"Figlio mio,
lascia questo
Paese"
di PIER LUIGI
CELLI
Figlio mio,
stai per finire
la tua
Università; sei
stato bravo. Non
ho rimproveri da
farti. Finisci
in tempo e bene:
molto più di
quello che tua
madre e io ci
aspettassimo. È
per questo che
ti parlo con
amarezza,
pensando a
quello che ora
ti aspetta.
Questo Paese, il
tuo Paese, non è
più un posto in
cui sia
possibile stare
con orgoglio.
Puoi solo
immaginare la
sofferenza con
cui ti dico
queste cose e la
preoccupazione
per un futuro
che finirà con
lo spezzare le
dolci
consuetudini del
nostro vivere
uniti, come è
avvenuto per
tutti questi
lunghi anni. Ma
non posso,
onestamente,
nascondere
quello che ho
lungamente
meditato. Ti
conosco
abbastanza per
sapere quanto
sia forte il tuo
senso di
giustizia, la
voglia di
arrivare ai
risultati, il
sentimento degli
amici da tenere
insieme, buoni e
meno buoni che
siano. E,
ancora, l'idea
che lo studio
duro sia la sola
strada per
renderti
credibile e
affidabile nel
lavoro che
incontrerai.
Ecco, guardati
attorno. Quello
che puoi vedere
è che tutto
questo ha sempre
meno valore in
una Società
divisa, rissosa,
fortemente
individualista,
pronta a
svendere i
minimi valori di
solidarietà e di
onestà, in
cambio di un
riconoscimento
degli interessi
personali, di
prebende
discutibili; di
carriere feroci
fatte su meriti
inesistenti. A
meno che non sia
un merito
l'affiliazione,
politica, di
clan,
familistica:
poco fa la
differenza.
Questo è un
Paese in cui, se
ti va bene,
comincerai
guadagnando un
decimo di un
portaborse
qualunque; un
centesimo di una
velina o di un
tronista; forse
poco più di un
millesimo di un
grande manager
che ha
all'attivo
disavventure e
fallimenti che
non pagherà mai.
E' anche un
Paese in cui,
per viaggiare,
devi augurarti
che l'Alitalia
non si metta in
testa di fare
l'azienda seria
chiedendo ai
suoi dipendenti
il rispetto
dell'orario,
perché allora ti
potrebbe
capitare di
vederti
annullare ogni
volo per giorni
interi, passando
il tuo tempo in
attesa di una
informazione (o
di una scusa)
che non
arriverà. E
d'altra parte,
come potrebbe
essere
diversamente, se
questo è l'unico
Paese in cui una
compagnia aerea
di Stato,
tecnicamente
fallita per non
aver saputo
stare sul
mercato, è stata
privatizzata
regalandole il
Monopolio, e
così
costringendo i
suoi vertici
alla paralisi di
fronte a
dipendenti che
non crederanno
mai più di
essere a
rischio.
Credimi, se
ti guardi
intorno e se
giri un po', non
troverai molte
ragioni per
rincuorarti.
Incapperai nei
destini gloriosi
di chi, avendo
fatto magari il
taxista, si vede
premiato - per
ragioni
intuibili - con
un Consiglio di
Amministrazione,
o non sapendo
nulla di
elettricità, gas
ed energie
varie, accede
imperterrito al
vertice di una
Multiutility.
Non varrà nulla
avere la fedina
immacolata, se
ci sono ragioni
sufficienti che
lavorano su
altri terreni,
in grado di
spingerti a
incarichi
delicati, magari
critici per i
destini
industriali del
Paese. Questo è
un Paese in cui
nessuno sembra
destinato a
pagare per gli
errori fatti;
figurarsi se si
vorrà tirare
indietro
pensando che non
gli tocchi un
posto superiore,
una volta
officiato, per
raccomandazione,
a qualsiasi
incarico. Potrei
continuare
all'infinito,
annoiandoti e
deprimendomi.
Per questo, col
cuore che soffre
più che mai, il
mio consiglio è
che tu, finiti i
tuoi studi,
prenda la strada
dell'estero.
Scegli di andare
dove ha ancora
un valore la
lealtà, il
rispetto, il
riconoscimento
del merito e dei
risultati.
Probabilmente
non sarà tutto
oro, questo no.
Capiterà anche
che, spesso, ti
prenderà la
nostalgia del
tuo Paese e, mi
auguro, anche
dei tuoi vecchi.
E tu cercherai
di venirci a
patti, per fare
quello per cui
ti sei preparato
per anni.
Dammi retta,
questo è un
Paese che non ti
merita. Avremmo
voluto che fosse
diverso e
abbiamo fallito.
Anche noi. Tu
hai diritto di
vivere
diversamente,
senza chiederti,
ad esempio, se
quello che dici
o scrivi può
disturbare
qualcuno di
questi mediocri
che contano, col
rischio di
essere messo nel
mirino, magari
subdolamente, e
trovarti
emarginato senza
capire perché.
Adesso che ti ho
detto quanto
avrei voluto
evitare con
tutte le mie
forze, io lo so,
lo prevedo,
quello che
vorresti
rispondermi. Ti
conosco e ti
voglio bene
anche per
questo. Mi dirai
che è tutto
vero, che le
cose stanno
proprio così,
che anche a te
fanno schifo, ma
che tu, proprio
per questo, non
gliela darai
vinta. Tutto
qui. E non so,
credimi, se
preoccuparmi di
più per questa
tua ostinazione,
o rallegrarmi
per aver trovato
il modo di non
deludermi,
assecondando le
mie amarezze.
Preparati
comunque a
soffrire.
Con affetto,
tuo padre
L'autore è
stato direttore
generale della
Rai. Attualmente
è direttore
generale della
Libera
Università
internazionale
degli studi
sociali, Luiss
Guido Carli.
(30 novembre
2009)