Maestro Unico solo a richiesta
Clamoroso dietrofront della Gelmini
Il Voto di condotta
Il Maestro
unico
Corsi per insegnanti meridionali
Non toccate il multilinguismo
Da
Libero (portale web)
del 12 dicembre 2008
SCUOLA, MAESTRO
UNICO ELEMENTARI A
RICHIESTA
La
riforma delle scuole
superiori partirà
dall'anno scolastico
2010/2011. E' quanto
rende noto il
ministero
dell'Istruzione,
spiegando che è
stata presentata
oggi ai sindacati la
riforma del sistema
dell'istruzione e
degli ordinamenti
scolastici.
Provvedimento che
sarà portato in
Consiglio dei
Ministri il 18
dicembre e che
prevede anche
l'avvio dal
settembre 2009 della
riforma del primo
ciclo.
"Parte da oggi -
spiega Viale
Trastevere - una
vera e propria
rivoluzione e
riorganizzazione
della scuola in
Italia. La riforma
ha come obiettivo
quello di
modernizzare
l'offerta formativa
in Italia ed è il
risultato del lavoro
di questo governo e
dei precedenti
ministri Moratti e
Fioroni". In
concreto, dal primo
settembre 2010
partirà la riforma
del secondo ciclo,
inizialmente
prevista per il
primo settembre
2009, "per dare modo
alle scuole e alle
famiglie di essere
correttamente
informate sui
rilevanti
cambiamenti e sulle
innovazioni degli
indirizzi. In
particolare sul
secondo ciclo si
aprirà un confronto
con tutti i soggetti
della scuola
sull'applicazione
metodologico-didattica
dei nuovi
regolamenti. I punti
principali della
riforma sono lo
snellimento e la
semplificazione
degli indirizzi
scolastici, più
legame tra le
richieste del mondo
del lavoro e la
scuola, il riordino
degli istituti
tecnici e più
opportunità per le
famiglie. In
particolare saranno
messe a regime le
migliori esperienze
delle
sperimentazioni,
l'aumento dello
studio della lingua
inglese, l'aumento
delle ore
scientifiche e di
matematica".
MAESTRO
UNICO SARA' A
RICHIESTA, CONCLUSO
INCONTRO
Il cosiddetto
"maestro unico" alle
elementari sarà
attivato su
richiesta delle
famiglie. E'
confermato nel
verbale conclusivo
dell'incontro
svoltosi oggi a
Palazzo Chigi tra i
sindacati della
scuola (Cgil, Cisl e
Uil, Gilda e Snals)
e il governo
rappresentato dal
sottosegretario
Letta e dai ministri
Gelmini, Brunetta e
Sacconi.
All'incontro hanno
partecipato anche i
segretari generali
di Uil, Luigi
Angeletti e Cisl
Raffaele Bonanni. Il
governo si è
impegnato a recepire
i regolamenti che
verranno presentati
al Consiglio dei
ministri la prossima
settimana ei pareri
espressi dalle
commissioni Cultura
e Istruzione di
Camera e Senato.
4 SU 10
FUORI CORSO,
INDIRIZZI A QUOTA
5.734
Una percentuale dei
fuori corso al 40,7%
e una proliferazione
eccessiva dei corsi
di studio arrivati a
quota 5.734. Sono
due delle criticità
che emergono dal
nono Rapporto sullo
stato del sistema
universitario
presentato oggi,
alla presenza del
ministro
dell'Istruzione,
Mariastella Gelmini,
dal presidente del
Comitato di
valutazione del
sistema
universitario (Cnvsu),
Luigi Biggeri.
L'indagine rivela
anche che si riduce
il numero degli
immatricolati che si
attesta nel 2007
sulle 308 mila unità
(a fronte di un
numero totale degli
iscritti
stabilizzato da
circa quattro anni a
1 milione 800 mila
unità) e che otto
matricole su dieci
scelgono di iniziare
il proprio percorso
formativo nella
regione di
residenza. Sul
versante
dell'offerta, si
registra una
consistente
polverizzazione
territoriale - dal
2001-2002 i corsi
sono aumentati del
77,3% - con il
fenomeno da un lato
della presenza di
corsi di studio con
meno di 10
immatricolati
(10,1%), dall' altro
dell'incremento dei
comuni sede di corso
universitario saliti
a quota 246.
Spiccano le
percentuali degli
"abbandoni"
attestata al 20% e
degli studenti
inattivi, che cioé
non hanno sostenuto
esami nell'ultimo
anno, a quota 22,3%.
E se il gettito di
laureati è di oltre
300 mila unità
all'anno, meno di
uno su tre si laurea
nei tempi regolari,
il 30% con un anno
di ritardo, uno su
sei con due anni di
ritardo e aumenta
all'11% la
percentuale di
coloro che si
laureano con tre
anni di ritardo.
Dall'Unità del 12
dicembre 2008
Scuola, Gelmini fa marcia indietro:
riforma solo dal 2010 e maestro unico
'facoltativo'
Berlusconi
non ha potuto fregarsene, come aveva detto
più volte, della voce della piazza. E lo
sciopero del 30 ottobre scorso aveva dato un
chiaro messaggio al premier: no alla riforma
della scuola, soprattutto no al maestro
unico. Così, ecco che arriva un primo
tentennamento del governo di destra. Slitta
al primo settembre 2010 l'applicazione della
riforma Gelmini del secondo ciclo,
inizialmente prevista per settembre
dell'anno prossimo.
La Gelmini, che già era passata da tempo a
parlare di ministro “prevalente” e non più
“unico”, ha cercato di motivare la sua
scelta «per dare modo alle scuole e alle
famiglie di essere correttamente informate
sui rilevanti cambiamenti e sulle
innovazioni degli indirizzi: in particolare
sul secondo ciclo si aprirà un confronto con
tutti i soggetti della scuola
sull`applicazione metodologico-didattica dei
nuovi regolamenti». «La riforma ha come
obiettivo quello di modernizzare l’offerta
formativa in Italia ed è il risultato del
lavoro di questo governo e dei precedenti
ministri Moratti e Fioroni», ha fatto sapere
il Ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca.
A settembre 2009 partirà invece comunque la
via riforma di medie e superiori (primo
ciclo). Il provvedimento, avverte il
Ministero, sarà portato in Consiglio dei
Ministri il 18 dicembre.
La riforma del sistema dell`istruzione e
degli ordinamenti scolastici è stata
presentata ai sindacati confederali, riuniti
a palazzo Chigi con il ministro Gelmini ed
il sottosegretario alla presidenza del
Consiglio Gianni Letta. «Sul secondo ciclo -
spiega il Miur - si aprirà un confronto con
tutti i soggetti della scuola
sull`applicazione metodologico-didattica dei
nuovi regolamenti: i punti principali della
riforma sono lo snellimento e la
semplificazione degli indirizzi scolastici,
più legame tra le richieste del mondo del
lavoro e la scuola, il riordino degli
istituti tecnici e più opportunità per le
famiglie». «In particolare saranno messe a
regime le migliori esperienze delle
sperimentazioni, l`aumento dello studio
della lingua inglese, l`aumento delle ore
scientifiche e di matematica, la riforma
degli istituti tecnici che passano da 39 a
11 e la riorganizzazione del sistema dei
licei».
Ma dall'incontro con i sindacati sono
arrivate altre importanti novità, che
segnano, di fatto, un dietro front
dell'esecutivo sui provvedimenti da attuare
nella scuola ementare. Da quanto risulta dal
verbale conclusivo dell'incontro svoltosi a
Palazzo Chigi tra i sindacati della scuola
(Cgil, Cisl e Uil, Gilda e Snals), il
sottosegretario Letta e i ministri Gelmini,
Brunetta e Sacconi, il governo ha recipito,
in parte, le richieste del mondo della
scuola sul "masetro unico" e sul tempo
pieno, presentando una bozza di documento
che, sostanzialmente, farebbe restare la
scuola dell'infanzia così com'è. Salta
infatti il "maestro unico" alle elementari
(con impegni di 24 ore settimanali) che si
trasforma in "maestro prevalente". Come era
stato chiesto dalla commissione Cultura
della Camera l'orario settimanale di 24 ore
sarà solo una opzione che le famiglie
potranno chiedere accanto alle 27 e alle 40
ore. Nessuno obbligo, quindi, per le scuole:
il contestatissimo "maestro unico" sarà
attivato su richiesta dei genitori. Inoltre,
non verrebbe più innalzato il numero massimo
di alunni per classe. Il governo, sempre
secondo le stesse fonti, sarebbe infine
disponibile ad aprire un tavolo sul
precariato, con la possibilità la
possibilità di estendere ai dipendenti della
scuola gli sgravi fiscali sulla retribuzione
accessoria.
La marcia indietro del governo non ha
comunque soddisfatto Flc Cgil e Cobas, che
hanno confermano lo sciopero generale di
venerdì 12 dicembre. A ribadirlo è stato lo
setsso segretario generale della Flc-Cgil,
Mimmo Pantaleo, secondo il quale l'apertura
odierna del governo rispetto al piano
gelmini «non incide sullo sciopero generale
di domani indetto dal nostro sindacato.
Anche perchè siamo solo di fronte all'inizio
di un dialogo, di un processo di confronto».
«Del resto - ha ricordato Pantaleo -
nonostante gli impegni presi restano delle
ambiguità di fondo, per esempio sulla scuola
primaria», dove «con tutti questi moduli da
24, 27, 30 e 40 ore sembra di essere al
supermercato». Per Pantaleo, inoltre, «ci
sono questioni ancora aperte, come quella
sull'edilizia scolastica, che attendono
ancora una risposta. Vigileremo poi sulla
messa in atto degli impegni presi
dall'esecutivo».
Intanto, sul fronte dell'università, il
decreto Gelmini è stato licenziato senza
modifiche dalla commissione Cultura della
Camera. I deputati hanno votato il mandato
al relatore Stefano Caldoro e da lunedì
prossimo il testo, così come è uscito dal
Senato, andrà all'esame dell'Aula per il via
libera definitivo. «Entro il 18 dicembre il
decreto dovrebbe essere convertito», ha
spiegato Valentina Aprea, presidente della
commissione Cultura. Non si profila, almeno
per ora, un ricorso al voto di fiducia.
11 dicembre 2008
|
Il voto di condotta
Da Repubblica
Scuola, tornano i voti in pagella
"Bocciati con il 5 in condotta"
I libri scolastici saranno
rieditati solo se strettamente necessario
Maria Stella Gelmini
ROMA - Niente più "buono",
"sufficiente", "distinto". A scuola si torna ai voti:
anche alle elementari e alle medie la valutazione verrà
espressa numericamente, con valutazioni in decimali,
proprio come accade alle superiori. Questa è solo una
delle principali novità annunciate da Maria Stella
Gelmini, ministro dell'Istruzione, dopo il Consiglio dei
ministri. Il voto numerico (5,6,7) tornerà alle medie
(scuola secondaria di i grado). Mentre alla scuola
primaria resterà accompagnato dai giudizi ("buono",
"distinto", "ottimo").
Novità anche per i ragazzi di licei e istituti tecnici,
che d'ora in poi dovranno stare molto attenti a come si
comportano in classe. Fino ad oggi infatti il voto in
condotta ha avuto solo un valore simbolico, non
determinante ai fini della promozione o della
bocciatura. Anche il ragazzo più maleducato, se portato
in consiglio di classe con un sette o addirittura un
sei, poteva confidare nella promozione, grazie alla
media dei voti delle altre materie. Da quest'anno invece
il voto in condotta farà media e con un cinque sarà
prevista l'automatica bocciatura. Una svolta radicale
per il mondo dell'istruzione superiore.
Ma vediamo quali sono le altre novità introdotte dal
decreto:
Educazione civica e stradale. Si chiamerà
"Educazione alla costituzione e alla cittadinanza" e con
questa verrà introdotta la formazione alle regole della
strada e all'ambiente. "La scuola - ha detto il ministro
- deve rimettere al centro la persona e preparare i
ragazzi ad essere cittadini consapevoli dei diritti e
dei doveri e conoscitori dei principi costituzionali".
Verso il maestro unico alle elementari. Il
ritorno al voto sarà accompagnato dal giudizio per ogni
singola materia, e in cantiere c'è anche il progetto del
maestro unico per ogni classe. "Il Consiglio dei
Ministri ha espresso parere favorevole in merito al
ritorno al maestro unico per la scuola primaria - ha
detto il ministro - Il provvedimento sarà contenuto nel
piano programmatico per la scuola contenuto nella
Finanziaria e su cui stiamo lavorando con il ministro
Tremonti".
"Guerra al caro-libri". I libri scolastici
saranno rieditati solo se strettamente necessario. E'
quanto ha assicurato il ministro dell'Istruzione:
"Continueremo la battaglia - ha detto - contro il
caro-libri. Io e gli altri componenti del consiglio, in
primo luogo il presidente Berlusconi, intendiamo aiutare
le famiglie a combattere il caro-libri. Per questo i
testi scolastici potranno essere rieditati soltanto se
strettamente necessario. Abbiamo pensato a un periodo di
tre, quattro o cinque anni entro il quale i libri non
possono essere cambiati. I contenuti di alcune materie
fondamentali come italiano o matematica non cambiano da
un anno all'altro".
Sindacati all'attacco. La Flc Cgil, come ha
annunciato il segretario generale Enrico Panini, è
pronta a fare "muro" contro la decisione del governo di
tornare, alle elementari, alla figura del maestro unico.
"Per quanto ci riguarda- spiega il segretario - sul
maestro unico si apre uno scontro frontale. Tornare al
maestro unico significa ridurre di due terzi l'organico
che oggi, in numero di posti, ammonta a circa 250mila
unità".
Anche secondo la Gilda, il ritorno del voto in condotta
"è una misura che rappresenta un primo passo per
restituire serietà agli studi e ripristinare i
comportamenti civili nelle scuole, ma è chiaro che da
sola non basta". Questo il commento del Coordinatore
Nazionale della Gilda degli insegnanti, Rino Di Meglio.
Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, si
accoda alla polemica con piglio ironico: ''Accogliendo
l'invito del ministro Gelmini, assegniamo alle sue
dichiarazioni odierne prima un voto e poi un giudizio
esplicativo. Gelmini Maria Stella: condotta 5, pedagogia
4''.
Gli studenti annunciano battaglia. "Ci vediamo in
piazza". L'Unione degli Studenti ribadisce così la
propria contrarietà all'introduzione del voto in
condotta che "ribalta uno dei principi fondamentali
dello Statuto degli studenti e delle studentesse,
cancellando in un solo colpo i risultati di decenni di
lotte per il primato del profitto e della qualità
dell'insegnamento". "Ci opponiamo al voto di condotta in
quanto crediamo in una scuola che si basi sulla
partecipazione degli studenti e sull'inclusione
costruttiva delle marginalità - si legge nel comunicato
- non in una scuola che, con un'impressionante balzo
indietro ai 'decreti regi', sa rispondere alla violenza
ed al bullismo solo con la repressione".
( 28 agosto
2008)
Il maestro unico
Dall'UNITA'
La ministra Gelmini: maestro unico ma anche tempo pieno
Il ritorno al «maestro unico» nelle scuole elementari
trovato a sorpresa nel ddl del Ministero dell'Istruzione non
ha convinto da nessun punto di vista. Ultima critica,
sollevatasi da più parti, quella che vede nel regresso ad un
unico insegnante la possibilità che venga meno il «tempo
pieno». Ma il ministro Maristella Gelmini rispondendo ai
microfoni di Radio Anch'io ha assicurato che quest'ipotesi è
«solo frutto di una cattiva informazione». «Con il maestro
unico verrà meno la compresenza degli insegnati ma non verrà
meno il tempo pieno» ha detto il ministro. Insomma a detta
della Gelmini non sarà il taglio di 87 mila posti in tre
anni a creare scompensi all'orario prolungato. «Anzi -
assicura - il governo ha calcolato che non solo manterremo
il tempo pieno, ma addirittura riusciremo a migliorare il
servizio ed ad estenderlo ad un numero maggiore di classi».
Questo perché - spiega ancora la Gelmini - il governo si
rende perfettamente conto che oggi nelle famiglie ci sono
difficoltà economiche e che la maggior parte delle madri
lavora e, quindi ci vuole una scuola che vada incontro alle
esigenze delle famiglie»
Ma poi il ministro ci tiene a sottolineare che quello
delle ore in più di studio è solo un mito. «Bisogna sfatare
il luogo comune che ad un maggior numero di ore corrisponda
una maggiore qualità della scuola - dice la Gelmini. In
Europa siamo quelli con il maggior numero di ore, dovremmo
anche avere la scuola migliore e non è così».
E a proposito di scelte didattiche quella di tornare ad
un unico maestro per la Gelmini «è un'esigenza pedagogica.
Il bambino, soprattutto nei primi anni di scuola, ha bisogno
di una figura di riferimento.
Il maestro guarda alla formazione del bambino, mentre lo
specialista di una disciplina guarda alla sua materia».
Pubblicato il: 04.09.08
Modificato il: 05.09.08 alle ore 17.02
Da IL Giornale
A
scuola torna il maestro unico
La manovra finanziaria prevede il taglio, in
quattro anni, di 150mila dipendenti della pubblica
istruzione. Tra loro centomila docenti. I risparmi
previsti saranno pari ad 8 miliardi di euro. Grazie
al gruzzoletto recuperato, il governo potrà
aumentare (per un massimo di 2,4 miliardi) gli
stipendi dei professori che rimangano al lavoro.
Meno docenti, ma meglio pagati.
Ovviamente i sindacati, che proprio nella pubblica
amministrazione hanno il loro residuo bacino di
supporter, non ci stanno e parlano di smantellamento
della scuola pubblica.
Al contrario la misura voluta dal ministro Renato
Brunetta, in continuità con misure simili ma di
portata inferiore anticipate dal governo Prodi, ha
finalmente un sapore meritocratico. Non si inseguono
facili accondiscendenze pop, ma si mettono in piedi
le basi per una prima seria riforma del nostro
sistema scolastico. Vediamo alcuni aspetti.
1. Passa il principio di una scuola pensata per gli
studenti e non solo per coloro che ci lavorano. Tra
le ipotesi anche il ritorno al maestro unico alle
elementari. La sciagurata riforma dei tre docenti
per i più piccoli, come si è dimostrato, è solo
servita ad aumentare i posti in organico. Non certo
a migliorare l’educazione elementare.
2. Si paga di più e si tratta meglio chi lavora per
il nostro futuro. Le risorse dello Stato sono
limitate. Si può decidere di spalmarle a pezzettini
su molti, troppi. Oppure concentrarle su pochi,
valorizzandoli. Oggi dal ministero della Pubblica
istruzione dipendono circa 1,1 milioni di
dipendenti. Un lavoratore pubblico su tre è in
Italia dipendente del ministro Gelmini.
3. Non si capisce per quale motivo (anzi si capisce
fin troppo bene dal punto di vista sindacale) in
Italia ci sia il rapporto tra alunni e docenti più
basso d’Europa. In sostanza le classi sono fatte da
pochi studenti rispetto ai professori impegnati. La
popolazione scolastica è infatti nel tempo andata
diminuendo, al contrario delle assunzioni al
ministero. La manovra si impegna a far salire questo
rapporto di un punto percentuale, attraverso la
riduzione delle cattedre, un accorpamento delle
classi ed una riorganizzazione complessiva del
comparto.
A settembre dell’anno scorso il governo Prodi
pubblicò un’interessante ricerca sul mondo della
scuola italiana
(http://www.pubblica.istruzione.it/news/2007/allegati/quaderno_bianco.pdf,
per chi volesse compulsare le trecento pagine). Tra
le tante cifre, due sono elementari, nella loro
spudoratezza. In Italia ci sono 11,5 insegnanti ogni
cento studenti contro una media internazionale di
9,2. A casa nostra si spendono 5100 euro per ogni
ora di insegnamento per uno studente tipo, contro
una media dei paesi Ocse ferma a 4600. Abbiamo la
scuola migliore del mondo? Non proprio, secondo il
quaderno bianco di Prodi.
Da Repubblica
I
sindacati hanno ottenuto la prima
bozza dei tagli
previsti all'interno del decreto
fiscale
150
mila posti in meno in 3 anni
"Un colpo alla scuola pubblica"
Il
governo vuole recuperare otto
miliardi, cura shock
"Vogliono tornare al maestro unico
nella primaria"
di SALVO
INTRAVAIA
ROMA - "Attacco alla scuola
pubblica", "Scuola statale a rischio
smantellamento" e "scelte
pesantissime sulla scuola". Sono i
commenti dei leader sindacali della
scuola sul cosiddetto decreto
fiscale di cui si conosce una prima
bozza attendibile. Per tagliare gli
sprechi nella pubblica
amministrazione e avviare il
meccanismo virtuoso del merito il
governo Berlusconi avrebbe previsto
per la scuola una cura da cavallo.
Nei prossimi tre anni dovrebbero
saltare qualcosa come 150 mila posti
di lavoro (100 mila cattedre e 47
mila posti di personale
amministrativo, tecnico e ausiliario
(Ata) per recuperare la cifra record
di 8 miliardi di euro.
Il decreto. I tagli
andrebbero sotto la voce
"Disposizioni in materia di
organizzazione scolastica" e sono
espressi rigorosamente in
percentuali o rapporti che devono
essere tradotti per emergere in
tutta la loro dimensione. "Ai fini
di una migliore qualificazione dei
servizi scolastici e di una piena
valorizzazione professionale del
personale docente", recita il testo
provvisorio del decreto, dall'anno
scolastico 2009/2010 occorrerà
aumentare il rapporto alunni/docenti
di un punto. Attualmente siamo
attorno a 9,1 alunni per ogni
insegnante. L'obiettivo è quello di
arrivare entro l'anno 2011/2012 a
10,1. Il costo in termini di
cattedre è stimato dai sindacati
attorno alle 62 mila unità, cui
occorre aggiungere le 33 mila
cattedre previste dalla Finanziaria
2008 del governo Prodi incrementate
di altre 6 mila unità per una
"interpretazione" dell'attuale
governo sulla manovra 2008. In tutto
101 mila cattedre che andranno in
fumo.
C'è poi la partita del personale Ata.
Entro l'anno scolastico 2011/2012 è
prevista una riduzione pari al 17
per cento della dotazione organica
di bidelli, personale di segreteria
e tecnici di laboratorio. I
sindacati hanno contabilizzato 47
mila posti che spariranno attraverso
la "revisione dei criteri e dei
parametri per la definizione delle
dotazioni organiche del personale
Ata". Secondo questa ipotesi, le
scuole avranno meno bidelli per
vigilare gli alunni, meno addetti
elle segreterie e meno tecnici
presenti nei laboratori.
Le reazioni. Francesco Scrima
della Cisl scuola parla di governo
che "decide all'ingrosso
pesantissimi tagli del personale
senza considerare le conseguenze sul
piano della qualità dei servizi
erogati". Parla si esecutivo che
"non si interessa degli obiettivi
che oggi la scuola deve ottenere, ma
attacca semplicemente un pezzo di
welfare". E continua: "Si taglia il
futuro, si tagliano le radici su cui
il Paese può crescere".
"Tagliare altri 100 mila cattedre
nel prossimo triennio - dichiara
Rino Di Meglio, della Gilda degli
insegnanti - significherebbe
smantellare la scuola statale". Il
perché è presto detto. "Sbaglia chi
attribuisce alla scuola sprechi di
denaro pubblico - spiega Di Meglio -
basta vedere, per esempio, lo stato
di fatiscenza in cui versa la
maggior parte degli edifici
scolastici, sovraffollati, a rischio
sicurezza e carenti persino di
banchi, sedie e gessi, e il rapporto
docenti-alunni sempre più
sproporzionato. Risultato: per
investimenti nell'istruzione,
l'Italia si trova agli ultimi posti
nella classifica dei paesi
sviluppati".
Enrico Panini, leader della Flc Cgil
sostiene: "Nella scuola si spremono
oltre 8 miliardi di tagli, compresi
quelli contabilizzati per il 2012".
E paventa conseguenze disastrose.
"Per realizzare questa perversa
scelta, alla devastazione della rete
scolastica (ottenuta peggiorando le
attuali regole per formare le classi
e per determinare i posti dei
lavoratori ATA) - continua Panini -
si aggiunge la devastazione degli
ordinamenti che per la prima volta
nella storia del nostro Paese
saranno più poveri di quelli
precedenti. Si ipotizza, infatti, il
ritorno al maestro unico nella
scuola primaria e, nella secondaria,
meno ore e meno materie per tutti, a
partire dalle scuole
tradizionalmente destinate ai ceti
più popolari".
Gli scenari. Ma come è
possibile tagliare 150 mila posti se
il governo precedente ha faticato a
tagliarne 10 mila? "Se la manovra
venisse confermata - dichiara l'ex
viceministro alla Pubblica
istruzione, Mariangela Bastico - Non
si tratta di azioni volte alla
razionalizzazione e all'efficienza
del sistema, come quelli messi in
atto dal governo precedente. Si
tratta di interventi volti allo
scardinamento della scuola pubblica.
I tagli in questione possono essere
realizzati - continua - sono
smantellando pezzi del sistema
scuola". In che modo? "Utilizzare il
rapporto alunni/docenti - spiega la
Bastico - è improprio perché in
Italia le anomalie cui fa cenno il
governo attuale sono dovute, per
esempio, alle politiche per
l'integrazione dei disabili". "In
Italia i posti determinati dalla
integrazione dei disabili sono circa
150 mila, negli altri pesi o ci sono
le scuole speciali o questi posti
sono a carico delle Politiche
sociali".
E quali altri settori rischiano? "Il
tempo pieno e il tempo prolungato
alla scuola elementare - risponde
l'ex inquilino di viale Trastevere -
ma anche l'intera scuola
dell'infanzia pubblica e
l'istruzione degli adulti". Si
potrebbe ritornare al maestro unico
alla scuola elementare e si
potrebbero ritoccare gli orari della
scuola superiore. "Su quest'ultimo
punto - continua la Bastico - siamo
disponibili al dialogo. È possibile
ridurre da 40 a 34 le ore nei
tecnici e professionali ma questa
manovra non consente di tagliare 100
mila posti. La cosa che mi
meraviglia maggiormente è che il
ministro Gelmini, nelle sue
relazioni in Commissione, non ha
accennato minimamente a politiche di
riduzione così drastiche". E ancora,
"la scuola non può reggere con
un'assunzione ogni dieci
pensionamenti", conclude. E per i
300 mila precari in attesa delle
immissioni in ruolo il futuro si
tinge di nero.
( 24
giugno 2008)
I corsi per gli insegnanti meridionali
Il ministro Gelmini a tre settimane dalla ripresa
scolastica
"Taglieremo 85mila docenti e abbatteremo gli sprechi"
"Scuola del Sud abbassa la
qualità
Corsi agli insegnanti meridionali"
Mariastella Gelmini, ministro
dell'Istruzione
CORTINA D'AMPEZZO (Belluno)
- "Nel Sud alcune scuole abbassano la qualità della
scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e
Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli
insegnanti". La risposta alle
parole di Bossi arriva dal ministro
dell'Istruzione. E' passato un mese da quando il leader
del Carroccio, dal palco del congresso nazionale della
Liga Veneta a Padova, gridò nel microfono che era l'ora
di finirla di far "martoriare i nostri figli da gente
che non viene dal Nord". A tre settimane dall'inizio
delle lezioni, Mariastella Gelmini annuncia alla platea
di Cortina d'Ampezzo che l'ha invitata ad un dibattito
pubblico, la strategia per migliorare la scuola
italiana: corsi ai prof del Sud;
taglio di 85 mila insegnanti; riduzione degli
sprechi.
"La scuola deve alzare la propria qualità abbassata
dalle scuole del Sud", ha detto il ministro bresciano.
"Organizzeremo dei corsi intensivi per gli insegnanti
del Meridione". Sembra che un test elaborato da
Ocse-Pisa - l'Istituto Nazionale per la Valutazione del
Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione - vede
la nostra scuola al 37esimo posto con un trend
decrescente di anno in anno. "E' una realtà - ha detto
il ministro - a cui bisogna porre rimedio".
E il "rimedio", il ministro all'Istruzione lo pone con i
corsi agli insegnanti del Sud e il taglio di 85 mila
docenti tra il 2009 e il 2011. "Chi critica la riduzione
dei professori, indichi una strada diversa". La Gelmini
vuole anche aumentare le ore: "E' giusto dare agli
insegnanti gli strumenti per svolgere il proprio ruolo e
un riconoscimento sociale. Reinvestiremo i soldi
recuperati dagli sprechi e dal taglio sulle spese per il
personale, premiando chi raggiungerà i migliori
risultati".
( 23
agosto 2008)
Dal Sito http://trentinocorrierealpi.repubblica.it/dettaglio/Divina:-Docenti-locali-nelle-scuole-trentine/1509009
VERSO LE ELEZIONI
Divina: "Docenti locali
nelle scuole trentine"
di Jacopo Tomasi
TRENTO. In principio fu il
Senatùr Umberto Bossi a dire basta «al far
martoriare i nostri figli da gente che non viene
dal Nord». Poi toccò al ministro Maria Stella
Gelmini che propose corsi «per gli insegnanti
meridionali». Ora il candidato presidente della
Provincia per il Pdl, Sergio Divina, ribadisce
il concetto: «servono più docenti locali nelle
scuole del Trentino».
«È giusto che nelle scuole trentine i docenti
locali abbiano più opportunità di lavoro
rispetto a quelli che arrivano da altre regioni.
Anche perché, francamente, sono pochi i
professori della nostra provincia che vanno ad
insegnare al Sud Italia, mentre sono molti i
meridionali che vengono al Nord e trovano lavoro
nelle nostre scuole. Credo si debba dare la
priorità ai trentini».
Il senatore del Carroccio Sergio Divina,
sfidante di Lorenzo Dellai alle prossime
elezioni provinciali, segue la scia di Umberto
Bossi e del ministro dell'istruzione Maria
Stella Gelmini nel criticare i prof del Sud.
Quelli che, secondo Gelmini, «abbassano la
qualità della scuola italiana» ed hanno bisogno
di «corsi di formazione» perché «insegnano
lettere senza sapere l'italiano». La Lega Nord,
intanto, ieri ha reso note alcune priorità in
materia scolastica. Se Sergio Divina dovesse
diventare governatore il sistema trentino
verrebbe rivoluzionato: sì alla bocciatura con
l'insufficienza in condotta, sì al grembiule e
al maestro unico alle elementari, ma anche agli
esami di riparazione alle superiori.
Provvedimenti attivati a livello nazionale, ma
fino ad ora dribblati dal presidente Dellai.
Per Divina il 7 in condotta è importante per
«trasmettere un senso di rispetto verso le
istituzioni». Per sostenere questa posizione è
intervenuto anche l'ex preside Guido Calliari,
appena andato in pensione. «Certi shock - ha
detto - possono essere interpretati dai ragazzi
come delle occasioni per cambiare». Un pensiero
condiviso anche da Marcello Delucca, professore
d'inglese al «Martini» di Mezzolombardo. «La
politica del centrosinistra in questi anni è
stata finalizzata solo alla ricerca del consenso
e non al miglioramento della scuola trentina».
Il senatore Divina ha motivato anche il ritorno
del grembiule e degli esami di riparazione. «Il
primo farebbe sentire gli alunni tutti uguali,
il secondo porterebbe più serietà perché col
sistema dei debiti si rischia che escano ragazzi
poco preparati». Infine il deputato Maurizio
Fugatti spinge per il maestro unico. «Ridurrebbe
i costi e permetterebbe di mantenere le
pluriclassi che garantiscono la sopravvivenza
dei piccoli centri».
(05 settembre 2008)
Dal sito
http://www.aetnanet.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1627
SEI
MERIDIONALE?
NON DEVI
INSEGNARE AL
NORD!!!
Spesso,
visti i
continui
dibattiti
sulla
tolleranza e
la bellezza
della
diversità,
considerata
una risorsa
e non un
ostacolo,
non ci
rendiamo
conto di
quanto,
invece, al
di là delle
ostentate
accettazioni
e
integrazioni,
esista
ancora nel
nostro paese
una netta e
malcelata
spaccatura
tra Nord e
Sud.
Qualche
giorno fa è
apparso
sulla
“Tribuna di
Treviso” un
articolo
folle, che
pare uscito
non dalla
penna di un
giornalista,
bensì dalla
mano di un
anacronistico
settentrionale
degli anni
’60: in
esso,
nell’ambito
di un
discorso
sulla
devolution,
viene
riportata
senza alcun
commento,
una polemica
dichiarazione
di
Gianantonio
Da Re,
segretario
provinciale
della Lega,
il quale, in
un impeto di
ingiustificato
odio contro
i
meridionali,
ha
affermato…che
bisogna
senza
esitazioni
eliminare
dalle scuole
venete tutti
gli
insegnanti
meridionali,
esseri
mostruosi,
gente
incompetente
che ha vinto
i concorsi
“facilitati”
al sud e
poi, come se
fosse una
piccola
passeggiata,
è andata a
svolgere
funzione
docente al
nord,
rubando i
posti di
lavoro ai
prestigiosi
e competenti
insegnanti
locali.
Vengano i
meridionali
al Nord, ma
non per fare
gli
insegnanti,
ha concluso
Da Re in
tale
edificante
discorso:
esistono
tanti altri
lavori, ad
esempio il
muratore. Il
peggio è che
la sortita
di questo
insensato
leghista non
è un
episodio
isolato: la
Lega ha
addirittura
presentato
una proposta
di legge per
abolire il
valore
legale delle
lauree e per
fermare le
discriminazioni
subite dai
laureati del
Nord! In
sintesi per
i
settentrionali
superare un
esame a
Napoli, a
Bari o a
Catania è
più facile
che
superarlo a
Torino, a
Milano o a
Venezia,
quindi i
meridionali
arrivano
prima alla
fine degli
studi e sono
agevolati
nei
concorsi.
Ho
l’impressione
comunque che
i veneti
vogliano
vedere le
loro scuole
prive di
docenti:
chi,
infatti, se
non i
bisognosi
meridionali,
molto più
laureati dei
“lavoratori”
settentrionali,
potrebbe
accettare un
lavoro la
cui
retribuzione
non consente
assolutamente
di reggere
il costo
della vita
del Nord? E
in questo
deserto
resterà
magari solo
una valida
insegnante
veneta che
una volta mi
disse
sapientemente
che la
celeberrima
aria “Un bel
dì vedremo”
della
Butterfly
pucciniana…era
una poesia!
Meno male
che nelle
scuole
settentrionali
ci sono gli
insegnanti
del Sud!
Silvana La
Porta
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SCUOLA & GIOVANI
LA POLEMICA. Le ore passerebbero da tre a cinque a
scapito delle altre lingue
Già la Moratti dovette fare
dietrofront. Dagli insegnanti petizione a
Strasburgo
L'inglese pigliatutto della Gelmini
Via alle proteste, e la Ue si prepara
di LINDA ROSSI HOLDEN
Alla conferenza stampa con Berlusconi, il ministro
Mariastella Gelmini ha dichiarato che alle scuole medie
le ore di inglese passeranno da tre a cinque,
esattamente come previsto dalla riforma Moratti, tre
anni fa, che prevedeva che nelle scuole medie la lingua
inglese prendesse il sopravvento e la seconda lingua
comunitaria da obbligatoria si trasformasse in una
disciplina esclusivamente facoltativa. Di lì a poco,
cinque ambasciatori europei recarono in delegazione
dall'allora ministro dell'Istruzione convincendola a
soprassedere: si trattava di un provvedimento
anti-europeo e anti buon senso tout court.
Per una serie di ragioni.
Innanzitutto l'art. 126 del trattato di Maastricht dove
si ribadisce l'importanza dell'"apprendimento e della
diffusione delle lingue degli Stati membri";
quindi il IV Obiettivo Generale del Libro bianco su
istruzione e formazione, dove si dichiara che la
conoscenza di "almeno due lingue comunitarie oltre a
quella materna" è ormai una "condizione indispensabile
per permettere ai cittadini dell'Unione europea di
beneficiare delle opportunità professionali e personali
offerte dal grande mercato interno senza frontiere";
ancora il nuovo quadro strategico per il multilinguismo"
dove, per la prima volta, il portafoglio di un
commissario europeo include esplicitamente la
responsabilità per il multilinguismo in ogni paese
dell'Ue.
E proprio per questo il ministro Gelmini sicuramente sa
che a Strasburgo è stata inoltrata una petizione di
insegnanti italiani che richiedono formalmente un aiuto
al fine di cancellare definitivamente quell'assurdo
articolo, e il Parlamento europeo si è fatto carico di
esporre pubblicamente la questione. La petizione chiede
di cancellare la decisione e rispettare il "principio di
pari dignità" difeso dalla Commissione europea.
Non c'è dunque da stupirsi se gli insegnanti di lingue
si stiano mobilitando in vario modo per favorire il
multilinguismo, una risorsa per l'Europa e un impegno
comune, così come ribadito il 18 settembre nella
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo. E
se proprio l'inglese potenziato è un obiettivo
prioritario, allora il ministro
dovrebbe sapere che esistono altre metodologie con le
quali, senza colpire le altre lingue, si ottengono gli
stessi risultati; in particolare il CLIL (apprendimento
integrato di lingua e contenuto), ovvero l'approccio ad
una qualsiasi disciplina scolastica attraverso l'uso
veicolare dell'inglese.
Infine, sarebbe interessante sapere che reazione avrebbe
Mariastella Gelmini se in un qualsiasi altro paese
europeo si rinunciasse all'apprendimento/insegnamento
della lingua italiana per privilegiare la lingua di
Albione...
Lo scenario. Se si vuole affrontare in modo autorevole
il tema "lingue" è sufficiente iniziare citando
Stendhal: "Il genio di un popolo ha come primo strumento
la sua lingua", esattamente come ha fatto l'Unesco
dichiarando il 2008 "Anno Internazionale delle Lingue".
E cosa dire del 2008 "Anno europeo del dialogo
interculturale"? L'importanza strategica
della comunicazione linguistica si evince proprio da
queste importanti iniziative che le nostre istituzioni
sarebbero tenute a promuovere per favorire la convivenza
e la comprensione reciproca. E invece, nessun decisore
politico si è mai reso conto, agendo di conseguenza, che
tutto transita attraverso le lingue; un dominio non
soltanto educativo, ma anche
culturale, sociale, economico, occupazionale e politico.
Trascurare lo sviluppo della conoscenza,
dell'apprendimento, dell'insegnamento delle lingue
straniere è una miopia colpevole e pericolosa, che ci
esclude e ci penalizza nei confronti dell'integrazione
sociale e delle relazioni economiche.
(6 ottobre 2008)
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