SCUOLA
& GIOVANI
LA POLEMICA. Le ore passerebbero da tre a cinque a scapito delle
altre lingue
Già la Moratti dovette fare dietrofront. Dagli insegnanti petizione
a
Strasburgo
L'inglese pigliatutto della Gelmini
Via alle proteste, e la Ue si prepara
di LINDA ROSSI HOLDEN
Alla conferenza stampa con Berlusconi, il ministro Mariastella
Gelmini ha dichiarato che alle scuole medie le ore di inglese
passeranno da tre a cinque, esattamente come previsto dalla riforma
Moratti, tre anni fa, che prevedeva che nelle scuole medie la lingua
inglese prendesse il sopravvento e la seconda lingua comunitaria da
obbligatoria si trasformasse in una disciplina esclusivamente
facoltativa. Di lì a poco, cinque ambasciatori europei recarono in
delegazione dall'allora ministro dell'Istruzione convincendola a
soprassedere: si trattava di un provvedimento anti-europeo e anti
buon senso tout court.
Per una serie di ragioni.
Innanzitutto l'art. 126 del trattato di Maastricht dove si ribadisce
l'importanza dell'"apprendimento e della diffusione delle lingue
degli Stati membri"; quindi il IV Obiettivo Generale del Libro
bianco su istruzione e formazione, dove si dichiara che la
conoscenza di "almeno due lingue comunitarie oltre a quella materna"
è ormai una "condizione indispensabile per permettere ai cittadini
dell'Unione europea di beneficiare delle opportunità professionali e
personali offerte dal grande mercato interno senza frontiere";
ancora il nuovo quadro strategico per il multilinguismo" dove, per
la prima volta, il portafoglio di un commissario europeo include
esplicitamente la responsabilità per il multilinguismo in ogni paese
dell'Ue.
E proprio per questo il ministro Gelmini sicuramente sa che a
Strasburgo è stata inoltrata una petizione di insegnanti italiani
che richiedono formalmente un aiuto al fine di cancellare
definitivamente quell'assurdo articolo, e il Parlamento europeo si è
fatto carico di esporre pubblicamente la questione. La petizione
chiede di cancellare la decisione e rispettare il "principio di pari
dignità" difeso dalla Commissione europea.
Non c'è dunque da stupirsi se gli insegnanti di lingue si stiano
mobilitando in vario modo per favorire il multilinguismo, una
risorsa per l'Europa e un impegno comune, così come ribadito il 18
settembre nella Comunicazione della Commissione al Parlamento
europeo. E se proprio l'inglese potenziato è un obiettivo
prioritario, allora il ministro dovrebbe sapere che esistono altre
metodologie con le quali, senza colpire le altre lingue, si
ottengono gli stessi risultati; in particolare il CLIL
(apprendimento integrato di lingua e contenuto), ovvero l'approccio
ad una qualsiasi disciplina scolastica attraverso l'uso veicolare
dell'inglese.
Infine, sarebbe interessante sapere che reazione avrebbe Mariastella
Gelmini se in un qualsiasi altro paese europeo si rinunciasse
all'apprendimento/insegnamento della lingua italiana per
privilegiare la lingua di Albione...
Lo scenario. Se si vuole affrontare in modo autorevole il tema
"lingue" è sufficiente iniziare citando Stendhal: "Il genio di un
popolo ha come primo strumento la sua lingua", esattamente come ha
fatto l'Unesco dichiarando il 2008 "Anno Internazionale delle
Lingue". E cosa dire del 2008 "Anno europeo del dialogo
interculturale"? L'importanza strategica della comunicazione
linguistica si evince proprio da queste importanti iniziative che le
nostre istituzioni sarebbero tenute a promuovere per favorire la
convivenza e la comprensione reciproca. E invece, nessun decisore
politico si è mai reso conto, agendo di conseguenza, che tutto
transita attraverso le lingue; un dominio non soltanto educativo, ma
anche culturale, sociale, economico, occupazionale e politico.
Trascurare lo sviluppo della conoscenza, dell'apprendimento,
dell'insegnamento delle lingue straniere è una miopia colpevole e
pericolosa, che ci esclude e ci penalizza nei confronti
dell'integrazione sociale e delle relazioni economiche.
(6 ottobre 2008)