Le
acque per uso industriale o potabile possono contenere sostanze in
sospensione e particelle colloidali di dimensioni tali (0,1-10 micron) da
non consentire la separazione per semplice diminuzione della turbolenza,
connessa alla sedimentazione, né per filtrazione
meccanica.
Le
sostanze in sospensione e le particelle colloidali per loro dimensione e natura
fisica richiederebbero tempi di sedimentazione
inaccettabili.
Le particelle colloidali
presentano nella loro superficie esterna cariche, solitamente, negative che
determinano delle forze di repulsione tra le particelle stesse; per questo
motivo le sostanze colloidali rimangono in uno stato di micro particelle. La coagulazione è un processo di
destabilizzazione di queste cariche mediante neutralizzazione delle forze che
tengono separate le particelle stesse. La neutralizzazione delle cariche
avviene mediante aggiunta di opportuni agenti coagulanti (solitamente sali di
metalli trivalenti quali ferro ed alluminio o polielettroliti) ed applicando
alla massa da trattare una agitazione finalizzata a disperdere il reagente.
Neutralizzate
le cariche, le sostanze possono essere agglomerate a formare particelle di
dimensioni maggiori mediante aggiunta di agenti
flocculanti.
COAGULAZIONE
Le specie colloidali nelle acque possono essere di origine
argillosa, silicati, ferro, metalli pesanti e solidi organici. Si possono ottenere sostanze
colloidali disperse in acqua anche da processi industriali quali ad esempio la
precipitazione della calce.
La seguente tabella riporta i tempi di decantazione delle
particelle (in acqua in quiete) in funzione delle dimensioni:
tipo |
Diametro
[mm] |
Tempo
di decantazione [1 m di percorso] |
Note |
Ghiaia |
10 |
1
s |
decantabile |
Sabbia
grossa |
1 |
10
s |
decantabile |
Sabbia
fine |
0.1 |
125
s |
determina
la torbidità |
Limo
/ fango |
0.01 |
108
min |
determina
la torbidità |
Batteri |
0.001 |
180
h |
considerati
colloidali, visibili al microscopio |
Particelle
colloidali |
0.0001 |
755
gg |
considerati
colloidali, visibili al
microscopio |
Sia
le sostanze colloidali che le particelle in sospensione (che non sono
propriamente dei colloidi) necessitano di coagulazione per aumentarne le
dimensioni e diminuire il tempo di decantazione. La coagulazione consiste nella
destabilizzazione delle cariche presenti nei colloidi e nella formazione di
coaguli che permettono di adsorbire le sostanze solide in
sospensione.
I
colloidi possono essere idrofobi od idrofili; i colloidi idrofobi, quali ad
esempio le argille naturali, non reagiscono con l’acqua. La colorazione, o
torbidità, dell’acqua generalmente è causata da sostanze organiche idrofobe. I
colloidi idrofili reagiscono con i coagulanti utilizzati necessitando quindi una
quantità maggiore di reagenti rispetto agli idrofobi.
FLOCCULAZIONE
I fiocchi creati mediante coagulazione non presentano
dimensioni tali da consentire una decantazione in tempi ragionevoli; necessitano
quindi di un secondo trattamento mediante aggiunta di agenti flocculanti allo
scopo di legarli mediante fenomeni di adsorbimento in agglomerati di dimensioni
maggiori.
I
flocculanti di uso più comune sono i sali di alluminio e ferro ed alcuni
polimeri ad alto peso molecolare.
La
flocculazione è promossa da una lenta agitazione per favorire la formazione di
fiocchi via via di dimensioni maggiori.
Si
può comprendere dunque che coagulazione e flocculazione, richiedendo condizioni
diverse, dovranno essere effettuate in stadi
successivi.
REAGENTI
CHIMICI
Per
la coagulazione e la flocculazione possono essere utilizzati sali di ferro
3+ e di alluminio; questi, aggiunti all’acqua, si idrolizzano
formando specie chimiche caricate positivamente in un campo di pH da 6 a
7.
Queste
reazioni di idrolisi formano idrossidi di ferro o alluminio insolubili e gli
acidi minerali corrispondenti, secondo le reazioni:
Al2(SO4)3
+ 6 H2O Û
2 Al(OH)3¯
+ 3 H2SO4
FeCl3
+ 3 H2O Û
Fe(OH)3¯
+ 3 HCl
La
presenza nell’acqua di bicarbonati di calcio e magnesio dà le reazioni seguenti
portando alla formazione di CO2 e dell’idrato:
2
Al2(SO4)3 + 3 Ca(HCO3)2
à
2 Al(HCO3)3 + 3 CaSO4
2
Al(HCO3)3 à
2 Al(OH)3¯
+ 3 CO2
La
CO2 prodotta può interferire con il processo di coagulazione creando
fenomeni di flottazione che contrastano la decantazione.
Inoltre
se l’acqua da trattare contiene una notevole quantità di CO2 , questa
sposta la seconda reazione a sx impedendo la formazione dell’idrato e quindi
compromettendo la formazione dei fiocchi.
Questi
coagulanti sono molto sensibili al pH (valore ottimale 5,5): a bassi valori di
pH potrebbero insorgere problemi di corrosione; ad alti valori di pH
l’alluminio, essendo un anfotero, tende a solubilizzarsi.
La
correzione del pH può essere eseguita aggiungendo un acido (acido solforico) od
una base (calce).
Per
acque con pH elevato (10) può essere utilizzato l’alluminato di
sodio:
2
NaAlO2 + 2 H2O + Ca(HCO3)2
à
CaCO3¯
+ Na2CO3 + 2 Al(OH)3¯
con
la conseguenza di avere una precipitazione più veloce, una parziale eliminazione
della durezza per la precipitazione del carbonato di calcio, la possibile
precipitazione del magnesio come Mg(OH)2; come inconveniente si ha la
presenza nell’acqua trattata di alluminio in soluzione.
Il
ferro presenta il vantaggio della insolubilità dell’idrossido a pH alcalini;
d’altro canto la presenza di ferro a valle del trattamento potrebbe creare
problemi alle utenze ben più seri dell’alluminio.
Per
quanto riguarda il trattamento delle acque potabili vi sono dei limiti di legge
molto restrittivi per le concentrazioni di alluminio e
ferro.
Solitamente
il ferro viene aggiunto come solfato ferroso (minor costo del ferrico) ed in
soluzione, in presenza di bicarbonati dà le stesse reazioni dell’alluminio ed in
più avviene l’ossidazione a Fe3+ per azione dell’ossigeno disciolto
(o per gorgogliamento di aria):
2
Fe(SO4)*7H2O + Ca(HCO3)2
à
Fe(HCO3)2 + CaSO4 + 7
H2O
Fe(HCO3)2
+ 2 Ca(OH)2 à
Fe(OH)2 + 2 CaCO3 + 2 H2O
4
Fe(OH)2 + O2 + 2 H2O à
4 Fe(OH)3
con
pH ideale per la coagulazione di 8,5-9 (funzionando anche fino a pH 10); si vede
che viene richiesta l’aggiunta di calce idrata.
Altro
agente coagulante è il policloruro di alluminio, utilizzato per eliminare
il problema della diminuzione dell’alcalinità dell’acqua che si avrebbe
utilizzando i reagenti precedentemente descritti. Infatti, quando avviene
l’idrolisi del coagulante, il fiocco formatosi ingloba lo ione cloruro
all’interno della struttura rendendo impossibile la formazione dell’acido
minerale.
Sono stati introdotti altri coagulanti per ovviare agli
inconvenienti derivanti dall’utilizzo dei sali di ferro ed alluminio. Questi
sono per esempio i silicati attivati ed i polielettroliti organici i
quali hanno portato un avanzamento della tecnologia del trattamento delle
acque.
I
polielettroliti sono delle molecole organiche solubili in acqua formate da tanti
monomeri ripetuti in una catena polimerica; questi presentano numerosi siti
caricati positivamente (polielettroliti cationici) o negativamente
(polielettroliti anionici). Al solito coagulano i colloidi neutralizzandone le
cariche repulsive formando particelle insolubili o
fiocchi.
Polielettroliti.
La
scelta del polielettrolita adatto deve essere fatta in funzione del tipo di
acqua da trattare. Le differenze tra i vari polielettroliti derivano
principalmente dal loro peso molecolare e dalla capacità di scambio
ionico.
Possono
inoltre essere non ionici (quindi non propriamente detti polielettroliti) e
quindi essere utilizzati come flocculanti.
Polielettroliti cationici
Generalmente
sono delle poliammine o ammine quaternarie. In acqua le poliammine idrolizzano
secondo la reazione:
R
– NH – R + H2O Û
R – +NH2 – R + OH-
La formazione dello ione idrossido limita il campo di
applicabilità di questi reagenti; infatti per alti valori di pH la reazione è
spostata a sinistra; al di sopra di un certo valore del pH conviene passare
all’utilizzo di ammine quaternarie che presentano una stabilità, in
configurazione dissociata, maggiore.

Polielettroliti anionici
I
polimeri anionici presentano un gruppo carbossile nella loro struttura ed
idrolizzano secondo la:
R
– COOH Û
R – COO- + H+
Per
bassi valori di pH dell’acqua da trattare la reazione viene spostata a sinistra
sfavorendo la creazione dell’anione.
La
natura ionica di questi polimeri è solo uno dei fattori che influenzano la
coagulazione e la flocculazione; altri, quali la grandezza e la geometria delle
molecole, influenzano il processo.
In
generale i polimeri organici utilizzati per il trattamento delle acque sono di
due tipo:
- coagulanti
– caricati positivamente e di peso molecolare non elevato
- flocculanti
– ad altro peso molecolare e con grande capacità di legare i fiocchi; possono
essere anionici, cationico o nonionici.
IMPIANTI
La
quantità di solidi sospesi nell’acqua da trattare definisce il tipo di impianto
adatto all’uso specifico
Mescolamento
del coagulante:
può avvenire in linea oppure in un opportuno serbatoio agitato. Il coagulante
viene aggiunto a monte del sistema di mescolamento ed i tempi di miscelazione
sono molto brevi (30-50 s) con una agitazione energica per favorire la
dispersione del reagente.
Flocculazione:
questa fase avviene in modo meno rapido della precedente (15 – 40 min) e
mediante una agitazione lenta eseguita in vasche o bacini.
A
valle della coagulazione e della flocculazione, la separazione dei fiocchi
formatisi può essere effettuata mediante sedimentazione o mediante filtrazione
(a seconda della potenzialità e della carica di solido contenuta nell’acqua
trattata).
Altri
impianti prevedono le fasi sopra descritte in un'unica vasca, detta di
chiariflocculazione, nella quale avviene anche la separazione del solido (vedi
oltre).
Per
la fase di decantazione / chiarificazione si adottano velocità di risalita
dell’acqua molto basse (0,7- 1,1 m/h) e tempi di persistenza elevati (2,5 – 3
ore)
SEDIMENTAZIONE
Nei
processi di chiariflocculazione la sedimentazione si attua al fine di poter
separare i fiocchi ottenuti mediante coagulazione e flocculazione. Generalmente
questa è una delle prime fasi del trattamento delle acque, preceduta dalla
filtrazione grossolana. Si ha inoltre la rimozione di quelle particelle
sedimentabili non trattenute dalla filtrazione grossolana (dimensioni da 0,01 mm
a 1 mm).
La
sedimentazione si basa sul processo di decantazione per gravità; la velocità
dell’acqua deve essere molto bassa per permettere alle particelle solide di
decantare, quindi si attua in grandi recipienti che consentano un lungo tempo di
permanenza.
La
velocità di sedimentazione dipende dalle dimensioni delle particelle, dalla loro
densità e dalle condizioni di moto del liquido.
Ci
sono tre principali tipologie di chiarificatori per gravità: a flusso
ascendente, radiale, orizzontale.
Sedimentatori
a flusso radiale
se ne possono trovare di vari tipi: ad alimentazione centrale (più comuni) o
periferica. I chiarificatori ad alimentazione centrale hanno quattro zone
distinte ognuna con una funzione ben definita.
Nella zona centrale di ingresso si ha la
riduzione di velocità del liquido. La zona di sedimentazione dev’essere di
dimensioni tali da consentire una bassa turbolenza favorendo la sedimentazione.
La sezione di uscita consente il prelievo dell’acqua per tracimazione
aumentandone la velocità ed immettendola nella tubazione. La quarta zona
permette la raccolta del fango sedimentato dal fondo senza disturbare la
sedimentazione. Il fondo solitamente è conico con un angolo da 5 a 8°. Mediante
un raschiatore il fango depositato sul fondo viene lentamente convogliato verso
il centro.
Se viene effettuato un trattamento chimico (es.
chiariflocculazione) si può creare un riciclo di una parte del fango prelevato
dal fondo immettendolo al centro assieme all’alimentazione.
Sedimentatori
a flusso orizzontale
a
bacino rettangolare hanno l’ingresso e l’uscita del liquido dalle due estremità
opposte. Tipicamente il rapporto tra lunghezza e larghezza è di 4:1. Le schiume
ed i fanghi vengono rimossi mediante dei raschiatori che devono muoversi
lentamente per evitare turbolenze. Un vantaggio di questo tipo di sedimentatori
è il basso costo.
Sedimentatori
a flusso ascendente:
l’immissione dell’acqua avviene sotto il livello del liquido e sopra il livello
di formazione dei fanghi, all’interno di un deflettore cilindrico, con una
componente verticale ascendente. L’acqua quindi è costretta ad invertire il
senso scendendo ed oltrepassando il deflettore. Quindi risale lasciando
precipitare i solidi per azione della gravità e per effetto
centrifugo.
CHIARIFLOCCULATORI
A RICICLO E A LETTO DI FANGO
Entrambi
i tipi combinano il mescolamento dei reattivi chimici, la flocculazione e la
sedimentazione in una unica unità suddivisa solitamente in modo concentrico in
due o tre zone.
Chiariflocculatori a riciclo di fango
Nella
zona centrale di contatto con i reagenti la concentrazione del solido è
normalmente 100 volte superiore a quella che si deve mantenere in una
chiarificazione semplice. Questa alta concentrazione favorisce la reazione di
destabilizzazione delle cariche e l’ingrossamento dei fiocchi. In questa zona
centrale è posizionato l’agitatore che, oltre a favorire il contatto dell’acqua
con i reagenti, permette una circolazione del fango tra la zona di flocculazione
e la zona di coagulazione.
Chiariflocculatori a letto di fango
Nelle
unità a letto di fango viene mantenuto un letto fluidizzato che trattiene le
particelle solide (le più grosse si separano per gravità e le rimanenti vengono
trattenute per le resistenze che incontrano e per adsorbimento) ed attraverso il
quale l’acqua può passare.
Il
vantaggio di queste apparecchiature è la dimensione contenuta rispetto un
sedimentatore normale.
Il
funzionamento ottimale di queste apparecchiature viene mantenuto operando sulla
velocità dell’agitatore e sulla quantità di fango
spurgato.
I
problemi maggiormente sentiti nei chiarificatori di questo tipo sono i
cortocircuitazioni e le turbolenze; entrambe i fenomeni possono essere indotti
da cambiamenti di portata di ingresso, temperatura e peso specifico del solido.
Le
cortocircuitazioni possono essere monitorate aggiungendo un “tracciante”
(generalmente cloruro di sodio) e controllando la concentrazione di
Cl-,
ad intervalli di tempo predefiniti, nell’acqua effluente.
Le
turbolenze possono essere controllate osservando il fango decantato; questo, in
presenza di turbolenze, apparentemente bolle.
La
maggior parte delle volte per evitare questi inconvenienti si applicano ai
chiarificatori dei moduli precostruiti che consentono l’aumento della resistenza
al passaggio dei fiocchi.
Esistono
delle varianti ai sedimentatori a gravità costituite da unità nelle quali in una
prima sezione avviene la flocculazione, ed in una seconda zona avviene la
separazione liquido-solido facendo passare l’effluente dal basso verso l’alto
attraverso dei moduli costituiti da pacchi lamellari inclinati. L’inclinazione
influenza la sedimentazione la quale avviene all’interno dei canali costituenti
i pacchi lamellari. Dal basso si scaricano i fanghi e dall’alto l’acqua
trattata.
Un
ultimo esempio di chiarificatore per gravità è costituito da un serbatoio
rettangolare nel quale il fango decantato sul fondo viene rimosso mediante un
sistema di raschiatura a catena circolare. Questo sistema permette di rimuovere
fanghi anche molto densi. Non può essere impiegato se i solidi che decantano
sono troppo leggeri; infatti il movimento del raschiatore potrebbe rimuovere
parte del fango rimescolandolo con l’acqua chiarificata.
Chiariflocculatore
a riciclo ed a letto di fango.
Questo
tipo di chiariflocculatore combina le due soluzioni: il riciclo dei fanghi ed il
passaggio dell’effluente in un letto di fanghi in
sospensione.
L’aggiunta
dei reagenti coagulanti e flocculanti avviene nella camera di reazione assieme
all’alimentazione; questi sono riciclati mediante una pompa ad elica tra la
camera di reazione e la camera di flocculazione (concentrica alla precedente).
Dalla camera di flocculazione l’effluente passa alla camera di chiarificazione
attraversando il letto di fanghi.