tutte le accennate Chiese, previo il segno delle campane per convocare il popolo, sieno recitate la sera ad ora conveniente le Litanie de’ Santi.

Nel corso delle due settimane da noi fissate per la Città, e suoi Subborghi, e così per la Campagna nel corso di quelle, che dentro la Quaresima verranno trascelte dai rispettivi Parrochi, potranno i Fedeli tutti dell’uno e dell’altro Sesso, tutti gli Ecclesiastici non solo Secolari, ma Regolari eziandio di qualunque Ordine, Congregazione, ed Istituto scegliere a Confessore qualsiasi degli approvati rispettivamente a dette Persone. Alle Monache poi, e alle Donne tutte viventi in comunità sarà permesso in questa circostanza di eleggersi per Confessore qualsiasi degli approvati da noi per li Monasteri, e Conservatori, come da nota registrata negli atti di questa nostra Cancelleria Vescovile. A tutti questi Confessori durante il Giubbileo conferisce la Santità sua ampia facoltà di assolvere per una sola volta nel foro della coscienza da qualunque sentenza di Scomunica , Sospensione, interdetto, e da ogn’altra Censura e pena dai sacri Canoni, e dai Giudici Ecclesiastici fulminate ; parimenti da tutti i peccati quantunque riservati al Sommo Pontefice, ed a noi ; eccettuato però quello di eresia formale ed esterna , e dell complice dell delitto a norma delle Costituzioni di Benedetto XIV. - Sacramentum Paenitentiae - Apostolici muneris - .Accorda ad essi inoltre la santità sua la facoltà di commutare qualsiasi voto, eccetto li due di Castità e di Religione, in altre opere pie, imponendo però in simili casi quella salutare penitenza che giudicheranno la più conveniente allo spiritual vantaggio de’ Penitenti.

Non intende però il Santo Padre nel concedere il presente Giubbileo, come in simili circostanze mai non lo intesero i suoi Predecessori, di autorizzare i Confessori a dispensare nel foro della coscienza da qualsiasi pubblica ed occulta irregolarità, né ad abilitare e restituire i loro penitenti al pristino stato per qualunque nota, incapacità, ed inabilità contratta ex defectu. Nemmeno intende, che la concessione di questo Giubbileo possa, o debba in nessun modo suffragare a coloro, che dalla Santità sua , o da qualunque Prelato o Giudice ecclesiastico saranno stati nominatamente scomunicati, sospesi, o interdetti, qualora non avranno prima soddisfatto al loro dovere, e concordati non si saranno colle parti.

Finalmente tutti vi esortiamo giusta le intenzioni di Sua Beatitudine di aggiungere alle opere di sopra prescritte per l’acquisto della Plenaria Indulgenza qualche ulterior pratica di pietà, secondo che a ciascheduno suggerirà la propria divozione. In particolar modo raccomandiamo ai Corpi Ecclesiastici, agli Ordini Religiosi, ed alle Confraternite di portarsi unitamente per la maggior edificazione de’ Fedeli alla Chiesa trascelta per le tre Visite, recitando con divozione così all’andare alla medesima , come nel ritornare le Litanie de’ Santi, onde meritare il loro patrocinio negli occorrenti gravissimi bisogni.

Indulgenza Plenaria

In forma di Giubbileo pubblica il 17 maggio 1793 per le Corti di Monchio, Castrignano e loro adiacenze ec.

Accordatasi begnignamente dal Sommo Pontefice Pio Vi felicemente regnante alle istanze dell religiosissimo R : Infante di Spagna Don Ferdiando Borbone Duca di Parma , Piacenza, e Guastalla ec. Per tutti i reali suoi stati quella stessa indulgenza plenaria in forma di Giubbileo pubblicata in Roma, ed estesa a tutto lo stato ecclesiastico con Breve dell 24 novembre 1792, non consentiva al paterno nostro cuore, che privi restassero di tanto tesoro gli amatissimi nostri sudditi delle corti di Monchio, e Castrignano, e loro adiacenze ec. Umiliate quindi le ossequiosissime nostre preci al Santo Padre, si è degnata le medesima Santità sua di estendere a tutti i prefati luoghi di nostra giurisdizione la suddetta plenaria indulgenza in forma di Giubbileo per corso di due settimane, che incominceranno per tutte le ville delle Corti di Monchio la domenica dopo la Pentecoste, ed avranno il suo termine nella domenica inclusivamente ; e per la corte di Castrignano, e sue adiacenze la domenica Pentecoste, e termineranno nella domenica ....inclusivamente.

E perché possano meglio disporsi gli amatissimi nostri sudditi a partecipare di questo spiritual bene vi saranno ne’ predetti luoghi durante il Giubbileo missionari zelantissimi, l’opera dei quali sarà tutta consacrata alle conversione delle anime, e ad eccitare in esse la detestazione, e la fuga del peccato.

Chiunque vorrà godere di tale tesoro, e Plenaria indulgenza applicabile anche per modo di suffragio a pro delle Anime dell Purgatorio, dovrà entro di dette due settimane osservare il Digiuno nei giorni di mercoledì, Venerdì, e Sabato, e fare parimente entro la medesima settimana delle elemosine ai poveri, che suggerirà ad ognuno la propria pietà e divozione, confessarsi inoltre e comunicarsi, e nella stessa settimana visitare almeno tre volte una delle chiese parrocchiali delle ville soggette alla detta nostra giurisdizione, che vengano da noi a questo effetto destinate, ivi pregando fervidamente la divina Misericordia giusta l’intenzione, e mente dell Sommo Pontefice.

Riguardo poi a quelle persone, che in tale tempo si ritrovassero detenute nelle carceri, e che per infermità, o per altra legittima causa non potessero eseguire le opere come sopra prescritte, Sua Santità concede al Confessore da loro rispettivamente eletto la facoltà di commutarle in altre opere pie più adattate al loro rispettivo stato.

All’oggetto poi di eccitare viemaggiormente ne’ nostri amatissimi sudditi una vera compunzione , ed un cuore totalmente contrito, ordiniamo, che durante il tempo di questo Giubbileo in tutte le accennate chiese parrocchiali ogni giorno, previo il segno della campana per convocare il popolo , sieno recitate la sera ad ora conveniente le litanie de’ Santi colle preci annesse, esortando tutti, giusta le intenzioni di sua Beatitudine di aggiungere alle opere di sopra prescritte per l’acquisto della Plenaria Indulgenza qualche ulterior pratica di pietà, e divozione, principalmente verso di Maria SS :, dei santi Apostoli Pietro, e Paolo, dell Pontefice S .Pio V e de’ Santi Ilario, e Bernardo Protettori di questa città, e Diocesi, affine di impetrare col valevolissimo loro patrocinio che il Signore Iddio plachi le sue giuste collere , e ci faccia meritevoli delle sue divine misericordie, e delle sue sante benedizioni.

Note in margine al giubileo concesso dal Papa Pio VI e trasmesso alle Corti dal vescovo Turchi.

 

  1. L’inizio del documento parte da un elenco dei castighi di Dio (guerre, carestie, inondazioni , terremoti, epidemie di bestiame, ...) a giudizio dell vescovo abbattutisi sull’umanità durante tutto il secolo che si va chiudendo. La fede vede nelle sciagure naturali il castigo di Dio per i peccati degli uomini. .Anche il nostro secolo ha conosciuto le stesse sventura ancor più grandi perché la popolazione nel frattempo è aumentata a dismisura. Se tutto viene da Dio , il credente vede anche nei fenomeni naturali l’opera di Dio. Nel nostro tempo determinati fenomeni come le pesti dell bestiame sono enormemente diminuite per le cure scientifiche a cui viene sottoposto. .La guerra rimane sempre un fenomeno endemico dell genere umano.
  2. L’uomo credente vedeva l’origine dei castighi di Dio in una fede non coerente., la mancanza di coerenza tra la fede e la vita. Manca il pentimento efficace anche se dimostrato attraverso l’esteriorità dei riti. La vera preghiera è abbandonare il peccato, la preghiera dell cuore, amare Dio. Non c’è preghiera genuina accompagnata dalla conversione dal peccato. Occorre allora fare ritorno al Padre : giubileo è fare ritorno al Padre che aspetta il figlio prodigo. .Ecco il gran bene dell’indulgenza giubilare (per due settimane) estesa anche ai territori sotto la giurisdizione dell vescovo, per favorire la penitenza e la conversione , attraverso il sacramento della confessione, con missionari e confessori straordinari muniti di ampie facoltà. Vengono richiesti il digiuno, preghiere particolari come le litanie dei santi. L’indulgenza può essere applicata alle anime del Purgatorio

 

Giubileo del duemila

 

Nelle parole del papa Giovanni Paolo II c’è la preoccupazione di aiutare a varcare la soglia dell terzo millennio con una fede viva, a guardare avanti al futuro della Chiesa . Nella sua bolla di indizione dell grande giubileo, prima fa prendere coscienza che la storia della salvezza trova in Cristo il suo punto culminante, il suo supremo significato : l’Incarnazione non è un fatto dell passato ma ha la sua valenza nel presente. Gesù è "colui che è, che era e che viene" : con la sua salvezza tocca tutta l’umanità. Il tempo non più Cronos ma Kairos cioè è tempio pieno di salvezza, è esplosivo di novità. Il giubileo deve rivolgere l’uomo a Cristo , spingerlo alla conversione e alla sua vera riabilitazione. Il giubileo è stato preparato con tre anni di catechesi trinitaria, sul Figlio, sullo Spirito Santo, sul Padre misericordioso. Il papa spera che su queste verità convergano tutte le confessioni cristiane e che il pellegrinaggio verso la Terra Promessa trovi come compagni di viaggio le tre grandi religioni monoteistiche , ebrei, cristiani, mussulmani. L’ecumenismo è una novità assoluta nella storia dei giubilei : questo tema non è stato mai sfiorato dai predecessori. Una nuova sensibilità si fa strada che orienta una nuova pastorale della Chiesa : più che alle questioni dottrinali bisognerà attendere a gesti concreti di comunione non solo tra cristiani ma nella stessa umanità.

La tradizione giubilare per la Chiesa cattolica risale al 1300, giubileo indetto da Bonifacio VIII.I fedeli hanno sempre risposto in massa e con molta generosità mettendo in opera gesti concreti di carità verso i bisognosi. Nel 1550 San Filippo Neri diede inizio ad una caritas romana come segno tangibile di carità per l’accoglienza dei pellegrini.. I giubilei per tanti motivi vanno incontro alla religiosità popolare e sono capiti con immediatezza.

Il giubileo inizia nel Natale 1999 e termina nella festa dell’Epifania .

I segni dell giubileo

  1. Il pellegrinaggio denota la condizione dell’homo viator. La storia d’Israele , fin dalle origini, e quella della Chiesa è il diario vivente di un pellegrinaggio mai terminato. Il pellegrinaggio evoca il cammino personale del credente sulle orme del Redentore : c’è esercizio di ascesi operosa , di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulla propria fragilità, di preparazione interiore alla riforma dell cuore.
  2. La porta santa fu aperta la prima volta nel 1423 nella Basilica dell SS. Salvatore in Laterano. Evoca il passaggio attraverso Cristo che ha detto . "Io sono la porta" (Gv 10,7), unica via di salvezza . Anche l’uomo deve aprire la porta a Cristo. "Ecco sto alla porta e busso .....(Ap..)e aprirla anche ai fratelli nella solidarietà e nell’accoglienza caritatevole..
  3. L’indulgenza è il terzo segno giubilare. Il grande perdono di Dio concesso attraverso la Chiesa .Abbiamo al possibilità di salvarci tutti ma in cordata.( ... )

Nella Tertio Millenium adveniente il papa aveva indicato altri segni.

  1. La purificazione della memoria è il coraggio e l’umiltà di riconoscere le mancanze di coloro che portano il nome di cristiani. L’esame di coscienza è momento qualificante dell’esistenza dell credente ("rientrare in se stessi " Lc 15, 17 - 20). Con esso ogni persona si pone di fronte alla verità della propria vita . Scopre la distanza che separa le sue azioni dall’ideale che si è prefisso. Questo è vero anche per la storia della Chiesa : da una parte è piena della testimonianza luminosa dei suoi santi e dall’altra anche di vicende di contro testimonianza. Come singoli e come Chiesa dobbiamo chiedere scusa a Dio e al mondo per le mancanze di fede vissuta che hanno offeso e allontanato tanti dalla fede.
  2. Il segno della carità. I singoli e la Chiesa sono chiamati a testimoniare il Vangelo della carità di fronte alle enormi situazioni di ingiustizia e di violenza dell mondo di oggi. Il papa propone l’azzeramento dei debiti dei paesi poveri e creare una cultura di solidarietà e cooperazione per un modello di economia al servizio di ogni persona. La vera novità dell giubileo dell duemila è il forte accento messo sulla carità come condizione per ottenere il grande perdono.
  3. L’acquisto della indulgenza, che può essere pure applicata ai defunti, ha queste condizioni : ricevere il sacramento della Riconciliazione e dell’eucarestia, la preghiera secondo l’intenzione dell Sommo pontefice, atti di carità, atti di penitenza, visita delle Basiliche di Roma , Terra Santa e delle chiese stabilite.

Trascriviamo una norma che è unica , penso in tutta la storia della Chiesa , almeno formulata in questo modo :"in ogni luogo , se si recheranno a rendere visita ai fratelli che si trovano in necessità o in difficoltà( infermi, carcerati, anziani in solitudine, handicappati, ecc.)quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro e ottemperando alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera"(...).

 

.uesta è quella felice città la cuio fede ,lodata da bocca apostolica , viene annunziuarta in tutto il mondo . Qui la pietyrsa della fedeQuesta

I santi nella devozione popolare

San Michele

 

foto n.

Michele nome ebraico che vuol dire "Chi è come Dio ?" viene ricordato due volte nel libro di Daniele come protettore particolare dell popolo eletto (Da 10, 13 ; 12, 1). La lettera di San Giuda lo presenta in lotta contro Satana per il corpo di Mosè. Anche l’Apocalisse (12, 17) ricorda il combattimento di Michele e dei suoi angeli contro il drago. La liturgia dei defunti lo vuole accompagnatore delle anime. Molto venerato dagli ebrei divenne popolare nel culto cristiano , specialmente dopo l’apparizione alla grande grotta sul monte Gargano. Quel posto era meta di tutti grandi pellegrini dell medioevo insieme a San Giacomo di Compostela , alle basiliche degli apostoli a Roma e alla terra santa .

La prima apparizione confina con la leggenda . Essa risale al pontificato di Feliciano III. Vescovo di Siponto era San Lorenzo Maiorano. Un giorno a Elvio Emanuele, signore dell monte Gargano , scomparve il più bel toro dell suo armento. Dopo giorni di ricerca lo trovò inginocchiato entro una caverna inaccessibile. Non potendolo raggiungere scoccò una freccia. Il dardo , però, girandosi colpì il tiratore. Sorpreso dalla novità dell’avvenimento si recò dal Santo vescovo Lorenzo, che ordinò tre giorni di preghiere e di digiuno. Al terzo giorno gli apparve l’arcangelo Michele e gli disse :" Io sono l’arcangelo Michele e sto sempre alla presenza di Dio. La caverna è a me sacra, è una mia scelta ; io stesso ne sono il vigile custode...La dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini...Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Va’ , perciò sulla montagna e dedica la gotta al culto cristiano". Sulla montagna , allora, era ancor vivo il culto pagano e il vescovo indeciso differì l’esecuzione dell’ordine angelico.

Nuova apparizione nel 492.Siponto città cristiana assediata dalle truppe di Odoacre era agli estremi. San Lorenzo ottenne una tregua di tre giornate ordinò preghiere e penitenze. Apparve l’arcangelo che promise il suo aiuto contro gli invasori. Una tempesta di sabbia e di grandine si abbatté sulle truppe di Odoacre. : Siponto era salva .Il vescovo indisse una processione di ringraziamento e salì col popolo alla montagna, ma non osò entrare nella gotta . .

Nel 493 nuova apparizione L’angelo gli disse :"Non è necessario che voi dedichiate questa chiesa che io stesso ho consacrato con la mia presenza. Entrate e sotto la mia assistenza innalzate preghiere e celebrate il sacrificio. Vi mostrerò come io stesso ho consacrato quel luogo. .Quando entrò trovò un altare coperto di panno rosso e sopra una croce di cristallo. All’entrata della grotta Lorenzo fece costruire una chiesa che fu dedicata il 29 settembre. E’ l’unica chiesa al mondo che non è stata consacrata e non ha neppure la pietra sacra come gli altari delle nostre chiese.

Nel 1656 avvenne la quarta apparizione in cui l’angelo dava la sua protezione contro la peste che stava infuriando in quei luoghi.

Recenti ricerche hanno fatto avanzare l’ipotesi che sui nostri monti si sia diffuso la sua devozione perché i cristiani che primi qui abitarono erano ariani , soldati che avevano come protettore quest’angelo combattente le battaglie della fede . Riporto la preghiera che in latino il sacerdote faceva in fondo alla messa quando si rivolgeva a San Michele :

San Michele Arcangelo, difendici nel combattimento : sii nostro aiuto contro la malizia e le insidie dell demonio. Che Dio lo scacci , supplichevoli te ne scongiuriamo : e Tu, Principe della milizia celeste, con la forza divina ,respingi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni, che , a perdizione delle anime, vanno girando per il mondo. (Leone XIII)

Il suo culto ebbe diffusione , su questi monti , anche per opera delle confraternite seppellitrici ,loro protettore . Spesso il santo angelo è raffigurato con le bilance in mano per significare il giudizio a cui l’anima deve sottostare alla sua morte.

San Giuseppe

 

San Giuseppe ha legato Gesù alla discendenza di Davide. Gesù ha potuto rivendicare questo titolo messianico preannunciato dalla Scrittura. Questa funzione di Giuseppe è messa in particolare rilievo dalla doppia genealogia di Gesù che ci hanno lasciato i vangeli .Giuseppe è , inoltre , il patriarca che compie il tema biblico dei sogni, con i quali Dio ha spesso comunicato agli uomini le sue intenzioni. Come Giovanni è l’ultimo dei profeti, perché indica a vista colui che le profezie annunciavano, così Giuseppe è l’ultimo patriarca biblico, che ha ricevuto il dono dei sogni. Questa rassomiglianza agli antichi patriarchi risalta ancora maggiormente nel racconto della fuga in Egitto con la quale Giuseppe rifà il viaggio dell’antico Giuseppe, affinché si compia in lui e in Gesù, suo figlio, il nuovo Esodo. Infine Giuseppe è il capo della modestissima famiglia, nella quale i suoi contemporanei hanno potuto costatare la realtà dell’Incarnazione dell Verbo e scoprire la grandezza delle umili realtà temporali di cui Dio si serve per attuare il suo piano.

Giuseppe , sposo di Maria, è l’ultimo dei giusti dell’Antico Testamento che vive di fede. Per la fede meritò di custodire la promessa ormai realizzata nel mistero della salvezza. Il Vangelo lo presenta come una figura fondamentale nel disegno di amore dell Padre, con un compito di segno privilegiato della paternità di Dio. La devozione popolare, decretando tanta devozione a San Giuseppe, riconosce profondamente che Dio sceglie nella sua opera le persone più adatte nel momento più giusto (messale dell’assemblea cristiana)(...)

San Giuseppe è visto nella devozione popolare come patrono di ogni famiglia : nei tempi moderni vedendo le difficoltà delle famiglie si è fatto ricorso a questo particolare patrono. In tal senso anche viva è sempre sta la devozione a Santa Famiglia. In una maestà di Lugagnano Superiore la Madonna presenta il bimbo divino a San Giuseppe. (foto)

E’ invocato come patrono della buona morte. Lo si immagina moribondo con Maria e Gesù accanto a lui.. Pur non avendo nessun supporto storico è sempre stato visto così dalla devozione popolare. Nei tempi che ormai tramontano , come abbiamo detto, la buona morte era quella accompagnata dai sacramenti.

Ha faticato ad entrare nell’animo popolare, la devozione a San Giuseppe lavoratore. Il primo maggio lo si continua a vivere come festa laica..

La statua di San Giuseppe c’è a Riana, Valditacca, Trefiumi, Monchi, Pianadetto, Cozzanello.

Foto n.

 

Santa Rita

 

Rita nacque nel paesello di Rocca Porrena in quel di Cascia nell’Umbria, da genitori avanzati in età l’anno 1381. Fin dai più teneri anni predilesse la mortificazione, l’amore a Gesù crocefisso e ai suoi poveri. Sposa a un uomo collerico da cui ebbe molto a soffrire, fu modello di sposa e di madre come lo era stata di fanciulla

Rimasta priva dell marito, trucidatole da mano nemica e poi dei due figlioletti, sopportò tutto con mirabile rassegnazione non solo , ma dopo un po’ di vita penitente nella solitudine, ne prese motivo per appagare i suoi voti di fanciulla rendendosi religiosa tra le monache Agostiniane di Cascia. Là condusse una vita angelica ,con molte prove. Il Signore la rese degne di provare in parte le sue sofferenze con una puntura sulla fronte di una delle sue spine della sua corona. Dopo lunga e dolorosa malattia rese l’anima a Dio il 1457 a 76 anni di età e 44 di vita religiosa.

La statua di Santa Rita c’è a Monchio, a Valditacca , a Ceda tutte acquistate dai devoti per grazie ricevute. Le spose cristiane hanno nella santa un potente modello che non è passato di moda , visto che neppure il matrimonio religioso non è più pacificamente accettato nelle nostre zone ?

foto n.

foto n.

Santa Teresa del Bambino Gesù

 

Nata ad Alençon in Normandia (Francia), Teresa Martin ottiene da Leone XIII di poter entrare nel convento dell Carmelo di Lisieux. Vi passa nove anni . Per obbedienza scrisse la sua autobiografia spirituale Storia di un’anima.. Muore il 30 settembre 1890. Dichiarata Santa il 1925 da Pio XI ; lo stesso papa la proclama patrona delle missioni ; Giovanni Paolo II, la proclama dottore della Chiesa.

Le Aspiranti e le Beniamine della gioventù femminile di Azione Cattolica l’hanno invocata come loro patrona. Forse questo è il motivo della sua presenza nelle nostre chiese o come statue o con qualche quadro. La sua statua c’è a Monchio, Casarola, Pianadetto.

La sua particolare spiritualità viene chiamata la via dell’infanzia spirituale .

"Conto proprio di non restare inattiva in cielo : il mio desiderio è di continuare a lavorare per la Chiesa e per le anime ; lo chiedo al buon Dio e sono certa che mi esaudirà. Gli Angeli non si occupano continuamente di noi senza mai smettere di contemplare il volto divino, di perdersi nell’Oceano senza sponde dell’Amore ? Perché Gesù non dovrebbe permettermi di imitarli ?" (LT 254, a Padre Roulland, 14 luglio 1897).

"Capisco e so per esperienza che il Regno di Dio è dentro di noi. Gesù non ha affatto bisogno di libri e di dottori per istruire le anime, Lui il Dottore dei dottori, insegna senza rumor di Parole...Mai l’ho udito parlare, ma sento che Egli è in me . ad ogni istante, mi guida, mi ispira quello che devo dire o fare. Scopro proprio nel momento in cui ne ho bisogno delle luci che non avevo ancora visto, il più delle volte non è durante le orazioni che sono più abbondanti, ma piuttosto tra le occupazioni della giornata " (MA 236).

"Considerando il Corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuna delle membra descritte da San Paolo, o meglio volevo riconoscermi in tutte...La carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che se la Chiesa aveva un corpo, composto da diverse membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava, capii che la Chiesa aveva un Cuore , e che questo era bruciante d’amore " (MB 254) .

"Tutte le grandi verità della religione, i misteri dell’eternità, mi immergevano l’anima in una felicità che non era della terra...Presentivo già quello che Dio riserva a coloro che l’amano ( non con l’occhio dell’uomo ma con quello dell cuore ) e vedendo che ricompense eterne non avevano nessun paragone con i lievi sacrifici della vita, volevo amare, amare Gesù con passione, dargli mille segni d’amore fintanto che potevo...(MA 138)

Abbiamo dato qualche accenno dei suoi pensieri, l’avranno capita così i suoi devoti, guardandola solo come la santa delle rose ?

foto n.

San Giovanni Bosco

foto n.

Di famiglia povera, ma ricco di doti, fu mosso da speciale vocazione divina a dedicarsi totalmente alla gioventù. Dinamico e concreto, da ragazzo fondò trai coetanei la società dell’allegria, sulla base di guerra al peccato. Fatto sacerdote, sentì sempre di dovere la sua opera a Maria Ausiliatrice. Iniziò coi giovani in cerca di lavoro : diede loro una casa , un cuore amico, istruzione e protezione, assicurando per essi onesti contratti di lavoro ; creò scuole professionali, laboratori. Offrì uguale assistenza agli studenti. Indirizzò i giovani a conquistare un posto nel mondo, aiutandoli a raggiungere competenza e abilità professionali ; li orientò alla vita cristiana, curando molto la formazione religiosa , la frequenza ai sacramenti, la devozione a Maria. Zelò le vocazioni.

Cercò fra i suoi ragazzi i migliori collaboratori per la sua opera, avendo l’ineguagliabile arte di formare ciascuno secondo la sua personalità. Con loro formò i Salesiani e intraprese una vasta opera missionaria. Con santa Mari Domenica Mazzarello fondò le Figlie di Maria Ausiliatrice ; come collaboratori esterni, uomini e donne, creò i Cooperatori, salesiani nel mondo. Anticipatore in molti campi della vita ecclesiale, Don Bosco, tanto bonario e semplice, ma di acuto ingegno e di forte capacità di azione, è tipo di apostolo dei tempi nuovi. La sua pedagogia cristiana, attuata con abilità di genio ed efficacia di santo, mira a prevenire i mali, a preservare la gioventù con l’intelligente comprensione, l’adattamento alle sue esigenze, con ragionevolezza, confidenza , carità, allegria, espressione tutte della presenza costante dell’educatore. "Che i giovani sappiano di essere amati". Già vecchio poteva dire di sé :" Ho promesso a Dio che fin l’ultimo mio respiro sarebbe stato per i miei poveri giovani".

Tra i più bei frutti della sua pedagogia , san Domenico Savio, quindicenne , che aveva capito la sua lezione :" Noi, qui, alla scuola di Don Bosco, facciamo consistere la santità nello stare molto allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri".(messale dell’assemblea cristiana).

Molti giovani dell monchiese hanno potuto studiare a Parma perché custoditi dai figli di Don Bosco a Parma in collegio. La disciplina che lì hanno trovato li ha spesso infastiditi , ma guardando al loro passato sono riconoscenti per chi li ha seguiti con amore con lo spirito di Don Bosco

(foto)

Altre devozioni popolari moderne

 

Sacro Cuore

 

Diffondere questa devozione fu il compito assegnato dalla divina Provvidenza a S. Margherita Maria Alacoque . Nasce il 22 luglio 1647 in Francia .Ogni primo venerdì del mese , Gesù la favorisce con la visione dell Cuore. Le visioni avvengono a Paray. La missione che Dio affida alla santa è che Dio ti ama. Il suo messaggio sta tutto in questo : Ecco quel Cuore che ama tanto gli uomini. Quel Cuore non è solo il simbolo e il sacramento dell’amore della SS : Trinità per l’umanità, ma sta per la persona amante dell Cristo Risorto, nostro contemporaneo. "L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente "(Giovanni Paolo II a Paray)

I documenti della Chiesa insistono sullo scopo di questa devozione : riportare la vita cristiana all’essenziale, centrare la nostra vita nel nucleo essenziale dell cristianesimo. Il cristianesimo è dall’inizio alla fine un mistero d’amore . Essere cristiano significa credere all’amore di Dio per noi e consentire a questo amore di espandersi in modo da suscitare una risposta d’amore ."il cuore è la realtà intima e unificante che evoca il mistero che reste a tutte le analisi, che è la legge più potente di ogni organizzazione e utilizzazione tecnica dell’uomo. Cuore indica il luogo dove il mistero dell’uomo trascende nel mistero di Dio ; là la vuota infinitudine che egli sperimenta dentro di sé grida e invoca la infinita pienezza di Dio. Evoca il cuore trafitto, il cuore angosciato, spremuto, morto. Dire cuore significa dire amore, l’amore inafferrabile e disinteressato, l’amore che vince nella inutilità, che trionfa nella debolezza, che ucciso dà la vita., l’amore che è Dio. Con questa parola si proclama che Dio è là dove si prega dicendo : Dio mio perché mi hai abbandonato ?. Con la parola cuore si nomina qualcosa che è totalmente corporeo e tuttavia è tutto in tutto, al punto che si possono contare i suoi battiti e ci si può fermare in un pianto beato perché non è più possibile andare avanti dal momento che si trovato Dio. Chi può negare che in questa parola noi ritroviamo noi stessi, il nostro destino e il modo proprio dell’esistenza cristiana, che ci è imposto come peso o come grazia insieme, e assegnato come nostra missione ?" (K . Rahner). (foto n.)

 

Capitolo decimo

 

 

LE OMBRE DELLA RELIGIOSITÀ POPOLARE

 

 

La religiosità popolare presenta anche fenomeni che si discostano da un modo retto di intendere la fede, debitori di antichi pregiudizi, difficili da sradicare anche in persone colte. Nel passato, poi, erano ancor più accentuati, nonostante l’opera di istruzione promossa dal Concilio di Trento .

.

Presenza del diavolo, stregonerie

 

Nel 1628 esce a Parma un libro: Breve informatione di modo di trattare le cause del santo officio per li molto Reverendi vicarij della S. Inquisitione instituiti nella diocesi di Parma , e di Borgo San Donnino.

Ci sono pagine per individuare le tecniche di streghe e stregoni. Gli statuti precedenti al libretto prevedevano per le fatture e gli incantamenti che avvenivano nel monchiese le seguenti pene

"Se alcuna persona maschio o femina d.a Corte di qualunque conditione si sia, istigandola il Nemico del Humano genere arà fatto, o farà fatture, et malie al alcuno. ò in qualche maschio ò femina della Corte sud.a di Rigoso. Se per tal dilinquenza sarà femina, sia tosata et poi sia scoppata per tutta la terra di Monchio, et per il detto Podestà sia condannata di perpetuo bando da tutte le terre della detta Corte, et se sarà maschio sia messo alla berlina, et ivi sia tenuto tutta un giorno, et poi nel detto modo sia scoppato con la medesima pena se da dette malie, fatture et incanti non sarà seguita morte. Ma se sarà seguita morte, all’ora per detto Podestà sia condannato a morte, et se alcuna persona sarà indebolita o infatturata per dette malìe et fatture, allora secondo la qualità del delitto per il Podestà i committenti simili cose siano puniti personalmente"(44)

Il fenomeno della caccia alle streghe si era ormai placato in tutta l’Europa, in Italia era stato molto meno sentito e meno drammatico per gli accusati .

La pratica della magia e stregoneria è esistita in ogni tempo sia nella società pagana che in quella cristiana. Quando nel medioevo si andrà oltre le pratiche superstiziose ma ci sarà il ricorso alle forze del male, la cristianità si allarmerà e la Chiesa gerarchica interverrà. Nell’epoca catara si era caduti in pieno dualismo (da una parte il Bene e dall’altra il Male ). La stregoneria diventava un appello alle forze del male. Venne, quindi, identificata con l’eresia . E’ dunque giudicato come eretico il fenomeno che costituisce un attentato al cristianesimo nella sua integrità dottrinale. I timori popolari erano molto forti, accentuati dai documenti della Chiesa come il già ricordato Malleus maleficarum (il martello delle streghe ).

La caccia alle streghe diventa una mania tra la fine del XV fino alla fine del XVII secolo. Le accuse nascono ovviamente da fenomeni di allucinazione o da una cattiva interpretazione di azioni di determinati soggetti. L’atmosfera di insicurezza favorisce il fenomeno delle pratiche di stregoneria e, quindi, il sorgere di timori collettivi. Insegna la vicenda biblica di Saul che nella decadenza del suo regno anzi nella fine ingloriosa della sua vita va a consultare una medium Endor che gli rievoca il profeta Samuele. Notiamo che Saul aveva proibito teli pratiche.

I processi delle streghe sono spesso dovuti alla paura o alla psicosi oppure anche a vera stregoneria. Per l’opinione popolare sono casi di stregoneria, per magistrati e clero si tratta di interventi diabolici. N. Rémy tra il 1576 e 1606 condannò al rogo circa tremila streghe, alla fine confessò lui stesso di essere in combutta col diavolo.

La presenza del diavolo è continua nella vita dell’umanità come istigatore alla violenza collettiva, a strutture sociali di enorme ingiustizia, a genocidi perpetuati con infame accanimento, o ad altro anche se la sua presenza è inafferrabile. Il demonio è l’angelo più bello e perfetto creato da Dio con una capacità immensa di influire sulle volontà collettive ( mi riesce difficile a non pensarlo in determinati fenomeni così esasperati come i genocidi di questo secolo che si chiude, armeni, ebrei, avversari politici in Russia, in Ruanda, in Bosnia ,in Kosovo, i cattolici a Timor dove tutto il popolo approva l’operato dei leaders).

D’altra parte sarebbe scorretto riferirsi al diavolo per certe combinazioni negative della vita. Prima di pensare al diavolo, bisogna essere convinti che il male ce lo portiamo dentro insieme con il bene. E’ dalla cattiva coscienza che nascono le cattive azioni dell’uomo, come ci insegna Gesù. In nessun caso il diavolo va combattuto con una qualche forma di Inquisizione. Gesù ci ha lasciato altri strumenti più efficaci, quali i sacramenti per la purificazione del cuore e per vivere una vita in armonia con se stessi e con gli altri.

La fantasia popolare ha raffigurato il diavolo in mille modi diversi(cfr.figg.214,78,189,190), sempre brutti quasi per esorcizzarlo. Nel nostro tempo, molti negano la sua esistenza per non prendere coscienza che il male esiste dentro e fuori dell’uomo, che si può vincere solo con la grazia di Dio. Il neopelagianesimo contemporaneo non accetta che nell’uomo ci sia l’inclinazione al male e neppure di aver bisogno della grazia di Dio per poter compiere il bene .

 

Altri malefici : il malocchio

Il maleficio è il tentativo di nuocere agli altri attraverso il demonio. Queste sono le forme più comuni:

  1. Magia nera, o stregoneria, o riti satanici che hanno il loro apice nelle messe nere. Per quanto riguarda questo territorio la stregoneria è solo un ricordo storico(45).
  2. Le maledizioni. Sono auguri di male, e l’origine del male sta nel demonio; quando sono fatte con vera perfidia, specie se c’è un legame di sangue tra il maldicente e il maledetto, possono avere effetti tremendi. I genitori per esempio hanno verso i figli un legame ed una autorità come nessun’altra persona. Queste cose vengono ancora raccontate anche per il presente ma non credo che siano fatte con perfidia diabolica. Generalmente ci sono di mezzo odi antichi dovuti a spartizioni di eredità oppure offese ricevute. Se si dovesse valutare il cristianesimo di questa gente per la capacità di perdonare, si sarebbe veramente delusi("dopo duemila anni di eucarestia", dice Quasimodo).
  3. Il malocchio. Consiste in un maleficio fatto da una persona per mezzo dello sguardo. Non si tratta del fatto che certe persone portino scalogna se ti guardano storto. Il malocchio è un vero maleficio, ossia suppone l’intenzione di nuocere ad una persona determinata con l’intervento del demonio facendo uso dello sguardo. Spesso, da come si dice, non si sa esattamente chi è l’artefice e neppure come il male sia iniziato. Così ci sono ancora oggi delle persone che sospettano or questo or quello. Il vero cristiano dovrebbe perdonare di cuore e pregare per chi ha fatto del male.
  4. La fattura. E’ il mezzo più usato per operare malefici. Penso che nelle Corti sia più un fenomeno del passato. Il nome deriva dal fare, o confezionare un oggetto formato col materiale più strano e più vario, che ha un valore quasi simbolico: è un segno sensibile della volontà di nuocere ed è un mezzo offerto a Satana perché vi imprima la sua forza(è un scimmiottare i sacramenti). Ci sono due modi per applicare alle persone la fattura. Un modo diretto: adoprarsi perché la persona designata assuma il preparato con gli ingredienti più strani. Un altro modo è maleficiare gli oggetti appartenenti alla persona che si vuol colpire (fotografie, indumenti, ...) o maleficiare figure che la rappresentano (pupazzi, bambole, animali, ...).

I malefici ottengono il risultato? "Un esame attento dei fatti tradisce molte volte cause psichiche, suggestioni, false paure alla base degli inconvenienti che si lamentano. Aggiungo anche spesso i malefici non raggiungono il loro scopo per vari motivi: perché Dio non lo permette; perché la persona colpita è ben protetta da una vita di preghiera e di unione con Dio; perché molti fattucchieri sono inabili, quando non sono dei semplici imbroglioni; perché il demonio stesso, mentitore fin da principio come lo bolla il Vangelo, inganna i suoi stessi seguaci. Sarebbe un gravissimo errore vivere col timore di ricevere malefici. Mai la Bibbia ci dice di temere il demonio, ci dice di resistergli, certi che lui fuggirà da noi (Gc 4, 7), ci dice di rimanere vigilanti contro i suoi assalti, stando saldi nella fede (1Pt 5, 9)"(46).

Tanto basta per un fenomeno che attraversa ancora l’animo di vaie persone, creando insicurezza e odi violenti. Bisogna vincere il male col bene, l’odio con l’amore, l’ingiustizia con l’onestà, la menzogna con la verità, l’indifferenza con la fede, le pratiche nefaste con i sacramenti.

 

Superstizioni

 

Altra deviazione del sentimento religioso è la superstizione. Può presentarsi perfino mascherata quando si attribuisce una importanza magica a certe pratiche, anche legittime o necessarie. Attribuire alla sola materialità della preghiera o dei segni sacramentali la loro efficacia, prescindendo dalle disposizioni interiori che richiedono è cadere nella superstizione.

In primo luogo la superstizione è un eccesso di religiosità: arrivi a dare importanza a determinati giorni, a determinate coincidenze, a oggetti, a animali. Il nostro popolo è ricco di varie superstizioni. Talune sono persino accettate da persone di cultura ( amuleti, date particolari, sposarsi in determinati mesi).

La superstizione denota una mancanza di fede, è un atteggiamento impuro che porta a sottovalutare la presenza amorosa dell’unico Dio e alimenta paure e ansietà. Solo il pensare sereno dà gioia. Se un pensiero ci rattrista non è dalla verità. La verità non può lasciar tristi o turbati. La tristezza viene da qualcosa che non è la verità. La verità è sempre quella luce per la quale è fatta la nostra intelligenza: accogliendo quella luce, la nostra mente rimane illuminata, il cuore contento. Le superstizioni creano ansie e paure e non danno la possibilità di gettarsi con fiducia nelle braccia di Dio, Padre Misericordioso.

L’altra faccia della superstizione sta in un modo errato di vivere la pratica cristiana della fede, cioè vivendo la religione senza cambiare il cuore . Basta aver compiuto il rito. Un sacerdote, nominato parroco in una di questa frazioni subito dopo la guerra racconta che quando moriva una persona recitavano tre rosari in latino, andando più svelti possibile. Avevano sempre fatto così: l’efficacia della preghiera era legata a dire tre rosari non importava con quale disposizione. Questo sacerdote racconta: io mi misi in ginocchio e dissi un solo rosario in italiano andando adagio. Avranno capito? La Chiesa stessa aveva sempre insegnato l’efficacia dell’ex opere operato cioè bastava compiere il rito, il sacramento, la preghiera anche senza pensare. Tanto valeva.

Oltre a un scollamento con la vita, la religiosità presentava un vistoso scollamento interiore: si poteva compiere un rito senza le disposizioni interiori. Parliamo al passato ma per tanti non è ancora passato. Quanti hanno lo stesso atteggiamento quando fanno celebrare una messa o quando vogliono… patteggiare col sacerdote la durata di una celebrazione. Basta che sia fatta, non importa come!

Lutero aveva bollato questo atteggiamento per le indulgenze. La religiosità oltre essere solo devozione rischia di diventare superstizione. Le pagine dei profeti sono piene di questi rimproveri. Perché venite a compiere riti sacrificali e poi il vostro cuore è lontano da me. Era il tipo di religiosità che osservava Gesù a Gerusalemme nella sua ultima settimana. Tanti salivano al tempio, cantavano e pregavano ma il loro cuore era lontano da Dio. Bisogna prendere una decisione: non cose esterne pur belle e preziose e ricche ma la mia vita offrirò al Padre. Quante volte Cristo dovrebbe ancora offrirla?

 

Idolatria latente.

 

Tre sono gli atteggiamenti che l’uomo assume verso Dio secondo il pensiero contemporaneo: teismo, ateismo e gnosticismo. Secondo la Bibbia esiste il vero credente o l’idolatra. O l’uomo si affida al vero Dio o si costruisce l’idolo poco importa se poi si fa una statua o meno.

Tutta la storia biblica è una lotta contro l’idolatria. Il primo comandamento ordina di adorare un solo Dio: si intende affermare il suo primato nella storia di cui è il vero protagonista e nel cuore dell’uomo che deve amarlo senza riserve. I profeti hanno caldeggiato l’adorazione all’unico Dio e lottato con ogni mezzo contro l’idolatria che sempre ritornava. In fondo la storia dei re di Israele è letta da questo punto di vista: il sovrano è buono se monoteista, cattivo se introduce i culti idolatrici. Il libro della Sapienza ironizza sulla stupidità dell’idolatria : gli dei sono creati dall’uomo.

Ci sono due tipi di idolatria, una aperta e conclamata e una latente(il Dio vero ridotto a idolo).L’idolatria è sia contro Dio che contro l’uomo (dimensione teologica e antropologica).

I peccati contro Dio sono molteplici, ma la radice che li provoca è sempre la stessa cioè un germe di idolatria: la sfiducia in Dio (Dio non ci basta oppure Dio ci limita ), la ricerca della sicurezza al di fuori della promessa di Dio, la volontà di indipendenza. Una volta rifiutato Dio viene sostituito con qualcosa che si crede più importante di lui. "Essi hanno rifiutato me, sorgente di acqua viva, per scarsi cisterne screpolate" (Gr 2, 13). Il rifiuto di Cristo porta a gridare : "Non abbiamo altro re che Cesare" (Gv 19, 12-16).

Due passi biblici emblematici in Genesi e Tessalonicesi descrivono il peccato come idolatria.

Secondo Genesi 3 il peccato consiste nel pensare Dio come un padrone che dà ordini per salvare il suo dominio sull’uomo. Qui l’uomo se ne vuol liberare e fare le sue scelte in modo totalmente autonomo. La letteratura ha creato un simbolo forte di questo modo di comportarsi dell’uomo. E’ l’Ulisse dantesco che coscientemente e volontariamente decide di intraprendere il viaggio verso l’ignoto per fare esperienza con le sue autonome capacità ma il viaggio si interromperà di fronte al mistero della vita eterna. L’uomo ha voluto essere libero d ogni legame e rispondere solo di fonte a se stesso.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste per viver come bruti,

ma per seguir virtute e conoscenza

………………………………….

Dei remi facemmo ali al folle volo(47)

La lettera di Paolo ai Tessalonicesi descrive l’Anticristo. Avrà le caratteristiche dell’anti - Dio cioè al posto di Dio. E’ il contrario di Cristo .Nell’Anticristo troviamo un uomo che vuole farsi Dio, quindi superbia, indipendenza, dominio. Vuol togliere dal mondo la gloria di Dio, il senso della grazia e del dono.

Idolatria è questione di tipo di Dio. Gli Ebrei si sono fatti il vitello d’oro per poterlo manipolare, toccare, vederlo, a portata di mano. E’ idolatria mettere Dio a servizio della ragion di Stato, un Dio di parte ("noi crediamo in Dio, in God we trust"sui dollari americani, "Gott und mitt uns " "Dio è con noi" sui cinturoni dei nazisti tedeschi).

Così l’idolatria si può manifestare in due modi: nel rifiuto di Dio e nella strumentalizzazione di Dio. Ambedue le forme sono essenzialmente uguali pur manifestandosi in due modi diversi (atea e religiosa). Sia negando Dio che degradandolo si erigono gli idoli

L’idolatria ha una valenza anche antropologica. Sono idolatria anche la sottomissione dell’uomo alle cose e il dominio dell’uomo sull’uomo. La Bibbia dice che l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio. L’uomo è il segno della sovranità di Dio. Non c’è alcun bisogno di farsi un’immagine di Dio.

Tutto deve sottomettersi all’uomo, e l’uomo deve sottomettersi soltanto a Dio. Le cose sono per l’uomo non l’uomo per le cose : il denaro, l’istinto del possesso, la carriera, il successo...

Anche nella religiosità della nostra gente ci sono ambiguità cioè atteggiamenti che rasentano l’idolatria(voler mettere Dio dalla propria parte, il peso eccessivo dato ai soldi, rendere l’immagine di Dio piccola tanto da mettere in atto il tentativo di comprarlo… con un cero, il non saper accettare la sua presenza nell’altro, pregarlo solo nel momento del bisogno, rimandare la conversione a data da destinarsi,…)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo undicesimo

 

 

FRAMMENTI DI RELIGIOSITÀ POPOLARE NELLE CORTI

 

 

a cura di Rozzi Giacomo

 

 

Antiche orazioni

FACENDO IL SEGNO DI CROCE (fig.219)

 

Croce santa, croce degna,

Dio mi salva Dio mi segna,

Dio mi mette in buona via

per salvar l’anima mia.

L’anima mia la daggh a Iddio

ch’o ‘m la meta en bona via

ch’o ‘m la cava dai pecà

ch’o ‘m meta en santità.

PER IL NATALE

 

Canta canta roz e fior,

che l’é nad nostre Signor

e l’é nad a Betlem

tra el bò e l’azinel.

Gezù bel, Gezù Maria

tuti j’angle en compagnia.

chi la sà e chi la diz,

Dio ghe dona el paradiz.

Chi la sà e chi la canta,

Dio ghe dona la gloria santa.

 

San Pedre el la scriveva,

San Giovan o la legeva,

bela messa e bel altar

bela messa e fé cantar:

Canta canta roz e fior,

che l’é nad nostre Signor

sensa fasa ne mantell

da fasa quel Gezù bell

Gezù bell Gezù Maria,

tuti j’angle en compagnia.

 

Maria la lavava, Giuseppe o stendeva,

e ‘l bimbo piangeva dal fredd ch’o gh’aveva:

El latt egh l’ò dà, el pan en ghe l’ò,

teza Bambin che ‘t dormirò!

 

 

 

 

Pater nostre dala bendision,

alegre alegre cme e son,

ala ca’ di Dio son endà;

el m’à alogià, el m’à albergà

en-t-un lett de fazia.

La matina ‘m son levà pr’anda

ala Madona, a santa Maria.

Spoza al’altar, acua del mar,

biada cl’anma e col corp

che la dirà trentenov vot

la nota ed Nadal.

 

Pater nostre da Nadal,

biada biada chi l’ampara

e l’ampara i picinin

per anda a San Martin.

San Martin l’é ‘ndà en sel

per sona el tre campan,

tre campan el s’en alsà

el Signor l’à perdicà.

Guarda là en meza ala via

che gh’é un lett de fazia.

Guarda là trà l’altar:

gh’é tri angle e tri consor

con la Madra del Signor.

VENERDÌ SANTO

 

Madre Maria dai gran lament,

son partì con gran sponiment,

con gran piant e con gran voza

pr’adora la Santa croza.

Santa Croza l’adoré

prestament l’abrasé.

Eco chì ‘l so’ gran cor,

eco chì ‘l so’ car fiol

eca chì la me cara vita

morta in croce e sepelita.

Dala cieza consacrà

tre candel illuminà.

Chi la dirà el Venerdì Sant,

o per so’ amor o per so’ carità,

dal pen ‘d l’enferne o srà liberà.

 

Oh gente che passate in questa via,

venite a consolar questa dolente.

Ella è la gloriosa Vergime Maria

che piange il suo figliol onnipotente.

Il suo figlio, Cristo non pareva,

ma la Vergine Madre forte piangeva

lì ai piedi della croce

il suo divin figliol divina voce.

Chi tre volte al giorno dirà questa,

sarà scritto in ciel per una messa,

chi la dirà e chi la farà dire

fino alla morte non potrà perire.(fig.220)

 

 

O gente che passate per questa via,

venite a consolar questa dolente,

a Gesù onnipotente non pareva

la Vergine Madre forte piangeva.

Piangeva il suo figliol di alta voce,

ella s’inginocchiò sotto alla croce

mirate poi le sue ferite:

una nelle mani, l’altra nei piedi

e una nel gentil custode

buttava acqua e sangue mescolato;

di questo latte e sangue mescolato

ne resterà per tutto il mondo

e in terra ci resterà la Vergine Maria:

 

LA MADRE E GESÙ

 

( dialogo : Nella Settimana Santa)

 

M. - Legittimo mio caro, legittimo mio figliolo,

dove sarai il Lunedì Santo?

G. - Ch’ la mi senta, ch’ la mi dica la mia

sacratissima Vergine Madre Maria:

sarò un povero pellegrino!

( le introduzioni sono sempre uguali )

M. - Legittimo.......... dove sarai il Martedì Santo?

G. - Cla mi senta........sarò un povero perfetto!

 

M.- Legittimo............dove sarai il Mercoledì Santo?

G. - Cla mi senta.......sarò legato a una colonna come agnellino in pecoria!

 

M. - Legittimo...........dove sarai il Giovedì Santo?

G. - Cla mi senta. ......sarò venduto per trenta monete false!

 

M.- Legittimo............dove sarai il Venerdì Santo?

G. - Cla mi senta........sarò nel Santo sepolcro!

 

M. - Legittimo...........dove sarai il Sabato Santo?

G. - Cla mi senta........sarò risuscitato come il frumento sulla terra!(48)

 

 

 

IN VISITA AL CIMITERO

 

Vi saluto anime Sante,

vi saluto tutte quante.

Eravate come noi

noi verremo come voi.

Dio vi dia la pace, a voi e noi.

 

 

QUANDO PIOVE, OPPURE ENTRANDO IN CHIESA

 

Acqua Santa che mi bagna,

Gesù Cristo mi accompagna

Vivo o morto che io sia

Gesù Cristo in compagnia.

DURANTE UN TEMPORALE

 

Santa Barbra e San Simon,

liberem da lamp e da tron,

e dal fogh e dala fiama

e dala morta subitanea.

PRIMA DELLA MESSA

 

Se en me poss consa, ne dal pret ne dal frà,

em confess col Signor mé, che lù o sa el pecat mé.

PRIMA DI RICEVERE LA COMUNIONE

 

Angeli e Santi venite tutti quanti,

venite ad aprire le porte del mio cuore

che deve entrare il mio Signore.

 

DOPO LA COMUNIONE

 

Ora sì che son contento,

ho ricevuto il sacramento

ho ricevuto il dono di Dio,

ho ricevuto il Signor mio

 

 

 

ALLA SERA. PRIMA DI ANDARE A DORMIRE

 

Signor, ev rengrasie dla bona giornà che m’aij dà

e anca dla bona nota che m’aij preparà.

 

 

E vaggh a lett con Domine perfett,

con Domine Magior, con Cristo salvator.

Con tri angle cantand, la Madona predicand,

con la luna e con el sol, con la grasia del Signor.

 

E vaggh a lett con Domine perfett,

con Domine magior, con Cristo salvator

Con j’angle en bianch, con la Madonina anans

Anna Susanna risponda a chi ti chiama,

ti chiama Maria Madalena

ch’ la portava tanta pena

tanta pena, tant dolor

per la pasion del nostre Signor.

 

Em cav giù col nom ed Gezù

e se mai en m’arlevass,

l’anma mia a Dio la lass.

La lass a San Giuan e San Michel

chi la pezne e che la portne en sel,

perchè la nota l’é tanta nigra e scura

el corp o dorma e l’anma la n’é sicura.

E se l’anma la se spartesa dal corp,

alta alta Regina dem aiut e bon confort.

 

Mè ‘m n’un vaggh a lett

con Domine perfett

con Domine magior,

con Cristo salvator.

L’anma mia, l’arcmand a Dio,

ch’o ‘m la guarda ch’o ‘m l’acuista,

ch’o ‘m la meta en salvament

cazo mai che m’adormesa,

el demonie o m’atentesa;

o al dì, o ala nota,

o en punt ed morta.

 

 

 

 

 

 

Angel mio bon, angel mio car

tendim ala nota fin al dì ciar.

Il falso nemico

ne m’ vegna a tenta;

ne ed nota ne ‘d dì

ne quand’ son adormì

ne en punt ed morta

 

 

IN OGNI MOMENTO DELLA GIORNATA

 

Ama Iddio e non falir, fa pur ben e lascia dir,

lascia dir a chi tu vuoi, ama Iddio di buon cuor

di buon cuor e di buona, voce ama Iddio sulla croce,

sulla croce la corona, ama Iddio e la Madona.

La Madona scrita in ciel, ama Dio e San Michel,

San Michel l’é di Sant, ama Iddio e tuti quant,

tuti quant la morte viene, biada biada chi ha fatt del bene.

Facciam bene ancora noi, che San Pietro lo scriveva

lo scriveva sull’altar, che bela mesa che cantava.

Canta canta roz e fior che l’é nad nostre Signor

e l’é nad a Betlem tra el bò e l’azinel

Gezù bel Gezù Maria tuti j’angle en compagnia.

Chi la sa’ e chi la diz Dio ghe dona el paradiz

chi la sa’ e chi la canta, sent bej dì ed perdonansa.

 

 

 

ALLA MADONNA

 

Madonina bèla-bèla

si pù bèla che ‘na stèla

si pù bela che un fior;

dem un po del vostre amor.

Demne tant che ’v sia ‘d viz

che posa ‘nda en paradiz,

en Paradiz gh’é bela coza

chi egh và o s’arpoza.

Al’enferne gh’é bruta genta

chi egh và o s’arpenta.

 

Madonina degna degna

che mi guarda che mi insegna

cla mi cava d’in pecà

che mi meta in verità

che mi meta in bona via

per salvar l’anima mia. (fig.221)

 

 

 

 

La Madona l’é mia Ma’

tutt i Sant j’en me fradej

tutt el Sant, me sorell.

Gezù bel Gezù Maria

tuti j’anngle en compagnia.

 

E converta e converta;

i gnevne a ca’ da Parma,

la luna l’arluzava

el Signor o predicava,

la Madona la dava la bendision;

ma senti che bela orasion!

 

 

 

 

PASSANDO DAVANTI A UNA MAESTÀ

 

Quando passo per questa via,

Vi saluto oh Maria.

 

Io meschin che passo per questa via,

vi saluto Vergine Maria.

 

Quando passo per questa via,

vi saluto oh Vergin Maria;

passo per questa strada, questa via,

salutatemi Gezù da parte mia.

 

Peccator che passo per questa via

basso il capo e saluto Maria

Maria diventi una rosa,

salvi l’anima mia prima che muoia.

 

 

 

Invocazioni alla Madonna

SE PIOVEVA

 

Madonina da Rimagn,

fa armagn, fa armagn! ( smettere - arrestare )

 

Madonina da Rigoz,

fa gni el sol, fe gni el sol!

 

Rondanina del Signor, ( oppure Madonina )

prega Iddio che vegna el sol!

 

 

IN TEMPO DI SICCITÀ

 

Madonina di Visett, ( una maestà alla Valle )

fa gni giù l’acua a secc!

SE LA GIORNATA ERA FATICOSA

 

Madonina dala grota, ( nel santuario di Rimagna )

prega Iddio che vegna nota!

RIVOLTA A SANTA LUCIA, SE CADEVA UN" BRUSCOLINO" IN UN OCCHIO

 

Santa Lusia, Santa Lusia,

metigh el vostre man

prima che ‘gh meta la mia ( tre volte...e il fastidio se ne và )

 

PREGHIERA SCHERZOSA PER I BIMBI

 

Pater nostre qiesi in cieli,

el me aznin l’à pers i feri.

O j’à per en-t-el canal,

sed libera nos a mal.

PREGHIERA DI UNA BIMBA ALLA MADONNA

 

Santa Vergine Maria

io ti prego con pietà,

tu impituri l’anima mia

d’innocenza e di bontà.

dunque a te mi raccomando,

oggi il cuor tutto ti dò

oggi e sempre sino a quando

i’ nel ciel con te verrò.

 

 

Poesie religiose

LA MAESTÀ DLA VALA

 

 

Quand’ l’ombra del sol che ormai j’é calà,

la trasa un linija tuta storsinà

quazi du parme sor al paez del Pont,

l’é l’ora ‘d manda a ca’ el vacch dal mont:

E cme se ‘s fussne tutt ciamà da luntan,

dai pascle s’ anvia el vacch coi campan,

che con pass pez e la ramiza un po gonfià

pront per fas mong e gl’artornun a ca’.

El fiol che glie para su ‘csì ‘d gust,

o gh’à i calson e la camiza ormai frust;

el gh’à en spala una spese ‘d carghett

fatt con brocch ed nisola che lu l’à cojett

e con cl’atra man o strica un ciopp ed fior,

colorà, sarvadghe, ma con un bon odor.

J’en i fior ed Magg, i primm ch’j’era spuntà

dopp a n’enverne tropp lungh e tant tribolà;

i pu bej, i pu alegre l’ava salgià

per dopp portai a ‘na vecia maestà,

una ‘d chel tant che gh’é en-t-la via

ch’ j’avne fatt fa per devosion a Maria.

L’é un semplise e scarne monument

avzin a un crozij, riparà dal vent

fatt ed renaria, scarplinà da man sicura,

ed marme bianch o quazi l’é la figura.

Lu o poza i fior con tanta premura:

" Pu tardie j’arvegnn, sta pur sicura".

En fugaton o ‘s fà un segn ed croza

e po giu ‘d corsa per la via sasoza.

Fnì i lavor dla stala, el ragasin,

l’artorna lasù con en man un lumin;

un zmozgon ed candela ormai consumà,

cl’ava tot su en-t-un casett ed so’ Mà.

L’é el moment che la nota la cala

e tutt l’é pu chiet lasù ala Vala;

i fior, ‘na fiamela sichina, tremanta

l’emmagine la rizalta, lu quazi o s’encanta.

Pogh a pogh, j’ariva dj’etre fio tutt sudà

che dal primm del mez, is radunne sempre là;

quarca preghiera zvelta biasà fra i dent

e po un cant, con j’occ lustre, content;

che luggavne cme la guasa dla matina,

po un penser: "Son quazi to’ fiol oh Madonina!"

Un fiol ch’ j’é chersì, che da pu grand o ‘t dirà:

"Ave Maria, so’ che da sempre et si nostra Ma’;

mè, son tant divers, en son pu ‘csì sciett

cme quand ‘t me vdev tutt i dì da fiolett,

ma so’ che ‘na madra a tutt la pasa sempre sor

e alora tè prega per mè el nostre bon Signor;

che posa cambia, ch’ j’artorna zgurì ‘d cor

cme quand gneva chì, a portat chi bej fior.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Storie e leggende intorno ad alcune maestà di Monchio

La Sampa dla mula

 

Nei pressi di Rigoso, sulla vecchia strada che conduce al lago Squincio e poi all’antica abbazia di Linari ( chiamata ancora oggi "la strada di Francez" ) c’è un luogo chiamato " la sampa dla mula" a cui è legata una nota leggenda che ci è stata raccontata da Duodecimo Bacchieri di Aneta nel 1985: "Molti anni or sono un uomo di Rigoso che era un mercante, stava tornando a casa con una mula carica di merce; lungo questa strada venne assalito da alcuni banditi mascherati, che tentarono di derubare il cavaliere di tutto il carico e dei denari che aveva nella borsa. Il malcapitato, invocò istintivamente l’aiuto della Madonna rivolgendo gli occhi al cielo e immediatamente la mula reagì all’aggressione e si imbizzarrì a tal punto che sferrò un potentissimo calcio e colpì violentemente un macigno di pietra arenaria, il ferro dello zoccolo produsse una grossa scintilla e lasciò sul sasso la propria impronta. Gli aggressori spaventati da una reazione così imprevista fuggirono a gambe levate. Ancora oggi si può notare il segno sul masso". Da quel giorno il luogo venne identificato come "la sampa dla mula". Alcuni vecchi di Rigoso raccontano la vicenda con qualche particolare diverso, ma la sostanza rimane la stessa.

Questa località è segnalata anche per un altro fatto: molti anni dopo un certo Baciccia che di mestiere faceva lo "sfruzin" (contrabbandiere del sale) passando sempre in quel punto a cavallo, venne preso a fucilate da un malfattore, questa volta non fu l’animale a salvare il malcapitato, ma lo stesso Bacicca che con prontezza rispose ai colpi con il suo schioppo e uccise l’aggressore.

Forse è a seguito di questi due episodi che in questo luogo destinato al castigo dei malfattori, venne spontaneo pensare al manifestarsi di una protezione divina. Qualcuno si fece carico di erigere una maestà in riconoscenza per la scampato pericolo. Purtroppo la formella di marmo con l’immagine sacra, è stata asportata dai soliti ignoti ed ora resta solo il manufatto in pietra che la sosteneva. (fig.222)

 

Le quindici maestà

 

 

Un tempo a Monchio, in località Cozzano (ora Monchio Basso), sorgeva il palazzo municipale del podestà e dello sbirro; questo luogo ancora oggi è chiamato dai paesani: prad Palass. Una terribile frana lo seppellì assieme a tutte le abitazioni adiacenti e venne ricostruito nel 1644 ove è attualmente.

Dopo molti anni, nel 1770 circa, questo è il racconto dei vecchi del paese, un contadino che stava dissodando un terreno per la semina fece un ritrovamento straordinario. Il fortunato, nonché allibito paesano, si ritrovò fra le mani una "pugnata" (contenitore) piena di monete d’oro, rimasta sepolta per chissà quanti anni e poi improvvisamente come in una favola tornava alla luce. Al momento del ritrovamento, l’uomo era solo e si guardò bene da condividere con altri la fortuna e seppellì di nuovo il tesoro con l’intenzione ferma di sistemare tutte le sue difficoltà economiche. Più trascorreva il tempo, però, più aumentavano i sensi di colpa per essersi appropriato di qualche cosa che non gli apparteneva di diritto; essendo tra l’altro un fervente cristiano, decise dopo lunghi ripensamenti di confessare al prete, che era suo fratello, il favoloso ritrovamento. Sembra che dopo un lungo colloquio il religioso l’abbia ammonito seriamente prospettandogli i numerosi rischi morali e la contraddizione con l’etica cristiana, se avesse tenuto per se stesso il tesoro ritrovato. Non si può dire con certezza se il prete indicò al fratello come agire per ottenere una soluzione onorevole che gli salvasse la coscienza e nello stesso tempo trarne qualche vantaggio ed allontanare eventuali disgrazie che potessero piombare sulla propria famiglia per castigo divino. Quindi, con determinazione, decise di tenere per se parte del tesoro che sarebbe servita a pagare qualche debito e a sistemare dignitosamente la propria abitazione; con quello che restava (e non era davvero poco) commissionò la costruzione di ben quindici maestà da costruirsi appena possibile in diversi punti del paese, ma anche nelle vicine frazioni. Il nome del committente, che compare su tutte le formelle di marmo, è quello del fratello prete, per non destare troppi sospetti da parte degli invidiosi paesani.

Molte di queste, resistono ancora oggi alle intemperie e all’usura del tempo e sono lì a testimonianza di una singolare vicenda, ma anche come un segno tangibile della devozione dei monchiesi per la Madonna e i Santi.(fig.223 )

 

 

La maestà di Borniza.

 

 

Le guerre, tutte, portano sempre distruzioni di paesi e nazioni di famiglie e di affetti; lasciano solamente lutti, dolori immensi, odi e rancori e quasi sempre questioni irrisolte. Anche il popolo italiano l’ha subita in un recente passato, ed è ancora viva negli occhi e nella mente dei nostri genitori ormai anziani; i loro racconti drammatici termino sempre con l’auspicio di essere liberati per sempre dal ripetersi di simili tragedie.

In questi "giorni dell’ira" come li ha definiti Attilio Bertolucci, si verificano anche tanti gesti di altruismo, di bontà, di solidarietà e di profonda conversione spirituale; molte persone invocano la protezione divina, i Santi e si raccomandano alla Vergine Madre, lei che così da vicino ha visto le sofferenze del Figlio crocefisso e che i cristiani di ogni tempo hanno eletto come Madre che intercede per noi presso l’Altissimo.

Durante la guerra del 1940-45, a Monchio Basso presso "Ca’ di Borniza" (case Pioli) esisteva da diverso tempo una maestà posta lungo il bordo della strada; racchiudeva l’immagine della"pietà" scolpita finemente su di una formella di marmo bianco di Carrara.

Una bomba, sganciata durante un violento bombardamento dei tedeschi, cadde nei pressi di questa, disintegrando tutto il manufatto in muratura, mentre la formella con l’immagine venne catapultata lontano e, fra lo stupore generale, al termine del bombardamento, venne raccolta integra, senza graffio alcuno: venne spontaneo a tutti di pensare ad una sorta di piccolo miracolo. Ma la vicenda fu ancor più credibile quando il proprietario della vicina abitazione notò che un quadro appeso sopra al letto con la figura della Madonna aveva la cornice di legno rovinata dalle schegge provocate dall’esplosione, ma l’immagine era intatta.

La famiglia si convinse della protezione avuta dalla Vergine e subito dopo, collocò la formella di marmo in una parete della casa con un semplice altarino che la racchiude ed una tenue luce di una lampadina votiva(fig.224 )

Maestà di Santa Rita

 

Altre piccole ma graziose maestà sono state erette in vari punti del comune di Monchio per grazia ricevuta durante la guerra: uno al Prato fatto fare da Mansanti Giuseppe, Mariotti Aldo e Ricci Luigi, dedicato a Santa Rita, a cui questi avevano rivolto supplica di preservarli dalla barbarie nazista, durante il rastrellamento in queste montagne(fig.225 )

 

Maestà della Madonna della Pace

 

A Trecoste, lungo la vecchia strada che conduce a Pianadetto, si incontra una pregevole costruzione in pietra arenaria, che comprende una fresca fontana con il relativo abbeveratoio per gli animali ed un lavatoio. Al centro c’è una maestà in marmo raffigurante la Madonna di Pompei.

La dedica è molto chiara: l’intero paese di Trecoste, ha voluto dimostrare in questo modo la riconoscenza e la devozione profonda alla Vergine per aver preservato tutto il centro abitato dalle disgrazie della guerra. (fig.226 )

 

La maestà di "Visett"

 

I nostri nonni, spesso raccontavano ai loro nipotini, storie di lupi che un tempo abitavano questi monti; i bimbi trepidavano e con gli occhi spalancati ascoltavano in silenzio e subito si preoccupavano di chiedere se veramente c’era questo pericolo di vedere i lupi nel paese; allora i nonni li tranquillizzavano dicendo che loro stessi lo avrebbero ucciso se questo si fosse presentato ma nello stesso tempo usavano questo spauracchio per ottenere una buona condotta dai bimbi.

Talvolta, però, questo accadeva per davvero e lo spauracchio del lupo si faceva largo anche negli adulti; c’era chi diceva che il suo gregge era stato assalito dalla belva, chi aveva notato le sue orme sulla neve, chi invece lo aveva sentito ululare; al che ognuno in cuor suo si augurava di non fare mai questo sgradito incontro e se capitava di dover camminare lungo le strade di campagna, spesso ci si muniva di rudimentali schioppi oppure di coltelli o altro.

E’ proprio il caso di un certo uomo della famiglia dei "Visett" ( Ricci ), che tornando a casa una sera proveniente da Ceda, dove era stato a macellare un maiale, giunto in un posto chiamato "‘D là al canal", venne improvvisamente aggredito da un lupo feroce.

Costui reagì prontamente e tolta la sua mantlina, (mantello), la tenne con la mano sinistra mettendola al riparo dei denti del lupo e con la destra sferrò diverse pugnalate al lupo sino a quando questi stramazzò a terra morto.

Se ne tornò a casa e raccontò ai suoi familiari, con gli occhi ancora terrorizzati, la spaventosa vicenda. Venne rincuorato con una bevanda calda e se ne andò a dormire, ma durante la notte si sentì molto male e, preso da una terribile febbre, morì miseramente dopo pochi giorni. Più tardi i familiari fecero costruire nel luogo dell’incontro con il lupo una bella maestà con l’immagine della Madonna e dei Santi.

Ora la costruzione è crollata e gli eredi hanno riposto l’immagine sacra nel cortile della loro casa alla Valle.(fig.227)

 

La maestà di "via Cava" a Ticchiano

 

Percorrendo la mulattiera che parte dalle ultime case di Ticchiano e precisamente da "Sodina" e risalendo la china a nord del paese, poco distante si arriva in "via Cava", qui troviamo una piccola una maestà, che ricorda con la sua bianca figura, la Madonna di Fontanellato. Quando troviamo queste madonin così distante dal centro abitato, difficilmente si riesce a dare una spiegazione attendibile, ma i racconti dei vecchi che si tramandano oralmente a volte per molti decenni, ci permettono spesso di risalire con assoluta certezza all’origine della collocazione in quel punto preciso; così è per quella di via Cava a Ticchiano.

Questa venne fatta costruire dalla famiglia Galeazzi originaria del luogo per ricordare un lutto che non tanto tempo fa (fine‘800), la colpì improvvisamente privandola drammaticamente del capofamiglia.

La gente del posto racconta che quest’uomo tornava a casa in sella al suo cavallo; quando per motivi sconosciuti il cavallo si impaurì ( forse di una persona ), e con uno scarto repentino impennandosi, tentò di girarsi, ma precipitò nel sottostante dirupo trascinando con sé anche il cavaliere. Questi, stando alle testimonianze, nel vedersi precipitare tentò di aggrapparsi ad un ramo d’albero e nel scivolare nel precipizio spellò letteralmente il ramo stesso da tutte le foglie; purtroppo a niente servì, perché restò vittima della caduta. Quando venne ritrovato, nella mano fredda, stringeva ancora fortemente un pugno di foglie di cerro. Si dice che le foglie non spuntarono mai più da quel ramo e che poi la pianta si seccò inspiegabilmente. A memoria di questo triste evento, venne quindi posta questa edicola che invita il passante ad una breve sosta per ricordare e pregare la Madonna di Fontanellato, che tante grazie ha concesso in questi luoghi. (fig.228 )

 

 

La campanella dell’oratorio di "Montzéll" a Ticchiano

 

A Ticchiano, sino al 1960 circa, esisteva un piccolo oratorio dedicato a Santa Lucia; raramente veniva usato, se non nella ricorrenza del 13 Dicembre ed anche in occasione dell’ultimo giorno delle "rogazioni" che di solito era il giorno precedente la solenne festa dell’Ascensione. Qui la processione partita da Ceda, vi arrivava dopo un lungo e ripido percorso durante il quale i fedeli chiedevano a Dio ed ai Santi la grazia di un anno e proficuo e di essere preservati dalle calamità della natura .

A causa dell’incuria, piano piano questo edificio crollò ed ora restano solo pezzi di muri fatiscenti e nient’altro.

Racconta una signora del posto, che l’oratorio venne riedificato molto tempo fa dalla famiglia Verioni, che erano a quel tempo molto ricchi, avendo attività assai redditizie anche in Inghilterra. L’edificio in pietra era fornito all’interno di tutti gli arredi e vi era anche un bellissimo quadro con dipinta l’immagine di Santa Lucia, di cui non si ha più traccia, così pure di una statua di marmo a tutto tondo, alta circa 70 cm (la Madonna delle Grazie?)

C’era in questo oratorio una campanella che veniva usata durante le funzioni, ma un bel giorno, un’erede della famiglia proprietaria , la prese e l’attaccò al collo di un delle sue pecore, provocando stupore ed indignazione nei paesani, che gridarono allo scandalo, nel vedere un atto così assurdo.

Il piccolo gregge, nei giorni successivi sparì misteriosamente e nonostante le ripetute e faticose ricerche, non venne mai più ritrovato. Ovviamente, tutti indistintamente si convinsero che il fatto fosse la conseguenza logica di un gesto ritenuto così sacrilego e che il castigo caduto sulla famiglia stessa, non fosse affatto casuale.(fig.42)

La madonina dl’erba

 

Per identificare con precisione una delle tante maestà disseminate lungo le strade del comune di Monchio, spesso, invece di indicare il titolo a cui appartiene o il luogo preciso dell’ubicazione, si ricorre spesso ad un sornomm (nomignolo) che la individua senza esitazione. E’ il caso della Madonina dl’erba posta lungo la vecchia strada che dal Montale conduceva a Trecoste da molti anni è in disuso.

Sono molti i paesani di Monchio che ancora oggi hanno una grande devozione per questa immagine sacra e che ogni anno passando fra spine e rovi vi si recano per portare un mazzolino di fiori selvatici e per recitare una preghiera.

Pochi invece sanno dell’origine del nome "Madonnina dell’erba", che risale ad una bella leggenda tramandata dagli anziani sino ai giorni nostri. Molti anni or sono, quando l’economia di questi aridi monti era quasi esclusivamente agricola, erano molte le difficoltà per le famiglie nel reperire il cibo necessario per il sostentamento delle persone presenti nella famiglia, ma era altrettanto arduo procurare (in certi periodi dell’anno), anche il foraggio per le vacche che producevano il prezioso latte.

Si narra, che una donna un giorno si recò disperata presso questa maestà perché non aveva più niente nel fienile da dar in pasto alle sue mucche e pregò ardentemente Gesù, Maria ed i Santi di aiutarla a risolvere questa sua grossa preoccupazione. La sera stessa, davanti alla porta della stalla, trovò inspiegabilmente una cavagnà d’erba, cioè un grosso cesto, ricolmo di erba per poter sfamare le povere bestie. La donna rese grazie a Dio e subito si precipitò in paese per raccontare il fatto straordinario e da quel giorno quella maestà divenne per tutti La Madonina dl’erba.(fig.229)

 

La maestà di "solfer"

 

La maggior parte delle maestà presenti sul territorio delle Corti recano la scritta conclusiva: per devozione f.f. (fece fare) mentre invece altre sono state edificate per grazia ricevuta o scampato pericolo.

E’ proprio questo il caso della maestà di solfer posta in località Selola fra Lugagnano e Rimagna, vicino ad una freschissima fontana solforosa, da cui poi ha preso il nome la maestà.

Un anziano di Rimagna racconta che, nel secolo scorso, una potente famiglia di Monchio era proprietaria del podere chiamato Slola e che qui avevano costruito una grande fattoria con casa e stalla; a lavorare la terra vi erano dei mezzadri. Uno di questi, in quel periodo, era anche sindaco del comune. Presumibilmente costui aveva anche qualche nemico o rivale nel paese e fu così che una sera, era ormai quasi buio e lui stava rientrando a casa insieme col fratello, quando qualcuno di nascosto gli tese un agguato prendendolo a fucilate, ma il suo fedele cavallo che aveva percepito la presenza di qualcuno nei paraggi, si imbizzarrì e questa sua mossa improvvisa salvò il padrone ed il fratello.

Pare certo che la costruzione successiva della maestà di solfer sia dovuta allo scampato pericolo, anche se la dicitura riportata nella parte bassa della formella di marmo non menziona affatto l’avvenimento descritto.(fig.230 )

 

"Pé de znocera"

 

I toponimi dialettali, se ben interpretati, spesso riconducono a origini o vicende lontane nel tempo, oppure rimarcano una caratteristica peculiare del luogo in oggetto. Un luogo nel bosco situato ad ovest di Valditacca, non lontano dalla nota capan del carboner, sul sentiero del CAI n. 9, sul ciglio della mulattiera, gli abitanti di Valditacca lo chiamano da sempre pé de znocera (del ginocchio).

Trascuriamo l’etimologia per narrare invece una leggenda legata a questa pietra di dimensioni ridotte, ma che porta ben visibile nella parte superiore un incavo, una fossetta ben delineata che in effetti riproduce bene l’impronta di un ginocchio piegato.

Qui, tutti affermano senza esitazione, si fermò la Madonna mentre saliva sul verso il monte Sillara (sul crinale a m. 1861) e sostando per alcuni attimi, continua la leggenda, la Vergine Maria si inginocchiò (con un solo ginocchio) per pregare lasciando una profonda impronta su masso. Come ogni leggenda, ognuno la interpreta in modo diverso, ma passando in quel sentiero, viene spontaneo guardare la pietra e innalzare un pensiero a Maria Madre di Gesù e della chiesa.(fig.231 )

 

 

Leggende, fede, tradizione intorno alla Madonna del sasso di Rimagna

 

Narra la leggenda che alcuni secoli or sono, a Rimagna piccolo paese posto sui monti, si verificò un fatto straordinario: i paesani vedevano splendere, di sera, un lumicino nei campi posti a sud del paese, in una località chiamata "Gropp".

Alcuni di questi, incuriositi si recarono sul posto, ma come per incanto la fiammella spariva per spostarsi verso il paese e un bel giorno questa misteriosa luce si adagiò su un grosso masso in prossimità delle abitazioni e la gente che accorreva si accorse che una immagine della Madonna era impressa miracolosamente sulla parte alta della pietra.

Fu così che il posto divenne subito un luogo di preghiera e la rupe venne protetta da un tetto fatta di legno e paglia. Qualcuno cercò di copiare l’immagine e di dipingerla nella chiesa parrocchiale, ma la pittura svanì e l’immagine della Vergine a braccia aperte divenne ancor più marcata sul sassone ove era apparsa la prima volta.

A seguito di questi eventi così strabilianti, ai piedi della roccia si iniziò a costruire un piccolo oratorio con i muri appoggiati al sasso che fungeva da quarta parete

Sempre secondo la leggenda, un giorno si diede l’incarico ad un pittore di ravvivare i colori dell’immagine sacra, ma mentre questi si accingeva a dare i primi colpi di pennello, scivolò dall’impalcatura e rovinò sulle transenne sottostanti e poi a terra: si rialzò illeso e a seguito di questo fatto premonitore, si rifiutò categoricamente di riprendere a colorare l’immagine.

Altri fatti miracolosi avvennero nel tempo: un contadino di Rimagna, definito da tutti come un "uomo cattivo e bestemmiatore", nel giorno in cui si festeggiava la Madonna del Sasso, si trovava in un campo chiamato "Lobia" e si accingeva a mettere il giogo alle sue vacche, ma essendosi queste molto imbizzarrite, lui prese a bestemmiare con violenza e in quel momento, udì una voce di donna che lo rimproverava così: " Tu bestemmi contro di me, ma te ne pentirai!".

Egli ravvisò nella voce un messaggio della Madonna, perciò terrorizzato lasciò libere le bestie e tornò di corsa al paese. Successivamente, "l’uomo cattivo", non solo smise di bestemmiare, ma anzi donò al Santuario una statua, che è quella che ancora oggi viene portata in processione a Rimagna dopo il vespro della Natività di Maria.

Nei primi anni del 900, la montagna monchiese venne colpita da una terribile siccità, per cui numeroso bestiame, moriva di fame e di sete. Narrano gli anziani che si sono tramandati questo fatto, che un giorno una ragazza di Rimagna chiamata scherzosamente da tutti "la Risina" (la Ricciolina), si trovava nei prati a pascolare le mucche e disperata per la totale mancanza d’acqua, si rivolse verso il Santuario e pregò così: "oh Madona del sason, fe gni l’acua per compasion!". Subito dopo questa accorata supplica, proprio lì vicino a lei sgorgò una sorgente d’acqua in modo inspiegabile. La ragazza sbalordita corse in paese e raccontò del fatto straordinario avvenuto; i contadini accorsero quasi tutti per abbeverare il bestiame per diversi giorni, finché un bel dì la sorgente, come era sgorgata, cessò per incanto. Dopo pochissimi giorni arrivò la tanto sospirata pioggia, che cadde abbondantemente e di conseguenza si fece grande festa in paese, in onore della Beata Vergine del Sasso.

Gli anziani del paese di Riana, narrano una leggenda legata a questo santuario. Si dice che la Madonna del Sasso di Rimagna, in origine fosse in una chiesa di Sesta di Corniglio, ma un giorno Lei si stancò di stare in quel posto e volle andare con i pastori di Rimagna . Lungo il suo cammino passò nei prati di Riana; giunta nel rio chiamato Ronch Rusghe, si fermò e bevve alla sorgente posta lì vicino. Questo è sempre stato per i vecchi del paese, un luogo di devozione: infatti coloro che passavano vicino alla fonte, si dissetavano, ma si lavavano sempre gli occhi per ottenere salute e grazie dalla Vergine del Sasso di Rimagna.

Chi si reca a visitare questo santuario e si accosta al grosso masso sul retro dell’oratorio, può notare che dallo stesso sono stati asportati numerosissimi frammenti usando scalpelli, martelli, chiodi o altro; questi pezzettini di pietra ognuno se li portava con sé per avere la protezione della Vergine. In particolare questo piccolo ricordo, se lo misero in tasca i giovani che andavano alla guerra: molti di loro se ne tornarono a casa sani e salvi per grazia della Beata Vergine del Sasso.(fig.232 )

La Maestà del "Pianèll "

 

In località La Croza, fra Lugagnano e Orzale, vi è una strada per i mezzi agricoli che sale dritta sul crinale del monte in località Pass del lovv (Passo del lupo); qui, sono ben visibili i resti di un antico fortilizio di proprietà dei Vallisneri e che venne raso al suolo nel 1448 dall’esercito del Duca di Parma al cui comando era Luigi Galimberti, a seguito di una tremenda battaglia.(fig.233)

Una leggenda conosciuta dagli anziani di Lugagnano, che la narrano con sfumature diverse, dice che il padrone del castello, "el Castlan" , era un uomo prepotente e molesto in particolare per le donne. Un giorno, mentre tornava a casa accompagnato da due suoi amici di Lugagnano, un tal Cavalli e un Cortesi che avevano deciso di tradirlo, si fermò per bere alla sorgente chiamata Fontana Piocioza. Estrasse dalla tasca una tazza d’oro che portava sempre con sé ma, uno degli accompagnatori, lo invitò a bere direttamente alla fonte per gustare ancor di più la freschezza dell’acqua. L’uomo accolse l’invito e si chinò per dissetarsi, ma uno dei traditori lo colpì violentemente sul collo con un’arma da taglio, "un pnat" (pennato) staccandogli con un sol colpo la testa dal collo. La testa, rotolando, sembrò vivere ancora qualche attimo, sicché, si dice Il Castlan riuscì a chiamare il suo feroce ed inseparabile grosso cane nero e gli urlò: " Pelomoro, volta sottosopra le mie ricchezze, che nessuno se ne impadronisca!"

Il cane fuggì e nessuno lo vide mai più, ma la sua sinistra e spaventosa sagoma, si dice che vagasse nei dintorni terrorizzando la gente che passava in quel luogo e che vedeva il fantasma della temibile bestia anche quando magari si trattava di semplici animali che da lì passavano casualmente. Questa leggenda, unita alla paura di incontrare Pelomoro, si è protratta sino ai giorni nostri. Proprio qui, vicino a Fontana Piocioza, poco prima di arrivare sul passo si incontra una cappella in muratura(fig.234) con all’interno una formella di marmo con l’effigie della Madonna, (con la data 1887). Al di sotto di questa vi si leggono due scritte: una dedicata alla Madonna e una lapide collocata nel 1978 a ricordo di quattro giovani di Lugagnano morti nei campi di concentramento nazisti nel 1944: la scritta recita così: "O tu che passi per questo sentiero, fermati e ricorda chi non è più tornato alla casa del padre."

Alcuni fiori secchi adornano l’immagine e la lapide, ma non sfugge a nessun passante che un grosso quaderno e una penna a biro sono lì davanti in bella vista. Viene spontaneo di curiosare, e si nota che è una specie di registro dove tutti i pellegrini possono apporre una firma; sorprendentemente in questa agenda vecchia, molti dei passanti oltre che l’autografo hanno scritto svariati pensieri, perlopiù riferiti alle vittime della guerra, ma vi sono anche semplici e toccanti poesiole dedicate alla natura, alla Madonna, a Dio e agli uomini che soffrono, ecc.

Questo luogo è molto amato dai paesani di Lugagnano: infatti sfogliando il quaderno, di anno in anno molti di loro salgono sin quassù per pregare Maria e i morti della guerra. Cavalli Celestino, con il figlio Pier Luigi e Cavalli Dante hanno voluto ricordare con una lapide i quattro deportati in Germania mai più tornati: Cavana Ubaldo, Guidetti Osvaldo, Freddi Giuseppe e Agnesini Amelio; un altro assiduo frequentatore del luogo è Lazzaro Soldati, che ogni anno lascia uno scritto a ricordo, eccone uno dei tanti:

 

A te o grande eterno Iddio

padrone del cielo e dell’universo intero

per cui, tutto a te ti ubbidisce,

dona la pace al mondo dalle guerre travagliato

tu sai, l’umanità tanto gradisce.

Ferma la mente e la mano di qualche sciagurato.

Sai che le guerre per loro hanno grande importanza,

sono di Te cinici trasgressori

fagli capire che alle guerre è meglio l’uguaglianza.

Ti ringrazio Dio dell’universo

la mia preghiera a te, mi esce dal cuore

e tu lo sai! non è dunque uno scherzo.

L. S. il 12 Giugno 1991

 

Riportiamo alcuni altri pensieri cercati a caso fra le pagine umide e in parte sciupate dal tempo:

 

" Aprile 1988, vigilia di Pasqua!!

Signore risorgi nei nostri cuori

illumina la nostra intelligenza,

fortifica la nostra volontà

consolida il legame con la nostra tradizione. C. R.

 

 

 

17/7/1988

Come dire di quel canto

che ogni fiore conosce

che nessun orecchio ha mai sentito

che riecheggia in tutto l’universo

nei cieli, nei monti

nello sguardo di un bambino

oltre il tempo e lo spazio,

oltre qualsiasi dolore,

oltre te stesso...

eppure sei anche tu!

Nulla è più grande

dell’infinito, soprattutto

quando questo infinito

si apre in me ed io

lo posso riconoscere!

Grazie Signore.... A. S.

 

7 - 5 - 89 -

( sole splendido, ore 16 )

Oggi giorno dell’Ascensione di N.S. Gesù,

sono salito sin quassù

e mi sono sentito più vicino

a Dio e ai nostri morti
dopo aver osservato la bellezza

e la grandezza della natura

che Dio ha creato e che noi

ogni giorno calpestiamo.

Umilmente prego per un

futuro migliore, per i poveri,

gli oppressi e gli ammalati tutti. G. R.

 

 

Un nostro pensiero

davanti alla Santa Madonna

per coloro che non hanno fatto

ritorno a casa con la speranza

che non debba più succedere

ore 23,30 del 10/11/89 R. U. e A. L.

 

 

Venerdì 26 Maggio 1989

Anche quest’anno aiutato

da Dio, sono riuscito a

raggiungere questa località

e a porgere una preghiera alla

Pastorella e a questo gruppo

di giovani caduti vanamente

per la brutalità e la ferocia

di pochi uomini.

Che Dio creii un avvenire

pieno di pace e di umanità. L. S

 

Antiche tradizioni popolari legate alla religiosità, in uso a Monchio capoluogo

 

 

Settimana Santa e Pasqua

A Monchio delle Corti, molte delle antiche tradizioni legate alle feste della cristianità sono ancora vive e forse vale la pena di descrivere le più significative; sono quelle della settimana Santa, le Rogazioni, la festa di San Giovanni e del Natale.

La Pasqua è per ogni cristiano la festa più importante e gioiosa dell’anno, sia perché il lungo inverno lascia il posto alla nuova stagione che porta giornate più lunghe, sole, fiori ed un nuovo vigore in ogni cosa, ma per noi credenti, la Pasqua è o dovrebbe essere un momento culminante dell’anno e della nostra vita. La Pasqua è passaggio dalla vita alla morte e alla risurrezione di Gesù, dal peccato alla redenzione del l’uomo. Diventa un momento da vivere con atteggiamento di profonda riflessione sull’operato della nostra vita, che deve essere sempre rimesso in discussione e proteso verso il bene per il prossimo e alla realizzazione del regno di Dio, vero ed ultimo significato alla nostra vita.

Ecco quindi che durante la settimana Santa che precede la grande festa del "Passaggio" , anche ora nell’era della scienza, la gente del paese di Monchio, si ritrova per le celebrazioni dei riti solenni ed anche per rivivere le antiche tradizioni popolari legate a questo evento straordinario. Nei giorni che precedono il Giovedì Santo, viene preparato un altare laterale della chiesa che ospiterà Gesù eucarestia sino alla messa di mezzanotte del sabato; con molta cura le donne del paese lo adornano di fiori e di vasi con la caratteristica "vescia" (veccia) che era stata seminata appositamente circa quaranta giorni prima. In questo altare, al termine dei riti del Giovedì Santo, accompagnato dall’antico canto del Pange lingua, il parroco ripone l’eucarestia, che viene adorata nei due giorni successivi dai fedeli in preghiera; questo luogo viene chiamato comunemente: "Sepolcre"

Da questo momento le campane non suoneranno più per due intere giornate in segno di lutto e durante le funzioni, saranno sostituite da due singolari attrezzi di legno: "la zgrisla" e lo "zgrislon" che con il loro suono sordo, stridulo e ben udibile vengono usati per chiamare a raccolta i fedeli e sottolineare i momenti forti delle celebrazioni.(fig.235)

La sera del Venerdì Santo, se il tempo lo permette, lungo le strade del paese si svolge la processione con le statue di Gesù morto e della Madonna addolorata.(fig.236) Il corteo composto dal parroco, dai paesani e anche da forestieri, percorre un tratto abbastanza lungo di strada in direzione della chiesa con canti antichi, preghiere e sacre letture favorendo la riflessione sul mistero della crocifissione e morte di Gesù.

Lungo il percorso fanno da suggestiva cornice gli addobbi alle finestre delle case e l’illuminazione ai lati della strada, fatta con lumini, mozziconi di candela accesi dentro a barattoli di latta avvolti in carta colorata; si giunge in chiesa per la benedizione e la celebrazione termina con i "Cantor" che cantano lo Stabat Mater.(fig.237)

Il giorno di sabato, è dedicato ancora alla visita e all’adorazione presso i Sepolcri. Un tempo, al mattino, il suono delle campane annunciava la gioia della risurrezione. Al loro suono, si correva presso una fonte di acqua e ci si lavava gli occhi ed il viso intero a significare la purificazione e il proposito della nuova vita.

Giunge, poi, la solenne veglia con la messa della notte che segna il culmine della liturgia pasquale nel ricordo e nella certezza della risurrezione di Gesù Cristo. Nella notte il suono festoso delle campane risuona nella valle per annunciare a tutti la salvezza cristiana.

La giornata di Pasqua è festa grande per tutti, occasione per accostarsi al sacramento dell’eucarestia durante la messa solenne accompagnata anche dai canti in latino.

Dopo la S. Messa sul sagrato della chiesa, si usava fare "cosett", ossia una vera e propria gara, soprattutto da parte dei ragazzi che, "armati" di uova sode (benedette), si sfidano sferrando colpi "a punta e a cul" e colui che avrà alla fine l’uovo rotto lo dovrà cedere gratuitamente al vincitore(fig.238).

Sono diverse le famiglie che ancora oggi tengono viva questa tradizione, che, oltre al gioco, è anche un modo per fraternizzare e per dimostrare la propria amicizia al rivale di turno, con soddisfazione per il vincitore e l’inevitabile delusione per il perdente.

A Rimagna, il giorno di Pasqua, i bambini ricevevano in dono "i cavagnin" (i cestini). Si tratta di un piccolo panino dolce fatto a forma di cesto che racchiude un uovo inizialmente crudo; l’insieme veniva cotto nel forno, assieme al pane per la famiglia e il giorno della Pasqua lo si poteva assaporare in tutta la sua originalità.

 

Le rogazioni

 

Molte delle tradizioni legate alla religiosità ormai sono praticamente scomparse e resta solo il racconto delle persone anziane che sino al 1960 circa, hanno vissuto queste esperienze.

La civiltà contadina che era predominante in questi monti, era profondamente legata alla fede cristiana, viveva con tante tribolazioni e privazioni, ma non per questo gli uomini erano meno felici e preoccupati di adesso anzi, gli affanni erano minori, come pure il desiderio di possedere. La solidarietà era molto spiccata, anche se si viveva continuamente in condizioni di estrema povertà; tutta la vita veniva affidata a Dio e alla sua volontà.

Tra le tradizioni che si ricordano, vi è quella delle "rogasion" cioè le rogazioni ( dal latino rogatio, richiesta) che il popolo rivolgeva a Dio Padre durante ogni primavera: il 25 Aprile e i tre giorni precedenti l’Ascensione con processioni rivolte verso i punti cardinali e intese a propiziare il buon esito delle semine e dei raccolti nei campi, ma anche per chiedere la protezione di Dio dagli eventi catastrofici e la liberazione dalle malattie e da ogni male.

In quei giorni, il parroco seguito dai fedeli, partivano dalla chiesa e si incamminavano lungo una strada che portava in campagna e con il canto delle litanie dei santi, si procedeva lungo un percorso prefissato sino a giungere ad una Maestà. Ogni giorno, la direzione del corteo era diversa, in modo che tutti i luoghi del paese potessero ricevere i benefici delle "rogasion". Questo era un rito con probabili reminiscenze dei culti pagani, ma per il popolo era assai importante, perché la vita di allora era legata ad un’economia strettamente agricola e quindi soggetta agli eventi atmosferici che a volte erano dirompenti per i raccolti. Impotenti di fronte alla forza degli elementi naturali, gli uomini si rivolgevano a Dio perché tenesse lontana ogni calamità dalla loro terra che, coltivata con tanta fatica, rappresentava per ogni famiglia la quotidiana sopravvivenza.

A rimarcare la richiesta di protezione per i raccolti, vi era anche la festa di "Santa Croza" che cadeva il giorno 3 maggio di ogni anno; durante questa celebrazione, in chiesa, il prete benediceva le piccole croci in legno, fatte dai contadini, i quali in seguito, le avrebbero portate nei campi coltivati a grano o altro cereale. Così pure si bruciava un rametto di ulivo benedetto unitamente a preghiere ed invocazioni, in occasione di forti temporali che potevano danneggiare il raccolto.(fig.239)

 

La festa di San Giovanni

 

Un’antica tradizione vuole che il mattino di San Giovanni (24 Giugno), al mattino presto, ci si deve alzare per andare a vedere il sorgere del sole, perché pare proprio che quel mattino il sole offra uno spettacolo inconsueto. Infatti come affermavano i nostri vecchi; "el sol al’alba ed San Gvan o bala"(il sole balla): questa rappresentazione è dovuta alla gioia di festeggiare il Santo che ha battezzato Gesù".(fig.240)

La mattina stessa ci si deve anche bagnare il volto con "la guasa ed San gvan": la rugiada che è caduta durante la notte, si dice che per intercessione di San Giovanni, abbia il potere di mantenere il corpo sano per tutto l’anno.

Nel pomeriggio, per i bimbi e i giovani vi era l’occasione, unica in tutto l’anno, di consumare insieme con gli amici convenuti su di un prato, una succulenta "mbrenda ‘ San Gvan"; una merenda più ricca del solito, concessa dagli adulti, con la possibilità davvero unica di bere anche una aranciata! Tutto continuava sino a sera con canti, scherzi, risate e a volte un’armonica a bocca creava il presupposto per lanciarsi in uno libero ballo sul prato.

La possibilità invece di partecipare alla celebrazione in onore del Santo era quella di andare a Pianadetto dove quel giorno era sagra paesana e la festa era garantita.

Vi è inoltre un curioso ed interessante altro aspetto che riguarda la devozione a San Giovanni: un tempo la cerimonia di un battesimo di un bimbo, era pressappoco simile a quella dei giorni nostri, solo che allora si dava nei primi giorni di vita. Diverso diventava il rapporto tra il " gudass" (padrino) e il battezzato, il "fioss" (figlioccio). Dal momento del battesimo infatti, fra il padrino ed il bimbo a crearsi un vero e proprio legame di parentela e diventavano "cuzin ed San Gvan", cioè cugini di San Giovanni. Ciò significava che per il resto della vita, si veniva ad instaurare fra di loro un legame forte, in virtù del battesimo di Gesù nel fiume Giordano e, come buoni cugini, si dovevano trattare pur in assenza di un vincolo di sangue.

 

 

 

Il Natale

 

 

Il Natale, forse più di ogni altra festa, porta con se una grande carica di suggestione che ha sempre coinvolto gli abitanti delle Corti in tutte le epoche. Non sempre questa suggestione si accompagna alla meditazione che la nascita di Cristo si può realizzare in noi ogni anno, se lo vogliamo accogliere.(fig.241)

Il Natale di un tempo aveva caratteri intensi e semplici nelle sue tradizioni popolari. Era pieno di significato il piccolo ginepro, reciso e adornato il giorno della Vigilia, con qualche frutto di stagione o tutt’al più, con qualche rara caramellina e candelina e poi la letterina per il papà riposta sotto al piatto, con la speranza che una qualche monetina ripagasse il bimbo del semplice e spesso commovente messaggio bene augurante ai genitori

La sera della Vigilia, momento particolarmente sentito, al fuoco del camino, ove ardeva un grosso "socch", si cenava tutti assieme (in magro), con tagliatelle in bianco, un pezzetto di baccalà e le rape rosse condite con olio e sale; il pane che avanzava sul tavolo la sera della vigilia, veniva conservato sino al Natale successivo e lo si dava agli ammalati considerandolo cibo benedetto; per un intero anno questo pane, non ammuffiva mai. Anche per le vacche, la sera di Natale doveva essere speciale; quindi niente "paja", "stramm" o "foj", ma quella sera il pasto nella greppia, era solo di fieno buono, a significare che si voleva rendere partecipi anche gli animali della gioia per la nascita di Gesù bambino.

Dopo la cena, si lavorava accanto all’albero e per chi poteva permetterselo, vi erano le statuine da sistemare sulla "barbazina" (muschio) del presepe, oppure qualche semplice gioco per trascorrere in fretta le ore che precedevano la messa di mezzanotte. "La Messa granda", celebrata in una chiesa piena, durante la quale veniva cantato il "Gloria" e le campane suonavano a festa nella buia e a volte nevosa notte; al termine della celebrazione, sul sagrato, ci si scambiava gli auguri con gli occhi lucidi di gioia. Con animo sereno si tornava nelle proprie case fiduciosi nella provvidenza divina. Tradizioni semplici, quasi scarne, dunque, caratterizzavano il Natale di un tempo, vissuto senza sprechi né abbondanza, con autenticità di sentimenti e semplicità d’animo: il regalo più bello per Gesù che nasce!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo dodicesimo

 

 

LA CHIESA NEL SUO POPOLO

 

 

Religione e identità di un popolo.

 

Ci fu un tempo e l’abbiamo visto in cui la fede cristiana, una volta accettata fu pacificamente professata da tutti. La nuova fede aveva permeato di sé tutte le istituzioni specialmente i momenti salienti della vita di una persona .

La fede cristiana faceva da supporto alla vita associata, alla vita politica per almeno due motivi teoretici fondanti: la dottrina della legge naturale e l’origine stessa dell’autorità.(48)

C’è una legge scritta nel cuore dell’uomo che viene prima di ogni legge civile, anzi questa prende il suo vigore e la forza vincolante dalla legge naturale che appartiene alla costituzione dell’essere umano e questi viene da Dio. La legge promulgata dal " principe" se conforme alla legge naturale è pure vincolante in coscienza perché la natura è creata da Dio. Questo concetto male inteso portava "il principe" a considerarsi "absolutus", sciolto da ogni vincolo ma più spesso chi governava sapeva che doveva perseguire il bene dei sudditi come un buon padre il bene della famiglia(Nelle Corti il governo dei vescovi esercitato da organi in parte rappresentativi era ben tollerato dai sudditi perché esercitato con moderazione. Cambieranno in peggio le cose quando passeranno sotto il governo civile).

Con Grozio(nato nel 1583 nei Paesi Bassi e morto in Germania nel 1645) , l’epoca moderna, che si è ormai affacciata, porta alla affermazione della legge naturale come unica fonte del diritto naturale. Fu un perseguitato per le sue idee religiose, per cui ritenne indispensabile trovare un altro punto di riferimento comune, diverso dalla religione, per dare un fondamento alle norme. Lo trovò in ciò che nell’uomo è essenzialmente umano, per ciò comune a tutti coloro che all’essenza umana partecipano, la ragione. Questa natura razionale e sociale dell’uomo è per Grozio la fonte del diritto propriamente detto, che è naturale in quanto discende dai caratteri essenziali della natura umana, alla cui attuazione e conservazione è rivolto. I suoi principi fondamentali sono il rispetto delle cose altrui, la restituzione della proprietà altrui e del lucro derivatone, l’obbligo di mantenere le promesse, e la responsabilità penale, lo "stare pactis". Tale diritto è immanente alla natura umana e non dovrebbe essere cambiato. "Tutto ciò che abbiamo detto finora sussisterebbe in qualche modo ugualmente anche se ammettessimo - cosa che non può farsi senza empietà gravissima - che Dio non esistesse o che egli non si occupasse dell’umanità"(49).

Con l’illuminismo quel etiamsi daremus non esse Deum viene teorizzato. Non si ha più alcun timore a negare l’esistenza di Dio ed affermare ugualmente la possibilità di una morale e di un diritto. Si marca in questo modo la distanza tra Chiesa e Stato, si parla ormai apertamente nell’’800 della laicità dello Stato.

La caduta della giurisdizione dei vescovi nelle Corti avvenne per opera delle leggi napoleoniche (Napoleone era figlio della Rivoluzione francese e dunque dell’illuminismo) espressioni della borghesia che era finalmente arrivata al potere dopo aver soppiantato lo stato dei privilegi. Lo stato borghese andrà avanti come un rullo compressore anche sulle spalle del popolo povero che tarderà decenni per averne qualche beneficio. Ricordiamo le vicende narrate nel romanzo di Bacchelli il Mulino sul Po.

Per un altro aspetto il potere civile aveva bisogno del supporto della religione per poter governare, il principio che l’autorità del "principe viene da Dio". E’ un principio affermato con chiarezza da San Paolo e teorizzato da tutti i teologi anche se non è mai stato fatta la scelta di un tipo di governo (monarchico, democratico,...)

Il catechismo dell’epoca napoleonica ( pubblicato a Parma nel 1806 per ordine del vescovo fra Carlo Francesco Caselli) usato nelle nostre parrocchie diceva che i fedeli devono rispettare l’imperatore nostro Napoleone e pregare per lui. Non era una posizione di comodo anche perché Napoleone fece passare alla Chiesa momenti terribili come la prigionia del papa costretto a vagare per l’Italia e la Francia (nel 1800 non indisse neppure il giubileo).

Lezione settima

Continuazione del quarto comandamento

D . Quali sono i doveri de’ cristiani verso i principi che li governano, e quali sono in particolare i doveri verso Napoleone I, Imperatore nostro ?

  1. I cristiani debbono a’ principi, da cui sono governati, e noi in particolare a Napoleone I, Imperatore nostro amore, rispetto, obbedienza, fedeltà; il sevizio militare, le imposizioni ordinate per la conservazione e difesa dell’impero e del suo trono: noi gli dobbiamo ancora fervorose preghiere per la di lui salute, e per la prosperità spirituale e temporale dello stato.

D. Per qual ragione noi siam tenuti a tutti questi doveri verso l‘Imperatore nostro?

  1. Primieramente perché Dio, il quale crea gl’imperi, e li distribuisce secondo il suo volere ricolmando di doni l’imperatore nostro tanto in pace quanto in guerra lo ha stabilito nostro sovrano, lo ha reso ministro della sua potenza, e sua immagine sopra la terra. Onorare dunque e servire l’Imperatore nostro è onorare e servire Dio stesso. In secondo luogo, perché nostro Signore Gesù Cristo tanto colla sua dottrina, quanto co’ suoi esempi ci ha egli insegnato quello che noi dobbiamo al nostro sovrano. Egli è nato nell’atto di obbedienza all’editto di Cesare Augusto: egli ha pagato il prescritto tributo. Siccome egli ha comandato di rendere a Dio ciò che appartiene a Dio, così ha ordinato di rendere a Cesare ciò che appartiene a Cesare.

D. Non abbiamo noi dei motivi particolari, per cui dobbiamo essere più fortemente attaccati a Napoleone I Imperatore nostro ?

  1. Si, perché egli è quello che in circostanze difficili ha suscitato per ristabilire in Francia il pubblico culto della religione santa de’ nostri padri, e per esserne il protettore. Egli colla sua sapienza profonda ed attiva ha restituito e conservato l’ordine pubblico: col suo braccio potente difende lo stato: è divenuto l’Unto del Signore per la consacrazione che egli ha ricevuta dal sommo pontefice capo della Chiesa universale.

D. I doveri a cui siamo tenuti verso l’imperatore nostro obbligheranno essi egualmente ancora verso i di lui legittimi successori secondo l’ordine stabilito dalle Costituzioni dell’Impero ?

R . Si, senza dubbio, perché nella Scrittura Santa si legge che Dio Signore del cielo e della terra, per una disposizione della sua suprema volontà e per sua providenza dà gli imperi non solo ad una persona in particolare, ma ancora alla sua famiglia.(50)

La Chiesa cattolica aveva dunque favorito l’identità del popolo coll’insegnare l’obbedienza al potere politico. Sentivano di avere un unico punto di incontro: la religione era tranquillamente riconosciuta come religione di stato. Il cristianesimo ebbe un notevole peso nella formazione della civiltà occidentale. Non sarebbe stato neppur possibile la Rivoluzione francese con una cultura per esempio simile a quella che nello stesso tempo c’era in India anche se le condizioni di quel popolo erano molto peggiori. Le idee di liberté, égalitté, fraternité erano valori cristiani pronunciati in nome della natura umana, della ragione naturale. Anche la stessa rivoluzione socialista che avverrà in seguito ha succhiato abbondantemente ad una cultura cristiana di secoli presente nel nostro popolo.

Il principio che è la religione a dare l’identità di un popolo o di una cultura lo vediamo nella esperienza del popolo di Israele. In Egitto non erano popolo: erano tribù sparse che avevano poco in comune. Mosè farà loro prendere coscienza di essere popolo in modo particolare nel deserto. Se fossero subito entrati nelle terra promessa, sarebbero stati nuovamente risucchiati da una cultura predominante. Con Mosè imparano a rispettare una legge (sono orgogliosi di avere una legge che li rende più saggi dei popoli che hanno una lunga storia ), hanno delle feste che rappresentano la memoria collettiva del popolo(il ricordo delle grandi imprese di Dio), hanno un giorno da rispettare a tutti costi persino comminando la pena di morte, devono lottare per una patria che ancora non c’è ma che si va facendo con una esperienza dura che li mette alla prova continuamente, hanno una meta in comune da perseguire, la terra promessa, un fine da perseguire, la felicità terrena sulla terra che Dio darà alla fine delle sventure. Vivendo insieme impararono ad avere un rapporto unico con Dio e sentire che Dio è pastore del popolo e madre che li conduce su ali d’aquila. Così vanno alle radici della loro storia : vengono conservate le memorie dei patriarchi e frammenti di memoria ancora più antichi che si perdono nei miti. La memoria storica è indispensabile per qualsiasi popolo se vuol conservarsi tale pena la perdita delle proprie radici. Per il popolo ebreo nonostante la diaspora e il corso di vari secoli vissuti in mezzo ai gentili, la memoria storica ha rappresentato la terra ideale che ha loro impedito di disperdersi.

Nel formulare le varie dichiarazioni dei diritti dell’uomo e del cittadino dopo quella francese, si ricorre ormai solo al diritto naturale senza più mettere in rilievo la diretta provenienza da Dio. Ci sono ormai segni del distacco dalla religione. Viene introdotto il matrimonio civile nel codice napoleonico, lo stato si fa una sua propria anagrafe. Dà assistenza in modi diversi al cittadino bisognoso per esempio tramiti patronati. Poco alla volta la religione viene ricacciata dentro le chiese con il principio cavouriano, libera Chiesa in libero stato, primo passo per negare l’influenza della religione nella vita di un popolo.

Pur in un ambiente sfavorevole la Chiesa continuò il suo corso: Voltaire aveva lanciato a metà del ‘700 il grido: écrasez l’infame ! Forse oggi si rivolterà nella tomba quando vede l’enorme prestigio di cui è circondato il papato anche quando il suo rappresentante è vecchio e ammalato.

 

.La modernità.

 

Abbiamo già chiamato in causa il pensiero moderno come responsabile di una divaricazione tra la Chiesa e lo stato, la società , ma che cosa si intende per moderno?

Il pensiero filosofico ci ha fornito alcune categorie mentali utili per capire. Il pensiero "classico" ha il suo fulcro nella natura come principio costitutivo, immutabile. E’ l’ordine supremo in cui si realizza anche l’uomo. In una visione del mondo come cosmo, tutto è alla fine spiegabile: l’uomo stesso in questo tutto trova senso. Non c’è neppure bisogno di adagiarsi nell’interiorità in quanto basta che l’esistenza umana viva in sintonia col tutto ed è perfettamente realizzata. Al massimo la ricerca verterà nello scoprire quali siano i principi costitutivi del reale, quale l’archè, il punto di partenza. Sembra simile al tentativo dell’uomo di scienza contemporaneo che vuol individuare il punto di partenza del tutto. Che è avvenuto nel primo secondo? Sembra che conoscere il punto iniziale possa essere la chiave di tutto ma non è così. La chiave forse s potrebbe meglio trovare chiedendosi perché l’essere e non il nulla?

Il pensare medioevale ha la certezza, come dicevamo all’inizio del percorso, che l’ordine della natura è di fronte alla libertà creativa di Dio. L’archè di tutto è Dio. In questo modo il tempo passa in secondo piano in quanto è la dimensione dell’eterno in primo piano perché è la vera. L’uomo con i suoi problemi vive nel provvisorio ma con il suo sentire filosofico religioso vive già nella dimensione dell’eterno. L’uomo stesso si sente come sospeso fino all’ultimo giudizio.

L’uomo medievale attendeva, quasi in modo spasmodico il compimento, il ritorno di Cristo. Ciò che interessava non erano le cause penultime ma quelle ultime. La vita vissuta sub specie aeternitatis: in questo senso diventa molto forte sentire di essere pellegrini, esuli. E’ un perenne camminare sempre alla ricerca: il pellegrinaggio non come forma occasionale di vita ma come forma ascetica di vita.

Dostojevskij ha creato nell’Adolescente il personaggio Macario, il vero pellegrino, staccato interiormente da tutto, che va di paese in paese vivendo di spirito di rinuncia, rivolto solo a Colui che egli custodisce in sé, Cristo. Dopo un affronto atroce subito dai suoi familiari, vive quella sofferenza impostagli da Dio nella imitazione di Cristo. Così si compie in lui una profonda trasformazione. Il suo carattere si purifica, egli raggiunge la perfetta umiltà e disinteresse assoluto. Diventa affabile, allegro, aperto. Quello che c’era in lui di buono viene alla luce; appare la figura nascosta che vive solo di Dio. In questo modo diventa una grande e pura espressione dell’anima del popolo. Vive la vita immersa continuamente nel mistero d’amore che ci circonda. L’Adolescente gli obbietta che la scienza ha eliminato il mistero. E lui risponde : "Che cosa è il mistero? Tutto è mistero, amico, in tutto c’è sempre lo stesso mistero. Se un uccellino canta o miriade di stelle brillano nel cielo, è sempre lo stesso mistero".(Cfr. R. Guardini, Dostojevskij, Morcelliana,1980)

Il credente parla del mistero come di una dimensione esistenziale in cui si sente immerso con tutte le cose.

Siamo arrivati alla modernità che ha preso il via dall’Umanesimo e poi dal Rinascimento(in parte anche dalla riforma protestante). Acquista tutta la sua valenza nell’Illuminismo che vuole estendere la critica e la guida della ragione a tutti i campi dell’esperienza umana. In questo senso Kant ha scritto : "L’Illuminismo è l’uscita degli uomini dallo stato di minorità a loro stessi dovuto. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. A loro stessi è dovuto questa minorità, se la causa di essa non è un difetto dell’intelletto ma la mancanza della decisione e del coraggio di servirsene come guida. Sapere aude ! Abbi il coraggio di servirti del tuo intelletto! E’ il motto dell’Illuminismo" (51)

Il pensiero moderno è fiducia illimitata nel mito della conoscenza come progresso all’infinito. Tutte le altre forme di conoscenza (religione, arte, filosofia,...)avranno se mai un significato pratico ma la vera conoscenza dell’uomo adulto è quella offerta dalla scienza. Lo scientismo diventa la vera forma di religione che lega a sé innumerevoli persone .

E’ stato questo pensiero moderno che ha prodotto un allontanamento, una indifferenza o addirittura una ostilità verso la religione tradizionale che aveva tenuto il campo per un millennio? E’ troppo facile dare una risposta affermativa. Il pensiero non sorge mai in forma asettica, è sempre frutto della storia, del divenire, del mutare delle condizioni di vita. Che cosa stava mutando in queste zone, nelle Corti a cavallo dell’ottocento e del novecento?

 

L’emigrazione.

 

Un problema antico che ha avuto una conseguenza molto importante per la moralità e la fede cristiana delle Corti, rendendo più difficile il rapporto tra la Chiesa e il suo popolo.

Come abbiamo visto, il Cignolini riferendosi a una situazione di duecento anni fa parla di una emigrazione necessaria per la sopravvivenza, verso le Maremme Toscane e Romane, verso la Corsica. Lavoravano per segare la legna(fig.242) o per dissodare i terreni; avevano come paga otto dieci, venti zecchini. Le conseguenze sulla moralità familiare erano gravi.

Un altro autore parla dell’emigrazione verso le Maremme. E’ riportato dal Micheli. "L’unica industria che usar possono quei poveri alpigiani per supplire all’enorme eccesso del commercio passivo sull’attivo, e la mancanza del necessario sostentamento per la maggior parte dell’anno, si è questa. Appena terminato il mese di ottobre emigrano almeno per una quarta parte, e lasciate le proprie famiglie vanno a passare l’inverno nelle Maremme della Toscana. Ivi con diverso travaglio in diversi lavorii, e con menar una vita sommamente stentata guadagnano con che supplire ai bisogni urgentissimi delle loro famiglie.

Secondo il calcolo fatto per mezzo dei Parrochi di quei Villaggi, il numero di coloro, che andarono alle Maremme nell’anno 1804 (e un tal numero è ordinariamente lo stesso in tutti gli anni) si fu di 471. Costoro sogliono portare in seno delle proprie famiglie venti o anche venticinque scudi fiorentini cadauno; ciocché forma la somma di quasi diecimila scudi ogni anno. Questa somma che essi impegnano al sostentamento delle loro famiglie, viene da essi quasi tutta impiegata in comperare altrettanto grano turco dai Parmigiani con vantaggio grande di questo stato, il quale non avendo alcun commercio attivo col Fiorentino vede nonnostante circolare gran quantità di scudi ed altre monete toscane, non d’altronde introdotte da que’ montanari che li hanno con sudori e stenti guadagnati alle maremme. Questo vantaggio verrebbe meno, se quei poveri alpigiani emigrassero onninamente, o per somma miseria si spopolassero que’ paesi" (52)

L’autore citato continua dicendo di temere un ulteriore spopolamento in quanto i terreni si smagriscono oppure se il cambiato governo non trattasse con umanità queste popolazioni, come avevano fatto i vescovi, si ridurrebbe ancor più la volontà di avere numerosi figli o comunque di sposarsi.

"Ne è credibile che quelle apre montagne potessero trovare altri lavoratori che ivi volessero stabilire una tanto incommoda abitazione. Di fatto sotto il governo dei vescovi nissuna famiglia si è mai stabilita colà oltre le native; anzi hanno emigrato, e il paese, come abbiamo veduto, si è notabilmente spopolato, e continua tuttora.

Dunque se alle cause inerenti al sito altre se ne aggiungeranno, l’effetto sarà maggiore, e più sollecito".(52). L’autore termina le sue brevi notizie sulle Corti di Monchio esorta i nuovi politici di mantenere almeno lo stesso regime fiscale avuto sotto i vescovi. "La somma che annualmente pagano al vescovo le Corti di Monchio si è : F.14000 o 1500" (52)

La Chiesa di quei tempi non si fece carico di questo problema, semplicemente lo ignorò. Si pensava che nei compiti del cristiano fosse l’elemosina immediata secondo i casi particolari. Le Confraternite, con i loro grandi possedimenti, in effetti svolgevano opera caritativa verso i bisognosi.

Questo fenomeno dell’emigrazione continuò per tutto l’ottocento. Molto diversa è l’emigrazione dei pastori che nell’inverno scendevano nei terreni della pianura o almeno più bassi. Diversi pastori anziani ricordano ancora i loro soggiorni verso grandi poderi vicino a Parma, persino a Pellegrino Parmense.(fig.243)

Una poesia di D’Annunzio parla dei pastori abruzzesi che, per analoghi motivi, a settembre lasciano i monti si recano a valle ripetendo come un antico rito pieno di nostalgia verso la terra che lasciano.

I pastori

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori

lasciano gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all’Adriatico selvaggio

che è verde come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti

alpestri, che sapor d’acqua natia

rimanga ne’ cuori esuli a conforto,

che lungo illuda la lor sete in via.

Rinnovato hanno verga d’avellano.

 

E vanno pel tratturo antico al piano,

quasi per un erbal fiume silente,

su le vestigia degli antichi padri.

O voce di colui che primamente

conosce il tremolar della marina.

 

Ora lungh’esso il litoral cammina

la greggia. Senza mutamento è l’aria.

Il sole imbionda si la viva lana

che quasi dalla sabbia non divaria.

Isciacquio, calpestio, dolci romori.

 

Ah perché non son io co’ miei pastori ?

Verso la fine dell’ottocento e nella prima parte del novecento divenne forte l’emigrazione verso l’America e verso la Francia. Chi andava in Francia era soprattutto per fare il boscaiolo: si vede che gli abitanti delle Corti, come in genere tutti i nostri montanari, erano particolarmente ricercati. Molti, dopo una vita d’intenso lavoro e di sacrifici all’estero, al ritorno al paese natio potevano fare una vita dignitosa. Dopo la seconda guerra mondiale, il flusso migratorio inarrestabile si diresse verso luoghi diversissimi anche verso città italiane.

"Mio padre è stato emigrante in Francia ai Pirenei, lavorava come fabbro; fu proprio svolgendo questo lavoro che gli si conficcò una scheggia di ferro nell’occhio. Eravamo nel 1932: ha lavorato poi ancora in Francia come taglialegna con altri del paese. Da giovane è stato in America a lavorare; quando tornò aveva risparmiato qualcosa che gli permise di comperare un pezzo di terreno dai Rinaldi. A quei tempi era una bella conquista perché la terra era una gran risorsa, la principale. Ci si seminava, ci si pascolava le mucche. Era un onesto e attivo lavoratore, un uomo di famiglia che pensava a risparmiare per farsi qualcosa di più, per farci star meglio.

Da giovane era rimasto orfano dei genitori, per questo ha dovuto fare sacrifici e avere tante privazioni; da ragazzo doveva andare scalzo e un chiodo gli provocò un’infezione ad un piede. Noi tutti in famiglia lavoravamo: un anno avevamo seminato tanti campi a grano avendoli prima vangati , naturalmente con il solo aiuto delle nostre forze. In certi periodi non c’erano gli alimenti soliti che venivano dalle mucche, questo accadeva quando la mucca doveva partorire. Avevamo potuto fare qualche lavoro utile alla nostra terra, come incanalare l’acqua per risanare i nostri campi e questo grazie ad un finanziamento che ci fece prendere l’impiegato Bentivoglio della Bonifica Montana: ci diede anche la possibilità costruire muri di sostegno e recinzioni nei nostri campi. Un anno raccogliemmo io e mio fratello(l’altro era ai Toschi come mulattiere) 48 quintali di castagne tutti portati a spalla, le avevamo messe a seccare nell’essiccatoio dei "Levi" e in quello dei Rinaldi; quando si battevano c’era tanta gente. Mio padre durante la prima guerra mondiale era a Rimagna come guardiano della Centrale; io gli lavavo le calze: erano tanto grosse che non mi stavano in mano. Morì nel novembre del 1935".(53)

In quest’ultimo secolo era molto forte anche l’emigrazione delle ragazze giovani che si recavano in varie città a fare vari lavori domestici presso famiglie ricche a Milano, La Spezia, Genova, ecc.

La Chiesa vedeva in modo negativo tale fenomeno: lo si può recepire leggendo per esempio il Sinodo diocesano parmense del 1930.

Non aveva torto perché l’emigrazione portava allo sradicamento delle antiche tradizioni, rendeva liberi di pensare diversamente da quello che era la cultura cristiana di queste zone. Gli emigranti venivano a contatto anche con dottrine notevolmente avverse alla fede cattolica come le dottrine anarchiche - socialiste.

Il Sinodo diocesano celebrato nel 1930 dà questi indirizzi per l’emigrazione(traduco quasi letteralmente).

  1. In primo luogo i fedeli siano esortati a non lasciare i loro campi che fino ad oggi hanno dato sostentamento ad intere generazioni.
  2. Se proprio intendono emigrare, prima che partono, i pastori li ammoniscano sui pericoli per la propria religione, per i costumi e anche per il loro bene materiale. Li attenderanno uomini avidi che li spremeranno.
  3. Il parroco faccia conoscere all’ufficio per l’emigrazione diocesana quanti sono i partenti, la loro età, il loro lavoro e dove sono diretti.
  4. Prima di partire li chiami in chiesa per una particolare celebrazione. Le parole dette dal sacerdote in quell’occasione non le scorderanno facilmente data l’occasione in cui lasciano parenti, amici, affetti, la patria.
  5. I parroci li aiutino a ricevere i sacramenti prima di partire per rafforzarli nella professione di fede avuta dai padri.
  6. Una volta partiti, non siano abbandonati ma i parroci tengano con loro un commercium epistolare per aiutarli ancora con consigli opportuni. Facciano loro avere, se possibile, notizie della propria parrocchia inviando, per esempio, il giornalino parrocchiale. Li aiutino ad incontrarsi con i missionari per gli emigranti "ne sensim sine sensu fides tandem elangueat atque extinguatur".
  7. I parroci preghino per loro e facciano preghiere in chiesa ogni domenica "pro fratribus nostris absentibus : salvos fac servos tuos, Deus, sperantes in te".
  8. Quando ritornano i parroci col loro ministero cerchino di purificarli di tutte le cose sbagliate che hanno apprese. Li esortino a ricevere i sacramenti e rendano grazie a Dio per il loro ritorno
  9. In particolare si presti attenzione alle ragazze che lasciano la coltivazione dei campi e la semplicità della vita domestica per andare nelle città. Possono perdere la loro innocenza facilmente. E subire il nefasto fascino del lusso. Cerchino di fortificarle affinché non vadano a finire in braccio ai predoni del loro onore (54)

Il vescovo Evasio Colli, come si deduce dal documento, insieme al suo clero aveva visto quali pericoli erano contenuti nell’emigrazione per la fede cattolica. Spezzare le radici con la propria terra voleva dire spezzare le radici con la propria identità cristiana. Anche quando l’emigrazione si volgeva all’interno dell’Italia, come avverrà dopo la seconda guerra mondiale, l’emigrante con facilità s’imbatteva anche in idee che promettevano giustizia contro secoli di sfruttamento ma insegnavano pure dottrine avverse alla Chiesa. I papi condanneranno queste dottrine non in quanto volevano la giustizia sociale ma per i principi contrari alla fede.

La diffusione d’idee antireligiose.

 

Il marxismo diede vigore alla lotta per la giustizia sociale in maniera più organica di quanto fino a questo momento non avevano fatto le teorie del cosiddetto socialismo utopistico o anarchico.

Marx aveva affermato che non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la coscienza. E’ l’idea del materialismo storico secondo cui la struttura economica determina la sovrastruttura, culturale e giuridica e politica della società. Sono così i rapporti di produzione che s’instaurano trai membri della comunità che determinano le filosofie e non viceversa: quelli che per Marx sono i grandi attori della storia, le classi sociali, nobiltà, borghesia, proletariato, si caratterizzano non tanto per le ideologie, quanto per i differenti ruoli economici giocati nella società e, in questo senso, il conflitto ideologico (e filosofico) non è che l’espressione mascherata della lotta per la conquista dei mezzi di produzione.

Capovolgendo l’idealismo di Hegel (da cui prende il metodo dialettico), Marx sostiene così che il mondo dello spirito è il riflesso dell’organizzazione materiale della società: per esempio, non è il liberismo economico che, conquistando le coscienze, induce gli uomini all’organizzazione produttiva tipica del capitalismo, ma al contrario, è quest’ultimo che crea la sua ideologia, informando di sé i caratteri del vivere associato.

Si tratta di un determinismo sociale totale, l’uomo non è persona ma struttura. In questo pensiero l’esistenza di Dio e di conseguenza della religione è solo il prodotto della coscienza di una certa classe sociale. Per Marx la religione è destinata a scomparire nel momento in cui si cambierà la struttura economica. Per il momento è solo oppio del popolo che ne ha bisogno perché vive in un realtà sociale alienante. Lenin aggiungerà che la religione è oppio per il popolo cioè creata apposta per il popolo dalla classe dominante per meglio dominare la classe subalterna .

I vari partiti socialisti, che si ispireranno al marxismo, prenderanno pure tali principi sulla religione. Chi la combatterà in modo violento(Lenin, Stalin,…) in quanto rappresenta un freno per l’evoluzione della società verso il socialismo e chi la combatterà culturalmente(Gramsci,…), sapendo che scomparirà da sola quando sarà completata l’evoluzione sociale economica della società.

La Chiesa nella sua gerarchia e nei suoi preti, guardando a questo aspetto non trascurabile, non poteva che combattere questa ideologia. Molti fedeli della Chiesa vedendo il bisogno enorme di una maggior giustizia sociale aderivano ai vari partiti socialisti, sentendo però di avere contro la Chiesa che li aveva battezzati. E’ un grosso equivoco che ancora alle soglie del duemila non è stato dissolto specialmente dove non c’è stata una vera formazione culturale per conoscere la dottrina marxista e per conoscere i documenti della Chiesa in campo sociale e il Concilio Vaticano secondo. Continuerà il pregiudizio fino a quando, con umiltà, non si prenderà in considerazione la necessità di rivedere la propria cultura. L’aspirazione alla giustizia sociale e una destinazione universale dei bene non è contraria alla fede, anzi è un modo concreto di esprimerla. Bisogna però accettare la fede non come qualcosa creata dall’uomo ma divinamente rivelata da Dio per dare la salvezza globale alla persona .

 

 

L’ateismo

 

L’epoca contemporanea ha portato un’altra filosofia che si messa direttamente contro la religione che sul nostro territorio è quella cattolica. La gente non è cultrice di filosofia ma l’ateismo almeno pratico è entrato nell’orizzonte culturale delle persone del nostro tempo. E’ possibile vivere una vita prescindendo da Dio, come se Dio non ci fosse , oppure avere l’idea chiara che il mondo si è fatto da sé senza la necessità di dover ammettere l’esistenza di Dio.

La Bibbia e il catechismo Della Chiesa hanno insegnato che Dio è l’essere perfettissimo, Creatore e Signore del cielo e della terra. La dignità dell’uomo si basa in primo luogo sulla chiamata dell’essere umano alla vita e alla comunione con Dio. Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo nell’altra in Paradiso. L’uomo fin dall’inizio è stato creato per entrare in dialogo con Dio ( la Bibbia ci dice che ogni mattina Dio scendeva nel giardino per parlare con Adamo ed Eva prima del peccato, prima della rottura della comunione con lui.

L’uomo non solo è stato creato da Dio ma è creato da Dio ora : la creazione è in atto in questo momento in cui leggo. Dio per amore mantiene nell’esistenza le sue creature sia spirituali che materiali. Se l’uomo si affida liberamente a Dio, se non vuol fare il viaggio verso il mistero senza Dio, si salverà , raggiungerà la salvezza cioè la piena espressione della sua persona.

Nel mondo contemporaneo diversi rifiutano questo legame per motivazioni molto varie portanti ad un unico risultato che è quello di creare una società priva di Dio e dunque priva di valori veri fondati in ultima istanza su Dio creatore e salvatore dell’uomo.

Alcuni negano esplicitamente Dio anche usando argomenti razionali. In effetti le cosiddette prove razionali tomistiche e agostiniane hanno il loro valore per aiutare la comprensione della fede in chi la fede già ce l’ha per far vedere l’intima ragionevolezza della fede professata.

Altri ritengono che l’uomo non possa dir niente di lui. Diventa una posizione agnostica. In fondo anche Kant ha abituato a questo modo di porre il problema : non si può dire nulla di Dio con la ragiona pura perché Dio appartiene al noumeno che va al di là delle categorie mentali in possesso dell’uomo : dio però è fortemente voluto dalla ragione pratica . necessario per fondare l’ordine dei valori e dei fini.

Altri ritengono che sia un problema privo di senso sempre perché non affrontabile con la ragione di tipo scientifico che suppone sempre la possibilità di sperimentare quanto viene affermato.

Altri ritengono che solo il metodo scientifico possa portare delle certezze razionali. La scienza in mano di tali pensatori diventa scientismo cioè una filosofia che come tale esce dal metodo scientifico. Sempre guardando al metodo scientifico arrivano ad affermare il più puro relativismo, la scienza come tale non potrà mai portare a delle affermazioni apodittiche.. Se dal punto di vista filosofico non è possibile raggiungere delle verità certe ben difficilmente può essere accattata l’affermazione di una verità come l’esistenza di Dio e di un mondo di valori. .

Alcuni esaltano talmente i valori umani, l’umanesimo che sono gelosi dell’affermazione di un Dio che verrebbe a limitare la potenza, la grandezza, la libertà dell’uomo. In questo orizzonte la negazione di Dio diventa un’opzione più che una dimostrazione razionale. Penso all’ateismo di Satre.

E’ tutto un mondo di pensatori che nega Dio o l’ignora in nome di una morale laica. Un’iniziativa del quotidiano Avvenire è stata volta a stilare una specie di decalogo lai. Sono stati invitati a questo esponenti del pensiero laico italiano, Lucio Colletti, Armando Plebe, Mario Tronti, Salvatore Veca.

IL DECALOGO LAICO

 

Ama il tuo dio e sii fedele a te stesso.

Non esiste una sola verità

L’etica laica si riconosce nei vangeli ma senza dogmi.

Onora le istituzioni che ne sono degne e sii leale con chi merita fiducia.

Non uccidere

La buona politica sta dalla parte degli sfruttati e dei deboli.

Non rubare

Non divinizzare e non demonizzare.

Guardati dalle etichette se tieni ai contenuti.

Rispetta i diritti fondamentali degli uomini

 

Altri si sono creati una tale immagine di Dio, dietro una cattiva informazione avuta a catechismo, dalle famiglie, dai media che la loro negazione di Dio più che una vera negazione del vero Dio è la negazione del fantoccio che hanno sempre avuto dinanzi al loro pensiero.

Per altri l’ateismo nasce da un senso di protesta nel vedere il male e l’ingiustizia che c’è nel mondo. Vorrebbero vedere Dio all’opera per correggere continuamente la sua creazione per quanto riguarda almeno i mali dell’uomo.

La stessa civiltà moderna , non in se stessa ma in quanto troppo irretita nel concreto, nell’immediato, rende più difficile l’accesso a Dio. In questo caso chiaramente l’idolatria sostituisce il vero Dio. Si idolatra un bene fino a farlo diventare assoluto.

Se nel mondo l’ateismo si è diffuso è stato anche per colpa dei credenti che hanno offerto al mondo l’immagine di una fede devozionale che a non aiutava a risolvere i problemi dell’uomo. L’ateismo è stato una reazione critica alle religioni. Che senso ha praticare una religione se i problemi rimangono e se i credenti, invece di essere i primi ad accorrere in aiuto del prossimo, sono proprio gli ultimi o addirittura si tirano indietro? I difetti della vita religiosa dei credenti, della morale praticata, della propria vita sociale ha convinto dell’inutilità dell’affermazione dell’esistenza di Dio se deve portare a tali frutti.

C’è poi un ateismo pratico, che è il più diffuso e in fondo, anche il più pericoloso ,di tutti coloro che conducono un’esistenza senza riferimento a Dio. Anche le stesse legislazioni degli stati europei vanno per questa strada. Quando si tratta di legiferare, non si guarda più se una legge va o no contro la coscienza di un credente ma quanto serve quella legge e quale impatto può avere sul corpo elettorale. In pochi anni è stata demolita completamente la res publica christiana nelle strutture più profonde come la famiglia secondo la legge naturale.

C’è un ateismo sistematico cioè eretto a sistema sia mentale che sociale. I vari marxismi che sono giunti al potere hanno fatto questa operazioni educando intere generazioni alla negazione di Dio, portando frutti devastanti quando poi il potere è caduto. Questo è stato fatto in nome della libertà ben convinti, come abbiamo detto, che la religione, specialmente cattolica, sia stata l’ultima trovata dei capitalisti per mantenere le classi subalterne in condizione di inferiorità. La liberazione dell’uomo avverrà quando si realizzerà la liberazione economico-sociale dell’uomo. La religione, per natura, sua è contraria a questa liberazione perché proietta la speranza dell’uomo in un futuro che va oltre il tempo. La religione deve essere combattuta con tutti mezzi anche con l’eliminazione fisica dei capi.

In molti popoli del mondo tali regimi sono caduti ma l’idea che la religione sia contraria al benessere dell’uomo rimane. Anche da questi pochi accenni si capisce come sia stato mancante in molti un vero approccio, onesto, alla religione. Si vedrebbe che la religione, correttamente intesa, tende a valorizzare la spiritualità dell’uomo cioè la sua persona, la sua dignità, la sua progettualità , i suoi sentimenti, il senso della giustizia e della pace. Questi valori sono necessario supporto per una vera lotta di liberazione dell’uomo. Anche il cristiano è convinto che la libertà è un valore irrinunciabile per l’uomo ma che non esiste allo stato puro: la Bibbia non parla di libertà in quanto è solo un futuribile ma di liberazione che è fatta di tante concrete e graduali realizzazioni.

 

Il Sinodo diocesano parmense (XIX), 1914 :errori condannati

 

Il Sinodo si svolse il sei, sette , otto ottobre del 1914 indetto dal Vescovo di Parma, Guido Maria Conforti. L’ultimo era stato convocato dal Vescovo Domenico Maria Villa nel 1878. Da quell’epoca i problemi sociali si erano acutizzati, il capitalismo si era enormemente sviluppato, gli stati correvano verso un imperialismo sfrenato che li porterà alla prima guerra mondiale, dilagante era diventato il fenomeno dell’emigrazione. La Chiesa, però, era fortemente preoccupata per dottrine avverse che si andavano affermando e che sembrava portassero alla distruzione del patrimonio stesso della fede. Il vescovo, fondatore dei Missionari Saveriani, pensa che sia giunto il momento per fare chiarezza su tanti punti e per scegliere, insieme con i suoi preti, le strategie pastorali per affrontare le nuove situazioni. Diamo solo qualche accenno sulle dottrine che mettevano in discussione la fede dei cattolici, per chi intende approfondire penso che il sinodo è ricco di tanti suggerimenti ancora attuali.

Nel capitolo IV parla dei pericoli contro la fede e mette in guardia i cattolici dal leggere pubblicazioni e partecipare a conferenze o a iscriversi ad associazioni che sono contrarie alla Chiesa. Passa poi a parlare dei fenomeni contemporanei con le loro dottrine.

L’ipnotismo. E’ condannato perché libertate hominem privet , priva l’uomo della sua capacità di volere e di decidere.

Lo spiritismo

Il Sinodo dà la definizione: "Comunicazione con gli spiriti, dai quali un medium riceve rivelazioni e con i quali conversa". Riporta poi la condanna del Deuteronomio: "Non si trovi in mezzo a te chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia; né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa tali cose è in abominio al Signore"(Dt 18,10-11) Altri testi biblici paralleli danno lo stesso divieto (cfr. Lv 20,27;Lv 19,26) .Nonostante la Chiesa abbia sempre condannato il fenomeno, ancor oggi è visto con indulgenza. Nella migliore della ipotesi non è che un imbroglio a danno dei semplici..

Il modernismo

Gli ispiratori del movimento che ebbe enorme importanza agli inizi del secolo, sono stati Luciano Laberthonnière, Alfredo Loisy, Eduardo Le Roy. In Italia assunse specialmente la forma della critica biblica (Salvatore Minocchi ed Ernesto Bonaiuti) e della critica politica (Romolo Murri). I capisaldi del movimento possono essere così sintetizzati:

  1. Dio si rivela immediatamente(senza intermediari) alla coscienza dell’uomo. Intende trovare Dio e il soprannaturale nella coscienza dell’uomo annullando la distanza tra Dio e la natura e tra Dio e l’uomo.
  2. Dio è soprattutto un principio d’azione e l’esperienza religiosa è soprattutto un’esperienza pratica.
  3. I dogmi non sono che l’espressione simbolica ed imperfetta, perché relativa alle condizioni storiche del tempo in cui si costituiscono, della vera rivelazione, che è quella che Dio fa di se stesso alla coscienza dell’uomo.
  4. Alla Bibbia vanno applicati senza limitazione gli strumenti d’indagine di cui dispone la ricerca filologica: il che vuol dire che essa va studiata come un documento storico dell’umanità, sia pure di carattere eccezionale e fondamentale.
  5. Il cristianesimo non può condurre, nel campo della politica, alla difesa dei privilegi del clero o di altri gruppi sociali ma solo al progresso a all’ascesa del popolo, la cui vita nella storia è manifestazione della stessa vita divina.

La Chiesa era talmente impegnata nella lotta contro questa eresia moderna che anche persone eccellenti furono accusate di modernismo. Ricordiamo quanto dovette soffrire il Beato Cardinal Ferrari non compreso neppure dal papa di allora pure santo Pio X che gli negò udienza a lungo.

Il Socialismo

Il movimento politico è condannato perché propugna idee contrarie alla fede(l’ateismo), contro il diritto naturale(la proprietà privata)e contro lo stesso bene degli operai che ne subirebbero danni gravissimi. Il sinodo ripete quanto detto nell’enciclica di Leone XIII, la Rerum Novarum e indica i veri mezzi per migliorare la giustizia sociale secondo l’insegnamento della Chiesa.

L’impegno per la giustizia sociale ha attraversato la Chiesa in tutto il nostro secolo. Mai come nel nostro tempo la Chiesa si è impegnata a fondo su questo campo, spesso compromettendosi e rischiando di essere considerata di parte. Propongo una pagina di un profeta contemporaneo, Dom Helder Camara.

Pur continuando ad assistere il povero con alimenti, vestiti, medicine, case, dobbiamo capire che la grande carità, ai nostri giorni, consiste nel volgere i nostri sforzi alla promozione della giustizia.

Il grande scandalo del secolo è che più dei due terzi dell’umanità si trovano in condizioni subumane, privi di cibo, di vestiti, senza casa, senza salute, senza lavoro, senza avvenire, senza speranze.

Il grande scandalo del secolo è un piccolo gruppo di nazioni sempre più ricche, mentre la maggior parte dell’umanità diventa sempre più povera.

Il grande scandalo del secolo è l’esistenza, nelle nazioni povere, di gruppi ricchi, che conservano la ricchezza calpestando la maggior parte dei propri connazionali; è l’esistenza nel mondo di popoli privilegiati che detengono la ricchezza al prezzo della miseria dei popoli sottosviluppati.

Il grande scandalo del secolo sono le zone di povertà all’interno dei paesi ricchi.

Il grande scandalo del secolo è chiudere gli occhi alle ingiustizie che scavano una distanza sempre più grande tra un esiguo gruppo di nazioni opulente e la massa enorme di nazioni oppresse.

Il grande scandalo del secolo è, da parte degli Stati ricchi, lo sforzo di distogliere l’attenzione dalle strutture di ingiustizia che soffocano milioni e milioni di figli di Dio, adducendo false ragioni della miseria nelle nazioni povere, come la famosa esplosione demografica. Ciò che esiste davvero è l’esplosione dell’egoismo!

Non c’è superproduzione. C’è sottoconsumo da parte di milioni di poveri a causa del nostro superegoimo!

Il grande scandalo del secolo è che si continua lo sperpero nel fabbricare guerre, le quali – tutti lo sappiamo – polverizzano somme che permetterebbero di creare un mondo più giusto e più umano.

Il grande scandalo del secolo è che stiamo viaggiando verso altri pianeti, lasciando sul nostro pianeta più di due terzi di abitanti nella miseria e nella fame". (55)

L’azione cattolica

 

Alla fine del secolo scorso per far fronte alle difficoltà che provenivano dalla società liberale che intendeva ignorare la Chiesa, i cattolici incominciarono a riunirsi e dar vita avarie associazioni(in particolare l’opera dei Congressi) che avevano anche scopo politici, tanto che confluirono poi nella costituzione del partito popolare all’inizio di questo secolo.

Queste associazioni denotano veramente che un’epoca era cambiata. Prima la Chiesa sapeva di appartenere ad una società che era fondamentalmente cristiana, ora sa che ci sono forze e movimenti avversi. La Chiesa deve far fronte preparando bene i suoi fedeli fin da piccoli per fortificarli di fronte alle difficoltà che incontreranno a vivere la fede. Le associazioni del passato(confraternite) dovevano impegnarsi per il culto, per le chiese, per la recita delle preghiere; le nuove associazioni dovranno difendere la Chiesa dagli assalti della cultura moderna e preparare in modo completo i fedeli stessi per lottare contro gli avversari. Il concilio plenario della regione Emilia e Romagna del 1932( a Parma c’è già come vescovo Evasio Colli), parla al capitolo decimo dell’Azione Cattolica.

  1. I parroci promuovano l’Azione Cattolica soprattutto nei settori giovanili dando ad essi l’assistenza dovuta.
  2. I parroci sono tenuti per obbligo grave a istituire l’Azione cattolica. I negligenti o i contrari siano ammoniti, siano perseguiti con pene e se necessario, rimossi dal loro incarico.
  3. Dato che l’Azione cattolica è un genere di Apostolato laicale in servizio alla gerarchia, vi siano iscritti solo quelli che conoscono bene la religione e siano esemplari per costumi e pietà. Apostoli bisogna e sembrare ed essere . (Apostolos et videri et esse revera eos oportet).
  4. L’azione cattolica di pende direttamente dal vescovo attraverso il parroco e gli uffici diocesani.
  5. Quelli che sono iscritti devono condurre una vita spirituale e sociale esemplare. Questi sono i doveri: frequentare l’istruzione parrocchiale essere di aiuto nelle sacre funzioni, vivere i sacramenti, dare la collaborazione per tutto quello che riguarda l’Apostolato, proposto ed inculcato dal vescovo.
  6. Ogni anno gli iscritti, soprattutto i giovani, facciano gli esercizi spirituali e ogni mese il ritiro mensile.
  7. Sia favorita e istituita l’Azione cattolica negli alunni dei collegi cattolici.
  8. Le religiose che conducano vita attiva promuovano l’adesione all’Azione cattolica tra le loro giovani.
  9. In particolar modo gli Ordini terziari, le confraternite, l’Apostolato per la preghiera con forza preparino i loro adepti per essere membri dell’Azione Cattolica.
  10. Ci sia un giornalino diocesano dell’Azione cattolica(56).

Dove l ‘Azione cattolica sarà forte, le parrocchie rifioriranno di iniziative varie sia formative che sociali. Già da piccoli erano aiutati a vivere con entusiasmo il senso di appartenenza a questo movimento ecclesiale: catechesi particolare, distintivi, premi per la dottrina cristiana, rappresentazioni, il grest nel periodo estivo. Ai giovani veniva insegnata la meditazione quotidiana, erano aiutati a ricevere i sacramenti ogni settimana, a fare spesso la direzione spirituale, i riti mensili e gli esercizi annuali. Tutto questo l’ho vissuto ancora di persona come giovane prete nella parrocchia di Fornovo. La parrocchia poteva veramente contare su persone preparate e dedite alla causa del Vangelo e all’Apostolato. Inoltre l’Azione cattolica offriva i quadri per il partito cattolico che rimase tale fin quando i suoi dirigenti erano stati preparati nelle fila dell’Azione cattolica . La Chiesa di questo secolo che si chiude fu debitrice per la su fecondità alla Azione cattolica.

Era uno strumento adeguato per un’epoca, almeno fino al Vaticano II. Ora, dove c’è, continua la sua missione di collaborazione stretta con la gerarchia anche se ci sono una pluralità di movimenti che hanno tutti diritto ad esistere all’interno della Chiesa con pari dignità. Sono segno dei tempi che sono cambiati, le sensibilità sono pure cambiate, i gruppi sono spesso frutto di elezione da parte dei fedeli più che favoriti da una determinata parrocchia. Bisogna prendere atto che la comunità, pur impiantata in un territorio, va al di là del territorio.

Nelle Corti ci furono vari tentativi per operare con l’Azione cattolica ma portarono scarsi risultati. Ci provò don Lucchi a Lugagnano, don Cavatorta a Monchio e altri.

Mi chiedo come mai non è attecchita e alla prima difficoltà si è sciolta o comunque non è riuscita a coinvolgere i giovani . Penso che la risposta sia la stessa sul perché della limitata partecipazione dei giovani ai sacramenti. La realtà di paese è sempre molto condizionante: o ci sono tutti o non c’è nessuno. Ci rendiamo conto che la carenza di questa associazione nel passato ha portato frutti negativi in quanto non ha fatto sentire il profondo senso di responsabilità che i fedeli dovrebbero avere per condurre avanti le varie attività della parrocchia e della Chiesa.

 

Una nuova forma di religiosità : la solidarietà tradotta in istituzioni benefiche a favore dell’umanità che soffre o che ha bisogno

 

E’ arrivato il momento di chiedersi che fine ha fatto il cristianesimo praticato per secoli. La partecipazione è ridotta (come in città o forse a livello ancor più basso). Tutti affermano ancora la loro appartenenza alla Chiesa cattolica ma, di fatto, sono anni che non partecipano più alla vita cristiana sacramentale. Al turista può sembrare che la gente sia presente numerosa, ma questo avviene perché alla domenica i paesi si ripopolano. E’ rimasta la fede nel cuore di tanti? Difficile dire; è rimasta la pratica delle religione? Solo in determinate festività o funerali, però vissuta da lontano o da esterni senza farsi in alcun modo coinvolgere. Penso però che sia presente un sentimento religioso profondo, una religiosità che si esprime in modi e forme diverse dal passato.

Una caratteristica della religiosità contemporanea è la frammentarietà. Permangono ancora le feste popolari che non sono però più attese come un tempo; sono vissute solo da una parte della popolazione; rimane il gusto ancora di determinate manifestazioni religiose come le processioni ma non sono più l’espressione corale delle fede. Molti adulti e giovani non partecipano più. In tanti c’è ancora la richiesta di pellegrinaggi. Nessuna manifestazione religiosa coinvolge la quasi totalità anche se tutti sono stati battezzati.

 

C’è un consenso abbastanza generalizzato su una religiosità che possiamo dire laica quando si tratta di aderire a iniziative per il bene dell’uomo come l’AVIS dove peraltro in tante sezioni della provincia c’è stata inizialmente l’opera di dedizione generosa di preti che hanno fondato le sezioni

La sezione AVIS di Monchio viene fondata nel 1973 da Don Romano Orlandini e da un gruppo di giovani volontari. Dopo aver vinta una iniziale diffidenza, la sezione conosce momenti floridi. Nel 1979 don Orlandini viene trasferito a Beduzzo, assume la presidenza Mavilla Roberto, poi Boschetti Giuseppe, poi Lazzari Graziano e attualmente Barlesi Giuseppina . L’associazione, oltre l’attività sua propria, ha promosso un’opera di sensibilizzazione nelle scuole e attività ricreative come la Camminata AVIS, feste , gite, premiazioni.(fig.244).

Nell’arco dell’anno, si è arrivati a fare circa 120 donazioni, media interessante, vista a livello nazionale e tenendo conto della popolazione. Il nuovo consiglio per rivitalizzare l’opera promuove una nuova campagna di sensibilizzazione e la predisposizione di una nuova sede con sala per i prelievi che viene inaugurata nell’ottobre del 1999.

L’abbiamo chiamata religiosità laica perché anche in persone non praticanti c’è questa attenzione ai problemi nell’uomo ("ogni uomo è mio fratello", " non c’è amore più grande di colui dona la vita per i fratelli").

Sono sorti in questi ultimi decenni gruppi al centro e nelle varie frazioni per programmare iniziative benefiche e per organizzare il tempo libero come la CROCE ROSSA(fig.245), il COMITATO PER GLI ANZIANI(fig.246), il COMITATO PRO CASAROLA(fig.247) la PRO LOCO di Rigoso(fig.248), la SPORTIVA di Rimagna(fig.249), la SPORTIVA di Pianadetto(fig.250). In tutti questi gruppi c’è lo spirito di far del bene al proprio paese. Chi si dedica al volontariato apprezza il valore della solidarietà. In fondo, sono risposte al comando di Gesù che dice di amare il proprio prossimo. Chi si dedica a qualcosa di volontario apprezza il senso della gratuità che in sé è un valore profondamente religioso.

Una particolare menzione in quest’ottica va data alla Croce rossa. E’ composta di volontari, che si mettono a disposizione con i mezzi che oggi ci sono per correre in aiuto ai malati. Il servizio di volontariato in questo campo richiede ai volontari tanto tempo da mettere da condividere. Quanti casi di persone trovatesi in gravi situazioni si sono risolti felicemente grazie all’intervento dei militi della Croce Rossa. I volontari vengono preparati per affrontare le emergenze. Penso che l’impegno gravoso sia condizionante la partecipazione. Sono veramente da ringraziare per le opere buone compiute: se sono fatte per amor di Dio sono da mettere alla pari degli atti di culto perché per il cristiano Cristo è presente in particolar modo nei sofferenti, nei malati.

Nei primi mesi del 1973, un gruppo di monchiesi si associa per fare richiesta di avere anche a Monchio una delegazione della CRI, per prestare soccorso ai feriti e agli ammalati che necessitavano di essere trasportati all’ospedale di Parma. Dopo aver espletato tutti gli atti richiesti dalla prassi, viene concessa l’autorizzazione a formare la delegazione locale; vengono indette le elezioni per le cariche sociali, da cui risulta eletto come presidente Don Euclide Agnesini e delegato Gianfranco Dazzi. Inizialmente l’autoambulanza usata viene fornita da Parma, successivamente, grazie alla generosità di tutta la popolazione, si acquista un novo mezzo e nel contempo cresce il numero dei volontari che si prestano per questo importante servizio.

Alla direzione della delegazione subentra poi Bacchieri Cortesi Olinto con Zanni Umberto, poi Agnesini Emilio con Battaglioli Battistino, successivamente ancora Agnesini con Sandei Gino; in questo ultimo periodo sono subentrati Rozzi Lorenzo e Pigoni Gianni come amministratore.

In tutti questi anni, hanno svolto un prezioso servizio complementare coloro che si sono prestati a fare da centrale operativa per le richieste di soccorso: all’inizio la trattoria "Da Berto", poi il bar Ciambellino, poi la trattoria Mariotti, attualmente il personale della Casa Protetta di Monchio che ha accettato di collaborare con le sezione dell Croce Rossa per rendere il servizio più efficiente e rapido.

 

Come attenzione verso gli anziani, sorto il Comitato Anziani, gruppo costituitosi nel 1991.

Compongono l’organismo dirigente, Giovanni Bacchieri (presidente), Luigi Ricci(vicepresidente), Luisa Pioli(coordinatrice). Sono soci tutti gli anziani del comune che lo desiderano, attualmente sono circa 50.

Lo scopo è umanitario – sociale per dare agli anziani la possibilità di ritrovarsi insieme rafforzare l’amicizia, vivere quei valori che la società di oggi sta dimenticando anche nei nostri paesi. In particolare, si sono privilegiate le feste per varie ricorrenze, gite, soggiorni al mare in Liguria, cure termali a Monticelli, un convegno per la popolazione anziana con autorità e persone competenti. Il comitato è stato presente con la sua fattiva partecipazione per organizzare l’inaugurazione della Casa Protetta e per varie iniziative svolte all’interno.

Per l’attenzione al malato e all’anziano, i monchiesi pellegrini a San Giovanni Rotondo sono rimasti fortemente impressionati dallo spirito che anima la Casa sollievo della sofferenza voluta splendida da Padre Pio. Nelle membra che soffrono del Corpo Mistico di Cristo, è presente Gesù stesso.

 

I partiti politici

 

Volutamente non parliamo delle vicende dei cattolici e la politica perché ancor forti sono le passioni tra gli stessi abitanti delle Corti. Penso che anche qui come altrove non si è mai riusciti a far distinzione tra l’area religiosa e quella delle scelte politiche concrete. Spesso i malintesi e i rancori son nati da una mancanza di istruzione religiosa sulla dottrina sociale della Chiesa e su pregiudizi inveterati.

 

Un variopinto campionario di preti. Alcune note.

 

I fedeli hanno sempre visto un via vai di preti nelle Corti, come fosse un posto di passaggio. In realtà chi non ha scelto di venire qui oppure chi non è originario di questi luoghi si trova nel posto più lontano della diocesi di Parma almeno dal punto di vista psicologico. Lontano dalle riunioni, da momenti di aggiornamento, lontano da una certa comunione di vita con i confratelli si trova ad operare in condizioni meno gratificanti, anche se la gente è accogliente e premurosa pur nella diversa temperie spirituale.

Un tempo era più facile fare il prete in quanto trovava più collaborazione dalle famiglie, la gente giovane si fermava sul posto dopo le scuole medie, il prete rappresentava un’autorità quasi indiscussa. I preti che si sono susseguiti sono stati anche diversissimi come personalità e portati a esprimere il loro essere di preti in modi e forme molto diverse.

  Con queste pagine vogliamo mostrare il difficile mestiere di fare il prete in questi tempi e in queste zone, come del resto in ogni luogo . I vari sacerdoti succeduti in questi ultimi tempi hanno tentato tutte le vie per portare un cristianesimo più vero e per aiutare i fedeli a capire il cammino nuovo e di riforma interiore ed esteriore che la Chiesa di Dio chiede oggi. Sono tentativi da prendere con molto rispetto perché nati dalla buona volontà di dare una risposta ad una vocazione. Penso che guardando alla storia della Chiesa mai come nei nostri tempi i preti hanno cercato di fare il prete pur in mezzo a difficoltà più serie.

Facciamo un doveroso accenno su un sacerdote , nato in questa terra e figlio illustre di Rigoso.(fig.251)

Quaretti Mons. Dott. Don Guglielmo è nato il 28 dicembre 1879 a Rigoso da un’ottima famiglia benestante, fornita di un forte amore verso la religione cristiana. Sin dai primi anni diede segni di vocazione sacerdotale sull’esempio dello zio materno Don Domenico Dalcielo allora parroco di Rigoso dal 1863 al 1897. Entrò giovanissimo in seminario, ove sempre si distinse per studio, diligenza, semplicità e bontà di costumi.

Il 29 giugno ricevette l’ordinazione sacerdotale da Mons. Magani, il quale valutate le doti e la preparazione del giovane sacerdote, gli affidò subito la delicata carica di rettore del seminario di Berceto.

In quegli anni si laureò in teologia nel Collegio Teologico di Parma di cui fu poi membro. Rimase a Berceto fino a quando Mons. Conforti lo nominò, il 18 ottobre 1912, canonico della Basilica Cattedrale e gli affidò la cattedra di filosofia e di teologia nel Seminario di Parma.

Non soltanto insegnava, ma fu anche facondo oratore e pronto a portare sul pulpito la sua parola franca, semplice ed insieme sostanziata di seria cultura teologica - ascetica .

Un biglietto del vescovo Conforti inviato a mons. Quaretti:

Carissimo sig. Canonico,

confidando nell’efficace cooperazione della S.V. per la vostra buona riuscita del vostro prossimo congresso eucaristico, La prego a voler accettare di svolgere il seguente tema: "Il sacerdote e la S. Messa". La prevengo che dovrà parlare al clero.

Le accludo intanto per sua opportuna norma l’indice dei temi che verranno trattati.

In attesa di risposta affermativa cordialmente la saluto e la riverisco.

+ Guido M. Conforti

Parma, 4 aprile 1923

Il 13 novembre 1924 fu nominato Esaminatore Provinciale, definitore per i casi di Liturgia e membro della commissione relativa, Censore per la stampa e membro del Consiglio di vigilanza sul modernismo.

Fu più volte a Roma in udienza dal papa Pio XI. Fu assistente ecclesiastico dell’Unione femminile e poi della Federazione Giovanile Cattolica e fondò gruppi e circoli cattolici. Svolse anche la sua attività così solerte e feconda nella Congregazione delle Piccole Figlie di Gesù e di Maria, diventandone assistente ecclesiastico.

Amò profondamente la sua famiglia, i suoi monti, il suo paese, la sua gente. Lassù ci si accorgeva com’egli fosse il padre di tutti e tutti lo guardassero con stima ed affetto.

Di lui scrisse l’amico Prof. Don Almerico Guareschi: "Legato da un profondo nobilissimo attaccamento all’alpestre paese natio, seppe fargli un dono e lasciargli un’eredità quali pochi riescono a fare. Lesionata gravemente dal terremoto la vetusta squallida chiesa del suo caro Rigoso, egli con autorevoli aiuti si diede febbrilmente all’opera per ricostruirne una nuova più bella, più capace, più attraente e suggestiva. Ora il suo caro gioiello, grazioso monumento all’amoroso pio desiderio di Mons. Quaretti è oggetto unanime di ammirazione. Quella chiesa che con nobile maestà si eleva sopra le umili case circostanti e di cui il caro amico tanto si compiaceva, manifestandone con ingenuo candore un santo legittimo orgoglio, sembra oggi il luminoso compendio delle sue più alte aspirazioni".

Fin dal 27 agosto 1924 egli fece e rinnovò il suo testamento nel quale nominava erede dei suoi beni materiali la Congregazione delle Piccole Figlie e concludeva con queste parole: "Desidero che la mia salma, se sarà possibile, abbia sepoltura nella chiesa parrocchiale di Rigoso la cui ricostruzione ho curato con tanto affetto per i vivi e per i morti di quella cara parrocchia e che mi ha dato i natali e vorrei precisamente la mia sepoltura nella cappella dedicata al Sacro Cuore di Gesù".

Morì a Parma il 13 novembre 1926.

Lunedì 15 novembre alle ore 9 hanno avuto luogo in forma solenne i funerali di Mons. Quaretti. Prima dell’ora fissata i fratelli dell’estinto Cav. Pietro, Cleto, Nestore e la sorella Fiora e altri parenti si sono radunati in piazzale San Giovanni nel palazzo delle Chieppine per dare un doloroso saluto al loro congiunto. Nel vasto piazzale si radunava intanto una gran folla: il capitolo della cattedrale con l’officiante Mons. Pietro del Soldato, molti rappresentanti dei parroci della città e della campagna, Confraternite ed associazioni varie, rappresentanti della Prefettura, del Comune, del Tribunale, On. Micheli con la famiglia, il conte Rosselli, gli Ufficiali del Presidio e del Comando dei reali Carabinieri, vari rappresentanti delle scuole e di istituti nei quali Mons. Quaretti aveva avuto importanti cariche. Numerosissimi rappresentanze di amici venuti espressamente da Monchio, Palanzano, da Rigoso, Trefiumi e dei più importanti centri della nostra montagna.

Il corteo procede in cattedrale per la solenne officiatura. La Messa è celebrata seguendo il cerimoniale dei canonici. Trasportata dai familiari sul carro automobile, la salma venne accompagnata da un fitto stuolo di parenti e amici fino a Barriera Farini; dopo un eloquente discorso di Mons. Grassi e l’estremo addio di parenti e amici il carro proseguì alla volta di Rigoso.

L’autocarro, preceduto da un’automobile nella quale avevano preso posto il curato della parrocchia di San Giovanni, la Madre Superiora delle suore Chieppine, la signora Ester Quaretti, nipote dell’estinto che avevano assistito il defunto durante la sua malattia, iniziava la sua marcia sulla via di Langhirano, seguito da numerose automobili recanti parenti e amici. Ogni paese è una tappa per ricevere l’omaggio di fiori. A Palanzano il corteo deve sostare in mezzo alla popolazione intera con alla testa il Podestà e il parroco con vessilli e bandiere. A Isola due fitte ali di popolo tributano l’estremo saluto; così a Trefiumi e Rimagna dove tutta la popolazione segue il corteo per oltre tre chilometri, finché nei pressi di Rigoso, tra un turbinare di felci e di bandiere, appare tutta la comunità che attende il ritorno del Figlio diletto per riposare in quella terra che l’ha visto nascere e partire fra le più vive speranze. Il carro ha ridotto la velocità e prosegue fra canti di cordoglio, fino alla chiesa dove rimarrà per tutta la notte e in una radiosa mattina di sole, dopo l’ufficio funebre e dopo un solenne discorso di don Cervi, la salma viene portata e deposta nel piccolo cimitero. Seguono i discorsi di don Anelli, parroco di Trefiumi, del Cav. Igino Rinaldi. La mesta cerimonia si chiude nello splendido sole del mezzogiorno.(57)

 

Un altro prete, figlio di queste terre, morì in giovane età dopo molti sacrifici: Don Antonio Montali(fig.252)

"E’ morto Antonio Montali, arciprete di Rigoso , il "parroco partigiano", come lo chiamavano i nazisti, se pure, così mite e modesto, non poteva che far parte per se stesso; ma era di quella razza che si sente ancor del sasso e del macigno: sordo, quindi, a compromessi tra la croce e la svastica o alle comodità del doppio gioco. Per quanto reparti della Herman Goring, affluirono, in quel drammatico agosto 1944, su per la valle del Cedra, giungendo sino al Lagastrello e da Lagrimone cominciarono a bruciare paesi e ad esporre, lungo la strada, un congruo numero di impiccati, secondo chi prima capitava e a mo’ di esempio delle intenzioni del popolo-guida, furono i suoi fedeli a indurlo a darsi alla macchia, sapendosi che i preti della zona dovevano essere "prelevati" ed egli era capolista. Non a torto erano stati massacrati e uno arso vivo. Ma quando la "cicogna" che precedeva le truppe lasciò cadere qualche bomba su Rigoso e seppe che vi eran morenti, don Antonio non esitò un istante: mise i paramenti sull’abito di fustagno e marciò deciso al suo dovere, che poteva essere il sacrificio, il martirio. Passò tra i tedeschi attoniti e parve che il divino carico che portava, li scostasse stupefatti; ma silenziosi lo seguirono; e l’attesero. Di che egli non parve accorgersi; mentre confortava i moribondi; e sol quando li ebbe confessati, assolti e comunicati, e abbassate loro le palpebre sugli occhi ormai spenti, si risovvenne di sé. Ed ecco il montanaro riaffiorare nel sacerdote: salta dalla finestra, si abbandona giù per gli strapiombi, si salva: Miracolo. Lo vidi all’arrivo a Miscoso, paesino dai tetti paglia sul cucuzzolo di un monte, sorta di naturale fortilizio della Resistenza, e mi parve scorgere un fantasma, ché s’era sparsa la voce della sua esecuzione. Lontano si vedeva, dall’altro lato della vallata, ardere la sua canonica e per quanto tempo ne contemplai pensoso le rovine, quando, all’alba, svegliato per lunga e superstite consuetudine di studio, vegliavo in perlustrazione dai boschi del monte Acuto, vigilando i miei compagni, gioventù cupida del sonno. Tornato ai suoi parrocchiani, rovinato, si rifece la casa, facendo anche da muratore e da imbianchino: e cominciò per lui un altro periodo di sofferenze, fisso com’era nella tradizione di accogliere quanti transitavano per il valico senza possibilità di sistemarsi altrove, ospite fraterno a tutti: riducendosi a nutrirsi per mesi di minestra e di castagne, sorretto dal culto di Dio. Questa vita di privazioni e di rinunce si è ora conclusa, a trentun anni, dopo solo due giorni di malattia. Addio don Antonio". (58)

Una pagina della cronistoria di don Lucchi Giuseppe, parroco di Lugagnano dal 1940, delinea bene quali problemi un pastore doveva affrontare in quegli anni. Scrive ad un suo ipotetico successore . "Mio carissimo successore, grazia e pace !Penso a te in questo mio decennale, dacché sono a Lugagnano. Non so chi sarai, né quando verrai. Può anche darsi che tu mio successore, non sia ancora in seminario !...E perché no ! ?So una cosa solo: che verrai in nome del vescovo e quindi di Dio. Vieni volentieri !Come volentieri ti lascio il posto io , anche se questo mio cuore si sente un po’ attaccato alla chiesa e - diciamolo pure, un po’ confusamente - anche a Lugagnano: Vi ho tanto tribolato, sofferto, arrabbiato . Potessi almeno dire le parole di Gesù : "Arrabbiatevi , ma non peccate" - Ho pianto ! E tutto questo anche per te , o carissimo mio successore, perché avrei piacere che succedendomi trovassi un nido a posto, da non dovere pensare più che alle anime. Quanto andrei via più volentieri se ti potessi lasciare anche l’asilo, la casa per i giovani, la casa del pellegrino. (Mi spiace tanto che dei poveri passeggeri, abbiano da dormire nel fienile o nella stalla). Sono già anni che parlo ai fedeli dell’asilo . Ad ogni modo se non riuscirò io lo farai tu . Iddio ti aiuterà.

Credi che è bene che me ne vada per lasciare il posto a te che verrai con energie nuove, con entusiasmo, con generosità di propositi, fondato tutto questo sulla retta intenzione. Guai se ti mancasse questa! Inutile sarebbe ogni tuo lavoro. Vieni con tanta buona volontà. C’è tanto da fare. Se tu sapessi quanto te ne lascio da fare. Ed è un lavoro difficile, faticoso, sovrabbondante . Ma il Signore ti aiuterà, se sari generoso con Lui. Non darti alla vita comoda. Non goderesti il tuo sacerdozio. Non lasciarti prendere da false prudenze. No! c’è urgenza di lavoro. La prudenza falsa fa dormire .

Ora che tanti lavoracci materiali non li avrai più, cura tanto le anime . Chiedi molto da loro - cioè non accontentarti della semplice vita da cristiano, ma esigi la santità - e avrai poco. In questi anni ho lottato per togliere tanti abusi, basandomi su regole di liturgia, sul buon costume, su le sagge regole di pastorale. Non permettere che ritornino...Fra le altre usanze brutte - almeno fino a quando le famiglie non torneranno ad essere cristiane - ho tolto l’uso di sposarsi in domenica. Erano tanti gli inconvenienti che accadevano...Mi è costato lotte di anni. Non cedere. Te ne troverai contento. Tanti perdevano la Santa Messa ...

E l’Azione Cattolica sarà il tuo sostegno: Guai se non ne avessi avuto almeno un’ombra! Questo deve essere il tuo campo preferito. Credi che solo l’Azione Cattolica redimerà queste genti. Esigi molto .

La predicazione. Curala assai. La nostra gente ha bisogno di una predicazione continua e varia: uomini, donne, sacerdoti, frati di ogni ordine. Prendi tutte le occasioni per brevi corsi di predicazione, specialmente nella stagione invernale.

Così la stampa. E’ sempre stata il mio tormento e la mia grande preoccupazione . Insisti : Non spaventarti se te la rifiutano. Non è perché non la gradiscano: Hanno paura ma la leggono e fa del bene. Buone riviste: La madre, Famiglia cristiana, Orizzonti, Carroccio, Vita nuova, Gioia, Il Vittorioso, L’Avvenire di d’Italia settimanale .

E il catechismo? Da anni mi riesce farlo per dieci minuti dopo la Messa, alla balaustra, senza sostituirlo al Vangelo che viene fatto per altri dieci minuti durante la Santa Messa. Fallo interessando i parrocchiani con delle domande. Anche questo mi costò tanti sacrifici, ma il Signore mi aiutò nella riuscita: Fallo bene, curandolo molto e con qualche esempio.

Ciò a cui purtroppo in dieci anni non sono ancora riuscito è la visita al Santissimo Sacramento da parte dei fedeli. Sembra che abbiano paura di andare in chiesa, così la frequenza ai Santissimi Sacramenti. Forse è il rispetto umano. Più che una cura generale occorre una cura singolare. Vi riuscirai, perché sei pieno di buona volontà.

Ti saluto e mi ricorderò di te presso il Signore .

Il suo successore arrivò cinque anni più tardi: quello che scrisse cercò di mettere in pratica lui con molte difficoltà e pochi successi !

Riporto una pagina della Gazzetta di Parma del 13 maggio 1985 di Enrico Dall’Olio sull’opera di Don Lucchi durante la guerra di liberazione. "Il giorno innanzi (20 novembre 1944), era stato uno dei più terribili per la Val Cedra, che la storia non può dimenticare per due avvenimenti verificatesi nel monchiese. Infatti, se si è evitato un conflitto tra tedeschi e partigiani in quel di Vecciatica lo si deve al generoso pronto intervento di Don Giuseppe Lucchi il quale, venuto a conoscenza dal custode del bacino idroelettrico del luogo che i tedeschi stavano risalendo il monte Faggeto alla volta di Vecciatica, dove funzionava nella villa Vescovi l’infermeria dei partigiani inabili o feriti sotto la cura del dr. Everardo Carbognani, si precipitò da loro esortandoli a lasciare il posto in tutta fretta. – Ve n’erano – racconta don Lucchi – una ventina che conoscevo bene avendoli avuti per alcuni giorni ospiti in canonica, il mese prima. Ed erano a quell’ora, ancor nei primi sonni avendo vegliato quasi tutta la notte. Li svegliai e se non indico loro dov’era il Monte Faggeto andavano loro incontro, e invece si incamminarono verso Rimagna. Giunti i tedeschi sul luogo, entrarono nell’infermeria dove trovarono il nido vuoto: soltanto bende, medicinali e letti buttati all’aria. –

Ma la loro ferocia si scatenò nel pomeriggio facendo fuoco su una camionetta che transitava sulla Vecciatica - Lugagnano e così persero la vita sei poveri giovani. Furono ore di trepidazione anche per Antonio Savi allora parroco di Ceda, rifugiatosi la stessa serata nella canonica di Lugagnano, ma costretto a far ritorno nella notte al lume di lucerna perché i tedeschi l’aspettavano nella sua abituale residenza. E ciò tanto per continuare il calvario che era iniziato sia per lui come per i preti della zona, don Cagna, don Bottarelli, don Ceresini e don Montali, col rastrellamento del 1° luglio, quando furono catturati, relegati in un fienile, sottoposti ad interrogatorio e poi trasferiti a Parma."

A Don Lucchi arrivò un diploma di gratitudine e riconoscenza rilasciato ai sacerdoti dal Comando supremo delle Forze armata alleate nel Mediterraneo.(59)

This certificate is awarded to

Lucchi don Giuseppe

As a token of gratitude for and

Appreciation of the help given to the

Sailors, Soldiers and Airmen of the

Britih Commonwealth of Nations,

which enabled them to escape from, or

evade apture by the enemy.

H.R. Alexander

Field-Marshal

Supreme Allied Commander,

Mediterranean Theatre

1939-1945

 

Don Giovanni Lottici tentò un esperimento ardito per mantenere almeno un gruppo di giovani a Rigoso in modo che non emigrassero come tanti coetanei. Così è descritto dalla cronistoria di Rigoso tenuta da Silva Serenini già maestra di Rigoso in anni lontani.

Negli anni cinquanta e sessanta, i giovani del paese avevano poche prospettive. Se non erano tra i fortunati assunti dall’ENEL o dalla ditta di trasporti SORIT, emigravano come operai temporanei nella costruzioni di dighe e centrali elettriche. Le donne andavano a servizio in città. Don Lottici pensò di occupare le ragazze con un lavoro da svolgere qui: la fabbricazione di animaletti di peluche. Due ragazze del posto, Giulia Pacchiani e Caterina Bacchieri Cortesi più una giovane sposa, Maria Rio, riuscirono a confezionare delle bestioline così carine che don Giovanni le vendette a un grossista di giocattoli e riuscì ad avere altre ordinazioni. Anche tre ragazze di Rimagna, Marilena Stretti, Stefania Guatteri e Luciana Bruni furono assunte come lavoranti e don Lottici formò con tutte una società di nome L’Arca.

Costruì poi un locale tra la canonica e il campanile per sistemarvi i macchinari necessari, poi fece fare un garage tra la canonica e la chiesa per ospitarvi l’autofurgone che usava per il trasporto del materiale. Ma altri giovani chiedevano di lavorare e la sala della canonica risultava troppo piccola per tutti. Don Giovanni propose di acquistare parte dell’edificio scolastico, ma la popolazione si oppose, allora lui acquistò il terreno del Pratsèl e cominciò nel ’72 la costruzione di un edificio, adibito nel pianterreno ad opificio e sopra ad abitazione privata. Lavoravano nella fabbrica : Vincenzina Mavilla di Rimagna, Marisa Isi e Mirella Scala di Valcieca, Angelo Malmassari per poco tempo, Daniele Rossi, Mariangela Bacchieri Cortesie Rossella Torri. Don Giovanni amministrava la ditta, andava a Prato per la materia prima, a Parma per la consegna dei manufatti, aiutava le ragazze, si dava da fare per procacciare nuove ordinazioni. Dopo la sua partenza , le ragazze si trovarono senza materiale, senza aiuto, senza fondi e furono costrette a chiudere.

Quante piccole aziende ci sarebbero potuto essere anche sulle nostre montagne con una politica più lungimirante. Un prete ci aveva provato, ma i preti in un posto non sono eterni !

 

Un tentativo portato poi avanti con successo da laici e da preti, la corale. Così racconta la sua storia Rozzi Giacomo. La corale di Monchio ha le sue origini nei primi anni cinquanta ed è composta da una ventina di voci virili: la guida Gino Mansanti di Monchio. Partecipa ad alcune rassegne per cori e nel 1955 vince il primo premio al festival di Mossale (Corniglio) presentando due canti : La paganella e Il bell’uccellin del bosco. Successivamente, negli anni sessanta, il gruppo si scioglie per poi ricomporsi nel 1976 per interessamento di alcuni appassionati di canto popolare e con l’apporto di Don Romano Orlandini. La formazione muove i primi passi sotto la guida di Nicola Monti, tenore di fama internazionale, che a carriera conclusa, era venuto ad abitare a Monchio con la moglie Carla per motivi di lavoro e con tanta umiltà e passione iniziò a dare le prime nozioni di canto ai ragazzi del coro. Subito dopo il M° Monti viene affiancato da don Giovanni Lottici, parroco di Rigoso, che si rivela subito come guida valida e capace e dopo pochi mesi la corale fa il suo debutto nella sala polivalente del Comune con un repertorio di canti popolari della tradizione monchiese, mietendo successi.

Dopo diversi anni di attività proficua, il gruppo è costretto a sciogliersi per mancanza del maestro. Nel 1980 arriva a Monchio il nuovo parroco Don Pietro Viola appassionato di storia locale e di canto, che senza clamore ripropone nei locali della canonica una scuola di canto e il coro si ricompone.

Nel 1982,in seguito ad una malattia di Don Viola, gli viene dato in aiuto dal vescovo, Don Evio Busani, che con decisione assume le redini del coro, che riprende vigore ed intensa attività, con esibizioni nel territorio ed anche fuori provincia. Dopo alcuni anni, Don Evio lascia Monchio e la corale è di nuovo senza guida.

Negli anni novanta, si forma un nuovo coro di voci miste, con la fusione di quello di Monchio e la recente formazione di Palanzano, sotto la direzione di Paolo Boraschi, infine vi è una ulteriore fusione dei due cori citati con la corale di Beduzzo e nasce così il coro "Due Valli " diretto dal M° Lottici Giovanni.

La corale è benemerita perché si presta ad animare le solenni celebrazioni liturgiche, serate di beneficenza, serate di arte popolare.

Durante il periodo della mia giovinezza, era parroco a Careno di Pellegrino Parmense Mons. Azzoni Alfredo. Per il giorno quindici agosto radunava attorno a sé molti sacerdoti. Lì ho conosciuto un prete buono e semplice, che veniva anche a casa mia. Don Erminio Lazzari è rimasto profondamente nel cuore della gente di Riana perché ha condiviso in tutto la vita della sua gente, sempre in mezzo alla gioventù. Riporto lo scritto della Gazzetta di Parma di Roberto Cerocchi:

"Recentemente sono ritornato all’Oratorio del Bombodolo di Cella e come per incanto, ho rivisto don Erminio Lazzari che stava celebrando la S. Messa: Purtroppo non poteva essere vero perché, don Erminio, il prete buono e caritatevole era salito lassù sicuramente in Paradiso nel 1982.

A Cella era arrivato nel 1971 quando per motivi di salute aveva lasciato le parrocchie di Riviano e Visiano ritirandosi presso la sorella Marina. Molto volonteroso e altruista si era subito presentato dal parroco di Cella don Aldo Avanzini offrendo la sua disponibilità al servizio della parrocchia. Così per una decina d’anni ebbe l’Oratorio del Bombodolo in custodia e affiancò don Aldo a Cella.

Nativo di Pianadetto di Monchio nel 1931 fu ordinato sacerdote e fu un buon sacerdote fra la sua gente per diciotto anni a Riana, Grammatica e Casarola. Nel 1948 lo mandarono a Rivivano di Varano de’ Melegari e nel 1951 gli venne affidata anche la parrocchia di Visiano. La sua casa era la casa di tutti e al prossimo andavano tutti i suoi risparmi.

Per vent’anni tutte le domeniche percorreva una ventina di chilometri a piedi in carraie fangose d’inverno e impolverate d’estate per fare il volere dei superiori…

Don Erminio, piccolo di statura ma grande di sentimenti e di fede, non disse mai di no e ancora oggi la gente che lo ha avuto come parroco lo ricorda e lo ammira.

Oggi riposa lassù a Pianadetto in un piccolo cimitero umile com’è stata la sua vita al sevizio della fede per un mondo migliore. Don Erminio non è più tra la sua gente visibilmente ma è rimasto nei loro cuori e lo sarà così, semplice e umile, per sempre".

Don Erminio ebbe molte sofferenze su questi monti . Fu picchiato a sangue dai tedeschi e subì pure per calunnie una denuncia seguita da detenzione. Tutto sopportò con umiltà. non sempre compreso da chi doveva.

Don Amedeo Cavatorta

Fu prete Monchio per sei anni. Nato a Casola di Terenzo nel 1927. Fu ordinato sacerdote nel giugno del 1952. Fu poi nominato parroco a Trefiumi dove restò per due anni e poi fu trasferito come parroco di Monchio dal 1954 al 1960.

. Riproduciamo in sintesi come si svolsero questi sei anni a Monchio, come si deduce dal giornalino parrocchiale anche per conoscere quale tipo di pastorale si svolgeva in quei anni.

Il 16 agosto 1954 ha celebrato la prima messa a Monchio in un ambiente indifferente. In settembre aveva già attrezzato la sagrestia come sala di ritrovo con TV. I giovani la frequentano con entusiasmo.

Il 24 ottobre avviene la chiusura della Pregrinatio Mariae con l’immagine della Madonna di Palanzano. E’ presente la banda di Castrignano e il vicario generale Mons. Barili. Don edici e Don Casoni avevano predicato la missione preparatoria.

Nel 1955 inizia la pubblicazione del bollettino vicariale, "L’Araldo". Il 12 giugno inizia la quarta visita pastorale di Mons. Evasio Colli. Ore 8 visita, ore 10 esame di religione per giovani e donne, ore 11 messa di Mons. Scaltriti. La corale canta la prima messa pontificalis di Perosi. In preparazione la pro loco di Monchio ha sistemato il sagrato con un contributo della prefettura di L: 400.000.

Nel 1956 si istituisce l’Azione Cattolica con 72 iscritti. Questi sono gli impegni presi nel giorno dell’Immacolata: riunirsi settimanalmente, andare spesso a ricevere i sacramenti e dare il buon esempio.

Nel 1957 dal 24 al 30 febbraio predicano la missione Don Medici e Don Patané respettivamente parroci a Corniglio e Agna. Avviene la costruzione del salone con due cantieri lavoro per un importo di lire 2.500.000. All’inaugurazione ufficiale sono presenti il sindaco Pasini, il maresciallo Lodolini, il brigadiere della forestale Chiappaloni.

Nel 1958 si istituiscono i ritiri mensili per adulti il primo giovedì del mese: meditazione predicata da un prete del vicariato e confessioni. Il 2 aprile si fa la festa straordinaria del papa con la partecipazione di tutto il vicariato. Alle 14 si eseguono canti polifonici. Barlesi Emilio introduce i festeggiamenti con discorsetto. Poi parlano Mons. Maggiali e l’On. Carlo Buzzi. Il 12 luglio, un fulmine danneggia il campanile che viene prontamente riparato.

1959: nella prima settimana di aprile si tenne una missione . E’ predicata da Don Accarini, don Leporati e dalle missionarie saveriane. D’accordo coi fabbricieri e la popolazione è stato fatto il pavimento della chiesa da Franco Margotti di Isola. Si sono costruiti pure due altari laterali dal marmista Rossi Leonida e dal muratore Umberto Battaglioli.

1960: A Pasqua a il pittore Emanuele Quintavalla ha terminato di fare i dipinti, nei muri della chiesa, che aveva incominciato il 2 novembre 1959. Si spendono L. 750.000. Il 25 giugno il vescovo amministra la cresima a tutti i bimbi del vicariato. Il 16 ottobre viene celebrata la messa di addio al parroco che viene trasferito a Carignano. Scrive: A Monchio mi sono trovato bene, ho trovato buona gente, ma un ambiente molto difficile.

Muore a Carignano il 28 maggio 1990.

Don Romano Orlandini (fig.253)

Riportiamo al seconda parte dell’omelia di Mons. Cocchi tenuta nella chiesa di Beduzzo durante il funerale di Don Romano(fu prete a Monchio per tanti anni).

"La predica di don Romano. E’ l’ultima, che ci fa di presenza: forse la più efficace. L’accorrere di tanta gente, quanta forse raramente è stato dato di vedere anche a don Romano nella sua Beduzzo, significa che la sua morte ha colpito nel profondo: testimonia che la sua vita era stata capita da tutti. La sua stessa fine è stata eloquente. Lui conosceva benissimo quale era lo stato di salute: una salute compromessa in modo preoccupante; e che richiedeva per questo un’attenzione, un regime di vita scrupoloso e rigido. A tal fine è stato proposto ripetutamente e insistentemente di lasciare Beduzzo e la vita di parroco, almeno per qualche anno, per assicurare un assestamento alla sua salute ed eventualmente le condizioni per una terapia da svolgere in circostanze più equilibrate. E’ sembrato per qualche tempo rassegnato, più che convinto , di questa scelta: poi ha prevalso il più forte, quasi istintivo, attaccamento a voi e a questo genere di vita. Ma certamente non cullava illusioni sul rischio che si accentuava.

Lui era fatto così: amico, generoso, fino all’ostinazione, fino a superare ogni ragionevole limite nella fatica, nella dedizione, nella presenza, quando lo richiedeva l’amicizia, l’aiuto a qualcuno.

La sua partecipazione alle attività di volontariato, come collaboratore e promotore, lo hanno reso benemerito in tutta la provincia.

Abbiamo avvertito tutti, specialmente negli ultimi tempi, le sofferenze morali, causa non secondaria dei suoi guai fisici. Forse il suo temperamento, la formazione, la mentalità lo portavano ad esprimere con decisione e quasi con ostinazione giudizi, anche sommari. Ma quanto a lui questo costava di sofferenza, repressa, che tuttavia feriva, forse lo possiamo comprendere meglio oggi.

La vita di un prete non è mai solo consolazione: specialmente la vita di un parroco; né il sacerdote si illude di poter evitare momenti difficili. Il servizio alla verità non raramente comporta di affrontare il giudizio e la critica. Le capacità di reagire possono essere diverse secondo le situazioni e i caratteri. E’ indubbio che don Romano ha accumulato dentro di sé, giustamente o non, notevoli sofferenze. A conoscerlo meglio, ci si accorgeva che il suo parlare stretto, quasi a scatti, era come se selezionasse qualcosa del tanto che aveva dentro; e il suo " buttar lì" con fare indifferente e con tono ironico era in realtà lanciare un segnale in attesa di un riscontro. E quando il riscontro non veniva non c’era esternamente reazione, ma dentro il segno restava.

Ha vissuto il suo sacerdozio condividendo, prendendo parte schierandosi, anche quando questo voleva dire scontrarsi, teso a ciò che vedeva giusto, e pronto a pagare per questo.

E’ morto al termine di una giornata che, si può dire, sintetizza la sua vita. Gli era stata rinnovata al mattino la consapevolezza delle condizioni seriamente preoccupanti della sua salute. Aveva voluto ugualmente essere a Beduzzo per fare il prete nel pomeriggio, per battezzare, per celebrare; alla sera ha preso parte alla festa popolare. Ha chiuso la giornata, fra la gente, in mezzo ai suoi, lasciando il ricordo fresco, dell’amico generoso, del prete.

E così lo vogliamo ricordare: un generoso senza limiti: nemmeno i limiti opportuni e umanamente doverosi della propria salute.

Tanti hanno perduto un grande amico: tutti abbiamo perduto un prete vero, più nei fatti che nelle proclamazioni: un prete-amico, che ha dato lentamente, ma consapevolmente , la sua vita.

Ora nella luce di Dio vede la sua Beduzzo e tanti amici, di associazioni, di parrocchie, sinceramente affranti, forse qualcuno anche con un briciolo di rimorso.

Siete in tanti, portatori, ciascuno, di un ricordo, di un aspetto di questo fratello singolarmente teso e aperto agli altri. Insieme voi formate la testimonianza, la corona più bella di una vita intensamente spesa.

Nella nostra preghiera a Dio c’è il ricordo grato a don Romano: ci sia anche il desiderio di accogliere il suo esempio.

Alcuni frammenti di riflessioni di don Ferruccio Siliprandi ( nato a Vicofertile il 12 febbraio 1934 e morto a Monchio il 5 gennaio 1992) .(fig.254)

 

Una visione miope di Monchio

 

E’ difficile fare una diagnosi completa di una situazione sociale, in cui numerosi fattori incidono sulla vita di ogni giorno.

E’ difficile fare una diagnosi di una società dove ad agire bene o male sono le singole persone, che sono, ognuna, un mondo a sé stante .

Nonostante tutto questo e proprio per questo, è lecito aiutarci l’un l’altro, per migliorare la vita sociale.

Vi sono alcune realtà, che richiamano ognuno di noi, ad una attenta e seria considerazione, per la nostra efficace presenza nel mondo in cui viviamo.

Non esitiamo per il nostro tornaconto, o per far soldi, o per avere un posto al sole, ma per collaborare perché ogni uomo possa vivere in pienezza la sua dignità di persona, al di là della pelle che ha, al di là della lingua che parla, al di là della nazione in cui vive.

Queste realtà che appartengono ad ognuno di noi, che siamo esseri viventi, coscienti e consapevoli, richiedono uno stile tale, che diano a noi la possibilità di crescere consapevoli di essere così e non diventare dei ruderi che non possono più servire né a sé né agli altri.

Perché ci siamo poste queste domande? Ce le siamo poste perché osservando dal di fuori, la vita di questo paese italiano, situato sugli Appennini tosco - emiliani, che si chiama Monchio delle Corti, abbiamo l’impressione di automi che fanno tutti, pressappoco, le stesse cose e le fanno, perché le fanno gli altri; di essere tra gente che critica, senza costruire nulla e sta alla finestra per vedere come e che cosa fanno gli altri ; di essere tra gente che ha paura di tirarsi fuori dal branco, per vivere per decisione autonoma e personale ; e così risulta un quadro sociale in cui regna il disordine, anche nelle aree private, in cui ognuno, perla e agisce cime gli gira, meglio, infischiandosi di tutte le regole sociali, in cui i rapporti tra le persone sono sempre di più superficiali, in cui sembra proprio che la gente abbia rinunciato ad avere in mano la propria vita e gestirla in proprio.

E’ forse già incominciato il tempo dei lupi(senza disprezzo per queste bestie).

Non scoraggiamoci, ciò che non si è fatto, si può sempre realizzare con il contributo di ognuno !

Messaggio

Si impone la precisione

1+1= 2 non 3 ; 2x2=4 non cinque ; 2-1= 1 non due ; 8 :4= 2 non tre.

Cosa ne dici ?

Guerra e conversione

Ognuno di noi, indipendentemente dall’età, dalla cultura, dal suo saper leggere, scrivere, parlare è espressione di guerra fino a quando non si prendono le parti di qualcuno e si dà ragione agli uni e non agli altri.

Siamo in guerra noi quando non scopriamo che ogni essere umano è fatto dall’Onnipotente, perciò siamo suoi e Lui è il nostro Dio.

Per i credenti c’è necessità di una preghiera serena e schietta per poter esprimere le caratteristiche di Dio che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e fa piovere sul campo del giusto e dell’ingiusto.

Per quelli che credono fino lì, c’è necessità di rendersi conto che tutto è nelle mani dell’Eterno e che un cammino sereno e costruttivo può avvenire solo camminando mano nella mano con Lui.

Per quelli che non credono, c’è necessità di tornare sui loro passi, perché si voglia o no, sono autentici schiavi. Schiavi delle loro impressioni. Schiavi dei loro comodi. Schiavi dei loro interessi. Schiavi soprattutto dei loro pregiudizi. Schiavi delle loro scuse. Schiavi di ciò che pensano dei credenti della Chiesa del papa e chi più ne ha più ne metta.

Fermatevi un po’ e ascoltate la voce insopprimibile dell’Onnipotente che è voce di pace, voce di fraternità, voce di concordia. E’ voce che non tradisce, è voce che libera.

Se realizziamo questo, saremo tutti uomini di pace, altrimenti saremo operatori di guerra.

Scegli tu se vuoi essere uomo di pace o di guerra.

 

Guardiamo le cose con simpatia

 

Simpatia : lasciarci coinvolgere da ciò che osserviamo senza avere un atteggiamento preventivo o dispregiativo.

E’ il latte che succhiato così, nutre.

E’ l’attenzione ai figli vissuta così che fa crescere senza traumi.

E’ il verde delle piante e dei prati che accostati con simpatia rallegra la vista, dà gioia alla mente, rinfresca il nostro corpo.

E’ il blu del cielo che visto con simpatia dà il senso dell’"Infinito".

E in questo modo ci si può costruire ininterrottamente in ogni circostanza.

Se ci impegniamo a vivere questo stile con le persone potremo sperimentare una infinità di realtà che aiutano ad arricchire la nostra statura umana.

Nessuno più sarà per noi un nemico, nessuno un estraneo, nessuno stravagante.

I disagi e le sofferenze di chiunque, le vivremo di persona ; la gioia, l’allegria, la serenità altrui, diventerà nostro nutrimento; la sapienza, la scienza, la tecnica di qualsiasi persona, diventerà la nostra. Non vivremo più di invidia, di contrasti, di polemica, perché praticamente sperimenteremo che tutto è nostro e ci renderemo conto che veramente ad ognuno è stato consegnato dall’Eterno un messaggio particolare che deve amministrare per il bene e la crescita e l’utilità di tutti.

Ognuno lo amministri il suo messaggio, ognuno lo accolga.

Altrimenti saremo tutti, ingiusti, rapaci, fraudolenti.

 

Continuando a guardare Monchio

 

Una terra piena di quella bellezza che viene elargita dalla ricchezza della natura: acqua, verde, monti, clima, aria carica di ossigeno, fiori di molte specie. Con una abbondanza di gentilezza da fare invidia, popolata da molti animali e rallegrata dal canto sereno tranquillo di svariati tipi di volatili. Tutto questo lo si vede: nascere, crescere, svilupparsi in piena armonia, un’armonia che cresce e si sviluppa nel suo insieme e con componenti che entrano in gioco ognuna nella sua stagione che gli è propria senza, con questo, suscitare rivalità o paragoni tra quelle dell’inverno e della primavera con quelle dell’estate e dell’autunno.

Questa è una realtà che c’è e che ognuno può vedere, ammirare e di cui ognuno si può nutrire perché tutto questo non è patrimonio esclusivo di nessuno e tutti ne possono partecipare.

Forse non ci rendiamo conto di questa realtà che è attorno a noi, ma ci sfugge, non ci nutre, non ci fa crescere.

Perché si può e si deve far notare tutto questo :

Garantisco che vivendo tutto ciò rendendocene conto la nostra vita muterà :

Ma ora basta se no andremmo troppo lontano.

Non sciupiamo questo capitale, cogliamone le ricchezze che sono alla nostra portata. Qualcuno forse non ama la lettura, ma qui basta aprire gli occhi, tendere l’orecchio, lasciarci accarezzare dal vento, accogliere con gioia la pioggia e il sole e questo punto in nostro essere si aprirà all’Onnipotente che ci aiuterà a leggere in modo più profondo i segni della sua presenza e della sua benevolenza, perché le cose sono sue e di tutte ne ha personale cura.

Chi saprà leggere il nostro paese presto o tardi saprà vivere in armonia con se stesso e con gli altri.

Che ne dite ?

 

Don Dario Porta morto in concetto di santità fa la sua esperienza a Monchio con Don Pietro Viola, vivendo vita comune nel 1980.Sono parroci per tutte le parrocchie del Monchiese. Questo è avvenuto per scelta pastorale del vescovo Benito Cocchi, Il motivi principale è la carenza di sacerdoti ma anche lo spopolamento che procede in modo inesorabile.

La domenica 25 febbraio 1985 per la prima volta dei laici conducono una celebrazione della Parola di Dio in mancanza del presbitero. Diventerà poi un fatto comune, quando poi il sacerdote sarà uno solo.

Come sono accolti questi esperimenti da parte della gente? In coloro che non partecipano più che sono la maggioranza in modo totalmente indifferente; nei praticanti avviene una rassegnazione inevitabile .

Il 25 maggio nel 1984 Don Dario annota nel diario : "Signore, sembra che questa terra sia incapace di fiorire. Sei Tu questo deserto ? E’ il deserto dove tu mi parli e m’incontri ? Ti amo mio Dio.

La PEREGRINATIO MARIAE , come del resto la via crucis del venerdì santo, hanno avuto tra l’altro, anche l’effetto di riconciliarci con le persone , facendo crollare eventuali giudizi che avevano nei nostri confronti.

La Madonna ha animato la mia preghiera; mi ha aiutato a vivere meglio lo spazio che lei ha nella Chiesa, e anche a vedere con l’occhio di Dio i segni sensibili della sua presenza; sono crollati dei giudizi che inconsciamente avevo su certe forme della pietà popolare".

Alcuni pensieri estratti dal suo diario, nel periodo passato nelle Corti, dimostrano la profonda interiorità di questo sacerdote e con quale spirito si rapportava alla gente.

Agosto 1982

"Incontrando le piccole comunità, avverto la grazia di non lasciarmi bloccare da ciò che vedo in loro di urtante, ma di mettermi vicino, attendendo che sia l’amore donato a fare nascere e crescere in loro, un modo nuovo di rapportarsi con Dio, con me e fra loro".

245 febbraio 1984

"Guardare le cose con distacco per cogliere tutti gli aspetti di una realtà; così era Gesù.

Signore, donami questa Sapienza!

Soprattutto donami di accoglierti Abbandonato con gioia, proprio in quelle situazioni nelle quali mi è difficile trovare il bandolo della matassa.

Amare, farsi uno diventa sempre più l’anima del mio agire: con questo spirito ho celebrato il matrimonio di persone un po’ fuori dalle struttura della Chiesa".

3 maggio 1984

"Si è aperta questa sera la Visitatio Mariae: l’immagine della Madonna di Grammatica è partita per Trefiumi: grande accoglienza. Mi sembra che Maria sia un punto d’incontro fra clero e popolo, che tolga eventuali pregiudizi per farci essere una famiglia".

Settembre 1985

"Ho l’impressione di aver vissuto male. Non ho saputo affidare a Dio la mia preoccupazione. In questi giorni però è tornata la pace. La Madonna mi ha fatto capire che devo mettere il Signore al primo posto e per arrivare a questo mi sento spinto a pregare di più"(61)

Ha accettato con profonda dedizione alla volontà di Dio il suo ultimo Calvario.

"La mia situazione presente mi fa essere particolarmente vicino ai nostri cari ammalati; quando non si sta bene diventa faticoso vivere. Per loro e per i loro famigliari chiedo l’aiuto del Signore. Gesù che facendosi uomo ha provato il patire, ci aiuti tutti a vivere come i Santi questi momenti della nostra vita".

"A noi spetta dire di sì al Signore, anche nella sofferenza. Ancora un altro sì…poi altri…poi il Paradiso!"

Preghiera di Don Dario.

 

AFFIDAMENTO DEI GIOVANI A MARIA SANTISSIMA

Vergine Maria, Madre del Signore, donna del futuro; Colei che apre il cammino della storia, noi vogliamo raccogliere spiritualmente attorno al Papa tutti i giovani del mondo per affidarli a te.

Ti affidiamo in particolare i giovani ingannati dai falsi ideali; i giovani traditi da una cultura che propone l’attenzione a se stessi come via per realizzare la propria persona, i giovani che si trovano ad avere come compagni di viaggio la noia, il vuoto, l’isolamento, la tossicodipendenza. Il mondo ha bisogno di giovani nuovi per non morire.

Donaci giovani disposti ad andare contro corrente, giovani capaci di fare della propria esistenza un dono

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo tredicesimo

 

 

CREDERE AL FUTURO : MA QUALE ?

 

 

Fine del mondo o fine di un mondo ?

 

Siamo quasi alla fine del nostro percorso che ci ha accompagnato attraverso il millennio che chiude. E’ logico interrogarci se siamo anche alla fine di un’esperienza religiosa. Molti profeti di sventura o sognatori parlano pure di una fine di un mondo. La tentazione del Millenarismo è sempre stata ricorrente nella cristianità . C’è anche una base biblica che male intesa porta a queste considerazioni.

Prima di tutto che cosa ci dice la Bibbia e la dottrina cattolica. L’Apocalisse e lettere ai Tessalonicesi di Paolo Apostolo e le lettere di San Pietro parlano di questa fine per dire della seconda venuta di Cristo, la parusia. I primi cristiani attendevano il ritorno di Cristo come imminente, così l’attesa è entrata nella storia della fede. L’attesa è una categoria esistenziale del cristiano . Il mondo , la creazione va verso un compimento. Per i Greci il tempo era ciclico: così anche per le filosofie orientali che vivono all’interno del Buddismo e dell’Induismo. Per i cristiani il tempo, la storia va verso il suo fine . Si, parliamo di un fine della storia, più che di fine del mondo. Gesù stesso ha detto che i tempi, i modi li conosce solo il Padre, neppure il Figlio. Non era nell’economia della salvezza rivelarci il quando tutto finirà. Nonostante questo la sofferenza nel tempo presente, le ingiustizie, le varie schiavitù fanno sognare la fine, la liberazione collettiva per ricominciare una nuova storia, la palingenesi. In certi momenti questo sogno si è, come dire, acutizzato, per esempio attorno all’anno mille, nell’epoca umanistica e ora nel nostro tempo.

Chi sono i potenziali fruitori del Millenarismo? C’è chi teme una realtà, o un fatto o un futuro non in quanto in sé è terribile o in quanto abbia in sé una pericolosità ma in quanto viene caricato da impressioni personali e dal vissuto dell’individuo. L’innesco del fenomeno fobico nella vita di un individuo è collegato in qualche modo a un difetto di autovalutazione che finisce per ingigantire la portata del compito o dell’oggetto che si ha davanti. E’ dunque un tentativo di autoassicurazione della psiche (cioè fornisce un alibi).La fobia anche per gli adulti ha un chiaro senso di evitamento o di espiazione per contenere il senso di colpa. Il finalismo della fobia è volto all’evitamento del collaudo sociale, si interrompe la progettualità. Si teme il presente e ci volge a un futuro indefinito: questo fa crescere il desiderio dell’apocalisse. Nasce la letteratura apocalittica.

La profezia , invece, è confronto con una realtà anche dura con la certezza dentro di poterla trasformare, verso un mondo più significativo.

Le fobie personali sono trasportate a un livello sociale dietro a motivazioni di tipo filosofico, religioso. Diventa rifiuto di solidarietà, di confronto, di collaborazione per la costruzione del presente che sembra refrattario.

Una cattiva preparazione alla vita sociale accentua il sentimento di inferiorità consolidando dentro di sé il sospetto di inadeguatezza, il sentimento di essere incapace.

La madre di tutte le fobie compresa quella di eventi che si descrivono terribili in un prossimo futuro è il timore dell’inadeguatezza. Sono finzioni estreme messe in opera da persone o gruppi come estremo tentativo di fuga, un tragico autoinganno che conferma una ipotesi autosvalutativa. Sono atteggiamenti soggettivi e perdenti.

E’ lecito però in questo spirito d’attesa che pervade questi ultimi anni della fine secolo chiedersi se c’è in arrivo una fine guardando alla cristianità delle Corti. Penso che sì siamo la fine di un mondo. Non ci vuol molto a individuare i segni dei tempi. Finiti gli anziani chi popolerà le nostre chiese stante l’attuale freddezza dei giovani e delle famiglie giovani a parte qualche eccezione ? Il matrimonio cristiano è anche qui in declino. Le tradizioni del passato di vita associata, il modo di vita dell’attuale società di questi luoghi porta adire che siamo ad un cambio d’epoca . Siamo alla fine . La religione ha creato l’identità di un popolo ; dove c’è un popolo c’è una religione. Nel suo concetto vuol dire legame (con Dio , con gli altri attraverso i riti) : venuta meno la religione come fatto collettivo automaticamente c’è il crollo di una cultura di un popolo. Anche nei paesi dell’Est, fino a quando una religione ha mantenuto saldamente unito il popolo tutto ha continuato il suo percorso (ricordiamo che l’ideologia marxista ha assunto i connotati di una Chiesa) direi in modo regolare : ora è tutto un mondo che si va sfasciando.

Così la cultura dell’uomo occidentale sotto la spinta dei nuovi frammentari umanesimi, del consumismo, dell’immigrazione si va letteralmente sfaldando. La montagna non va esente da questo, anzi la frattura si è prodotta in modo ancor più forte in quanto il piccolo universo di paese non permette di fatto di scegliere in modo alternativo, specialmente quando si tratta di gioventù. E’ fine di un mondo perché sono cambiati totalmente i punti di riferimento che sono quelli che danno unità ad una comunità umana. Resta da vedere se questa fine, naturalmente a livello più ampio, sarà indolore o se produrrà in generale tensioni anche sociali, umane imprevedibili.

Non vorrei contrabbandare una concezione pessimistica della realtà . Per il cristiano è errata anche una visione ottimistica perché non tiene conto di una realtà attraversata dal peccato e dal male; non può neppure sussistere una visione pessimistica perché l’uomo ha risorse di grazia e di natura positive a sua disposizione. Rimane una concezione realistica del mondo e della vita : nell’uomo c’è il bene e il male. Gesù dice che la selezione avviene solo alla fine. Bisogna accettare di camminare anche in una realtà che non presenta grandi positività però con la certezza che Gesù ha vinto il male, che si può vincere il male seminando germi di speranza.

I messaggi mariani di questo secolo spesso parlano di segni di una fine dipinta a tinte fosche. Che cosa ci vuol dire Maria ? Le apparizioni di oggi come quelle di Lourdes e Fatima sono al tempo stesso un messaggio profetico e una risposta evangelica. La risposta può sembrare ripetitiva, banale. Lo sappiamo già. L’avvertimento profetico scuote l’inerzia degli uomini e fa prendere sul serio ciò che si era trascurato e che si voleva dimenticare, perché l’uomo insegue sempre l’urgente, raramente l’essenziale.

Il messaggio delle attuali apparizioni è soprattutto una diagnosi : il mondo moderno si è abbandonato tranquillamente, gioiosamente al peccato. Si distrugge. Le minacce sono gravi. Le apparizioni lo dicono con vari linguaggi, talvolta allarmanti, più spesso ellittici o segreti come a Medjugorje dove si conoscono solo le minacce, le cause : il peccato, l’oblio di Dio ; ed i rimedi. Altre apparizioni evocano divisioni sanguinose che straziano l’America centrale o la minacciano di una terza guerra mondiale (Cuapa, L’escorial,...).

Questa diagnosi si delinea all’interno di una storia. Il mondo ha immaginato di trovare la felicità e la prosperità liberandosi di Dio. All’inizio del XX secolo lo scientismo trionfante annunciava che l’infallibile progresso delle scienze e della ragione avrebbe creato la pace, la prosperità , la salute che l’illusione degli uomini chiedeva a Dio e mai come in questo secolo ci sono stati genocidi, guerre , fame pestilenze, carestie.

Ciò che i molteplici messaggi di Nostra Signora ricordano, mettendo inoltre in allarme il nostro mondo in pericolo, è Dio, soluzione finale di tutti i problemi.

Le apparizioni ci ricordano al tempo stesso la trascendenza e la familiarità di Dio, la sua insostituibile presenza.

Richiamano innanzitutto il Dio Creatore e la nostra condizione di creature, che noi tendiamo a misconoscere. La creazione infatti non è un atto del passato, con il quale Dio avrebbe gettato il mondo nell’esistenza. E’ un atto permanente, con il quale Dio dà esistenza a tutto ciò che esiste in ogni istante. Questa condizione di creatura non è affatto dipendenza, perché lo specifico del Creatore è proprio saper creare l’autonomia e la libertà . Se la nostra condizione di creatura ci parla della trascendenza di Dio, ci parla anche della sua immanenza e della sua prossimità, perché tra Creatore e creatura esiste una profonda connivenza quanto un legame indissolubile. Maria, anch’essa creatura ad immagine di Dio come noi è la più bella immagine di Dio che sia data in una persona umana.

E’ un’immagine di Dio nella sua Misericordi, un’immagine femminile che assomiglia a Dio, non meno della immagine maschile . Dio ha delegato Maria presso il Figlio di Dio, per rendergli familiari gli uomini. L’ha delegata presso gli uomini per familiarizzarli con Dio.

Bisogna dunque guardare a questi messaggi che ci vengono dati per mezzo di veggenti come a profezie talvolta apocalittiche sul nostro tempo e sulla nostra storia che ci parlano di urgenza, di prendere seriamente l’ora che ci data perché il Figlio dell’uomo verrà quando non pensiamo. L’uomo deve ricordarsi che la sua dimora fissa è nei cieli e sulla terra rimane sempre un pellegrino.(62)

Un paese che non vuol morire ha trovato in questi anni iniziative per conservare il patrimonio di cultura e tradizioni del passato.

 

La mostra di vita montanara

 

Aperta agli inizi degli anni novanta (ora chiusa), la mostra si colloca come tappa di particolare rilievo nella ricerca e riscoperta del patrimonio che riguarda la storia del lavoro e della vita quotidiana delle genti delle Corti. L’ambiente individuato era l’ex caseificio di Lugagnano in attesa di essere collocata in posto più "storico".

Si presentava ai visitatori con oltre 600 oggetti come segni umanizzati dell’uso prolungato, testimonianze silenziose che documentavano una storia di lavoro, di fatica, anche di miseria ; quella storia che la gente di queste montagne ha vissuto, sempre uguale per secoli, fino ad un tempo non lontano, che molti ricordano.

La mostra intendeva essere non solo una esposizione di oggetti materiali ma promuovere attività di studio e di conservazione di quanto fa parte della cultura e della storia delle Corti, nei suoi aspetti rimasti per troppo tempo riposti e che rischiano di cancellarsi completamente dalla memoria collettiva Non dimenticare le più genuine tradizioni e riscoprire le radici profonde di questi luoghi, affinché anche i più giovani possano appropriarsene, sono stati , in sostanza i principi ispiratori della mostra.

Presentava le seguenti sezioni: la vita domestica, la canapa, il lavoro nei campi e nei boschi, necessità e ingegno, i giochi, la religiosità.

La vita domestica. La sezione comprendeva oggetti legati a mansioni che un tempo erano di stretta pertinenza femminile: alla donna, infatti, erano assegnate, oltre la cura della spesso numerosa prole, tutte le faccende domestiche rese assai faticose dall’assenza di qualunque aiuto di carattere "meccanico" : il lungo procedimento del bucato fatto con la cenere, il risciacquo fatto al torrente, i cibi cucinati al camino, e altre. Sempre alle donne spettava la cura degli animali domestici, la produzione del formaggio ed un sostanziale aiuto nel lavoro dei campi quando l’attività agricola richiedeva un incremento di braccia.

La canapa. Anche gli oggetti raggruppati in questa sezione erano strettamente legati alla figura femminile. Ad eccezione della semina, di pertinenza maschile, era infatti affidata alle donne la complessa e faticosa lavorazione della canapa: una volta raccolta la pianta (talvolta alta due metri), essa veniva battuta, ripulita, pettinata, e, infine, avvolta in bianche matasse che le donne filavano, in alternanza alla lana, nelle lunghe veglie invernali. A chiusura del ciclo, la tessitura del robusto filato in lenzuola e asciugamani. Un ruolo prezioso avevano anche i semi di canapa, parte dei quali, dopo essere stata torchiati, forniva il cosiddetto " olie da bruz", usato per alimentare la fiamma delle lucerne. (In mostra c’erano oggetti come l’"aspa" per avvolgere le matasse, lo "spolador" per avvolgere il filo di canapa sulla spola del telaio).

Il lavoro nei campi e nei boschi. Nella sezione erano raggruppati in ampio numero di oggetti appartenenti al mondo agricolo. Si trattava di attrezzi connessi al ciclo della lavorazione della terra : dissodamento dei campi, la semina, il raccolto, il trasporto di foraggio e cereali lungo impervie mulattiere con animali da traino. Spiccavano particolarmente alcuni oggetti legati alla trebbiatura del grano e alla lavorazione delle castagne che, fresche, secche o ridotte in farina, garantivano nutrimento per tutto l’inverno. In autunno anche le foglie secche venivano raccolte e utilizzare come " letto" per gli animali da latte o da traino : esempio significativo del principio dominante secondo cui nulla doveva essere sprecato.

Necessità e ingegno. Fatto salvo qualche raro scambio - generalmente di materie prime - con gli abitanti della vicina Toscana, l’economia delle Corti era basata su una forzata autosufficienza ; la mancanza di mezzi (specie il denaro) e la lontananza dalla città non permetteva altre scelte. Eppure l’ingegno sollecitato dalla necessità, era spesso in grado da ovviare a molte mancanze, dando vita "artigianalmente" ad oggetti non altrimenti reperibili (es. il "furlon" : trapano a corda per forare stoviglie di coccio da riparare).

I giochi. Comprendeva testimonianze poetiche tenerissime, pur nella loro povertà, di giochi infantili, inventati dal nulla con inaspettata originalità. Costruiti dai genitori o dagli stessi bambini, si caratterizzano quasi tutti per la semplicità quasi rudimentale della foggia. Importanti stimoli per la fantasia, a dispetto della loro essenzialità, hanno garantito divertimento e momenti evasioni a molte generazioni (come la "zlisa")

Religiosità. Componente di primo piano nella vita della comunità, la devozione popolare assumeva un tempo la forma esteriore di suggestivi riti che coinvolgevano l’intero paese. Erano collocati in mostra alcuni oggetti che ormai non si usano più come la "zgrisla" che si usava quando le campane erano legate per annunciare le celebrazioni.

C’era pure una sezione dedicata agli oggetti necessari per la cura della persona come il "fer da fa gl’ond", ferro per arricciare i capelli. (63).(fig.255)

 

La Fésia

 

Nel 1979 Rozzi Giacomo ed Ezio insieme con un gruppo di amici decidono la nascita del "Gruppo dialettale di Monchio" . Si esibisce inizialmente in brevi scenette comiche presentando un repertorio di canti popolari in occasione del carnevale e in estate nelle piazze dei paesi limitrofi. Il gruppo ottiene brillanti successi e tanti incoraggiamenti. Nel 1982 viene scritta una commedia in tre atti che ottiene un successo strepitoso.

Viene data una nuova denominazione al gruppo : "Gruppo comico dialettale La Fésia di Monchio delle Corti". Perché questo nome provocatorio? Fésia significa la feccia : per molti secoli a Monchio capoluogo, vi era , come abbiamo detto, la sede del Podestà , rappresentante del Vescovo Signore. Questo podestà era coadiuvato nel governo da dodici Consoli e dallo Sbirro che curava l’ordine pubblico; costoro non sempre erano ben visti dai paesani, che affermavano : "A Monc e gh’é la fésia. Questa diceria offensiva o sornomm si è tramandata sino ai nostri giorni. Al gruppo dialettale originario del capoluogo si è deciso di affibbiargli questo nome.

Negli anni successivi, grazie ai consensi ricevuti e alla straordinaria volontà dei componenti del gruppo, l’attività si amplia e gli appuntamenti col pubblico sono sempre più numerosi : a Carnevale si propone uno spettacolo di satira e vengono composti appositamente dei sonett (poesie in rima che raccontavano le vicende della politica locale dei paesani incorsi in disavventure durante l’anno) , a Pasqua, alla festa della mamma, in estate e a Natale, i paesani si recano sempre più numerosi alle rappresentazioni. Viene costituito anche il gruppo dei più piccoli, La Fésia sica (i piccoli della Fésia). Questo gruppo dei più giovani propone commedie ma anche recite che si rifanno alla sacra Scrittura (L’arca ‘Noè; Nadal, perché ?; Nadal, un dì cme n’atre) oppure tradizioni paesane legate alla religiosità, oppure racconti di celebri scrittori (Il pifferaio della Madonna, V’arcordev Giovana ?, El pan dla nona ‘d Nadal, La strena ). Queste commedie si caratterizzano per il messaggio di pace, tolleranza, giustizia, amore, carità che il pubblico apprezza e applaude, spesso commosso durante la rappresentazione.

Le commedie sono scritte da Giacomo Rozzi presentano scenette semplici di spiccata comicità spontanea, racconti di vita contadina, di una civiltà ormai tramontata, vanno alla ricerca di antiche usanze, tradizioni, modi di dire, proverbi, favole, leggende e canti che vengono proposti nello scorrere delle scene. Queste commedie sono state pubblicate (64).

Una importante ricerca è stata fatta anche nel campo del canto popolare con riproposizione autentica dei canti da parte dei "cantor" del gruppo. Queste antiche melodie sono state registrate e trascritte dal maestro Giorgio Vacchi che le poi messe in una recente pubblicazione.(65)

Il gruppo ha collaborato attivamente anche con le scuole locali per la valorizzazione di questo antico patrimonio culturale.

A questo gruppo si collega pure la pubblicazione de Il Lunario delle Corti. La pubblicazione uscì per quattro anni successivi. Raccoglieva storia locale, usi costumi, ricette monchiesi e altro.

Il gruppo in questi anni ha promosso varie manifestazioni artistiche e culturali . Ha partecipato a manifestazioni benefiche anche al di fuori del comune. Nel 1996 è sto pure invitato in Abruzzo (Arsita) e Castel Sardo nel 1987 e al ridotto della Scala di Milano nel 1976 .

Il gruppo ha contribuito molto in questi anni a salvare una cultura che altrimenti sarebbe andata dispersa ed è stato un buon esperimento di aggregazione tra i giovani e meno giovani. L’attività ora si è molto ridimensionata per vari motivi specialmente quello più comune cioè lo spopolamento e il bisogno che spinge i giovani a cercare lontano il lavoro. Nei tempi migliori il gruppo era composto da quaranta elementi.(fig.256)

 

Vivere oggi come Chiesa in diaspora

 

La nostra Chiesa deve confrontarsi con vari nuovi fattori tipici della nostra provincia e poi specifici del territorio di Monchio. L’osmosi tra le comunità è ormai un dato di fatto per i media, per la necessità di andare a lavorare altrove, per l’emigrazione, per i giovani che studiano ormai da una generazione a Parma e là vivono in collegio per tutto l’anno.

Nuovi elementi culturali condizionano le scelte pastorali della Chiesa locale.

In questo contesto la Chiesa(popolo dei battezzati) deve avere la consapevolezza di un essere un piccolo resto, posto come segno della Redenzione. Deve avere la consapevolezza di essere sempre la Chiesa di tutti anche se molti ormai la ignorano quasi del tutto. Deve avere la consapevolezza di essere una comunità unica pur appartenente a diverse frazioni. Non varrà la pena nel futuro, invece di frammentarci in tante piccole celebrazioni domenicali, trovare il modo, almeno nei periodi in cui manca il turismo, per unirci e celebrare i divini misteri con tutta la solennità e la partecipazione attiva di canti, preghiere, letture in modo da essere segno credibile per chi ormai ha abbandonato la pratica della fede e in modo da essere di conforto reciproco?

Perché la gioventù che va anche lontano per andare ai divertimenti non può muoversi per andare ad un incontro di catechesi ?

Ci si rende conto quanto sarà difficile prendere coscienza di essere diventati un piccolo gruppo come comunità cristiana perché continueranno a svettare nel cielo limpido delle Corti i nostri campanili con le campane elettrificate ma con le aule quasi vuote. Il risorgimento della nostra chiesa incomincerà quando, diventeremo anche coscienti di aver un compito : "Andate , siate miei testimoni" magari in mezzo a persone anche di altre nazioni e religioni che, nel frattempo, avranno occupato pacificamente le nostre belle case vuote.

 

Rinnovare la Chiesa dopo il Concilio Vaticano II

 

La Bibbia

 

Dopo il Concilio, la Bibbia ritorna in famiglia e tra le mani della gente. Il Concilio tridentino era stato prudente su questo punto per evitare gli errori in cui erano incorsi i Protestanti : il libero esame poteva indurre in errori dottrinali. La Bibbia viene offerta al credente ora per il suo cammino di fede sia personale che nella comunità. La Bibbia è un mezzo per aiutare la formazione e la crescita del Regno di Dio. E’ uno strumento che ha specifiche qualità per aiutare a cogliere la Parola di Dio, di cui è sacramento. Mai dire, come alcuni lettori fanno quando leggono : E’ Parola di Dio. La Bibbia è sacramento della Parola di Dio: quindi nasconde e rivela la realtà del mistero.

La Bibbia dona alla fede del credente 

La Bibbia è scritta divinamente ispirata dallo Spirito santo rispettando le categorie culturali della scrittore umano. Per leggerla occorre preparazione in modo da individuare almeno i generi letterari che sono usati per non far dire all’autore sacro quello che non intende dire. Galileo Galilei scrive : "Quanto alla prima domanda generica di Madama Serenissima, parmi che prudentissimamente fusse proposto da quella e conceduto e stabilito dalla P.V., non poter mai la Scrittura sacra mentire o errare, ma essere i suoi decreti di assoluta e inviolabile verità. Solo avrei aggiunto che, sebbene la Scrittura non può errare, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de’ suoi interpreti ed espositori, in vari modi : tra i quali uno sarebbe gravissimo e frequentissimo, quando volessero fermarsi sempre nel puro significato delle parole, perché così apparirebbero non solo diverse contraddizioni, ma gravi eresie e bestemmie ancora ; poiché sarebbe necessario dare a Iddio e piedi e mani e occhi, e non meno affetti corporali, come d’ira di pentimento, d’odio, e anco talvolta l’oblivione delle cose passate e l’ignoranza delle future...Stante, dunque, che la scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente bisognosa di esposizioni diverse dall’apparente significato delle parole, mi par che nelle dispute naturali ella dovrebbe essere riserbata nell’ultimo luogo: perché , procedendo di pari dal Verbo divino la Scrittura Sacra e la natura, quella per dettatura dello Spirito Santo, e questa come osservantissima degli ordini di Dio ;...Io crederei che l’autorità delle Sacre Scritture avesse voluto solamente la mira a persuader a gli uomini quegli articoli e proposizioni, che, sendo necessarie per la salute loro e superando ogni umano discorso, non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili, che per bocca dell’istesso Spirito Santo" (66)

Per accostarla occorre apprendere alcuni strumenti mentali, alcune chiavi di lettura.

La Bibbia è una grande risorsa per la fede, per la catechesi, per la meditazione, per la conversione. E’ il Padre che viene incontro ai suoi figli e parla con loro. Diventerà sempre più necessaria la lettura personale , fatta di ascolto, comprensione, preghiera, impegno. I Padri la chiamavano lectio divina. "Vedere - giudicare - agire".

Anche nelle Corti attorno alla Bibbia, in un piccolo numero di credenti, è nato il desiderio di approfondire, di conoscere i mezzi per accostarsi alla Parola di Dio. Don Viola fece a suo tempo il tentativo di richiamare alla Bibbia tutti anche "i lontani" attraverso una singolare iniziativa che poi è stata raccolta in un libro. "Si scelse la Bibbia come libro più utile agli scopi che ci prefiggevamo e che erano due. Il primo: approfondire la dimensione religiosa e morale dell’uomo. Il secondo : educare ad esprimere appropriatamente quanto di valido si trova dentro di noi, stimolando le nostre capacità artistiche...A conclusione di questi sei anni possiamo dire che questa iniziativa è stata utile a tanti, soprattutto a ragazzi e giovani. Abbiamo potuto costatare che sia i doni dello Spirito Santo che quelli delle capacità artistiche, si trovano in molte più persone di quanto si possa immaginare".(67)

L’esperimento fatto a Monchio, Don Pietro l’ha continuato anche a Calestano arrivando alla pubblicazione di quest’anno Ispirarsi alla Bibbia.(68)

Nell’Epifania del 1999, è stato tentato per la prima volta, l’esperienza di un presepe vivente. L’iniziativa ha coinvolto i ragazzi, i giovani , le famiglie e tanta gente. Ogni attore del presepio ha impersonato un personaggio biblico dell’Antico e Nuovo Testamento: il tema era Gli uomini incontro a Cristo per vivere la solidarietà.(fig.257)

 

La liturgia

 

"La Liturgia, mediante la quale, specialmente nel divino sacrificio dell’Eucarestia, si attua l’opera della nostra Redenzione, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa, che ha la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, presente nel mondo e pellegrina"(69)

Così il Concilio Vaticano II che diventa per la Chiesa di oggi ciò che è stato il concilio di Trento allora. La divina liturgia attualizza il mistero pasquale di Cristo e rende possibile la salvezza per l’uomo del nostro tempo Attraverso la liturgia si rende presente Cristo: nei sacramenti con la sua virtù, in modo che quando uno battezza è Cristo che battezza ; è presente nella sua parola, giacché parla quando nella chiesa si legge la Sacra Scrittura ; è presente nell’assemblea unita nel suo nome. "Giustamente la Liturgia è ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Cristo; in essa, per mezzo dei segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra , il culto pubblico integrale" (69)

La Liturgia non è l’unica attività della Chiesa ma è il culmine verso cui tutta l’attività della Chiesa tende e la fonte da cui proviene la forza per la sua attività pastorale.

Riflettiamo sul fare la Comunione. Nel passato era visto dai più come un atto personale intimo che passava tra il credente e Dio. Oggi è visto più come il segno della partecipazione al mistero di Cristo che si sostanzia della comunione fraterna con il prossimo. Riconoscere il corpo di Cristo di cui parla l’apostolo non è tanto riconoscere nell’ostia la divina presenza ma saper riconoscere Cristo nel suo corpo che è la Chiesa.

Oggi la liturgia offre la possibilità di venire in contatto con il tesoro delle Sacre Scritture sia nella lettura domenicale che in quella dei giorni feriali. I preti sono in genere orientati a offrire ogni giorno l’omelia anche breve ai credenti che partecipano alla messa quotidiana. E’ un buon metodo leggere la Bibbia come viene presentata dal lezionario feriale e potrebbe essere il metodo più semplice accostarsi al testo sacro seguendo il percorso delle letture del lezionario feriale, usando un messalino feriale.

E’ escluso di fatto nelle celebrazioni odierne la partecipazione solo di devozione, deve essere di comprensione per poter agire di conseguenza. L’azione pastorale può solo procedere con lentezza perché i fedeli si devono appropriare dello spirito delle riforme conciliari con piena consapevolezza. Anche l’adeguamento delle strutture deve essere momento di catechesi e fatto con molto spirito di discernimento e nel rispetto di una cultura che è millenaria. In poco tempo è stato smantellato un patrimonio artistico nelle nostre chiese con soluzioni raffazzonate ed è stato buttato un patrimonio di cultura musicale con una grande storia. Sono stati smontati altari e creati degli ibridi orrendi, candelieri, confessionali relegati tra gli oggetti inutili o alienati, i canti gregoriani messi nel dimenticatoio, chiese spogliate dai ladri e dai ministri del santuario.

Era necessario tutto questo? I cambiamenti, la storia insegna, quelli profondi esigono tempo e maturazione. Il tempo per acquisire la consapevolezza del messaggio che la Chiesa ha voluto comunicare col Concilio e maturazione perché ciò che viene annunciato sia interiorizzato con convinzione dagli utenti stessi. Sono cadute in breve le tradizioni: le nuove non si possono impiantare in pochi anni specialmente tenendo conto che l’adulto si evolve mentalmente con estrema lentezza oppure subisce il cambiamento lasciandosi semplicemente travolgere e quindi non reagisce in modo costruttivo. Nelle Corti i fedeli continuano a cantare con piacere brandelli di gregoriano e melodie antiche proprio di questi posti.

E’ comprensibile la fatica colossale di tante persone anziane che si portavano sulle spalle una tradizione millenaria di cristianesimo, vedersi crollare in poco tempo ciò che avevano dovuto fare fin da piccole : l’italiano al posto del latino nelle loro preghiere, dar del tu a Dio e ai Santi, fare la comunione frequente e non più a digiuno, vedere i preti andare in borghese, star in piedi durante la messa invece di mettersi in ginocchio, vedersi rifiutata l’offerta della messa da preti che volevano fare capire il concetto che la messa non si paga. L’elenco sarebbe lungo per far notare come non s’è agito con prudenza che è pure una delle quattro virtù cardinali.

La Chiesa è veramente la barca guidata da Gesù e dallo Spirito santo perché chi ha la responsabilità di condurla l’avrebbe già fatta affondare. E’ una prova che la Chiesa non è solo umana ma anche divina.

La liturgia deve essere anche la fonte di ispirazione per i pii esercizi. Dovrebbero essere in armonia con la sacra liturgia e trarre da essa ispirazione ed ad essa condurre. Il santo rosario, la via crucis devono , in altre parole, aiutare a vivere la sacra liturgia.

 

Missionarietà

 

La Chiesa ha sempre sentito dall’inizio della sua storia l’urgenza de problema missionario: andare a convertire quelli che sono al di fuori della Chiesa. Ha usato vari mezzi per far in modo che le genti si riuniscano in solo popolo. Primo missionario è stato Cristo che però ricordò di non essere stato mandato che alle pecore perdute della casa di Israele. Gli Apostoli a piccoli passi si spinsero al di fuori della Palestina anche per causa di persecuzioni. Arrivarono a Roma dove trovarono sia accoglienza che rifiuto. Poi l’espulsione e la persecuzione. La Chiesa comunque si istallò in tutto il mondo conosciuto. Man mano che le conoscenze si allargavano si sentiva anche maggiormente il bisogno di andare oltre ai confini. Il cerchio andò di fatto allargandosi sempre più fino ai tempi moderni nei quali la Chiesa è presente quasi dappertutto. Nonostante questo spirito che animò sempre la comunità cristiana, i membri della Chiesa non si sentirono tanto missionari una volta che la Chiesa era solidamente presente sul territorio.

Il Concilio ecumenico Vaticano II ha fatto ricuperare la dimensione della missionarietà come costitutiva dell’essere cristiano. Nel battesimo siamo tutti diventati re, sacerdoti e profeti. L’essere popolo profetico vuol dire pure essere popolo missionario. Per tutti Gesù ha detto: "Andate in tutto il mondo e fate mie discepole tutte le genti…". Dovere che incombe a tutti se intendono vivere la propria fede in modo autentico. Il cristiano è un mandato per diffondere il Regno di Dio e la buona notizia che Dio ha salvato l’umanità attraverso il Figlio.

La fede devozionale metteva assolutamente tra parentesi questo aspetto come riservato solo a quelli che avevano avuto la vocazione ad essere missionari. Si è andato creando quel distacco del popolo dalla gerarchia vista solo come organo di potere o come autorità. E’ interessante ancora oggi che quando c’è una inaugurazione si chiama il sindaco, il ministro come autorità civile e il prete preferibilmente con qualche cosa di rosso come autorità religiosa . La Chiesa è il popolo profetico che deve dare il buon annuncio della salvezza confrontandosi con una realtà che non sempre è affine alla fede.

La missionarietà è non tanto come fatto istituzionale ma costitutivo dell’essere di chiunque voglia dirsi cristiano. Ognuno deve sentirsi missionario nell’ambiente dove vive ogni giorno dove tanti solo cristiani per anagrafe religiosa ma lontani da una convinzione .La missionarietà si esplica in tutte le dimensioni dell’esistenza intima e comunitaria, in famiglia e nella società.

I cambiamenti veri sono lunghi, anche per generazioni. Quando ogni cristiano non dirà più, la Chiesa deve fare questo, o quello intendendo dire, papa, vescovi, preti ma dirà, noi come Chiesa dobbiamo fare questo o quello allora si potrà affermare che si comincia capire. La catechesi deve aiutare a trovare questa dimensione del sacerdozio comune. Il Concilio di Trento aveva prudentemente messo a tacere questa verità, presente chiaramente nella Bibbia. Il sacerdozio comune dei fedeli abilita a sentirsi ed essere veramente missionario. Il sacerdozio, Gesù non l’ha tanto praticato nel culto, ma nella vita quotidiana offrendo se stesso al Padre quando da questi è stato chiamato ad entrare nel mondo e portare la salvezza.

Catechesi

 

Se venisse oggi un ispettore vescovile come Castelli non potrebbe certo dar multe ai preti che non fanno catechesi . Oggi la Chiesa cerca in tutte le forme di fare catechesi (annuncio del messaggio ed esperienza di vita). Ma le persone difficilmente si aggregano per l’ascolto e quando sono a Messa stanno con l’orologio sempre a portata di mano. Oggi l’ascolto è difficile anche per il tipo di società in cui viviamo. Il nostro tempo è il tempo dell’immagine. Le immagini sono più difficili da usare come strumento della comunicazione di un pensiero.

Non s’intende ascoltare anche perché non si è disposti a cambiare. Si dà per scontato la conoscenza della fede: c’è purtroppo un’ignoranza quasi totale. L’ignoranza continua a mantenere i pregiudizi e non permette il cambiamento interiore. L’attuale ignoranza è frutto del passato: anche nelle associazioni approvate dall’autorità ecclesiastica si faceva catechesi pur in modo non sistematico.

Quindi opera di catechesi nei vicini (intendiamo quelli che sono abbastanza fedeli alla Messa) e catechesi ai lontani che sono diventati quasi del tutto analfabeti nella religione perché non sentono neanche un’omelia in quanto non mettono più piede in una chiesa da molto tempo.

La Chiesa continua a far catechesi perché ha preso coscienza del suo mandato di essere messa come lucerna sul monte. In questo modo prende coscienza della sua dimensione più profonda, la missionarietà. Riguardo alla catechesi ai ragazzi molti pensano che sia necessario accontentarsi della religione che è fatta a scuola.

A questo proposito c’è ancora ignoranza sulla scelta fatta dai nostri politici. Nella scuola si fa religione più che catechesi: per questa il luogo appropriato è la famiglia e la parrocchia . Far religione in quanto appartiene alla cultura di in popolo, ma fino quando la religione cattolica sarà considerata necessaria dagli studenti se provengono da parti diverse del mondo e se non condividono più la stessa fede? Religione nelle scuole è ancora considerata necessaria per la conoscenza del nostro passato Non importa se voglia servirsi di quell’insegnamento perché credente oppure se vuol quell’insegnamento perché utile alla conoscenza della nostra cultura o per chiarirsi problemi che è meglio affrontare in gruppo.

L’insegnamento della religione nelle scuole non è per formare dei buoni cristiani ma per fornire delle conoscenze morali o storiche per non essere completamente a digiuni o sprovveduti quando si parla di religione o si viene a contatto anche indirettamente (esempio l’arte che da secoli fa uso di tutti gli elementi biblici per narrare visivamente una storia che appartiene alle nostra tradizione).

Gruppi familiari

 

Guardo alle sagre dei paesi, vedo ancora tanta gente che si riunisce. Con quale spirito partecipano, sono veramente sentite da tutti? La festa c’è ma tanti la vivono con molta indifferenza e non solo i giovani. Spesso la festa del patrono rappresenta come un marchio pubblicitario per fare delle manifestazioni. La festa per i cristiani cominciava in chiesa; poi proseguiva a tavola, e, infine diventava festa paesana. L’uomo del passato sapeva che si poteva fare festa solo perché siamo credenti nella risurrezione, nella salvezza altrimenti potremmo essere paragonati ad un gruppo di persone che danza sull’orlo di un grande abisso che presto sprofonderà. La festa cristiana prende senso dall’appartenenza ad un popolo di salvati e redenti a caro prezzo da Cristo.

Alla vista delle nostre feste siamo presi da un senso di gioia perché vediamo che ancora tanti si riuniscono, e da un senso di tristezza nel pensare com’era vissuta da tutti la festa un tempo ormai trascorso. Ha un futuro allora la fede, hanno un futuro le tradizioni? Sono sempre convinto che il passato non torna più per dirlo in modo eufemistico. Siamo chiamati, quindi, ad inventare un modo nuovo di trovarci insieme, più povero, meno trionfalistico ma, forse, più veritiero. Le famiglie giovani hanno assolutamente bisogno di aggregarsi per parlare, per pregare, per dare ai propri figli l’opportunità di vivere insieme da credenti. Penso che si debba andare in questa direzione, usando tutti mezzi che la Chiesa oggi ci offre.

In parrocchia si è costituito, dopo un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo, un gruppo di preghiera di Padre Pio. Il nuovo beato ci ha fatto capire l’importanza di riunirci per pregare. Da soli "non abbiamo tempo". Il gruppo si trova insieme una volta il mese, si leggono i pensieri del Padre e si recita il Rosario meditato, poi si affronta un argomento di catechesi. E’ una piccola esperienza ma indicativa. Se è opera dello Spirito, lui provvederà a portarla avanti. Noi siamo consapevoli di quello che Gesù ha affermato che quando ci troviamo riuniti nel suo nome lui è presente. Il gruppo è stato regolarmente approvato dall’Ordinario diocesano e dal vescovo responsabile dei gruppi di preghiera che risiede in San Giovanni Rotondo. E’ solo un piccolo seme.

Abbiamo speranza che il vento dello Spirito che ha voluto i cambiamenti per la sua Chiesa ci aiuti a trovare vie nuove per rivitalizzare la fede. La via dei gruppi familiari può portare frutti positivi: ad un bambino può essere fatto tutto il catechismo possibile con metodi nuovi ma se poi non trova lo spazio della fede in famiglia, ben difficilmente potrà continuare la vita di fede. A stento la famiglia d’oggi dà il suo appoggio per il catechismo in vista dei sacramenti, ma poi non essendo profondamente convinte, non sono d’esempio trainante della vita di fede dei propri fanciulli.

La famiglia in se stessa, inoltre, trova gran difficoltà a vivere il sacramento ricevuto, quando è ricevuto, perché soffre di problemi all’interno.

 

La carità

 

"Ora vi insegno qual è la via migliore:

Se parlo le lingue degli uomini

e anche quelle degli angeli,

ma non ho amore,

sono un metallo che rimbomba,

uno strumento che suona a vuoto.

Se ho il dono d’essere profeta

e di conoscere tutti i misteri,

se possiedo tutta la scienza

e anche una fede da smuovere i monti,

ma non ho amore,

io non sono niente.

Se do ai poveri tutti i miei averi,

se offro il mio corpo alle fiamme,

ma non ho amore,

non mi serve a nulla.

Chi ama è paziente e generoso.

Chi ama

non è invidioso

non si vanta

non si gonfia d’orgoglio.

Chi ama

è rispettoso

non cerca il proprio interesse

non cede alla collera

dimentica i torti.

Chi ama

tutto scusa

di tutti ha fiducia

tutto sopporta

mai perde la speranza.

L’amore non tramonta mai:

cesserà il dono delle lingue,

la profezia passerà,

finirà il dono della scienza.

La scienza è imperfetta,

la profezia limitata,

ma verrà ciò che è perfetto

ed esse svaniranno.

Quando ero bambino

parlavo da bambino,

come un bambino pensavo e ragionavo.

Da quando sono uomo

Ho smesso di agire così.

Ora la nostra visione è confusa,

come in un antico specchio;

ma un giorno saremo a faccia a faccia

dinanzi a Dio.

Ora lo conosco solo in parte,

ma un giorno lo conoscerò

come lui mi conosce.

Ecco dunque le tre cose che contano:

fede, speranza, amore.

Ma più grande di tutte è l’amore.(1Cor 13)

La Chiesa del Concilio ha puntato molto sulla carità. La fede senza le opere è morta dice San Giacomo. Fin da ragazzo , vivendo tra i Rosminiani, vedevo dappertutto la scritta CHARITAS. Era l’Istituto della Carità fondato da A. Rosmini nel secolo scorso. La carità è l’anima del cristianesimo, il cuore di tutto. Non si può comprendere un briciolo di storia della Chiesa se non guardando a questa virtù teologale.

La vita dei santi venerati nelle Corti, che abbiamo passato in questo millennio, è storia della carità. Così il sacrificio dei nuovi martiri della Chiesa cattolica ha senso perché frutto di carità. Il sacrificio di suor Erminia Cazzaniga e degli altri religiosi, un’altra suora canossiana, due diaconi, un seminarista a Timor est è stato il suggello di una vita di carità , spesa per gli abitanti di quella lontana isola.

Per indicare amore i Greci usavano la parola eros, filìa, agape.

L’eros è forza di attrazione di una persona verso un’altra. La forza che è sottesa alla simpatia, all’innamoramento, alla carica che spinge ad amare in quanto uomo e in quanto donna . E’ una energia naturale potente che rende diverso l’amore che una persona nutre verso l’altro. Questa forza porta in sé una dinamica di piacere che può produrre effetti nocivi se ricercato per se stesso. Anche per l’apostolo della fede non è male se il Signore manda qualche gratificazione per l’opera svolta anche se non bisogna agire per quella. La gratificazione per l’opera compiuta non va ricercata in se stessa ma se viene va accettata con rendimento di grazie. Per i giovani l’innamoramento è solo il primo passo verso il vero amore.

La filìa è l’amore di amicizia. E’ l’amore che cerca la comunione di vita, la solidarietà reciproca, l’apertura verso l’altro, la condivisione. In una comunità cristiana, specialmente tra gli operatori pastorali, consigli parrocchiali, gruppi, l’amicizia dovrebbe essere l’anima degli incontri per l’autoformazione e per mettere in opera le strategie pastorali (anche per mantenere le strutture materiali che abbiamo avuto in consegna dal passato).

Spesso è difficile lavorare insieme anche nelle parrocchie di montagna per le tensioni tra le persone, tramandate da tempi immemorabili, che si trascinano anche quando si opera all’interno della comunità.

La comunità cristiana dovrebbe essere di esempio ai ragazzi e ai giovani di cristianesimo sereno non litigioso. Nella comunità non si perseguono scopi individualistici. Quante opere in più si potrebbero fare se ci fosse amicizia e tolleranza reciproca!

L’amicizia tra i membri di una comunità non dovrebbe permettere che alcuno si senta solo o emarginato. La forza delle nuove sette religiose sta nell’offrire ai propri membri una certa qual forma di amicizia solidale di cui nella società di oggi abbiamo un po’ tutti bisogno.

Il terzo vocabolo , quasi inventato dal Nuovo Testamento, tradotto poi in latino charitas, indica il vero amore che prende le mossa da Dio stesso. Si incarna in una persona, Gesù di Nazaret e diventa storia concreta in tanti che hanno preso sul serio il Vangelo.

Rinnovare la Chiesa oggi vuol dire credere fino in fondo alla carità come intesa dal Vangelo che è prima di tutto Vangelo della carità. La carità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo verso ognuno di noi che ha come conseguenza la carità verso il prossimo. Può servire come traccia per la comprensione, la rilettura di un episodio noto del Vangelo : la moltiplicazione dei pani (Mt 14, 13 - 21)

"Sentì compassione per loro e guarì i loro ammalati". E’ una costante che ritorna spesso nei Vangeli. Lo scorrere della vita del Signore è composto dall’annunciare il Regno e di fare il bene. Quel sentire compassione significa tutto l’affetto e l’unità che Gesù prova per quanti lo stanno ad ascoltare. Si fa carico della loro fame e della loro stanchezza. Con la moltiplicazione del cibo si fa carico dei loro mali, fisici e morali. Non è dunque solo un annunciatore, araldo e messaggero di Dio, colui che porta il bene nella completezza della salvezza. In fondo il Signore non distingue anima e corpo, fisicità e spiritualità, ma porta il bene nella globalità delle persone che incontra.

Molti miracoli faranno capire che egli non si tira indietro di fronte al male che incontra. Senza indugio libera dalla malattia, dalla morte, dal peccato. La moltiplicazione dei pani e dei pesci si pone lungo la scia della comprensione della fatica del mondo. La grande folla che crede in lui lo segue quasi per istinto: è affascinata dal suo messaggio, sicuramente incapace di capire fino in fondo che cosa il maestro proporrà. Ha però fiducia e si sfinisce in questo lungo pellegrinare dietro alla speranza. I discepoli pensano che non sia loro compito essere attenti alla fame della folla: che sia sciolta l’assemblea e che ognuno vada a cercarsi da mangiare.

Questo atteggiamento è stato ripetuto nei secoli ed è tenuto ancor oggi dai cristiani. In linguaggio appena più raffinato si stabilisce quali sono i compiti della Chiesa : l’annuncio, la catechesi, l’evangelizzazione, il culmine nella liturgia. Teorie teologiche e pastorali giustificano i limiti dell’azione di salvezza. Ogni altra iniziativa è impropria o in ogni modo può esistere solo a conforto di quanto stabilito. Dall’annuncio del Signore non sembra così. I Vangeli ci hanno abituato a non separare il messaggio dall’azione, la proposta dall’aiuto. Costituiscono un unicum, inscindibile e unitario dell’azione di Dio.

Nella scissione tra il Vangelo e l’azione, tra la parola e la vita si sta consumando probabilmente lo sfinimento della proposta odierna cristiana. Il razionalismo della fede, staccato dalla comprensione totale della vita e della sua unità, ha posto le basi della insignificanza del cristianesimo. Tutta la storia biblica, con il suo linguaggio, con le sue categorie esistenziali d’interpretazione, con la carica dei sentimenti umani, descrive questa unità. E’ il creato che loda Dio. È l’intero universo che lo riconosce come suo Signore. Le creature umane, nella limitatezza della loro esistenza e nella nobiltà dei loro pensieri e dei loro sentimenti, riassumano bene la complessità della vita, composta da sciocchezze e miserie, frammiste a nobiltà difficili da spiegare. Quella folla stanca ed affamata del Vangelo di Matteo richiama necessariamente la stanchezza e la fame d’altre folli, ieri come oggi, probabilmente anche domani.

La Chiesa e cristiani, seguendo il loro maestro, non possono non provare compassione, non possono rifiutare il miracolo della moltiplicazione dei pani, non possono rispondere come i discepoli: vadano e si arrangino. Non si tratta di gradi di bontà, ma del dovere di annuncio. Quell’annuncio che per essere tale deve compatire, farsi compartecipe dei dolori del mondo. La salvezza diventa così totale: le creature sono ricostituite nella dignità di creature nobili che, chiamate a lodare Dio, non possono soffrire, essere stanche, essere costrette ad arrangiarsi. Il numero di quelli che avevano mangiato, puntigliosamente riportato dal Vangelo, è l’ultimo e non insignificante segnale della concretezza della liberazione dal male. (70)

Nella comunità cristiana del nostro tempo la carità assume forma di organismo , Caritas, che interviene direttamente o elabora progetti di stimolo anche per gli organismi competenti. Ha formato schiere di volontari, anche contattando e organizzando gli stessi obbiettori di coscienza. E’ talmente indispensabile che dovrebbe essere organizzata in tutte le parrocchie

Nel dopo Concilio sono sorte numerose associazioni di volontariato che operano in vari settori: Centro per la vita per le ragazze madri, Case di accoglienza per giovani , Case per ricuperare i tossicodipendenti,…(fig.258)

 

Dalla negazione alla ricerca di Dio

All’inizio del millennio una religione aveva risposto al bisogno di religiosità dell’uomo. Il termine religione per alcuni viene da religare come a significare il legame tra gli uomini e Dio. Il popolo si sentiva "devoto", consacrato a un solo Dio, a Gesù e, quindi, ai santi. Il legame divenne stretto, come un patto con riti, feste , tradizioni.

Per altri il termine viene da religere, raccogliere, riunire. La religione aveva raccolto tutti sotto l’unica fede. Aveva dato un’identità ad un popolo. Non solo per le Corti ma per tutto l’occidente (e questo anche in negativo, basti pensare alle vicende di Enrico VIII, un re che stacca un popolo intero dalla fede cattolica, appoggiato da vescovi e prelati. Il re legherà a sé quel popolo e la religione sarà anglicana, inglese.)

Con il Concilio di Trento, la Chiesa si era profondamente rinnovata, diventando la più completa forza di unione e coesione della gente. L’autorità religiosa non era giammai messa in discussione. Inquisizione, sacri tribunali, condanne del santo Uffizio erano pacificamente accettate e il potere civile prestava la sua opera per rendere le condanne esecutive.

Arrivò l’Illuminismo con i suoi illustri figli , i grandi maestri del sospetto: Feuerbach, Marx, Nietzsche, Freud. Per il primo la religione è frutto dell’ingiustizia umana. L’uomo si crea Dio come un surrogato. Per Marx la religione è semplicemente destinata a scomparire perché sovrastruttura dell’economia capitalistica. Per Freud la religione è solo una creazione della psiche umana. Alcune volte serve, altre volte va curata come malattia dello spirito. Per Nietzsche, Dio è semplicemente morto, dunque non rimane che vivere i valori solo umani. Valorizzare l’uomo nella sua dimensione terrestre ed eliminare tutto quello che lo trattiene dalla vera liberazione. Col grido Dio è morto cade il pensiero forte, la metafisica è inutile, anzi dannosa. Non esistono più certezze assolute, le sole vengono dalla scienza che fornisce l'unico sapere utile. Le affermazioni che si possono sperimentare o falsificare sono scientifiche, le altre sono prive di senso. Tutte le affermazioni della fede cattolica intorno a Dio, alla vita eterna sono, quindi, senza senso. La teologia non ha più alcun servizio da compiere, le prove della teodicea non provano più nulla, il pensiero è racchiuso sulla persona o su una realtà molto modesta.

L’esistenzialismo è il pensiero organico a una temperie spirituale di chi ha visto con la guerra crollare tutte le certezze e tutto l’ottimismo di fine ‘800 anche quello scientifico.

Monti così cantava di fronte alla prima ascensione in pallone aerostatico

dei fratelli Charles e Robert Montgolfier nel febbraio del 1784:

 

Svelaro il volto incognito

le più rimote stelle,

ed appressar le timide

lor vergini fiammelle.

 

Del sol i rai dividere,

pesar quest’aria osasti;

la terra, il foco, il pelago,

le fere e l’uom domasti.

 

Oggi a calcar le nuvole

giunse la tua virtute,

e di natura stettero

le leggi inerti e mute.

 

Che più ti resta? Infrangere

Anche alla Morte il telo,

e della vita il nettere

libar con Giove in cielo.

 

Le certezze spezzate fanno ripiegare su se stessi. Nasce l’Esistenzialismo nelle sue varie forme: ateo, quello di Satre, agnostico in fatto di fede, quello di Heidegger, teista , quello di Marcel e Beriaieff.

Le dure esperienze vissute dall’uomo in questo secolo lo rendono ancor più scettico nei confronti della fede. L’ateismo della seconda metà di questo secolo nega Dio per affermare l’uomo. Il marxismo lo nega sul presupposto che è la struttura economica a creare la religione.

Nuove religioni diventano le ideologie che fanno da base al pensiero politico. Ci sono pure ideologie strettamente legate alla dottrina sociale della Chiesa Gli scopi che sostennero la fondazione del Partito cattolico furono nobili: la persona, la società, la famiglia, giustizia sociale, la politica al sevizio della comunità. Ben presto cadde sotto il fascismo; una volta risorto cadde nelle maglie dell’economia e del potere. Sosteneva i poteri forti ed era da questi sostenuto. Le masse popolari cattoliche non riuscirono a fare chiarezza. C’era pure chi sosteneva che votava il partito cattolico per dare il voto a Cristo , o al papa.

Chi era contrario, si affidava all’ideologia social-comunista non tanto per lottare contro la religione cattolica (gli aderenti continuavano a chiedere i sacramenti) ma per avere più giustizia. Nacque il grande equivoco che allontanò dalla fede tante persone: gli uni si sentivano i paladini della fede, gli altri si sentivano scomunicati. La cosiddetta scomunica era solo rivolta a chi professava apertamente l’ateismo e si prodigava per la sua diffusione.

Dopo la seconda guerra mondiale sia le dottrine dei maestri del sospetto che il consumismo portarono all’allontanamento non solo dalla religione cattolica ma anche dalla fede. Filosoficamente si minarono pure le basi per la costruzione di un pensiero metafisico con filosofie del tutte relativiste o col pensiero debole .

Gli insegnanti che aderivano a questo tipo di pensiero rivolgendosi ai loro alunni facevano opera di demolizione della fede dei padri. Il giovane delle medie e delle superiori si trova nella situazione psicologica, emotiva, morale per seguire il pensiero dell’adulto che gli fa da insegnante. Le famiglie non hanno, di fatto, mai avuto i mezzi per contrastare, se non quello di affidare i figli a scuole cattoliche (numeri sempre esigui). Il pensiero laico in Italia subdolamente o apertamente si è sempre manifestato in maniera laicista cioè in lotta col pensiero religioso cattolico disposto spesso all’indulgenza verso qualsiasi forma religiosa pur di contrastare la Chiesa cattolica. Anche il senso della missione della Chiesa è spesso stravolto dai media come azione politica - partitica.

Tanti hanno infilato la strada di un ateismo pratico che non porta da nessuna parte o meglio va affidarsi a maghi, astrologi, a sette o a altro. Tanti vivono in clima di indifferenza religiosa senza nessuna pratica cristiana. Altri vivono una fede senza convinzione e senza preparazione culturale.

A livello parrocchiale si assiste ad un fenomeno preoccupante: i bambini e i ragazzi stanno bene attorno alle parrocchie fino al sacramento della cresima, poi si allontanano e perdono i contatti con Chiesa fino, non per tutti, al matrimonio religioso. Può una persona umana vivere senza religione, senza fede? L’esperienza di mostra che questo non è mai avvenuto. O il vero Dio o gli idoli, dice la Bibbia. I giovani cercano altri modi di aggregazione; s’indirizzano pure verso riti che si richiamano al sacro, alla spiritualità, alla religiosità.

La ricerca del sacro s’incammina spesso verso culti ambigui, indefiniti, alternativi; molti di questi vanno sotto il nome di New Age. Si tratta di un nebuloso movimento che promette la felicità e una maggiore coscienza nel presente e una maggior gratificazione individualista; è una specie di super – religione, certamente di una a-religione, comoda, che nulla a che vedere con le grandi religioni della storia. E’ un movimento sincretistico di filosofia, sociologia, psicologia, ecologia dove non c’è spazio per l’amore del prossimo e per l’impegno sociale. E’ una religione senza Dio che prende molto dal Buddismo, pure religione senza Dio. E’ religiosità senza Chiesa, senza un credo e senza regole.(71)

Nelle Corti non c’è ancora alcun aderente questa forma di religiosità ma lo spirito di una religione fai da te c’è già. C’è un futuro per la religione cattolica in queste nostre zone. Penso di sì, ma in forme totalmente diverse dal passato. Non è ipotizzabile un ritorno in fiore della religione nelle varie comunità delle Corti, per vari motivi. come già accennato. E’ possibile prevedere che fiorirà una piccola comunità di famiglie che si prenderanno carico di portare avanti la vita di fede. Questo è possibile perché c'è qualche segnale in tal senso. Lo Spirito opererà anche nella povertà della nostra Chiesa ma in forme diverse dal passato .

La fede devozionale deve cambiare in modo radicale. La devozione deve essere di aiuto alla persona per aprirsi agli altri e venire incontro a quel bisogno di religiosità che si traduce in forme concrete di solidarietà. L’ascolto deve diventare meditazione attenta per capire ciò che Dio vuole da noi in questo momento. Se i cristiani prenderanno coscienza di essere il piccolo resto col mandato missionario allora ci saranno ancora frutti e la fede diventerà ancora punto di riferimento della vita personale e sociale altrimenti, nelle Corti, sarà destinata alla scomparsa.

 

Pellegrini per un altro millennio

"Eppure troverai degli uomini che si lamentano dei loro tempi, convinti che solo i tempi passati siano stati belli. Ma si può essere sicuri che se costoro potessero riportarsi all’epoca dei loro antenati, non mancherebbero di lamentarsi ugualmente. Se, infatti, tu trovi buoni quei tempi che furono, è appunto perché quei tempi non sono più i tuoi"(72) Sant’Agostino propone in uno dei suoi discorsi una constatazione elementare di saggezza che va bene per tutti quelli che vedono solo buio il tempo presente e senza futuro.

Un cristiano del primo secolo ci ricorda , invece, di vivere la speranza.

"Vi scrivo dunque alcune cose perché La vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta. Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede ; la salvezza , inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.

Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.

Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro vero bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.

I tempi sono cattivi e spadroneggia il maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l’intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che mi importa dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso dei giovenchi ; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani ? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina , sarà vano; l’incenso è un abomio per me. I noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare". E’ una lettera apocrifa di un apostolo, San Barnaba, in realtà scritta da un alessandrino del primo secolo: rivela chiaramente che cosa il Signore aspetta dai cristiani oggi , vivere la speranza .

A volte si sente la parola detta da chi ha smesso da molto tempo di vivere i sacramenti cristiani : "Tanto essere cristiani o no è la stessa cosa". Il cristiano sa di aver ricevuto un dono, lo Spirito di Dio. Sa di portarsi dentro al cuore una speranza del regno di Dio che viene, che la giustizia non è una utopia, che l’amore può essere vissuto in modo autentico. Il cristiano vive ogni giorno la speranza.

Le possibilità dell’uomo non sono tutte nelle sue mani. Racconta un anonimo che un giorno un bambino cercava di sollevare una grossa pietra, ma non riusciva a smuoverla.

Suo padre, che l’osservava, alla fine gli disse: "Sei certo che stai usando tutta la tua forza?".

"Si", gridò il bambino.

"Non è vero. Non mi hai chiesto di aiutarti".

La forza dei martiri, dei confessori della fede, della gente umile che da secoli ha vissuto una vita difficile su questi monti dove stava se non in una fede profonda che aiutava a trasportare le montagne, che le metteva in grado di affrontare tutte le difficoltà che incontravano nella vita. La speranza è piccola ma sostiene la fede............

La speranza non si confonde con le speranze minime che stanno spesso davanti a noi ma è un esistenziale, cioè appartiene alla struttura stessa della persona, per cui rafforzando quella la persona diventa una potenza infinita di risorse che sono inesauribili. Foscolo diceva: "…perché gli occhi dell’uom cercan morendo il Sole". Quella è la speranza che sostiene fino all’ultimo la persona . E la grazia viene in aiuto alla debolezza umana.

La speranza cristiana ci fa passare da uomini piccoli a uomini capaci di pensare ancora in grande anche di fronte a una realtà che sembra da una parte allargarsi perché tutto si è globalizzato e dall’altra l’esistenza dell’uomo diventa a una sola dimensione: l’io solo economico, o impostato sull’utile, o sul piacere da ricercare a tutti i costi è un io piccolo schiacciato solo sull’attimo.

Il filosofo indiano Shri Ramakrishna racconta questa parabola :

C’era una volta una rana che viveva in un pozzo. Ci abitava già da tantissimo tempo. Anzi, vi era nata e vi era stata allevata. Era una piccola, festosa rana.

Ma, un giorno, ci fu una visita imprevista. Si trattava di un’altra rana, che aveva sempre vissuto sui bordi del mare.

La piccola abitatrice del pozzo non si lasciò sfuggire l’occasione per scambiare quattro chiacchiere con la nuova venuta.

- Da dove vieni ?

- Vengo dal mare - disse la sconosciuta.

- Il mare ? E’ molto grande il mare ? - domandò incuriosita.

- Oh, certo ! Molto grande - rispose la visitatrice.

- Il mare è grande così ? - si informò la piccola rana allargando e tenendo il più possibile le sue gambette .

- Ma vuoi scherzare ? E’ molto, molto più grande - replicò quasi scandalizzata , l’ospite.

- Non sarà per caso grande come il mio pozzo? - insistette con petulanza la piccola rana.

- Via cara mia, - tagliò corto la rana pellegrina - come vuoi paragonare il mare con il tuo pozzo ?

Corrucciata , stizzita, offesa, la piccola rana reagì :

- Ma no, non può esistere nulla di più grande del mio pozzo. Tu ti dai un sacco di arie. Sei afflitta da manie di grandezza e mentisci spudoratamente. Viene a casa mia a contarmi delle bubbole e pretendi che io ti creda? sarà bene che tu sloggi immediatamente da qui. La rana pellegrina se ne andò saltellando allegramente verso il suo mare.

- E la piccola, graziosa rana rimase finalmente tranquilla a spaziare nel suo grande pozzo.

E’ la situazione di chi vive nella mediocrità, di chi è individuo - pozzo . E’ l’individuo - pozzo all’opposto del cristiano che sa guardare con realismo al presente ma guarda avanti nel futuro. Nel libro di Musso, Il ritorno d’Adamo, si racconta il viaggio dell’uomo verso il mistero.

Almar taceva. Il viso dritto verso la prua, lo sguardo illuminato da una insolita luce, pareva che osservasse come Matteo l’Isola tanto attesa .

"Peccato che tu non possa vedere, Almar : è una visione fantastica !".

"Ma io vedo , Matteo, vedo attraverso le tue parole."- Una pausa poi riprese - "E’ l’Eden, capisci ?L’Eden, il Paradiso terrestre da cui siamo stati cacciati. Per questo non possiamo tornarvi. Ma basta la sua esistenza a chiarire il senso del nostro destino: donde veniamo, dove andremo, cosa siamo, a cosa siamo chiamati." - Un’altra pausa, poi soggiunse - "Per questo ci sono le Colonne e non si possono varcare. Perché vediamo, capiamo, ma non ci accostiamo per ora al luogo da cui fummo scacciati. E l’albero che vedi è quello della Conoscenza, della Conoscenza del bene e del male. Quello il cui frutto mangiammo sebbene ci fosse stato proibito". Almar continua dicendo che solo colui che accetta la giustezza di questa condizioni è veramente felice .(73)

Accettare Le colonne vuol dire accettare il limite umano ma non adagiarsi in una situazione di comodo. Bisogna guardare con realismo alla fattualità e adoperarci per il cambiamento di ciò che è negativo per costruire il Regno di Dio. L’azione del cristiano è sempre sotto la luce della speranza, perché chi porta a compimento non è la persona con i suoi poveri strumenti ma lo Spirito. Ogni operatore di pastorale, penso, abbia fatto esperienza che dalle sue azioni e dalle sue parole si produce un di più che non era stato previsto e che non era neppure prevedibile. La risonanza è opera dello Spirito che agisce in profondità, l’uomo è solo uno strumento.

Riportiamo alcune poesie scritte dai bimbi in quinta elementare con le loro maestre Vicini Loretta e Rozzi Domenica, in occasione di un concorso indetto dagli uffici della Curia vescovile col consenso del Provveditorato degli studi di Parma, sul tema "Gesù Cristo e le attese dell’uomo alle soglie del 2000". Mi sembra che esprimono molto bene il senso e il valore della speranza.

 

IO VORREI CORRERE VERSO DI TE

 

Io vorrei correre verso di te...

a te che mi stai vicino,

che mi tieni per mano e mi guidi

in questo mare, a volte sereno, a volte burrascoso

che è la vita.

Voglio abbracciarti per farti capire l’amore

che ho verso di te,

per dirti di stare ancora con me nei giorni che verranno,

quando la speranza sembra morire.

Insieme abbiamo scoperto

che sperare è credere negli altri,

guardare verso di loro come al cielo sereno.

Vivendo con te, amico,

ho capito che la vita non è correre verso se stessi,

ma aspettare chi è più indietro di me.

Ho capito che sperare

è dare amore a chi non è più giovane,

è bontà infinita, è parola di Dio

nel cuore di ogni uomo.

Renata Bianchi

 

TI VEDO

 

Ti vedo, lo so.

Vivremo insieme !

Anche se non ti conosco, ti conoscerò.

Vaghi di notte, nel silenzio e nell’ombra,

ma non ci sei solo tu, ci siamo anche noi e,

come tu hai bisogno di noi

noi ne abbiamo di te.

Nello sguardo io ti conosco, nel pensiero io ti vedo,

non nasconderti nelle tenebre :

la luce gioisce, canta, è felice

come lo devi essere tu per aprirti al mondo

che ti vuole con sé.

Io ti vedo :

hai sofferto, hai gioito,

come me, sei tu !

Senza parole ti posso guardare

senza parole ti posso lodare

senza parole ti posso amare.

Tu sei il Cristo nell’uomo

sei l’orizzonte che si apre al mare,

si apre al sole, all’angolo remoto dei mondi.

Senza parole ti ho capito

e ti ho seguito ;

con la fede mi sono fidata e so di essere amata.

Annalisa Battistini

 

LA SPERANZA

 

La speranza è una voglia immensa,

è una cosa dentro noi che non si spegnerà mai

per nessun motivo.

E’ un’amica.

E’ un’amica un po’ incerta, forse corta o forse infinita.

E’ una cosa che ci dà la voglia,

la voglia di fare e sperare.

Molte volte ci inganna e ci illude perché osiamo troppo,

ma altre volte ci soddisfa nel miglior dei modi

La speranza è come un uccello

smarrito dentro un labirinto

armonioso e pacifico.

La speranza è colei che aiuta chi non ha fede,

chi è stolto,

e chi è nero nell’animo ed è caduto nella disperazione,

lo ricupera e gli dà quella volontà che non gli toglierà

più nessuno.

Mattia Ricci

 

LA VITA E’ UN DONO (riflessioni)

Dio mi ha fatto un dono molto grande : la vita.

Egli ci ha creati per vivere, per godere i frutti della terra ; ognuno di noi guarda verso l’altro con lo sguardo pieno di richieste.

Dentro di noi sboccia la primavera quando ci incontriamo a tu per tu e scopriamo i nostri silenzi e le nostre grida. Quando diciamo :"Fratello, posa la tua mano sulla mia !"

La persona è il valore della vita.

Nei campi concentramento, dove ha vissuto Anna Frank, le persone non avevano futuro, anzi cercavano di morire più in fretta.

Nel suo diario, Anna afferma che, nonostante tutte le crudeltà, credeva nell’intima bontà dell’uomo.

Ammiro questa forza perché è più difficile sperare quando tutto va male e tutto ci avvolge. Penso che molti sprechino la propria vita invece di averne cura.

I sopravvissuti ai campi di concentramento, hanno visto in faccia il dolore e la morte, ora è come se vivessero per la seconda morte.

Immagino che loro più che mai apprezzino la vita come un dono.

E’ bello crescere e essere responsabili di se stessi e capire il vero significato della vita.

Molti si occupano di loro perché accanto a un uomo malvagio c’è sempre un uomo buono, vicino a una creatura bisognosa c’è un buon samaritano.

Il bambino della nostra scuola, Davide, è molto malato e ha bisogno di affetto e di amore che noi bambini con le nostre insegnanti cerchiamo di dargli.

Ognuno nel suo ambiente, al prossimo più prossimo dobbiamo dimostrare la nostra disponibilità, così la nostra vita ha un senso, quello giusto.

La morte è il contrario della vita, ma quando si sta bene con gli altri c’è pace.

Dovremmo essere fieri di avere la possibilità di vivere mentre molti altri non ce l’hanno, dovremmo offrirci come ha fatto Dio che è morto in croce per noi.

Michela Battaglioli.

 

A MIO PADRE

 

Padre,

solo tu potresti ridarmi la gioia.

Tu mi accoglieresti, il pianto ci univa

e io stavo lì con te

soffrendo per te,

mi meravigliavo.

Tornerò e ci vedremo insieme

piangendo ma di felicità.

Padre,

ti vedevo, ti sentivo e ti amavo

così com’eri nella lotta per la vita.

Sei morto con il corpo,

ma in chi ti ha amato rimarrai

e nel mio per sempre.

Ci vedremo un giorno.

Io sono la speranza nata da un seme,

la tua speranza che dà frutto.

Come la conchiglia che limpida e prigioniera,

sta negli abissi e porta cose preziose.

Così come il mare l’avvolge nel suo cuore

per un nuovo viaggio,

io sono con te, padre

e credo nella resurrezione

Luciano Rosati.

 

OGGI E IERI (riflessioni)

 

Anna Frank è un grande esempio di speranza che non si può ignorare.

Nel suo diario ci confida un vissuto nel quale molti bambini e ragazzi che vivono nella guerra, si possono riconoscere.

Anna cerca di rallegrare la sua vita e quella degli altri rifugiati mantenendo viva la forza del suo carattere.

Tutto il bene possibile essa lo ritrova in se stessa, apprezzando un piccolo pezzo di cielo che vede da una finestra ;non si lascia abbattere dalle difficoltà, la forza del suo pensiero le fa ritrovare il bene che è dentro l’uomo e perdonare il male che costringe lei e molti altri a nascondersi.

La sua prigionia fisica non imprigiona i suoi sentimenti e le sue idee.

Credo che il perdono sia un grande segno di speranza per l’uomo, perché il rancore non produce nessun buon frutto e mette l’uomo contro l’uomo.

La vita, non è fatta solo di interessi personali, ma soprattutto di comprensione, amore e compassione : Dio ce l’ha donata per saperci controllare per aiutare chi ha bisogno.

Noi bambini abbiamo bisogno di confidarci con qualcuno, di essere ascoltati e compresi per eliminare le sofferenze.

Io vivo in un paese di montagna, intorno a me, la natura è un invito a sperare ; l’alternarsi delle stagioni mi fa sentire che simile è anche la vita dell’uomo : l’inverno del riposo e la primavera del risveglio.

Comprendo come Anna Frank abbia potuto vedere Dio in un piccolo spazio di cielo : io lo vedo intero, limpido e imbronciato come il cuore dell’uomo, ma sempre pronto a rischiararsi e a dare gioia al nostro cuore.

Anch’io credo che non sono i grandi spazi a dare più speranza e più vita, nel mio piccolo io sento la grandezza del mondo e di Dio che l’ha creato ...

Così la mia infanzia trascorre e penso che molti segni li porterò dentro di me.

Anna Frank non è riuscita a sopravvivere alla guerra, ma è come se ci fosse riuscita perché la speranza, la su speranza si comunica a noi e ci accompagna nella vita.

Laura Leni

 

L’UOMO E L’UOMO

 

Tu uomo, non sei forse il mio simile ?

Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza,

ci conosceva già quando eravamo nel grembo materno.

Come il girasole tende il suo volto al sole per crescere

anch’io tendo la mano al mio compagno.

Con lui io volo, sogno, spero e amo.

Sperare è un momento felice : la gioia e l’amore

sono già nel nostro cuore.

A tu per tu è un simbolo di pace.

Prima o poi ci incontreremo : come il cielo e il mare.

Non chiuderti in te stesso, per raggiungermi

non volare nello spazio,

apri lo sguardo sazio di volontà.

Il mondo è la pupilla nera, la fiamma del nostro cuore

si accende e si spegne

come una giornata incerta.

Ma ogni persona è lo specchio di un’altra,

la paura di noi stessi non ci divide ;

il mondo ha sete di verità

quella di un bambino che un giorno sarà uomo

ma ha in sé la purezza di quel bambino

al quale ogni giorno, come quel giorno, Gesù disse :

"Lasciate che i fanciulli vengano a me",

con la voce della madre che amala sua creatura,

con la voce dell’essere umano che dice

all’altro : "Tu uomo non sei forse mio simile ?".

Una bimba di quinta elementare

 

AMICIZIA

 

Il tuo sguardo mi dice che sei buona e gentile,

il tuo sguardo è l’universo stellato,

mi fa sperare un giardino fiorito

dove le promesse diventano realtà.

 

Sono al mondo perché Dio ci ha voluto

egli sa tutto del mio e del tuo futuro,

sa anche le cose che vuoi dirmi

solo guardandomi.

 

A messa quando prego, canto e leggo,

sono in comunione con te e con Dio.

In quel momento mi incontro con la gente

con i tuoi occhi che esprimono modestia.

 

Così io vedo il cielo sereno e luminoso

nei tuoi occhi c’è tutto l’universo.

Loredana Pizzo

Quale fede o religione nel futuro? Una fede che dovrà purificarsi lasciando il superfluo. Dovranno riemergere gli antichi valori che abitano nel sommerso delle coscienze. E’ tutto un modo da scoprire perché si tratta di sentieri non percorsi. Prima tutto veniva trasmesso, era coltivato dalla famiglia inserite naturalmente in un cotesto di fede praticata. Ora le famiglie giovani conservano vaghi ricordi di un catechismo fatto e di una pratica religiosa nell’infanzia. Poi hanno lasciato. Chi vorrà dovrà ritrovare la sorgente da solo o quando incontrerà una persona o un gruppo ecclesiale che hanno già fatto un percorso con convinzioni maturate e profonde. Nel futuro non si intravedono le nostre chiese ritornare piene ogni domenica, ma qualche gruppo che avrà il coraggio di alimentare la fede.

Un cattolico laico, Alberto Monticone esprime in questo modo la nuova esistenza del cristiano pellegrino:

"L’identità del cattolico è fondamentalmente l’identità del pellegrino. La condizione del cristiano è dunque la capacità di camminare con poco, come fa un bravo marciatore, camminare con poche cose, con quelle che contano, senza aver bisogno di piantare tende definitive, poteri, stabilità, in nessun posto. Accanto alla provvisorietà deve esserci l’inquietudine: un’inquietudine delle tappe successive del cammino da raggiungere; l’insoddisfazione di essere ancora per strada, pur essendo contenti di sapersi per strada, perché ciò fa parte del destino dell’uomo e della chiamata dell’uomo da parte del Signore. Il pellegrino, la persona che è in cammino, ha bisogno di qualche certezza, ha delle certezze, anzi le ha solidissime, perché non avrebbe il coraggio di camminare, di continuare, di non abbandonare un percorso; ma queste certezze sono pochissime ed essenziali e riguardano sostanzialmente la chiamata, cioè la vocazione, il modello, cioè il Cristo, il destino, che è la pienezza della vita spirituale, e questo cammino verso il regno" .(fig.256)

Perché c’è stato questo sgretolamento nella cristianità che aveva percorso il millennio? Abbiamo cercato di dirlo: sono stati tanti passi:

Nel Meeting di Rimini di quest’anno aleggiava una domanda che può inquietare il credente: che posto avrà Dio nel nuovo millennio? Robi Ronza, portavoce del Meeting bacchetta "il vacuo clamore con cui ci si avvicina al Duemila, cercando di censurare ciò che si va a celebrare, la nascita di Cristo, ed evitando di interrogarsi sulla ragione che, fra tutti possibili calendari, ha visto prevalere quello che da tale nascita prende le mosse". Il teologo spagnolo Javier Prades ha parlato del rischio di "lasciarsi Dio alle spalle". Spesso si accetta la religione ma si rigetta la fede. Tutte le religioni vanno bene, come fondamento di valori morali, che possono nascere anche da un pensiero laico. Ma ciò porta ad una tolleranza generica non all’amore.

Una frase celebre di Chesterton dice. "Quando la gente cessa di credere in Dio, il rischio non è che non creda più a niente, ma che cominci a credere in qualsiasi cosa". Sarà questo il dramma del terzo millennio? L’uomo si eserciterà nella costruzione di illusioni, di una propria religione che rinuncia alla Verità e dunque alla ragione?

La speranza , anche da un punto di vista solo umano, non va mai deposta per continuare ad essere persone. Credo che ci sarà un arcobaleno, dopo la tempesta, sulle Corti(fig.260)

Credo nella possibilità di un rinnovamento della fede, dopo lo scompiglio di questo ultimo cinquantennio, perché credo nella forza dello Spirito creatore. Credo nelle risorse delle coscienze e della spiritualità dell’uomo. Credo nella potenzialità enorme della fede cristiana che potrà essere ancora un polo di attrazione per un altro millennio. Credo che i simboli cristiani saranno ancora incisi sulle opere d’arte del millennio che si apre.

Il pesce, Gesù Figlio di Dio Salvatore

L’agnus Dei, Gesù unico Salvatore pacifico dell’uomo

Pane e vino , Gesù che si compagno di viaggio nell’Eucarestia settimanale

Il monogramma di Cristo, in hoc signo vinces

L’Alfa e l’Omega, Cristo l’inizio e la fine

Il martire, il mondo oggi ha bisogno di testimoni (fig.261)

 

Don Oreste Benzi così ha concluso il suo intervento a Rimini: "Dai , va’ là…Dio è in gamba perché ha avuto il coraggio di nascere".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

ATTO DI EREZIONE, FONDAZIONE, DOTAZIONE E NOMINA DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI RIANA

 

A cura di Donatella Basteri

Traduzione di Anna Maria Basteri

 

 

 

Nota introduttiva

 

Il testo (documento inedito) si trova nell’archivio parrocchiale di Riana.

E’ generalmente ben conservato, rilegato in pergamena, presenta alcune pagine difficilmente leggibili.

Il volume ha una parte risalente all’epoca del 1618 che si compone del testo originariamente scritto nel momento della redazione dell’atto notarile.

In un epoca successiva, il testo, è stato rilegato.

In prima pagina, si legge:

Atto di fondazione della Chiesa parrocchiale di Riana, rogato dal notaio Alessandro Magni li 27 Agosto 1618, composto di fogli settantadue.

Il presente Atto è stato cartonato e legato nell’anno 1854/cinquantaquattro/ per cura dell’Ottimo Don Michele Zammarchi attuale Rettore

A.Fontechiari

Sul retro dell’ultima pagina, a cura di Don Moderanno Spalazzi, è stata inserita un nota di inventario relativa agli oggetti acquistati durante la sua permanenza a Riana.

Il volume è composto da una parte in lingua latina ed una parte in lingua italiana.

Anna Maria Basteri ha curato la traduzione che viene riportata in corsivo; alcune pagine ha provveduto a riassumerle.

Il testo italiano viene riportato come scritto.

In parentesi sono riportati i nomi dialettali tuttora in uso.(figg.262-263)

 

Nel nome di Cristo, amen.

Nell’anno mille seicento diciotto dalla nascita di nostro Signore, proprio durante la 1° giurisdizione, nel giorno ventisettesimo del mese di agosto, nel quattordicesimo anno del pontificato del S. D. H. D. Paolo V, Papa per opera della divina provvidenza.

Nominato davanti al Pontefice, il R. m° Signor Giacomo Cornazzano, illustre giureconsulto e pure Dotto Canonico di Parma, in questo compito, Vicario dell’Illustrissimo e Rev.mo D., Signore Pompeo Cornazzano, Vescovo di Parma per grazia di Dio e della sede Apostolica, suo vicario per le cose spirituali e temporali, in possesso della facoltà speciale conferitaGli dal medesimo Illustrissimo Signore Vescovo riguardo tutte le cose sottoscritte ,(facoltà) dataGli anche in mia presenza, come pubblico notaio sottoscritto, di buon animo come usa quando siede in tribunale, per (ciò che riguarda) la sottoscritta località che il Signore Orazio Cappello, figlio del Signor Stefano, Vicario della Chiesa della S.ma Trinità, in questa località rappresentante e procuratore della comunità degli abitanti della Corte di Riana, nella Giurisdizione di Rigoso, delle Curie di Monchio e Rigoso, nel dominio spirituale e temporale dell’Illustrissimo e Rev.mo Signor Vescovo suddetto, tutore di tutto ciò che riguarda le parti delle persone nominate, in un tale atto notarile e richiesto dalla procura davanti a me sottoscritto pubblico notaio, in questa sede sviluppa ciò che presenta e accetta in maniera approvata ufficialmente il seguente contratto.

Nel nome di Dio, Amen.

Tutte le persone, insieme e singolarmente, avranno saputo che stanno per esaminare il presente, pubblico documento della procura, che lo leggeranno e nel medesimo tempo sentiranno ciò che ( segue):

Nell’anno mille seicento diciotto dalla nascita del Signore, proprio nella 1° Giurisdizione, pure nell’anno quattordicesimo del pontificato del Papa: Paolo quinto, Illustrissimo, D. H.D. Signore.

Dopo essere stati convocati e insieme riuniti solennemente, gli uomini sottoscritti e rappresentanti la Corte di Riana, Giurisdizione delle Curie di Monchio e Rigoso, sottoposte al governo spirituale e temporale dell’Illustrissimo e Rev. m° Signor Vescovo di Parma nella sopraccitata località nella quale i medesimi si riuniscono solennemente, si riunirono, come dissero, e si congregano per disgiungersi (dalla Chiesa di S. Donnino) e condurre a termine proficuamente le trattative del loro comune, nel momento in cui si adunarono in particolare per portare a termine le cose sopraccitate, e fin da quella convocazione e assemblea i sottoscritti furono tutti presenti.

Cristoforo fu Genesio de Pigoni, Bartolomeo Magnani figlio di Giacomo, Antonio de Zammarchi figlio di Donino, Pietro de Santi figlio di Santo, a nome suo e di Genesio suo fratello e di Domenico Santi e Giovanni de Santi suoi cugini, conoscendo le loro intenzioni, di propria volontà promise spontaneamente, si obbligò e rinunciò subito (ai terreni), anche con la clausola vincolata alla propria fede sincera e pura, come sotto di propria volontà e così segue.

Giovanni de Bastrini figlio di Pietro, Antonio de Lorenzi, figlio di Michele, Genesio Gonella figlio di Paolino, Genesio de Cecconi figlio di Giovanni,

per la propria parte e a nome di Antonio, suo fratello, per il quale promise subito e si obbligò, Michele Pigoni figlio di Antonio, Giovanni Battista de Magnani figlio di Simone, per sé e a nome di Giovanni e Battista, suoi fratelli, per i quali ugualmente e spontaneamente da parte sua promise e si obbligò e vi rinunciò pure con la stessa clausola, sotto vincolo (giuramento), Giovanni de Basteri, figlio di Stevanini, Pietro De Lorenzo, figlio di Giacomo, per sé e a nome di Antonio, suo fratello per il quale ugualmente promise, si obbligò e rinunciò subito. Paolo dei Riani, figlio di Bernardo , Salvatore de Riani, figlio di Bernardo, Giovanni Domenico Carmagnola figlio di Valente, Giovanni de Paolini figlio di Paolo, Giovanni Carmagnola figlio di Bernardino ,Ilario de Basteri figlio di Antonio, Lorenzo de Lorenzi figlio di Manfredi , Maria De’ Calcagnini, figlia di Michele, Antonio Rustichini figlio di Giovanni , Luisa de Zammarchi figlia di Francesco, Genesio de Zammarchi figlio di Peregrino, Giovanni Antonio Pigoni figlio di Pietro, Donino Basteri figlio di Pasquino , Giovanni de Lorenzi figlio di Michele, Giovanni Domenico de Zammarchi figlio di Giovanni Maria, Valente de Carmagnoli figlio di Bernardino, per sé e nome di Pietro e Antonio, suoi fratelli, a conoscenza delle loro intenzioni, spontaneamente promise subito, si obbligò e pure rinunciò, anche con la sopraccitata clausola sotto vincolo (giuramento), Giovanni de Basteri figlio di Antonio, Giovanni de Zammarchi figlio di Benedetto, Giovanni Giacomo de Zammarchi figlio di Peregrino, Santo de Zammarchi figlio di Giacomo Antonio , Cristoforo detto Cristone Gonella figlio di Paolo.

Tutti abitanti nella sopra citata Corte di Riana , che come sopra, chiamati e riuniti qui, stipulano e rappresentano tutto l’intero Comune e tutti gli uomini con il diritto di parola di codesta Corte di Riana, poiché essi stessi sono stati e sono due terzi (2/3) e più, tra uomini e capi famiglia, abitanti nella Corte di Riana, considerantisi appartenenti al Comune, che al momento sono assoggettati e subordinati alla Chiesa parrocchiale di S. Donino della Corte di Casarola. (Essa è) abbastanza distante dalla medesima Corte di Riana per più di un miglio ( Km. 1653, miglio toscano), poiché anche tra detta Corte di Casarola e la stessa Corte di Riana vi sono torrenti, balze, strapiombi e altri ostacoli assai impervi e scomodi, a causa dei quali non si è potuto, né si può andare dalla Corte di Riana alla Chiesa di Casarola senza grave pericolo di mettere a repentaglio la vita, soprattutto durante l’inverno.

(Il pericolo è) tale poiché spesso accade che molti di costoro, soprattutto anziani, donne e bambini, le domeniche e nelle altre festività, non possano recarsi alla sopraccitata Chiesa per ascoltare la messa o (assistere) a qualche altra funzione sacra; lo stesso Rettore della medesima chiesa non può portare la santissima Eucarestia e l’Olio Santo agli infermi e a coloro cui è opportuno dare venerazione e ossequio, senza grave pericolo di cadute. Non senza un minor pericolo si possono portare i neonati al fonte battesimale …

Come si può capire in modo molto evidente e con notevole intelligenza, soprattutto per questo motivo, al Comune e agli uomini (di Riana), con il permesso dell’Illustrissimo Signor Vescovo di Parma , con il loro tributo, conviene che l’oratorio, da loro fatto costruire e in cui hanno ottenuto il permesso di far celebrare la messa, con procedura normale e con diritto di proprietà, sia ampliato, istituito e assegnato come Chiesa parrocchiale della Corte di Riana.

(Conviene) che siano separati, divisi e allontanati d’ora in avanti dalla Parrocchia e dall’amministrazione della Chiesa di Casarola, sotto la quale furono sottomessi fino a questo momento, e in futuro saranno separati, divisi, allontanati e lasciati liberi; (conviene) che sia dato, dichiarato e concesso all’intera comunità della Corte di Riana la potestà piena e libera in ogni maniera, nei riguardi di codesto oratorio, affinché venga fabbricata, fondata e assegnata una Chiesa parrocchiale, così da (poter) costruire un cimitero, un fonte battesimale, un campanile, (dotato di) campane e vengano concessi altri diritti e ornamenti parrocchiali, che connotino e mostrino che (si tratta) di una Parrocchia.

(Conviene) che in codesta Chiesa dalla R. Curia di Parma sia acconsentito di (avere ) un sacerdote adatto, che sia scelto e nominato e presentato dagli stessi abitanti e dal Comune come rettore della medesima Chiesa di Riana, per la tutela delle anime, dal momento che sotto di essa e in detta Corte di Riana vengono celebrate le messe e (tenute) altre sacre funzioni ed esercizi spirituali.

 

Sintesi delle pagine seguenti

 

La costruenda Chiesa viene dedicata a S. Carlo, cardinale Borromeo, inoltre essendo subordinata alla pieve di Monchio, è pure dedicata ai santi Michele e Lorenzo; le viene concesso il jurispatronato laicale perpetuo. La Chiesa di Casarola non dovrà essere privata delle rendite e dei proventi ordinari, così che l’attuale rettore, Don Bartolomeo Bianchi, rimanga soddisfatto.

Pertanto si ribadisce che, la dote della nuova Parrocchia sia congrua e sia elargita spontaneamente, sia da parte del Comune che dai privati, che costoro non possano recedere dal contratto, né possano commercializzare i proventi delle rendite e che, con questa imposizione derivante dal vincolo del giuramento secondo le costituzioni ducali (di Rigoso), attribuiranno al contratto una "validità con certezza assoluta."

La perorazione per il distacco e la costruzione della nuova Chiesa è sostenuta anche dai Magnifici e Rev.di Signori: Giovanni Maria Campanino, Paolo Ferrari, Alessandro Mazzo, Giulio Cesare Capponi, Orazio Cappello tutti cittadini di Parma, presenti nel palazzo vescovile.

Viene deciso che tutti i beni, le proprietà da cedersi e trasferirsi alla Chiesa e al suo rettore, insieme agli utili, alle cose, anche personali, alle ipoteche che, sia i proprietari che il Comune, hanno sui terreni, devono essere condotti a livello ed enfiteusi perpetua, con la penalità del canone raddoppiato in caso di insolvenza dolosa.

"Avendo avuto prima un abboccamento tra di loro e presa una ponderata deliberazione per condurre a termine le cose sottoscritte, pure prescindendo dall’utilità dei vantaggi degli stessi abitanti del comune e di detta Corte di Riana, coloro che desiderano (fare) la donazione, che ora, in futuro e nel momento in cui si parla, separatamente, allo stesso tempo, in altre cose, con le misure migliori, stipularono, contribuirono, produssero e solennemente diedero forma, facciano quelle cose che tra loro e qualsiasi di loro, del sopraccitato Comune... Sindaco, Procuratori, Agenti e fabbricieri dei sopraddetti affari, messi del tribunale ed altri, così che, quello che uno di loro abbia incominciato, l’altro voglia sostenere, portare a termine e completare, proprio in ogni maniera affinché la peculiarità della donazione non diminuisca, né sia contraria alla loro volontà."

Si passa poi a prendere in considerazione i beni lasciati nel suo ultimo testamento da tale Genesio de Giampaolo (chiamato anche Zampollo) figlio di Sebastiano; testamento da lui scritto il giorno 4 dicembre dell’anno 1616. Tra tutte le altre cose, lasciò scritto che fosse sua erede universale la suddetta Chiesa nuova, anziché una certa Maria, sua moglie, cui fu lasciato solo l’usufrutto dei beni.

" e a questo scopo…dissero che ciò ( il testamento) compariva negli atti del Signor Podestà di Monchio. Pertanto a nome di detti signori Costituenti e i succitati uomini del Comune, la sopraddetta Maria dovette promettere di essere in grado di pagare al rettore della nuova Chiesa, finché sarebbe vissuta, in luogo degli interessi da percepirsi e dei beni, descritti in altra parte, in detta relazione, rimasti nell’eredità del sopraccitato Genesio, ogni anno nove scudi e mezzo, 7 lire e 6 soldi di rendita per ogni singolo scudo per la festa di S. Michele nel mese di settembre, iniziando il 1° pagamento nella prossima festa… nel settembre del 1618, entro gli otto giorni precedenti o seguenti e questo fino a vita naturale della sopraccitata Maria". Morta lei i beni rimarranno liberi, in possesso di detta Chiesa e del Comune… nessun altro sarà tenuto ad ulteriori pagamenti della somma sopraccitata.

Si concede un attestato di diritto di patronato perpetuo a favore del Comune, degli abitanti della Corte di Riana e anche al Rev.do signore Don Giacomo de Riani, sacerdote e presbitero di Parma, quando da parte sua si concorra in proprio per l’assegnazione… davanti al vescovo per nominare e presentare il primo rettore.

" Introdotto da una relazione del notaio Illustrissimo Magnifico Signore Antonio Scarpa, figlio del signore Cristoforo, della Cancelleria Arcivescovile, " Don Giacomo Riani dona 111 lire, per un anno, il giorno 23 di ogni mese, rendita di un appezzamento di terreno "parte a prato, parte coltivabile e a bosco, situato nei dintorni di Monchio, in località chiamata Nelle fosse, confinante da due lati con Bernardo Rozzi e dagli altri due con la strada comune.

" Terreno che era stato affrancato dal Rev.do Giovanni Maria de Ferrari".

Fungono da testimoni per il notaio due abitanti di Casarola:

Giovanni de Ginis, figlio di Cristoforo, Antonio de Franchi, figlio di Sebastiano.

…" Nella persona del Reverendo Presbitero di Parma, Don Domenico De Zammarchi, nativo di Riana, già sottoposto ad un severo esame ed approvazione, dopo che era stato valutato la mancanza di dolo, di frode o simonia, adescamento, patteggiamento e/o corruzione" viene indicato come primo rettore di Riana.

Vengono valutate le proprietà e i beni descritti in modo che sia pagato un canone annuo equo di livello, pari al reddito ricavato dalla coltivazione dei terreni e chiunque ha il permesso di pagare per un’altra persona. Tale canone verrà pagato una volta all’anno per la festa del Natale o entro otto giorni da questa " cum pacto liberatorio" da concedersi "a ciascuno di loro (affittuari)"

 

"Nel nome di Dio, Amen. Tutti insieme e singolarmente i presenti sono venuti a conoscenza della relazione pubblica e della valutazione dei sopraccitati beni da esaminare, di cui leggere e sentire…nell’anno mille seicento diciotto …"

" Riuniti davanti a me pubblico notaio, i sottoscritti testimoni, rispettivamente Rev.do signore Andrea de Ferrari, presbitero di Parma , figlio di Pietro e rettore della Parrocchia di Grammatica e scelto come estimatore dal Reverendissimo sottoscritto Signor Vicario del Vescovo di Parma, Lazzaro de Martini figlio di Peregrino, Lazzarino de Auri figlio di Vanzino tutti scelti e incaricati per valutare i beni, tutti giurano.

"Don Andrea ponendosi la mano sul petto consacrato , gli altri sulle sacre scritture tenute da notaio, dichiarando di avere ben ponderato, guardato con attenzione, assunto le dovute informazioni circa i beni stimati nel modo suggerito e separatamente".

Come è contenuto nel medesimo elenco nella formulazione di codesto atto, rispettivamente per un estimo complessivo del valore e del prezzo di ottocento scudi, sette lire, e sei soldi, registrati per ogni scudo, e con una rendita annuale di quaranta scudi, tutti uguali , come è fissato nel medesimo elenco per tutte le cose e così come prima hanno riferito, e riferiscono proprio in ogni caso i sopraccitati, dai quali è infatti stato sottoscritto l’elenco di cui sopra.

 

Lista di tutte le terre quali il sottoscritto Commune, et homini della villa di Riana giurisdizione di Monchio, e Rigoso Diocesi di Parma intendono voler respettivamente ciascuno per la parte sua, come qui da sotto assegnare alla Chiesa novamente fabricata in detta villa di Riana per sua dote, et per sostentamento del Rettore che sarà per tempo di quella à fine di poter ottenere la separazione, et di smembramento della cura delle anime di detta villa dalla Chiesa parochiale di San Donino della villa di Casarola, sotto la quale di presente si ritrova estimate dal Rev.do Signor Don Andrea Ferrari rettore della parochiale di Gramatica estimatore deputato da Monsignore l’illustrissimo Vicario epate di Parma, Lazaro Bastrino, et Lazarino de Auri tutti habitanti à Grammatica sodetta esser stati et esser in tutto e per tutto d’estimo, prezzo, et valore di scudi settecento settanta nove da lire sette et soldi sei per scudo e d’annuo reddito in tutto di scudi trenta nove simili, et ciascuna partita descritta sotto nome di ciascuno sottoscritto nominato esser del prezzo, et respettivamente reddito annuo contenuti in fine di ciascuna d’esse partite, et le quali terre ciascuno di detti et sottoscritti nominati per la sua protezione intendono, et intende voler condurre à livello da detta Chiesa dopo l’assegnamento sodetto per l’annuo livello simile al reddito contenuto in fine di ciascuna d’esse partite per mezo de suoi procuratori eccettuati li ultimi beni à detta Chiesa lasciati dal fu Genesio di Gio:Paolo nel suo testamento, quali rimanevano appresso di detta Chiesa, acciò il suo Rettore ne possi disporre à suo piacere et detta lista è come segue cioè

Cristoforo del fu Genesio Pigoni

Una pezza di terra lavoria posta in detta villa di Riana,et in luogo detto al Prà Gui (al Pra’ Gui) Confina da Gio: Antonio Pigone, Gioanni di Lorenzo, et la strada commune.

Un’altra pezza di terra prattiva posta come di sopra in luogo detto Sopra la pioppa (Sor la Piopa) confina da Gio: Antonio Pigoni, Lorenzo de Lorenzi, et la strada commune .

Un’altra pezza di terra lavoria posta come di sopra in loco detto al poggio di valpara (Al Pogg ‘d Valpara) confina da Gioanni di Bastrini, Gio: Antonio Pigone, et il Commune tutte terre d’estimo scudi venti, reddito uno.

Bartholomeo Magnani del fu Giacomo.

Una pezza di terra lavoria in loco detto intra auri (in Travrì) Confina la strada commune, Gioanni Carmagnolo, e Natale de Zanmarchi.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al Cighoro confina da Antonio Gio:Marco, Natal Gio:Marco, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla jarola (ala Jarola) Confina Antonio di Gio:Marco, Gio:Giacomo di Gio:Marco, et Battista Magnani.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto ai lagumi (ai Lagumm) Confina Valente Carmagnola, Gioanni di Paulino, et il Canale Tutte terre d’estimo scudi 31 reddito lire 11, soldi 6, denari 3.

Antonio di Gio:Marco del fu Donino

Una pezza di terra lavoria, in loco detta al Coghozzo, Confina Natale di Gio:Marco, Gioanni di Lorenzo e Gioanni di Gio:Marco.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à ri de ravinello (al Rì do’ Ravinell) Confina Gioanni di Gio:Marco, et Natale di Gio:Marco, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al pero piano Confina Christoforo Gonella, Gio:Bastrino, et il Canale.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle ravine (All Ravin) Confina Gio:Domenico Carmagnolo, Natale di Gio: e le raggioni della Chiesa di San Donino di Casarola tutte quattro d’estimo di scudi 22: reddito lire 8 soldi 7.

Piero de’ Santi del fu Santo et suoi fratelli e cugini de Santi.

Una pezza di terra lavoria in loco detto in herba melle (In Erbamell) Confina Hillario Basteri, Lorenzo de Lorenzi et il Canale.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto in verbora (Varbora) Confina Gioanni di Lorenzo, li heredi del fu Gioanni Ceconi, Battista Magnani tutte due d’estimo scudi vinti reddito scudo uno.

Gioanni Bastrini del fu Pietro.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alle pere biancoline (Al per bianclin) Confina Antonio di Gio:Marco, Christoforo Gonella, et le ragioni della Chiesa di San Donino.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto in verbora (In Varbora) Confina Gioanni di Lorenzo, li heredi del fu Giacomo di Lorenzo, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in località detto alla piana della mandria (Ala piana dla mandéria) Confina Gio:Giacomo di Gio:Marco, Gioanni Basteri et Donino Basteri tutte tre d’estimo scudi 20. reddito scudo. 1.

Antonio di Lorenzo del fu Michele.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alli Casamenti (Ai Cazament), Confina Gio:Giacomo di Gio:Marco, et la strada da due bande, qual’é d’estimo scudi 20. reddito scudo uno.

Natale di Gio:Marco del fu Pietro

Una pezza di terra lavoria in loco detto Al Cogozzo, Confina Antonio di Gio:Marco, Bartolomeo de Magnani, Gioanni di Gio:Marco.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle ravine (All Ravìn) Confina Antonio di Gio:Marco le ragioni della Chiesa di San Donino, et la strada Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à Valpara (Valpara) Confina Antonio di Gio:Marco, Genesio de Cechoni, et Gio:Domenico di Gio:Marco tutte trè d’estimo scudi 16. reddito lire 5. soldi 16 denari 9.

Genesio Gonella del fu Paolino.

Una pezza di terra lavoria in loco detto in bora Cava (In Béra Cava) Confina Christoforo Gonella, gli heredi del fu Santo di Lazari, e Gioanni di Bastrino.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle amponede (Al’Jamponéd) , Confina Natale di Gio:Marco, Gioanni Bastrino, e Gio:Domenico Carmagnola tutte due d’estimo scudi 10. reddito lire 3.soldi 13.

Antonio, et Genesio de Cechoni del fu Gioanni.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al lago (Al Lagh) Confina Antonio di Gio:Marco, e Gioanni di Bastrino, e la strada Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al Borello di Piselli (Al Borèll di Bzei ) Confina Bartholomeo Magnani, Gioanni Gonella, et Gioanni di Bastrino tutte due d’estimo scudi vinti reddito scudo uno.

Michele Pigoni del fu Antonio.

Una pezza di terra prattiva in loco detto al Prato della tasone (Al Prà do’ Latazon) Confina Gioanni Magnani, Gioanni di Bastrino, et il Canale.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Cavri (Ai Cavrì), Confina li heredi del fu Gioanni di Cechoni, Gioanni di Bastrino, e Santo di Gio:Marco, tutte due d’estimo scudi nove, reddito lire 3, soldi 5,denari 7.

Giovani, e Battista fratelli de Magnani del fu Simone.

Una pezza di terra lavoria in loco detto Bitiri confina Gioanni di Gio:Marco, la strada Comune et il Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à Valpara (a Valpara), Confina Gioanni di Gio:Marco, la strada Commune, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à Valpara (a Valpara) Confina Antonio di Lorenzo, gli heredi del fu Santo di Riani, et Lorenzo di Lorenzi.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli stacioli (Ai Stasco) Confina la strada Commune, e Lorenzo di Lorenzi, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al fredo (Al Frédle) Confina Gioanni di Basteri, Christoforo Pigone tutte quattro d’estimo di scudi trenta reddito scudi uno e mezzo.

Gioanni Basteri del fu Stevanino

Una pezza di terra lavoria in loco detto al lago (Al Lagh) Confina Gio:Domenico di Gio:Marco, il sopraddetto Gioanni, da dui bandi dentro delli suoi termini.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Stascioli (Ai Stasco), Confina Gio:Domenico di Gio:Marco il Commune, il sopraddetto Gioanni dentro pure delli suoi termini, tutte due d’estimo scudi 10. reddito lire 3 soldi 13.

Gioanni Carmagnola del fu Bernardino.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al Cochio (al Cosc) Confina Gioanni Basteri, le ragioni della Chiesa di San Donino, et Hillario Basteri.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto Bora Cava (Béra Cava), Confina Gioanni de Bacchini, Valente Carmagnolo da due bande, tutte due d’estimo scudi nove, reddito lire 3, soldi 5 denari 7.

Hillario Basteri del fu Antonio

Una pezza di terra lavoria in loco detto alli descoli (Ai Descle), Confina Santo di Gio:Marco, Gioanni Gonella e la strada Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla fossetta Confina Gioanni di Basteri, la strada Commune e Valente Carmagnola tutte due d’estimo scudi nove, reddito lire 3, soldi 5 denari 7.

Pietro, e Antonio frattelli de Lorenzi del fu Giacomo.

Una pezza di terra lavoria in loco detto nella bora (In-t-la Bera) Confina Gio:Domenico di Gio:Marco, Gioanni di Lorenzi, e la strada Commune d’estimo scudi 15. reddito lire 5: soldi: 6.

Paolo di Riani del fu Bernardo

Una pezza di terra lavoria in loco detto Al Cochozzo, Confina li heredi del fu Santo Riani, Maria Calcagnina, e le ragioni della Chiesa di San Donino.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco ditto alla pietra grossa (Ala Preda Grosa), Confina Battista Magnani, il Commune, e la strada Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla Canalla (Ala Canala), Confina Salvatore di Riani, Pietro Rustichino, e la strada Commune .

Un’altra pezza di terra prattiva in loco ditto in te Le Lame (In-t-el Lamm) Confina Christoforo Pigone, Salvatore de Riani, e Gioanni di Bastrini.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle pielle (All Piell) Confina Antonio di Lorenzo, Salvatore de Riani, et il Commune.

Tutte cinque d’estimo scudi 15. reddito lire 5. soldi 9 denari 6.

Salvatore di Riani del fu Bernardo.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al pragui (Al PràGuì) Confina Battista di Magnani, li heredi del fu Santo Riani, et li heredi del fu Lazzarino de Santi .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla Canala (Ala Canala) Confina Paolo Riani, li heredi del fu Santo Riani , et la strada Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Monti (Ai Montei) Confina li heredi del fu Santo Riani, Pietro Rustichino, et il Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto Al Cochozzo confina Gioanni Zan Marco, Genesio di Zan Marco, et li heredi del fu Santo Riani.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alla Canalla (Ala Canala), Confina Paolo Riani, li heredi di Santo Riani, et il Canale.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto in tele lame (In-t-al Lamm), Confina Paolo Riani, Michele Pigone, e li heredi del fu Genesio di Gio:Paolo, tutte sei d’estimo scudi 23. reddito lire 8 soldi 8.

Gio:Domenico Carmagnola del fu Valente.

Una pezza di terra lavoria, in loco detto alla Borella (Ala Borèla) Hillario Basteri, il Comune la strada Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto di Sopra il Maneno (Sor Mazrin) Confina Bartolomeo Magnani, il Commune da dui bandi.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli lagumi (Ai Lagumm), Confina Bartholomeo Magnani, Pietro Carmagnolo, e la strada Comune, tutte tre d’estimo scudi 15, reddito lire 5, soldi 9. denari 6.

Gioanni di Paulino del fu Paolo

Una pezza di terra lavoria in loco detto al Prà gui (Al PràGui) Confina Paolo Riani, Gio:Giacomo di Zan Marco, la strada Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli descoli (Ai Déscle), Confina Valente Carmagnolo, Hillario Basteri e la strada Commune.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alla porzadelle (Ala Fornazéla), Confina Genesio Gonella , Valente Carmagnola, Antonio di Lorenzo.

Un’altra pezza di terra in loco detto alli pragui (Al PràGuì),Confina con Christoforo Gonella, Gio:Dom.co Carmagnola e la strada commune.

Tutte quattro d’estimo di scudi 15 reddito lire 5 soldi 9 denari 6.

Lorenzo de Lorenzi del fu Manfredo.

Una pezza di terra lavoria in loco detto Al Coghozzo, Confina Antonio di Zan Marchi, Gioanni di Lorenzo, Gio:Giacomo di Zan Marchi.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli descoli (Ai Déscle), Confina Gio:Domenico Carmagnola, Antonio di Lorenzo, Natale di Zan Marchi.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto Sopra la groppa (Sor la Gropa) confina li heredi del fu Santo de Lazari, e Christoforo Pigoni tutte tre d’estimo di scudi 21. reddito lire 7: soldi 13: denari 4.

Maria di Calcagnani del fu Michele.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alla pragui (Al PràGuì), Confina Christoforo Gonella , Gioanni di Zan Marchi e la strada Commune.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alla pragui (Al PràGuì), Confina Christoforo Gonella , Gioanni di Zan Marchi e Antonio de Zan Marchi.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle amponede (Al’Jamponed) , Confina Christoforo Gonella, Natale di Zan Marchi e il Commune.

Tutte tre d‘estimo scudi 10. reddito lire 3: soldi 13.

Antonio Rustichino del fu Gioanni

Una pezza di terra lavoria in loco detto al fredo (Al Frèdle) Confina Bartholomeo Magnani, Pietro Rustichino e la strada Commune, qual è d‘estimo scudi 9. reddito lire 3, soldi 5. denari 7.

Lucia di Zan Marchi del fu Francesco.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alli Cavri (Ai Cavrì), Confina Christoforo Pigone, Genesio de Zan Marchi e la suddetta Lucia, qual’é d’estimo scudi cinque reddito lira 1 soldi 16 denari 6.

Genesio di Gio:Marchi del fu Peregrino.

Una pezza di terra lavoria in loco detto in te le puntare (In-t-el Puntàr) confina Gio:Antonio Pigone, Antonio di Zan marchi, e la Lucia de Zan Marchi.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Cavri (Ai Cavrì) Confina Antonio di Zan Marchi Gio:Domenico di Zan Marchi, et la Lucia di Zan Marchi tutte tre d’estimo scudi 15. reddito lire 5. soldi 9 denari 6.

Gio:Antonio Pigone del fu Pietro

Una pezza di terra lavoria in loco ditto intella borra di valpara (In-t-la Bora ‘d Valpara) Confina Christoforo Pigone, Michele Pigone. e la strada Commune.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Cavri (Ai Cavrì) Confina Christoforo Pigone, Bartholomeo Magnani, et il Canale.

Un’altra pezza di terra in loco detto alli groppolini (Ai Gropalin), Confina Paolo di Riani, li heredi del fu Santo Riani e Battista Magnani, tutte tre d’estimo 21 scudi. reddito lire 7: 13: 4.

Donino Basteri del fu Pasquino

Una pezza di terra lavoria in loco detto in Varboschino (Varbosghin), Confina li heredi del fu Lazzarino de Santi, Natale di Gio: Marchi, e Gio: Bastrino. Qual’è d’estimo scudi 9. reddito lire 3: 5: 7.

Gioanni di Lorenzi del fu Michele

Una pezza di terra lavoria in loco detto Al Coghozzo, Confina Antonio di Zam marchi, Lorenzo de Lorenzi e la strada Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Cavri (Ai Cavrì), Confina li heredi del fu Giacomo de Lorenzi e Antonio de Lorenzi.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto in te le vacchiarelle (In-ti-el Vacaregg) Confina Natale de Zan Marchi, li heredi del fu Giacomo de Lorenzi et la strada Commune .

Tutte tre d’estimo scudi 15. reddito lire 5. soldi 16 denari 9.

Gio: Domenico de Zan Marchi del fu Gio: Maria.

Una pezza di terra prattiva in loco detto alla riva (Ala Riva), Confina Lorenzo de Lorenzi, Gioanni Bastrino, et la Maria Calcagnina.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al spiazzo speldato (Spiagg Feldasch) Confina Gio: Giacomo di Gio: Marco, Genesio Gonella et il Commune.

Tutti due d’estimo scudi 15. reddito lire 5. soldi 9. denari 6.

Valente e fratelli di Carmagnoli del fu Bernardino.

Una pezza di terra lavoria in loco detto alli lagumi (Ai Lagumm), Confina li heredi del fu Lazzarino de Santi, Gioanni Gonella e Bartolomeo Magnani.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al Cocchio (Al Cosc), Confina Gioanni Basteri, il Canale, e le ragioni di detta Chiesa di San Donino tutte dui d’estimo scudi 10. reddito di lire 3 soldi 13.

Gioanni Basteri del fu Antonio.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al Cochio (Al Cosc), Confina Hillario, e fratelli Basteri, Bartolomeo Magnani, e Valente Carmagnola.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto in la borra di Valpara (In-t-la bera ‘d Valpara) Confina Christoforo Pigone, Hillario Basteri, e Gioanni Carmagnola.

Tutte due d’estimo scudi undici reddito lire 3 soldi 19. denari 4.

Gioanni di Gio: Marchi del fu Benedetto.

Una pezza di terra in loco detto al chiosso (Al Cioz), Confina Antonio di Gio: Marco Bartolomeo Magnani e Salvatore Riani.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla piana della mandria (Ala piana dla Mandéria) Confina Gio:Giacomo de Zam marchi, Genesio de Zan Marchi, e Gioanni Gonella.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à groppa (A Gropa) Confina Gio: Giacomo di Zan Marchi, Santo di Zan Marchi, et il Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla berra (Ala Bera) Confina Antonio di Lorenzo, la strada Commune, e Gioani Bastrino.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto sopra la pioppa (Sor ala Piopa) Confina Gio:Giacomo di Zan Marchi, Gio:Antonio Pigone da due bande.

Tutte cinque d’estimo di scudi 30. reddito scudo 1 : 2/4.

Gio:Giacomo di Zan Marchi, altre volte de Ravazzoni del fu Peregrino.

Una pezza di terra lavoria in loco detto Al Cochozzo, Confina li heredi del fu Giacomo di Lorenzo, Gioanni di Lorenzo, et il Canale.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla Piana della Mandria (Ala piana dla Manderia), Confina Gioanni di ZanMarchi, Gioanni Bastrino e Donino Basteri.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à Groppa (A Gropa), Confina Natale di Zan Marchi, Gioanni di Zan Marchi, et il Canale.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Casamenti (Ai Cazament) confina Bartholomeo di Lorenzo da tutte le bande.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla piana della mandria (Ala piana dla Manderia), Confina Antonio di Gio: Marco, Natale di Gio: Marchi et il Commune , tutte cinque d’estimo scudi 30. reddito scudo1 : 2/4.

Santo de Zan Marchi del fu Gio: Antonio.

Una pezza di terra lavoria in loco detto in travri (In Travrì) Confina Bartholomeo Magnani, Gioanni di Zan Marchi e Natale di Gio:Marchi.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alla borra (Ala Bera), Confina Gioanni Bastrino, Valente Carmagnola, Cristoforo Gonella.

Un’altra pezza di terra castagnata posta nella villa di tre fiumi in loco detto alli Calamenti (Ai Cazament) Confina li heredi del fu Pietro Gioanni, Gioanni Rozzi, li heredi di Santo Gio:Rozzi, e la via Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto al groppo Confina con Gioanni di Zan Marchi, e Gio:Antonio Pigone, tutte sei d’estimo scudi 30. reddito scudo 1 2/4.

Christoforo detto Christone Gonella del fu Paolo.

Una pezza di terra lavoria in loco detto al pragui (Al PràGuì) confina li heredi del fu Santo de Riani, Paolo di Riani et la Maria Calcagnina.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto alle amponede (Al’Jamponed) Confina Natale di Gio:Marco, la Maria Calcagnini, et il Commune, tutte due d’estimo scudi 13. reddito lire 4: 15.

Terre del Commune di detta Villa di Riana sono le sotto cioè.

Una pezza di terra lavoria in loco detto Alle Borelle delle Agne assai, Confina da tutte le bande da detto Commune dentro li suoi termini qual’é d’estimo  scudi 7. reddito lire 2 soldi 11 denari 2.

Terre et beni lasciati Come di sopra per il testamento fu Genesio di Gio:Paolo et sono le sotto cioè :

Una pezza di terra parte prattiva e parte hortiva, et parte lavoria, con una Casa sopra quella Construita murata piagnata et solerata, con cascina, Ara e stalla posta sul Corpo di detta villa di Riana, Confina Lorenzo di Lorenzi, Gio:Antonio Pigone, e Gio:Domenico Carmagnola qual’è d’estimo scudi 11 reddito scudi 5. ¾ .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto in tra Vri (In TràVrì) Confina Natale di Gio.Marchi, e Santo di Gio:Marchi e Bartholomeo Magnani, d’estimo scudi 40. reddito scudi 2 .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto alli Conioli (Ai Coniò), Confina Genesio Gonella, il Canale e Gio:Domenico Carmagnola.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto in Spiazo da Riana (Spiagg de Riana), Confina Natale di Gio:Marco da due bande et il Commune .

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto Sopra il masrino (Sor Mazrin) Confina Paolo di Riani, Pietro Rustichino et, il Canale.

Un’altra pezza di terra lavoria in loco detto à groppo (A Gropa) Confina Genesio Gonella, il Commune da due bande.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto Scompadelle confina li heredi del fu Lazzarino de Santi, Gio:Domenico di Gio:Marco e Pietro Rustichino.

Un’altra pezza di terra prattiva in loco detto in te le lami (In-t-el Lamm) Confina Michele Pigoni, Gioanni Rustichino, e Salvatore di Riani, tutte sei d’estimo di scudi 34, reddito lire 12: 8: 3:.

Somma di tutto d’estimo scudi 779.

Somma di tutto il reddito scudi 39 .

Sottoscritto Io Don Andrea Ferrari dal Bosco Rettore di S.ta Maria della villa di Gramatica, à nome mio, e delli sopracitati altri estimatori miei Compagni ho estimato come di sopra, et per fede ho sottoscritta la presente lista.

 

Presenti: Aurini , nella Corte di Riana ,nello stesso tempo e luogo Gioanni de Ginis, figlio di Cristoforo, e Antonio de Franchis, figlio di Sebastiano, entrambi abitanti nella Corte di Casarola , Curia di Monchio , Diocesi di Parma: testimoni e confermanti.

 

Sintesi delle pagine seguenti

 

In queste pagine si concede l’assegnazione del rettorato della Parrocchia di Riana a Don Domenico Zammarchi, da parte del Vescovo, dopo aver fatto svolgere accurate indagini appuranti la frugalità e l’onestà della sua condotta di vita fino a quel momento; sono presenti i seguenti testimoni: Romolo Pegolotto, Michele Porta, Antonio Garsio.

Don Domenico Zammarchi, in ginocchio giura e accetta di diventare il 1° rettore, di difendere "i beni della chiesa, di conservarli integri ai suoi successori."

"Secondo tutte le premesse e, (dopo aver sentito ) qualsiasi (persona) tra loro, nei tempi prescritti e con pieni poteri, il sottoscritto Signore Orazio Cappello e lo stesso Don Giacomo, che hanno ottenuto il consenso per il succitato scopo, chiesero e considerarono che fosse fatto, concesso e procurato (il consenso) per mezzo del sopraccitato Rev. Don Bartolomeo de Bianchi, rettore della Corte di Casarola."

Il 2 novembre 1617 a Monchio

Io sottoscritto, Don Bartolomeo Bianchi, Rettore di Casarola, di Riana e di Monchio, nella giurisdizione delle Corti di Monchio, (sono stato) cercato dagli uomini della Corte di Riana, sottoposti alla mia Parrocchia, che volevano ottenere il mio consenso, per separare la Corte di Riana dalla Chiesa di Casarola, dato che Mons. l’Illustrissimo e Rev. m° nostro Padrone ( vescovo) ha avuto la compiacenza di concederla. Poi sarà loro piacimento sottoporsi al Rettore di Riana. (Poiché a Mons. l’Illustrissimo è così piaciuto di fare).

Benché abbia dato il consenso altre volte per atto notarile, con lo scopo di compiacere chi mi cerca, lo riscrivo di mio pugno. Sono contento che i suddetti uomini di Riana, ora sottomessi alla mia Parrocchia, cerchino di ottenere dalle autorità la loro separazione dalla mia Parrocchia e, dopo averla ottenuta, possano andare, restare e ubbidire a colui che sarà eletto loro Rettore della Chiesa appena fabbricata. Ciò non arrecherà alcun danno alle mie ragioni e a quelle dei miei successori per il pagamento delle decime, che ora mi pagano. Desidero e voglio che rimangano intatte e che con pieno diritto debbano essere pagate come al solito.Ho concesso la presente (scrittura) in data odierna secondo la mia volontà.

In fede

Io Sottoscritto Don Bartolomeo Bianchi affermo quanto sopra.

 

L’atto notarile contiene il consenso, finalmente concesso, del pontefice per opera del vescovo Cornazzano, si ribadiscono le affermazioni, i vincoli, i tempi per la presenza di Don Domenico Zammarchi, quale 1°Rettore e la citazione di altri testimoni nella sala della cancelleria episcopale: M. Giulio Cesare Capponi, figlio di Antonio dell’Illustrissimo Prospero; M. Antonio Scarpa, figlio di Cristoforo dell’Illustre giudice , Evangelista e il Signore Peregrino Vernizio, figlio del signore Francesco tutti testimoni, comprovanti

Io sottoscritto Alessandro Magno notaio della curia di Parma in fede ho verificato firmato.

 

 

Osservazioni sul manoscritto

Iin epoca successiva all’atto di fondazione, anno 1701, una mano ha scritto delle postille attestanti l’avvenuto pagamento dei livelli a favore della Chiesa.

 

Postille

 

01 - 1701 Questo livello è pagato da Gio: del fu Donino Zammarchi.

02 - 1701 Di questo livello la metà che dovrebbe essere pagata da

Pietro Santi, al presente è pagata da Donino Magnani del fu

Bartolomeo. L’altra metà è pagata da Donino Santi del fu Santo.

03 - 1701 Questo livello è ritirato a fruizione della Chiesa che

presentemente (lo) gode.

04 - 1701 Questo è pagato per 1 ara di terra da parte di Antonio del fu

Michele Lorenzi, un’altra … parte da Domenico Pich(?)…l’altra …

da Giacomo Ugolotti dalla sesta …

05 - 1701 Questo livello si paga da Pietro e Valente Carmagnoli.

In epoca successiva: Questo Livello è ritirato a favore della Chiesa .

06 - 1701 Questo livello è pagato da Gio: di pellegrino Valenti.

07 - 1701 Questo livello è pagato da Antonio Rustichini.

08 - 1701 Questo livello è pagato da Domenico Zammarchi, eredi di

Sabadino Zammarchi, dagli eredi di Natale Zammarchi e dagli eredi

di Antonio Maria fu Gio:Zammarchi.

09 - Per questa Lucia paga il sottonominato Genesio Zammarchi.

10 - 1701 Questo Livello è pagato da Genesio Gonella per …

11 - 1701 Si chiamano quelli delli...

12 - 1701 Questo Valente e fratelli paga anche per Salvatore Riani.

13 - Questo è goduto dalla Chiesa.

14 - 1701 Questo livello è pagato al presente da Bartolomeo Magnani e

dai suoi eredi che è Donino

15 - 1701 Questo livello è pagato dagli eredi di Pellegrino Canuti di

Valditacca e l’altra metà dagli eredi de Zanni e de Galeazzi.

 

Nota

 

Nel 1618 lo scudo d’argento valeva circa lire 5,25, era diviso in sottomultipli; la Lira di rame, nel sec. XVII, valeva circa 2.000 odierne, era divisa in 20 soldi; il soldo era diviso in 12 denari.

 

I cognomi

Leggendo l’atto di Fondazione si può notare che la grafia dei cognomi varia da pagina a pagina, non solo nella versione italiana, ma pure in quella latina che, mostra la loro flessione ancora nel sec. XVII; spesso per personaggi di una certa importanza si assume una desinenza finale latineggiante: ad es. Scarpius, Garsius. Sono stati annotati per cognomi dei soprannomi, ad esempio: Bastrini, Cristone.

I cognomi attuali derivano dalla versione latina priva del DE che indicava la famiglia, ad esemipo: De Lorenzi diventato Laurenti; oppure, dalla pronuncia dialettale, ad esempio: Gian D’Marc diventato Gio:Marchi, successivamente Zan Marchi , ed infine trasformato in Zammarchi.

 

 

NOTE

 

  1. Don Lorenzo Guatteri, Curtes Monchij per cuculum montanum cantatae, trad. Braga (documento di fine seicento). Fu stampato da G: Micheli e poi da Giovanni Battistini
  2. G. Bortolotti, Guida dell’Alto Appennino Parmense e Lunigianese, dal Passo del Lagastrello alla Cisa, Tamari, Bologna, 1966,pp.263-265
  3. Synodus Diocesana Parmensis XIX, anno Domini MCMXIV celebrata, pp.389-391
  4. Per una informazione più ampia cfr. P. Viola, Le Corti di Monchio nella storia, Step, Parma, 1987
  5. G. Cignolini, Descrizione storica, fisica, morale, politica delle Corti di Monchio Dominio nello spirituale e temporale della sede vescovile di Parma, Biblioteca Palatina m. n.360 (relazione indirizzata al vescovo di Parma Caselli fine settecento o primi novecento)
  6. Dobzhansky citato da Eccles-Robinson, La meraviglia di essere uomo, Armando ed., Roma, 1985
  7. S. Boezio, La consolazione della filosofia. Gli opuscoli teologici, Rusconi, Milano, 1979, III, 6
  8. Teresa di Lisieux, Storia di un’anima, Fabbri, Casale Monferrato, 1997, pp.46-49
  9. C. G. Jung, La psicologia dell’inconscio, Newton, Roma, 1989, p.64
  10. Jung, op. cit. p.84
  11. Autografo del 1562 riportato in A. Schiavi, La diocesi di Parma, Fresching, Parma, 1940, p.197
  12. La leggenda di San Matteo riportata da G: Micheli, Descrizione delle Corti di Monchio, Bodoniana, Parma, 1927
  13. Nel corso dell’opera è stato fatto uso diretto o come consultazione per la storia delle chiese di Don Dall’Aglio Don Italo, La diocesi di Parma, Benedettina, Parma, 1966. Questo autore aveva fatto a sua volta uso dell’opera di Mons. Magani , vescovo di Parma
  14. Per l’abbazia di Linari è sta usata l’opera di M. Pellegri, Frammenti fugaci di un passato in Parma e Provincia, Benedettina, Parma, 1999,pp.114-121
  15. Notizie tratte da Schiavi, op. cit.
  16. Sono state usate per le opere delle chiese delle Corti le schede della Soprintendenza dei Beni artistici e storici di Parma. L’ente in questo ultimo decennio di fine secolo ha svolto una pregevole opera di catalogazione in tutte le chiese delle Corti. Questo libro ha anche la funzione di far conoscere al pubblico quanto è stato fatto per la salvaguardia del patrimonio artistico e storico delle nostre chiese.
  17. A. Boccia , Viaggio ai monti di Parma, Palatina ed., Parma, 1804
  18. Valle dei Cavalieri, Annuario di storia e vita dell’Alta Val d’Enza e dell’Alta Val Cedra a cura della comunità della Valle dei Cavalieri, n.2, 1972
  19. Sant’Ignazio di Antiochia, Lettera ai Romani, (stralci)
  20. Messale dell’Assemblea cristiana, E.D.C, Esperienze, O.R., Queriniana, Borgo San Dalmazzo, 1974
  21. R. Benecchi, Santi di Parma e Provincia, PPS, Parma, 1999, pp.21-24
  22. Messale feriale Emmaus, Edizioni Paoline, Cuneo, 1985
  23. Racconti di un pellegrino russo, Rusconi, Milano, 1998,p.5
  24. Giovanni Paolo II, Varcare la soglia della speranza, Arnoldo Mondadori, Milano, 1994, p.97
  25. Paolo VI, Populorum progressio, n.23
  26. Giovanni Paolo II, op. cit. pp.95-96
  27. Mi sono servito del documento della Commissione ecclesiastica per la pastorale del tempo libero, turismo e sport. "Venite, saliamo sul monte del Signore" Is 2,3. Il pellegrinaggio alle soglie del terzo millennio
  28. L. Peirone, San Rocco, Ghibaudo, Cuneo,1955
  29. L. Adrianopoli, Il catechismo romano commentato, Ed. Ares, Milano, 1990, Prefazione n.5
  30. Dall’Aglio, op. cit.
  31. E. Fromm, Psicanalisi dell’amore, Newton, 1971, pp.129-130
  32. P. Pio da Petrelcina, Pensieri, esperienze, suggerimenti, Leone ed., Foggia,1995
  33. Studio della dott.ssa Catarsi Dall’Aglio Manuela
  34. Le informazioni sulle maestà sono state tratte da A. Mavilla, Le maestà dell’Alta Val Parma e Cedra, Longo ed., Ravenna, 1996. Volutamente non siamo entrati nell’argomento perché già esistono questi studi fatti in maniera accurata.
  35. Le notizie sui giubilei nella storia sono state attinte dagli articoli di Domenico del Rio apparsi su Famiglia cristiana nel 1999.
  36. Cfr. Bolla d’indizione del Grande Giubileo del 2000 del 29 novembre 1998
  37. Teresa di Lisieux, LT. 254, a Padre Roulland
  38. Teresa di Lisieux, MA 236
  39. Teresa di Lisieux, MB 254
  40. Teresa di Lisieux, Ma 138
  41. P. Pio da Pietrelcina, Epistolario, op. cit.
  42. Omelia di Giovanni Paolo II nel giorno della beatificazione(1maggio 1999)
  43. P. Pio da Pietrelcina, Scritti, op. cit.
  44. Le Valli dei Cavalieri, Annuario di storia e vita…n.12 – 1991, articolo Il linciaggio di una strega a Monchio nel 1728
  45. Idem
  46. Mi sono servito di un grande conoscitore di questi fenomeni: G. Amorth, Un esorcista racconta, Bologna, 1990.
  47. Inferno, XXVI, 118-125
  48. Può essere consultata un’opera del pensiero politico come: Jean-Jacques Chevalier, Le grandi opere del pensiero politico, Il mulino, Bologna 1968
  49. Grozio, De iure belli ac pacis, prolegomena, 15
  50. Catechismo a uso di tutte le chiese dell’Impero francese, Stamperia vescovile, Parma, MDCCCVII,pp.62-64
  51. I. Kant , Was ist Aufklarung? In Op., ed Cassirer, IV, p.169
  52. Autore di inizio ottocento che descrive le Corti di Monchio pubblicato da G. Micheli , Descrizione delle Corti di Monchio, La Bodoniana, Parma, 1927
  53. Testimonianza di Vicini Iolanda, ora ospite della Casa Protetta di Monchio
  54. Synodus diocesana parmensis anno MCMXXX, Fresching, Parma, MCMXXXI, pp.77-79
  55. Dom Helder Camara, Le fami del mondo e l’Eucarestia, ed. Paoline
  56. Concilium plenarium aemilianae et flaminiae regionis, Bononiae habitum a die 27 sept. Ad diem 4 oct.1932, Fresching, Parma, 1933
  57. Le notizie per mons. Quaretti sono state tratte da articoli de La giovane Montagna del 27-11-1926; da Vita nuova del 20-11-1926 e poi pubblicate nella Gazzetta di Parma e Avvenire d’Italia
  58. Renzo Provinciali, Disgusto del mio tempo
  59. Apparso nella Gazzetta di Parma di lunedì 13 maggio 1985
  60. Dal giornalino delle Corti, Le corti di Monchio
  61. D. Porta, Testimone dell’amore gratuito, pagine di diario a cura di P. Viola, Calestano 1997, Benedettina, Parma
  62. I commenti sono tratti da René Laurentin, Le apparizioni della vergine, Piemme, Casale Monferrato, 1989, pp.181-182
  63. Le notizie sono tratte da una pubblicazione del comune di Monchio come mini guida alla mostra.
  64. G. Rozzi, El comedie dla Fésia, Step, Parma, 1995
  65. G. Vacchi, Canti Emiliani, Calderini
  66. Galileo Galilei, Epistolario, Lettera a Benedetto Castelli
  67. Bibbia e Arte a cura di Don Pietro Viola, Step ed., Parma, 1991,p.7
  68. AA.VV. Ispirarsi alla Bibbia, a cura di Don Pietro Viola, Calestano, Donati Parma,1999
  69. Constitutio de Sacra Liturgia, nn.2.5.7.9.10
  70. Una riflessione di Vinicio Albanesi su Famiglia cristiana
  71. Cfr. Jean Vernette, Il new age, all’alba dell’era dell’Acquario, ed. Paoline, Cinesello Balsamo,1990
  72. Sant’Agostino, Discorsi, PLS 21,441-442
  73. B. Musso, Il ritorno d’Adamo, Marietti, Genova 1991

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Mons. Antonio Schiavi , La diocesi di Parma, Officina grafica Fresching, Parma 1940 (XVIII)
  2.  

  3. Dall’Aglio don Italo, La diocesi di Parma, Benedettina, Parma, 1966
  4.  

  5. Giuseppe Cignolini, Descrizione storica, fisica, morale , politica delle Corti di Monchio Dominio nello spirituale e temporale della sede vescovile di Parma, Mss. Nella Bib. Parmense n. 360
  6.  

  7. Visitatio civitatis Parmae 1578 - 79 rev.mi Joannis Baptistae Castelli episcopi Ariminensis
  8.  

  9. G. Micheli, Descrizione delle Corti di Monchio, La Bodoniana, Parma, 1927
  10.  

  11. Le Valli dei Cavalieri , annuario di storia e vita dell’alta Val D’Enza e della Val Cedra
  12.  

  13. Pietro Viola, Le corti di Monchio nella storia, Step, Parma , 1987
  14.  

  15. Giovanni Bortolotti, Guida dell’alto Appennino Parmense e Lunigianese , dal passo del Lagastrello alla Cisa , Tomari, Bologna, 1966
  16.  

  17. SYNODVS DIAECESANA AB EPISCOPO PARMENSISI THOMA SALADINO habita Anno Domini 1691 Nonis Maij Parmae , apud Galeatium Rosatum impressorem Episcopalem, 1961
  18. SYNODUS DIOECESANA PARMENSIS , anno MCMXXX, Fresching, MCMXXXI, Parmae
  19.  

  20. CONCILIUM PLENARIUM AEMILIANAE ET FLAMINIAE REGIONIS, Bononiae Habitum a die 27 sept. Ad diem 4 oct. 1932, Fresching, Parma , 1933
  21.  

  22. A . Moroni, A : Anelli, W : Anghinetti, Archivi ecclesiastici e registri parrocchiali, Università degli studi, Parma , 1986
  23.  

  24. MARTYROLOGIUM ROMANUM GREGORI XIII jussu editum et CLEMENTIS X autoritate recognitum , ex typographia Balleoniana, MDCCXX, VENETIIS
  25.  

  26. Messale dell’Assemblea cristiana, E .D :c, Esperienze, O .R., Queriniana Borgo San Dalmazzo, 1974
  27.  

  28. Messale feriale Emmaus, Paoline, Cuneo, 1985
  29.  

  30. Anna Mavilla, Le maestà dell’alta Val Parma e Cedra, Longo editore, Ravenna, 1996
  31.  

  32. AA .VV., L’esperienza religiosa oggi, la coscienza cristiana di fronte all’ateismo e all’indifferenza, Vita e Pensiero, Milano, 1986.
  33.  

  34. Gabriel Marcel, Homo Viator, Borla, Roma, 1980
  35.  

  36. Annate del Giornalino parrocchiale di Monchio, Le Corti di Monchio, L’Araldo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CATALOGO OPERE NELLE CHIESE DELLE CORTI

 

(Il numero a fianco indica la tavola fotografica, l’asterisco un particolare pregio dell’opera)

 

LE CHIESE

 

Oratorio di San Matteo 15

Pieve di San Vincenzo attuale 17

Chiesa di Casarola18*

Chiesa di Rigoso 20

Chiesa di Nirone 23

Chiesa di Monchio24*

Chiesa di Pianadetto 30*

Chiesa di Lugagnano 31*

Chiesa di Rimagna 32

Chiesa di Trefiumi 33

Chiesa di Valditacca 35

Chiesa di Grammatica 38

Chiesa di Riana 40

Chiesa di Ceda 41

Chiesa di Valcieca 43

Tempietto della Madonna della neve 45

Oratorio di Vecciatica 44

Chiesa di Cozzanello 47*

Santuario di Rimagna 232

Santuario di Rimagna (interno)148

Santuario di Rimagna (particolare) 149

 

GLI ALTARI E TABERNACOLI

 

Scultura di San Pietro (altar maggiore di Lugagnano) 51

Scultura di san Paolo (altar maggiore di Lugagnano) 52

Pietà dell’altar maggiore di Lugagnano127

Balaustra di Casarola 95

Altare in pietra di Pianadetto 108

Particolare dell’altare di Pianadetto 109

Tabernacolo di Monchio 110*

Tabernacolo di Cozzanello 111*

Tabernacolo di Casarola 112*

Tabernacolo di Ceda 113

Tabernacolo di Riana 114*

Tabernacolo di Valditacca 115

 

I BATTISTERI

 

Battistero di Pianadetto 101*

Battistero di Valditacca 102

Pila acqua santa di Valditacca 103

Battistero di Casarola 104*

Antico fonte battesimale di Riana 105

Nuovo battistero a Rigoso 106

 

LA ANCONE

 

Ancona lignea di Valditacca 36*

Ancona con la Madonna del Carmelo a Valditacca 136

Ancona di San Lorenzo a Monchio 57

Ancona di san Rocco a Ceda 89

Ancona di Cozzanello con Madonna di Lourdes 142*

 

LE PITTURE

 

Affresco moderno – chiesa di Pianadetto 30

Pietà di Pianadetto 128

Dipinto del Buon Pastore di Barilli – chiesa di Valditacca 37

Dipinto all’interno della chiesa della Madonna della neve 45

Vescovo Marazzani 6

Dipinto dell’abside di Trefiumi 34

Quadro dell’abside di Lugagnano con Gesù e Pietro 50

Quadro di Casarola con San Donnino 59

Quadro di Trefiumi con Maria e San Giovanni Battista 75*

Quadro con Maria e San Giacomo il minore a Pianadetto 76*

Quadro con le tentazioni di Sant’Antonio abate a Monchio78

Le stimmate di san Francesco 83*

Il battesimo di Gesù a Monchio 107*

Quadro di San Carlo a Riana 122

Dipinto sulla volta della chiesa di Riana 123

Compianto sul Cristo morto di Monchio 125*

Compianto sul Cristo morto di Casarola 126

Maria Assunta di Rimagna 131

Stendardo di Cozzanello con Madonna del Carmelo 137*

Stendardo confraternita del SS. Sacramento di Cozzanello 167

Stendardo confraternita del Rosario di Monchio 154

Stendardo di Rigoso 168

Stendardo della confraternita del Rosario di Pianadetto 155

Stendardo della Madonna Addolorata 181

Misteri del Rosario dell’ancona di Pianadetto 156-161

Quadro con l’eccidio dei bombardamenti in chiesa a Rimagna

Quadro Con Madonna e bambino a Monchio 183

Quadro con Madonna di Loreto a Pianadetto 184

Quadro con San Giuseppe e bambino a Monchio 215

Pittura dell’abside di Casarola con i simboli cristiani 261

 

OPERE A SBALZO

 

Croce astile antica di Casarola 58

Ostensorio a Riana 92

Argenteria di Riana 116*

Argenteria di Monchio 117*

Reliquiario col legno della santa croce di Monchio 179

 

LE STATUE

 

Statua di San Matteo – oratorio di San Matteo 53

Statua di San Bartolomeo – chiesa di Rimagna 54

San Lorenzo in marmo sulla facciata della chiesa di Monchio 56*

San Michele in marmo sulla facciata della chiesa di Monchio 214*

Santa Lucia di Lugagnano 64

Santa Barbara di Lugagnano 66

San Biagio di Casarola 67

San Giacomo il maggiore a Pianadetto 76

San Pellegrino a Vecciatica 81

Madonna addolorata di Monchio129

Maria Assunta di Rigoso 132

Sant’Antonio di Padova : cappella di Monchio 86

Statua di San Rocco a Ceda 90*

Statua di San Rocco a Valditacca 91

San Carlo col catechismo romano 98

Natività della beata Vergine Maria di Trefiumi 134

Maria Annunziata di Ceda 135*

Madonna del Rosario di Trefiumi 145

Cuore Immacolato di Maria di Trefiumi 141

La grande croce lignea di Monchio 178

Santa Rita a Monchio 216

Santa Teresa del Bambino Gesù di Casarola 217

San Giovanni Bosco di Lugagnano 218

Madonna di Casarola 220

Maestà della divina pastorella 234

L’ARREDO

Croce penitenziale di Casarola 180

Lanterna 93

Ombrello 94

Armadio per paramenti a Monchio 96

Oli Santi a Pianadetto 97

Leggio intagliato di Rigoso 99

Sedia per celebrante 100

Confessionale di Valditacca 118*

Confessionale di Vecciatica 119

Sede del celebrante di Lugagnano 120

Scritta su una campana di Ceda 121

Via crucis di Valditacca 176

Via crucis di Casarola e Riana 177

Crocefisso da altare di Cozzanello 219

 

ANTICHI DOCUMENTI

 

Carta in caratteri gotici- chiesa di Casarola 19*

Lapide con scrittura in caratteri gotici – chiesa di Monchio 25*

Lapide dell’atto della consacrazione della chiesa di Cozzanello 48*

Pergamena della confraternita(archivio di Monchio)162

Libro per il canto corale di Monchio 169*

Cartagloria di Casarola 170*

Libro della fondazione della chiesa di Riana 262

Alcune pagine dello stesso libro 263

 

LE MAESTA’ sparse sul territorio delle Corti

sono state segnalate solo quelle utili al fino dell’opera(per completezza confronta l’opera citata di Mavilla)(34)

 

Maestà della natività di Cozzanello 49

Maestà con Maria e il bambino – fonte di Grammatica 39

Maestà della Madonna del San Rocco 22*

Maestà con Madonna del Carmelo di Ticchiano 138

Maestà con madonna del Carmelo di Rimagna 139

Maestà con Madonna del Carmelo di Rigoso 140

Maestà con Madonna di Caravaggio di Trecoste 143

Maestà con Madonna del Rosario di Monchio Basso 145

Maestà con Madonna del Rosario di Lugagnano inferiore 146

Maestà con Madonna del Rosario e santi a Casarola 147*

Maestà con Madonna di Rimagna a Rigoso 151

Maestà con Madonna di Rimagna a Rimagna 150

Maestà con Madonna e bambino e ragazzo 221

Maestà della Sampa dla mula 222

Maestà di Pioli di Cozzanello 223

Maestà di Borniza 224

Maestà di Santa Rita 225

Maestà Madonna della pace a Trecoste 226

Maestà di Visett 227

Maestà di via Cava 228

Maestà Madonina dl’erba 229

Maestà di Solfer 230

San Lorenzo in piazza Trefiumi 55

Maestà con San Fabiano e San Sebastiano 61

Maestà con Santa Liberata al Prato 62

Maestà con Santa Liberata sulla via al Ballano 63

Maestà con Santa Barbara a Pianadetto 65

Maestà di San Rocco pellegrino 70

Maestà con Madonna di Loreto a Ceda 72

Maestà con San Giovanni Battista al Prato 74

Statuetta di Sant’Antonio abate a Trefiumi 79

Maestà con Sant’Antonio abate al Montale 80

Maestà del Prato 82

Maestà della Madonna di Pompei e santi 84

Maestà con S. Caterina d’Alessandria alla fonte dei Bacchieri 85*

Maestà con Sant’Antonio a Rimagna 87

Maestà con Sant’Antonio a Trecoste 88

Maestà della Madonna Addolorata a Monchio130

Maestà della Madonna Immacolata di Trefiumi 134

Maestà con San Lorenzo e San Michele nel cimitero di Monchio 189

Maestà della Madonna dell’aiuto del Prato 190

Maestà della fonte di Aneta 191

Maestà dell’Immacolata di Rigoso 192

Maestà della Madonna di Fontanellato di Antria 193

Maestà della Madonna di Fontanellato 194

Maestà della Sacra Famiglia di Cozzanello 195

Maestà della Sacra famiglia 196

Maestà di Gesù divino fanciullo di Casarola 197

Maestà dell’Annunciazione di Montale 198

Maestà con M. Assunta e Sant’Antonio da Padova della Valle 199

Maestà con Maria Immacolata di Lugagnano superiore 200

Maestà con Madonna e bambino e Sant’Antonio abate 201

Maestà con Madonna e bambino di Cozzanello 202

Maestà con Madonna e bambino e santi alla Valle 203

Maestà con Madonna della Misericordia 204

Maestà della fonte di Pianadetto: M. Madre della Misericordia 205

Maestà con madonna di Loreto di Antria 206

Maestà con Madonna di Loreto di Pianadetto 207

Maestà con madonna di Loreto e santi a Trecoste 208

Maestà della madonna immacolata a Riana 209

Maestà con Madonna e bambino sulla via della Castagnola 210

Maestà dei Lazzari con San Carlo e San Paolo 211*

Maestà con Maria e Bambino al Ponte romano 213*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto di una pietra incisa trovata in località Mazer a sud di Rimagna durante uno scavo. La difficile interpretazione del soggetto raffigurato ci ricorda il mistero che ha sempre rivestito il sacro presso tutti i popoli e in ogni tempo. La grande rivelazione ebraico-cristiana lo descrive come un grande mistero d’amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli autori

 

 

Ettore Paganuzzi

 

Laureato in filosofia alla Università di Bologna con la tesi MOTIVI HEIDEGGERIANI IN BULTMANN. Insegnante per vari anni nelle scuole statali di religione, insegnante di Lettere e filosofia nelle scuole cattoliche di Parma, insegnante di Filosofia contemporanea e Antropologia filosofica nell’Istituto Interdiocesano di scienze religiose " S . Ilario di Poitiers", attualmente parroco di tutte le Corti di Monchio.

 

Giacomo Rozzi

 

Direttore del gruppo comico - dialettale LA FESIA per quindici anni, coautore di quattro numeri del LUNARIO DELLE CORTI DI MONCHIO, organizzatore e responsabile dell MUSEO DELLA VITA MONTANARA a Ponte di Lugagnano. Coautore del libro CANTAVAMO INSIEME (STEP, Parma , 1994), autore di EL COMEDIE DLA FESIA ,STEP, Parma, 1995. Ha curato i servizi fotografici e la raccolta di leggende e preghiere popolari

 

HOME PAGE