che.eng.it
Risorse on line per l'ingegneria chimica.
Portale dedicato all'ingegneria chimica per studenti ed ingegneri. Vengono trattati in modo pratico tutti gli argomenti di maggior utilizzo. Stiamo lavorando per far crescere il sito in modo professionale.
Sito visitato
volte
home Home mail Mail articoli Articoli & Appunti mappa del sito Mappa del sito link Link utilità Utilità

proprietà fisiche

trasporto

scambio di materia

scambio di calore

termodinamica

principi di ing.

materiali & strutture

misura di portata

corrosione

unità di misura

tabelle e diagrammi

costanti universali

software link

Se vuoi inserire il tuo articolo o appunto, seleziona il link nella parte bassa dello schermo. Spedendoci una mail con allegato vedrai, nel giro di qualche giorno, il tuo materiale pubblicato. Leggi le condizioni

articoli

LA CHIARIFLOCCULAZIONE

torna all'indice degli articoli

 

Le acque per uso industriale o potabile possono contenere sostanze in sospensione e particelle colloidali di dimensioni tali (0,1-10 micron) da non consentire la separazione per semplice diminuzione della turbolenza, connessa alla sedimentazione, né per filtrazione meccanica.

Le sostanze in sospensione e le particelle colloidali per loro dimensione e natura fisica richiederebbero tempi di sedimentazione inaccettabili.

Le particelle colloidali presentano nella loro superficie esterna cariche, solitamente, negative che determinano delle forze di repulsione tra le particelle stesse; per questo motivo le sostanze colloidali rimangono in uno stato di micro particelle. La coagulazione è un processo di destabilizzazione di queste cariche mediante neutralizzazione delle forze che tengono separate le particelle stesse. La neutralizzazione delle cariche avviene mediante aggiunta di opportuni agenti coagulanti (solitamente sali di metalli trivalenti quali ferro ed alluminio o polielettroliti) ed applicando alla massa da trattare una agitazione finalizzata a disperdere il reagente.

Neutralizzate le cariche, le sostanze possono essere agglomerate a formare particelle di dimensioni maggiori mediante aggiunta di agenti flocculanti.

 

COAGULAZIONE

Le specie colloidali nelle acque possono essere di origine argillosa, silicati, ferro, metalli pesanti e solidi organici. Si possono ottenere sostanze colloidali disperse in acqua anche da processi industriali quali ad esempio la precipitazione della calce.

La seguente tabella riporta i tempi di decantazione delle particelle (in acqua in quiete) in funzione delle dimensioni:

tipo

Diametro [mm]

Tempo di decantazione [1 m di percorso]

Note

Ghiaia

10

1 s

decantabile

Sabbia grossa

1

10 s

decantabile

Sabbia fine

0.1

125 s

determina la torbidità

Limo / fango

0.01

108 min

determina la torbidità

Batteri

0.001

180 h

considerati colloidali, visibili al microscopio

Particelle colloidali

0.0001

755 gg

considerati colloidali, visibili al microscopio

 

Sia le sostanze colloidali che le particelle in sospensione (che non sono propriamente dei colloidi) necessitano di coagulazione per aumentarne le dimensioni e diminuire il tempo di decantazione. La coagulazione consiste nella destabilizzazione delle cariche presenti nei colloidi e nella formazione di coaguli che permettono di adsorbire le sostanze solide in sospensione.

I colloidi possono essere idrofobi od idrofili; i colloidi idrofobi, quali ad esempio le argille naturali, non reagiscono con l’acqua. La colorazione, o torbidità, dell’acqua generalmente è causata da sostanze organiche idrofobe. I colloidi idrofili reagiscono con i coagulanti utilizzati necessitando quindi una quantità maggiore di reagenti rispetto agli idrofobi.

 

FLOCCULAZIONE

I fiocchi creati mediante coagulazione non presentano dimensioni tali da consentire una decantazione in tempi ragionevoli; necessitano quindi di un secondo trattamento mediante aggiunta di agenti flocculanti allo scopo di legarli mediante fenomeni di adsorbimento in agglomerati di dimensioni maggiori.

I flocculanti di uso più comune sono i sali di alluminio e ferro ed alcuni polimeri ad alto peso molecolare.

La flocculazione è promossa da una lenta agitazione per favorire la formazione di fiocchi via via di dimensioni maggiori.

Si può comprendere dunque che coagulazione e flocculazione, richiedendo condizioni diverse, dovranno essere effettuate in stadi successivi.


REAGENTI CHIMICI

Per la coagulazione e la flocculazione possono essere utilizzati sali di ferro 3+ e di alluminio; questi, aggiunti all’acqua, si idrolizzano formando specie chimiche caricate positivamente in un campo di pH da 6 a 7.

Queste reazioni di idrolisi formano idrossidi di ferro o alluminio insolubili e gli acidi minerali corrispondenti, secondo le reazioni:

 

Al2(SO4)3 + 6 H2O Û 2 Al(OH)3¯ + 3 H2SO4

FeCl3 + 3 H2O Û Fe(OH)3¯ + 3 HCl

 

La presenza nell’acqua di bicarbonati di calcio e magnesio dà le reazioni seguenti portando alla formazione di CO2 e dell’idrato:

2 Al2(SO4)3 + 3 Ca(HCO3)2 à 2 Al(HCO3)3 + 3 CaSO4

2 Al(HCO3)3 à 2 Al(OH)3¯ + 3 CO2

 

La CO2 prodotta può interferire con il processo di coagulazione creando fenomeni di flottazione che contrastano la decantazione.

Inoltre se l’acqua da trattare contiene una notevole quantità di CO2 , questa sposta la seconda reazione a sx impedendo la formazione dell’idrato e quindi compromettendo la formazione dei fiocchi.

Questi coagulanti sono molto sensibili al pH (valore ottimale 5,5): a bassi valori di pH potrebbero insorgere problemi di corrosione; ad alti valori di pH l’alluminio, essendo un anfotero, tende a solubilizzarsi.

La correzione del pH può essere eseguita aggiungendo un acido (acido solforico) od una base (calce).

 

Per acque con pH elevato (10) può essere utilizzato l’alluminato di sodio:

2 NaAlO2 + 2 H2O + Ca(HCO3)2 à CaCO3¯ + Na2CO3 + 2 Al(OH)3¯

con la conseguenza di avere una precipitazione più veloce, una parziale eliminazione della durezza per la precipitazione del carbonato di calcio, la possibile precipitazione del magnesio come Mg(OH)2; come inconveniente si ha la presenza nell’acqua trattata di alluminio in soluzione.

 

Il ferro presenta il vantaggio della insolubilità dell’idrossido a pH alcalini; d’altro canto la presenza di ferro a valle del trattamento potrebbe creare problemi alle utenze ben più seri dell’alluminio.

 

Per quanto riguarda il trattamento delle acque potabili vi sono dei limiti di legge molto restrittivi per le concentrazioni di alluminio e ferro.

 

Solitamente il ferro viene aggiunto come solfato ferroso (minor costo del ferrico) ed in soluzione, in presenza di bicarbonati dà le stesse reazioni dell’alluminio ed in più avviene l’ossidazione a Fe3+ per azione dell’ossigeno disciolto (o per gorgogliamento di aria):

2 Fe(SO4)*7H2O + Ca(HCO3)2 à Fe(HCO3)2 + CaSO4 + 7 H2O

Fe(HCO3)2 + 2 Ca(OH)2 à Fe(OH)2 + 2 CaCO3 + 2 H2O

4 Fe(OH)2 + O2 + 2 H2O à 4 Fe(OH)3

con pH ideale per la coagulazione di 8,5-9 (funzionando anche fino a pH 10); si vede che viene richiesta l’aggiunta di calce idrata.

 

Altro agente coagulante è il policloruro di alluminio, utilizzato per eliminare il problema della diminuzione dell’alcalinità dell’acqua che si avrebbe utilizzando i reagenti precedentemente descritti. Infatti, quando avviene l’idrolisi del coagulante, il fiocco formatosi ingloba lo ione cloruro all’interno della struttura rendendo impossibile la formazione dell’acido minerale.

 

Sono stati introdotti altri coagulanti per ovviare agli inconvenienti derivanti dall’utilizzo dei sali di ferro ed alluminio. Questi sono per esempio i silicati attivati ed i polielettroliti organici i quali hanno portato un avanzamento della tecnologia del trattamento delle acque.

I polielettroliti sono delle molecole organiche solubili in acqua formate da tanti monomeri ripetuti in una catena polimerica; questi presentano numerosi siti caricati positivamente (polielettroliti cationici) o negativamente (polielettroliti anionici). Al solito coagulano i colloidi neutralizzandone le cariche repulsive formando particelle insolubili o fiocchi.

Polielettroliti.

La scelta del polielettrolita adatto deve essere fatta in funzione del tipo di acqua da trattare. Le differenze tra i vari polielettroliti derivano principalmente dal loro peso molecolare e dalla capacità di scambio ionico.

Possono inoltre essere non ionici (quindi non propriamente detti polielettroliti) e quindi essere utilizzati come flocculanti.

Polielettroliti cationici

Generalmente sono delle poliammine o ammine quaternarie. In acqua le poliammine idrolizzano secondo la reazione:

R – NH – R + H2O Û R – +NH2 – R + OH-

 

La formazione dello ione idrossido limita il campo di applicabilità di questi reagenti; infatti per alti valori di pH la reazione è spostata a sinistra; al di sopra di un certo valore del pH conviene passare all’utilizzo di ammine quaternarie che presentano una stabilità, in configurazione dissociata, maggiore.

 

Polielettroliti anionici

I polimeri anionici presentano un gruppo carbossile nella loro struttura ed idrolizzano secondo la:

 

R – COOH Û R – COO- + H+

 

Per bassi valori di pH dell’acqua da trattare la reazione viene spostata a sinistra sfavorendo la creazione dell’anione.

 

La natura ionica di questi polimeri è solo uno dei fattori che influenzano la coagulazione e la flocculazione; altri, quali la grandezza e la geometria delle molecole, influenzano il processo.

 

In generale i polimeri organici utilizzati per il trattamento delle acque sono di due tipo:

  1. coagulanti – caricati positivamente e di peso molecolare non elevato
  2. flocculanti – ad altro peso molecolare e con grande capacità di legare i fiocchi; possono essere anionici, cationico o nonionici.

 

IMPIANTI

La quantità di solidi sospesi nell’acqua da trattare definisce il tipo di impianto adatto all’uso specifico

 

Mescolamento del coagulante: può avvenire in linea oppure in un opportuno serbatoio agitato. Il coagulante viene aggiunto a monte del sistema di mescolamento ed i tempi di miscelazione sono molto brevi (30-50 s) con una agitazione energica per favorire la dispersione del reagente.

Flocculazione: questa fase avviene in modo meno rapido della precedente (15 – 40 min) e mediante una agitazione lenta eseguita in vasche o bacini.

A valle della coagulazione e della flocculazione, la separazione dei fiocchi formatisi può essere effettuata mediante sedimentazione o mediante filtrazione (a seconda della potenzialità e della carica di solido contenuta nell’acqua trattata).

Altri impianti prevedono le fasi sopra descritte in un'unica vasca, detta di chiariflocculazione, nella quale avviene anche la separazione del solido (vedi oltre).

Per la fase di decantazione / chiarificazione si adottano velocità di risalita dell’acqua molto basse (0,7- 1,1 m/h) e tempi di persistenza elevati (2,5 – 3 ore)

 

SEDIMENTAZIONE

 

Nei processi di chiariflocculazione la sedimentazione si attua al fine di poter separare i fiocchi ottenuti mediante coagulazione e flocculazione. Generalmente questa è una delle prime fasi del trattamento delle acque, preceduta dalla filtrazione grossolana. Si ha inoltre la rimozione di quelle particelle sedimentabili non trattenute dalla filtrazione grossolana (dimensioni da 0,01 mm a 1 mm).

La sedimentazione si basa sul processo di decantazione per gravità; la velocità dell’acqua deve essere molto bassa per permettere alle particelle solide di decantare, quindi si attua in grandi recipienti che consentano un lungo tempo di permanenza.

La velocità di sedimentazione dipende dalle dimensioni delle particelle, dalla loro densità e dalle condizioni di moto del liquido.

 

Ci sono tre principali tipologie di chiarificatori per gravità: a flusso ascendente, radiale, orizzontale.

 

Sedimentatori a flusso radiale se ne possono trovare di vari tipi: ad alimentazione centrale (più comuni) o periferica. I chiarificatori ad alimentazione centrale hanno quattro zone distinte ognuna con una funzione ben definita.


Nella zona centrale di ingresso si ha la riduzione di velocità del liquido. La zona di sedimentazione dev’essere di dimensioni tali da consentire una bassa turbolenza favorendo la sedimentazione. La sezione di uscita consente il prelievo dell’acqua per tracimazione aumentandone la velocità ed immettendola nella tubazione. La quarta zona permette la raccolta del fango sedimentato dal fondo senza disturbare la sedimentazione. Il fondo solitamente è conico con un angolo da 5 a 8°. Mediante un raschiatore il fango depositato sul fondo viene lentamente convogliato verso il centro.

Se viene effettuato un trattamento chimico (es. chiariflocculazione) si può creare un riciclo di una parte del fango prelevato dal fondo immettendolo al centro assieme all’alimentazione.

 

Sedimentatori a flusso orizzontale a bacino rettangolare hanno l’ingresso e l’uscita del liquido dalle due estremità opposte. Tipicamente il rapporto tra lunghezza e larghezza è di 4:1. Le schiume ed i fanghi vengono rimossi mediante dei raschiatori che devono muoversi lentamente per evitare turbolenze. Un vantaggio di questo tipo di sedimentatori è il basso costo.

 

Sedimentatori a flusso ascendente: l’immissione dell’acqua avviene sotto il livello del liquido e sopra il livello di formazione dei fanghi, all’interno di un deflettore cilindrico, con una componente verticale ascendente. L’acqua quindi è costretta ad invertire il senso scendendo ed oltrepassando il deflettore. Quindi risale lasciando precipitare i solidi per azione della gravità e per effetto centrifugo.

 

 


CHIARIFLOCCULATORI A RICICLO E A LETTO DI FANGO

Entrambi i tipi combinano il mescolamento dei reattivi chimici, la flocculazione e la sedimentazione in una unica unità suddivisa solitamente in modo concentrico in due o tre zone.

 

Chiariflocculatori a riciclo di fango

Nella zona centrale di contatto con i reagenti la concentrazione del solido è normalmente 100 volte superiore a quella che si deve mantenere in una chiarificazione semplice. Questa alta concentrazione favorisce la reazione di destabilizzazione delle cariche e l’ingrossamento dei fiocchi. In questa zona centrale è posizionato l’agitatore che, oltre a favorire il contatto dell’acqua con i reagenti, permette una circolazione del fango tra la zona di flocculazione e la zona di coagulazione.


 


 


Chiariflocculatori a letto di fango


Nelle unità a letto di fango viene mantenuto un letto fluidizzato che trattiene le particelle solide (le più grosse si separano per gravità e le rimanenti vengono trattenute per le resistenze che incontrano e per adsorbimento) ed attraverso il quale l’acqua può passare.

 

 

Il vantaggio di queste apparecchiature è la dimensione contenuta rispetto un sedimentatore normale.

Il funzionamento ottimale di queste apparecchiature viene mantenuto operando sulla velocità dell’agitatore e sulla quantità di fango spurgato.

I problemi maggiormente sentiti nei chiarificatori di questo tipo sono i cortocircuitazioni e le turbolenze; entrambe i fenomeni possono essere indotti da cambiamenti di portata di ingresso, temperatura e peso specifico del solido.

Le cortocircuitazioni possono essere monitorate aggiungendo un “tracciante” (generalmente cloruro di sodio) e controllando la concentrazione di Cl-, ad intervalli di tempo predefiniti, nell’acqua effluente.

Le turbolenze possono essere controllate osservando il fango decantato; questo, in presenza di turbolenze, apparentemente bolle.

La maggior parte delle volte per evitare questi inconvenienti si applicano ai chiarificatori dei moduli precostruiti che consentono l’aumento della resistenza al passaggio dei fiocchi.


 

Esistono delle varianti ai sedimentatori a gravità costituite da unità nelle quali in una prima sezione avviene la flocculazione, ed in una seconda zona avviene la separazione liquido-solido facendo passare l’effluente dal basso verso l’alto attraverso dei moduli costituiti da pacchi lamellari inclinati. L’inclinazione influenza la sedimentazione la quale avviene all’interno dei canali costituenti i pacchi lamellari. Dal basso si scaricano i fanghi e dall’alto l’acqua trattata.


 

 



Un ultimo esempio di chiarificatore per gravità è costituito da un serbatoio rettangolare nel quale il fango decantato sul fondo viene rimosso mediante un sistema di raschiatura a catena circolare. Questo sistema permette di rimuovere fanghi anche molto densi. Non può essere impiegato se i solidi che decantano sono troppo leggeri; infatti il movimento del raschiatore potrebbe rimuovere parte del fango rimescolandolo con l’acqua chiarificata.

 

 

Chiariflocculatore a riciclo ed a letto di fango.

Questo tipo di chiariflocculatore combina le due soluzioni: il riciclo dei fanghi ed il passaggio dell’effluente in un letto di fanghi in sospensione.

L’aggiunta dei reagenti coagulanti e flocculanti avviene nella camera di reazione assieme all’alimentazione; questi sono riciclati mediante una pompa ad elica tra la camera di reazione e la camera di flocculazione (concentrica alla precedente). Dalla camera di flocculazione l’effluente passa alla camera di chiarificazione attraversando il letto di fanghi.


 

 

torna all'indice degli articoli

home inserisci qui il tuo sito
home inserisci qui il tuo articolo