Castello di Brolio

 


Non si può pronunciare il nome Brolio che subito ricorre alla mente il
binomio Chianti-Ricasoli, due nomi ormai inscindibili in tutto quell'arco
di Toscana che da Firenze si spinge sino a Siena.
"Nome oltramontano", afferma il Repetti, risalente a prima del mille, quindi
probabilmente di origine longobarda, il quale indica un luogo boscoso in
mezzo al quale si trova l'abitazione del signore, fortemente recintata.
Tutti i toponimi vicini stanno infatti ad indicare lo stato selvoso dei luoghi
in quella parte di Chianti, preziosa riserva di caccia per i conti di Siena di
origine salica, antichi signori della zona. Risale al secolo X° la donazione che
Bonifacio, figlio del conte Alberto, perfezionò in favore della badia di Firenze,
donazione che fu confermata nel corso del secolo da ben due imperatori.
Quindi Firenze, prima con la badia e poco dopo con la illustre famiglia dei
Ricasoli, stabilì, agli albori del mille, questo baluardo quale spina nel fianco
della Repubblica di Siena.
Non possiamo tralasciare il febbraio del 1141, anno al quale risale il primo
atto pubblico stipulato in Brolio da un membro della famiglia Ricasoli, un
certo Rodolfino, atto col quale furono ceduti alcuni terreni alla Badia a Coltibuono.
Da allora, con alterne vicende, il castello seguirà tutte le vicissitudini
e i fatti d'arme e sarà quindi il centro di quella politica che, dopo alcuni
secoli, porterà alla caduta di Siena. Invano nel 1397 il famoso Capitano di
ventura Alberico da Barbiano cercherà di averne ragione; solo il senese Antocio
Petrucci vi riuscirà trentacinque anni più tardi, e si terrà i Ricasoli prigionieri
per un certo periodo fino a quando la Signoria di Firenze non deciderà
di inviare colà Neri Capponi con un gruppo di armati costringendo così il
Petrucci a rendere il castello ed a liberare i suoi abitanti.
Nel 1452 Brolio resiste agli Aragonesi mentre deve cedere a Siena nel 1478
subendo così i primi smantellamenti; viene ricostruito in pochi anni con più
potenti fortificazioni da Firenze che dopo due anni ne è tornata in possesso;
ma è durante gli anni del primo Granduca che il castello subisce i più
grandiosi restauri con l'ampliamento delle sue mura e delle sue torri.
Oggi solo una piccola parte ci ricorda le antiche origini, ben visibili all'interno
del cassero e di un'ampia sala adiacente, nonostante i restauri esterni
avvenuti nella prima metà dell'800 quando, per volontà del barone Bettino e
per mano dell'architetto Marchetti, nasce il castello come lo vediamo oggi.
Nel pieno del revival gotico, sull'onda di quel movimento romantico originato in
Inghilterra che anche in Italia acquisterà coscienza, nasce il nuovo castello;
quelle forme medievali sono dettate oltre che da un desiderio di conformità
e di grazia, dalla concezione del Medioevo quale periodo di primeggiante virilità,
fattore primo di una austera imponenza che si riflette in ogni particolare,
e specialmente nelle imponenti torri in mattoni rossi.
Tutto è goticizzato, e alcuni motivi, quali bifore, portali, scalinate, danno
all'edificio quasi un'atmosfera da romanzo. Costruire secondo le forme del
medioevo diventa quindi un dovere morale, per cui nasce facilmente il binomio
Cristianesimo e Gotico trasferito dalla teoria nella pratica dell'architettura.
Tutto l'edificio presenta una pittoresca asimmetria ove l'ornamento è parte
integrante della architettura e dove, però, l'imitazione è superficiale concezione
di una architettura dovuta ad un fatto culturale più che realmente creativo.
All'interno, nella gran sala, si ripetono gli stessi motivi quasi a ribadire una
scelta impregnata di ghibellinismo, idea che sostenne e rappresentò Siena
molto più della sua mortale antagonista. Il rosso mattone del castello,
costruito sui contrafforti delle antiche mura, contrasta con il colore
della pietra, quasi a significare lo stacco tra le due epoche.
Su di un perimetro di circa mezzo chilometro sorge tutto il complesso che
costituisce oggi Brolio: il castello vero e proprio, la cappella, la parte più
antica con le sue torri quadrate, la fattoria e gli imponenti spalti a cui si
accede mediante la unica porta, ricavata là dove era il ponte levatoio.
Su tutto ciò aleggia ancora la figura del Barone di Ferro, questa eccezionale
tempra che il Cavour chiamò poco diplomaticamente "mulo" e che è ormai
passato alla leggenda; si dice infatti che nelle notti di tempesta il suo cavallo
risalga il fosso dell'Ancherona e vaghi per i luoghi intorno al castello con in
sella il barone completamente vestito di nero.

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Il fantasma:

Il Barone Bettino Ricasoli (che fu Presidente del Consiglio dopo la morte di
Cavour) apparve lungo le mura del castello. Si dice che fosse solito
(dopo la sua dipartita!) dormire ancora nel suo letto, sorseggiare alcuni bicchieri
d'acqua e fumare ancora qualche buon sigaro che veniva ritrovato appoggiato sul
comodino della sua sua stanza. Alcuni lo hanno anche visto passeggiare per
il bosco o procedere a cavallo accompagnato dal latrato di cani invisibili.
Ogni mattina, il letto del Barone veniva trovato disfatto come se qualcuno
ci avesse dormito durante la notte. Una leggenda, poi, narra che il Barone,
per rimanere giovane, fosse dedito bere il latte delle balie che allattavano
i neonati. Ma questa voce, appunto, pare costituire tutt'altro genere di storia ...

 

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