Siena




Nel Medioevo Siena è stata la città più meridionale della fascia sviluppata
(Italia-Fiandre) dell'Europa: eredità di quell'epoca è uno dei più vasti
e meglio conservati centri storici europei, esemplare per la compattezza,
l'articolazione e l'integrità dell'impianto ("Pompei medievale" l'ha definita
Taine), affascinante per l'eccezionale ricchezza e qualità del patrimonio
artistico e monumentale che ha collocato la "civiltà senese" tra le più alte
e originali elaborazioni della cultura italiana. Al trauma della perdita
dell'indipendenza (1555) la città reagì per secoli con uno straordinario
attaccamento alle tradizioni, di cui la più nota è il Palio, forse l'unica festa
medievale sopravvissuta in Italia e non risuscitata a fini turistici. Siena m 322,
ab. 56518 (65634), tende oggi a qualificarsi come centro di produzione
culturale con la piccola efficiente Università, con i prestigiosi istituti di
ricerca biotecnologica, con l'Accademia musicale Chigiana, con il recupero
del tessuto urbano medievale a partire dagli anni trenta del 900, con la
difesa della qualità della vita urbana.

I CARATTERI DELL'INSEDIAMENTO NELLA VICENDA STORICA

Siena è sorta nelle immediate vicinanze del valico più agevole delle colline
che, proseguendo a ovest con la Montagnola e le Colline Metallifere, a
nord-est con i monti del Chianti, separano il bacino dell'Elsa (tributario
dell'Arno) da quello dell'Arbia (tributaria dell'Ombrone), profondamente
differenti anche per il paesaggio. Il centro murato si distende su un sistema
di colli e crinali a forma di Y rovesciata, col braccio più lungo a nord-ovest
(in direzione cioè di Firenze) e gli altri verso sud-est (Roma) e sud-ovest (la
Maremma). La campagna ancora si insinua nelle valli fra i crinali, giungendo
fin quasi al centro storico.

IL PRIMO INSEDIAMENTO

e il nome sono probabilmente etruschi. L'insediamento si attestò infatti sul
percorso fra città etrusche importanti, Volterra e Populonia da una parte,
Arezzo e Chiusi dall'altra. Divenne romana in età repubblicana, ma era una
città minore, tant'è che solo Plinio il Vecchio e Tacito ne fanno cenno.
Il suo territorio era stretto fra quelli di città più importanti: Fièsole,
Arezzo, Chiusi, Roselle, Volterra. Alla metà del V secolo venne istituita la
diocesi, anch'essa serrata fra altre più vaste e potenti. L'arrivo dei Longobardi
modificò radicalmente la struttura territoriale della regione, come del resto
dell'Italia. La capitale del ducato di Toscana fu Lucca, e per Siena passò
l'itinerario aperto dai Longobardi fra la Longobardia e Roma - meta dei
pellegrini - e i ducati longobardi meridionali. La Cassia antica transitando
per Arezzo era troppo vicina ai domini bizantini, che controllavano anche
la Traiana; e perciò l'arteria venne spostata più a levante, per Viterbo e Siena.
Unica città fra Lucca e Viterbo a cavallo della Via Romea o Francigena;
Siena medievale è veramente "figlia della strada". I Longobardi conferirono
a Siena un circondario giudiziario più vasto del territorio della diocesi, ciò
che portò a secolari contese con Arezzo.

LA FORMAZIONE DELL'IMPIANTO URBANO.

Della Siena altomedievale sappiamo pochissimo. Vi è addirittura una lacuna
di tre secoli (dal IV al VII) nella documentazione. E' però certo che, a differenza
delle città con forte impronta romana, questa nacque dalla fusione di più nuclei.
Vi era infatti la Vecchia Siena ("Sena Vetu") arroccata sui due colli contigui
di Castelvecchio e di S. Maria dove verranno trasferite, probabilmente nel
VII secolo, la sede episcopale e la chiesa cattedrale, e due grossi borghi
formatisi lungo il percorso della strada Romea, che sfiorava in basso
l'antico nucleo. Vi erano così tre Siena, divenute poi i tre terzi: Città,
Camollia, S.Martino. Siena crebbe velocemente come tanti altri insediamenti
nei basso Medioevo. Con l'aumento della popolazione e delle attività la città
- nella quale il potere era passato dai conti longobardi ai vescovi poi ai
consoli, rappresentanti del ceto emergente degli artigiani e dei commercianti -
ampliò via via il perimetro delle mura. Non si tratta di nuove cerchie che
inglobano le precedenti (come accadde a Firenze, Bologna, Milano), ma
di aggiunte parziali, Ora su un lato, ora sull'altro. Gli accrescimenti della
cerchia primaria della "Sena Vetus" sono quattro: i più vasti sono quello
del 1180 e quello del 1290, che rimarrà in gran parte inedificato. Vengono
così inclusi i borghi che via via si formano o che dilagano oltre le mura,
ma anche le modeste sorgenti situate in basso, nelle vallette che si diramano
dai crinali.

LA SCARSITA' DI ACQUA

è stato uno dei grandi problemi della
città medievale (Siena non è attraversata, Come Firenze, da un fiume). L'acqua
era necessaria oltre che per gli usi civili, anche per le utilizzazioni industriali,
in particolare per la preparazione deI drappi pregiati di lana e seta. I governi
senesi affrontarono il problema realizzando con un lavoro secolare una rete
(quasi 24 km) di gallerie quasi sempre praticabili, dette "bottini", che
drenavano ogni grande e piccola vena d'acqua da una distanza di vari
chilometri da porta Camollìa, e la portavano alle 58 fonti pubbliche e a circa
200 utenti privilegiati. Questo tipo d'impianto era reso possibile dalla
stratigrafia delle colline senesi, dove si trova un giacimento superiore tufaceo,
di sabbie e ghiaie permeabili, e uno inferiore impermeabile di argille azzurre,
sul quale scorrono le acque filtrate dal tufo.

LA RICCHEZZA


della città veniva soprattutto dal commercio (delle stoffe, dello zafferano
prodotto nel Senese, dei vini, della cera, delle spezie) e dall'attività delle
compagnie commerciali e bancarie, condotte a partire dall'inizio del '200
dai Piccolomini, dai Malavolti, dai Buonsignori banchieri della Curia
apostolica, dai ricchissimi Chigi, solo per citare i maggiori. Siena aveva il
vantaggio di essere la città bancaria più vicina a Roma. Fra il 1280 e il 1355
- l'epoca meno instabile della turbolenta storia della repubblica - il potere
fu controllato dall'Arte della Lana e dai banchieri. Le basi della ricchezza
di Firenze e Siena erano dunque le stesse, come pure lo sforzo di espandersi
a spese dei Comuni minori e di quello che sopravviveva del potere feudale.
Nell'inevitabile scontro, durato oltre 400 anni, Siena non poteva prevalere: la
città rivale era favorita dalla posizione geografica all'incrocio delle principali
direttrici della regione, dal controllo dei passi appenninici, dalla demografia
(la pianura da Firenze a Pistoia era anche allora più densamente abitata del
resto della Toscana) , dalla ricchezza agricola precocemente passata sotto il
controllo dei cittadini. Lo Stato senese si ingrandì a spese di Volterra e dei
grandi feudatari del sud della Toscana, ma contro Firenze finì alla lunga
per soccombere. Nel suo massimo sviluppo, lo Stato senese si estendeva per
meno di 20 km a nord, verso Firenze, e per più di un centinaio a sud.
Popolazione e superficie erano poco più di un terzo di quelle di Firenze.
L'ultima cerchia di Siena era lunga circa 6100 metri, e racchiudeva una
superficie di 150 ettari, contro 8500 e 430 della rivale.


L'ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE.

 

Buona parte delle abitazioni e la maggior parte delle attività commerciali e
bancarie si distendevano lungo il tratto urbano della Franqigena (o Romea),
che vicino al centro prendeva i significativi nomi di Banchi di Sopra (a nord)
e Banchi di Sotto (a sud), nomi riesumati alcuni decenni fa. I palazzi delle
grandi famiglie (che andavano sostituendo i "castellari" delle consorterie:
unico sopravvissuto è quello degli Ugurgieri) si concentravano nel centro
geografico della città, nelle sezioni dei tre terzi più vicine al Campo. Unica
grande piazza della città, questo era uno spazio polifunzionale: era anzitutto
il mercato, ma anche il luogo delle assemblee popolari, degli esercizi militari
dei nobili, degli spettacoli (in età barocca viene talora chiamato "piazza del
Teatro"; vi si tenevano, inoltre, grandi giochi sportivi, talora con molte centinaia
di partecipanti per ciascun terzo, in più casi degenerati in battaglie con morti
e feriti. Assai per tempo vennero spostate in aree periferiche le funzioni
meno nobili: il commercio del bestiame, le fiere dei cavalli, il mercato delle
granaglie. L'altro polo fondamentale della città era, sul colle di S. Maria, il
complesso Duomo-Spedale di S. Maria della Scala-Vescovado-palazzo del
Magnifico (Pandolfo Petrucci, protagonista del fallito tentativo di instaurare
a Siena la signoria) . Altre piazze vaste, ma prive dei valori simbolici del
Campo, erano quelle dei conventi francescano e domenicano, utilizzate per
le grandi manifestazioni religiose e le prediche. Questi conventi, con quelli
di S.Spirito, S.Chiara, Santuccio, Serviti, S.Agostino, del Carmine e
S.Sebastiano, chiudevano in modo spettacolare le dorsali grandi e piccole
sulle quali la città si era espansa: un motivo che si ritrova, meno sistematico,
a San Gimignano e a Perugia. Una delle particolarità della Siena medievale,
insistita nelle epoche successive, era la cura dell'autorità comunale per le vie,
gli edifci pubblici, l'uso degli spazi: in sostanza, per l'urbanistica. L'attenzione
per i problemi estetici si manifesta in epoca eccezionalmente precoce, già
nei primi decenni del '200. Lo Statuto del 1262, dedicato a questi temi, è in
quattro parti e ben 1167 articoli. Il Comune perseguì anche un coerente
laicismo, assumendo molto per tempo la proprietà dello Spedale della Scala
(fondato dai canonici della Cattedrale) e ponendo sotto il suo controllo
l'Università prima della metà del XII secolo.

L'Età MEDICEA.


Siena si arrende nel 1555 a Carlo V e viene ammessa al Granducato di Toscana
nel 1559, ma formalmente conserva le sue istituzioni repubblicane fino
all'epoca delle riforme. A guardia della città i Medici fanno edificare una
grande fortezza, sulle fondamenta di quella spagnola demolita in due o tre
giorni dalla popolazione senese pochi anni prima. Nei due secoli successivi
la crisi economica e demografica è profonda, il minimo degli abitanti (16 000)
viene toccato nel 1768. Sopravivono alcune istituzioni come l'Università,
che attira studenti dal nord dell'Europa, anche perché a Siena vi "erano
buoni esercizi per i gentiluomini"; altre nascono, come il Monte dei Paschi
di Siena e qualche biblioteea e accademia. Ma solo con il granduca Pietro
Leopoldo (che abolisce confraternite e conventi, smilitarizza la Fortezza,
modernizza l'amministrazione comunale), e con la trasformazione dei
conventi in "pubblici stabilimenti" - cioè in pubblici servizi - attuata dal
governo francese nel primo decennio dell'ottocento, si avvia la ripresa.

TRA SETTE E NOVECENTO.


L'istituzione nel 1740 della cavallerizza e poi del pubblico passeggio pone
già nel XVIII secolo le premesse per lo spostamento alla Lizza (presso la
Fortezza) di molti servizi pubblici. Il reale inizio della modernizzazione, che
a Siena comporta la fine della subordinazione anche psicologica del ceto
medio al potere degli aristocratici, si ha con l'arrivo in città della ferrovia
(1850) . Un gruppo di patrioti borghesi, stimolati dal governatore Luigi
Serristori, si impegna per la realizzazione della ferrovia e l'istituzione di
una banca legata all'industria (il Monte dei Paschi, feudo della nobiltà agraria,
continuava a limitarsi ai prestiti ipotecari). La presenza dell'università porterà
nel 1904 alla nascita di una prestigiosa industria farmaceutica, la Sclavo.
Dagli inizi del '900 la città si espande (secondo un piano del 1919)
soprattutto a nord-ovest, verso e oltre l'antiporto di Camollìa e sotto la
Fortezza, adattata negli anni trenta del '900 ad area espositiva. Nascono la
scuola di lingua per gli stranieri e l'Accademia Chigiana (che fra l'altro ha
"riscoperto" Vivaldi) , e vengono pubblicate riviste d'arte di rilievo nazionale.
Nel 1927, per la prima volta in Italia, vengono dichiarati "monumenti" due
antichi quartieri, Salicotto e Ovile; questo non impedisce che un piano di
risanamento li snaturi gravemente. L'immagine della città antica, intaccata
specie fra le porte Ovile e Camollìa e fra questa e la Fortezza, non è stata
tuttavia compromessa in modo irrimediabile. Nel secondo dopoguerra Siena
è stata la prima città italiana a vietare (1965) la circolazione automobilistica
nel centro storico.

LE TRADIZIONI E LA CULTURA SENESI.


Siena ha avuto proprie tradizioni radicatissime (aveva persino un suo calendario,
fino alle riforme). Il suo gotico è caratterizzato, negli edifici civili, dall'arco
senese (arco acuto sbarrato). Ha sviluppato, nei secoli XIII e XIV (con echi
fino al 500) una sua scuola di pittura (un ramo del gotico internazionale)
che esercita un profondo fascino, per la sensibilità delicata e per l'altezza
della tradizione formale. Di essa si è detto che l'immagine è "più favoleggiata
che rappresentata". E' stata la patria di architetti di assoluto rilievo, che
rientrano nel grande alveo dell'arte italiana gotica (Lorenzo Maitani) e
rinascimentale (Francesco di Giorgio, Baldassarre Peruzzi) . Per le principali
fonti pubbliche - sorgenti naturali la cui portata veniva integrata dalle gallerie
drenanti - i Senesi elaborarono, in epoca gotica, una tipologia di cui l'esempio
più illustre è Fontebranda. Nel secolo XX dalla nobiltà colta di Siena sono
usciti storici dell'arte come Ranuccio Bianchi Bandinelli e Cesare Brandi,
cultori della musica come Guido Chigi Saracini, eruditi come Fabio
Bargagli-Petrucci che da podestà contrastò le "manie" demolitorie di
Mussolini. La cultura e le tradizioni senesi, in passato ben interpretate
da questi personaggi, indicano per il futuro uno sviluppo della città come
luogo di ricerca e di elaborazione scientifica, meta di un turismo atto a
valorizzare l'enorme patrimonio culturale e civile della città.


IL PALIO


Dal XII secolo è attestata l'usanza di correre un Palio in Onore di S. Benifazio,
titolare della più antica Cattedrale che sorgeva in Castelvecchio, ma la disputa
di un'eccitante e sfrenata corsa di cavalli lungo le vie della città acquistò
regolare cadenza allorchè si stabilì di farne il coronamento delle feste di
mezz'agosto, dedicate a Maria Assunta, patrona di Siena. La corsa del Palio
è, all'inizio, uno dei tanti giochi che animano la vita del Comune. Nel corso
dei secoli si assiste ai "qiochi delle Elmora", ai "Giochi delle Prugna", a
"cacce ai Tori", a "Bufalate", "pallonate", "Asinate": scontri o giostre che
coinvolgevano schiere di opposte fazioni e fornivano occasione di violente
contese. Il Palio alla lunga nasce come festa del giorno dopo: una gara che
sfrecciava per le vie partendo da Fontebecci o da porta Romana e terminando
al Duomo. Vi prendevano parte destrieri e fantini inviati, a piacere, da
feudatari o signori che desideravano far sfoggio di supremazia. Era, dunque,
avvenimento privato, successivo al cuore dei festeggiamenti, a quel gioioso
e canoro "corteo dei ceri e dei censi", che registrava, il 14 agosto, le doverose
offerte all'Assunta dei cittadini e delle terre ricomprese nel territorio comunale.
Religioso omaggio e sottomissione politica si univano in un intreccio che non
si sarebbe più dissolto.


LE ORIGINI DEL PALIO MODERNO.

 

Tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento una serrata sequenza
di mutamenti organizzativi e istituziunali origina la forma che la celebrazione
ha acquisito in età moderna e ha conservato con non sostanziali modifiche
fino ai giorni nostri. Di un "palio rionale alla lunga" - variante di quello di
mezz'agosto - del 1581 furono protagoniste le contrade, organismi di carattere
territoriale che, almeno dal XV secolo, raggruppavano gli abitanti di più
Compagnie militari in coincidenza di pubblici festeggiamenti. I signori preposti
alle festività per la Madonna di Provenzano (una statua della Vergine che era
stata oggetto di offesa da parte di un soldato spagnolo) misero a disposizione
trenta talleri per un Palio da correre il 2 luglio l656: è l'avvio ufficiale del
"palio delle Contrade", destinato a metter salde radici nel tessuto associativo
della città e a tramandarne simboli, araldica, passioni, sanguigne inimicizie,
tenaci nostalgie e fedeltà incrollabili. Dopo un assedio affrontato con
leggendario eroismo, la Repubblica di Siena aveva dovuto cedere le armi di
fronte agli Imperiali, vincitori con i Medici (1555) , perdendo la sua autonomia.
Né i ceti dirigenti né il popolo minuto rinunciarono a tentare ogni strada per
assicurare dignità di sopravvivenza e illusione di continuità a cariche,
consuetudini, immagini amate. Questo retroterra di sentimenti, coltivati oltre
la dolorosa sconfitta, alimenta il moto di ribelle e aristocratica fierezza che
dà verità e fondamento al "palio alla Tonda", da inscenare ogni anno nel
Campo, a partire dai primi del Seicento.

 

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