LA
STORIA DELLA CERTOSA CALCIO
Gli
albori
Al bar della “sora Parmira” non si faceva altro che parlare di pallone. Gli sfottò si susseguivano tra i predominanti romanisti e i succubi laziali, tra una giocata a briscola e tresette e un buon caffè ristretto in tazza di vetro. Tutti si immedesimavano nei giocatori di calcio, da Da Costa a Muccinelli, da Manfredini a Tozzi, ma l’unico modo di stare vicino ai loro beniamini era quello di leggere il giornale, sentire la radio, verificare la schedina sul tabellone manuale che Serafino puntualmente affiggeva sopra il banco del bar al termine delle partite domenicali del campionato nazionale di serie A.
Erano
gli anni ‘60 e er Pipetto, precludeva i tempi del mago Herrera organizzando
partite di calcio presso l’oratorio dei Salesiani del Mandrione, dove
primeggiavano don Ernesto e “er Perito”.
La
prima iniziativa consistente di costituzione di una squadra di calcio fu la
partecipazione al torneo UILSP che si svolgeva a Roma tra squadre simpatizzanti
di sinistra, ma il cui scopo era solo quello del divertimento e della
competizione. Ancora non si parla di società organizzata, ma di gruppo
amatoriale con una squadra tutta propria, non dipendente da altri, nè dalla
radio nè dalla televisione. In quella squadra primeggiavano i fratelli Brizzi e
il loro orgoglio e tenacia portò quella banda di volenterosi a disputare la
finale nazionale a Bologna.
Correva
il giugno del ’65 e nel bar della sora Parmira alcuni amici si chiesero: ma
perché non facciamo una squadra di calcio tutta nostra?. Il coinvolgimento
fu totale e circa 120 persone aderirono all’iniziativa. L’idea piacque ai
modesti e umili frequentatori del bar anche perché ciò serviva e sarebbe
servito in futuro a distogliere i ragazzi della Certosa dalla strada e ad
impegnarsi in attività sana e ricreativa. La zona alta di Torpignattara si
chiama Certosa, in virtù di una via che si chiama Via di Villa Certosa e per
questo la nuova società di calcio fu denominata G.S. Certosa. Per la formazione
dell’organico societario si utilizzarono le risorse interne, gente per lo più
che aveva praticato il gioco del calcio. Ecco spuntare Tito Proietti, memore
delle sue gesta sportive nei tornei postali, mettere il suo ardore e la sua
esperienza nel settore organizzativo. Il cavalier Togna con la sua disponibilità,
signorilità e lungimiranza, sempre riconosciuta anche a distanza di anni.
Francesco Incitti, il primo presidente eletto a furor di popolo, per la sua
saggezza. Ettore Nardi, il primo segretario, un po’ arruffone, ma sincero e
arrogante al momento giusto. Una degna rappresentante femminile era Angeletta,
la figlia della sora Parmira, sempre presente a seguire la squadra anche in
trasferta. Come non si può dimenticare il massaggiatore Tonino, i fratelli
Gabellini, Franco Mattiotti, Elio er macellaro, er Camello, Marcello er
rigatone, Ezio er roscio, ecc. Ma su tutti forzatamente si devono citare il
presidentissimo Grillo Benedetto, per il quali ci sarebbero da scrivere intere
pagine di encomio e i fratelli Antonio e Riccardo Pomarico, sempre presenti, che
in silenzio e umiltà hanno dato il costante contributo e insegnamenti di vita.
Non
citare gli altri sembra fare un torto, ma la lista è veramente lunga.
Tra
primi argomenti di discussione fu la scelta dei colori sociali, giacchè
scegliere il rosso, il giallo, il bianco o l’azzurro significava favorire i
romanisti o i laziali. Per questo furono scelti come colori sociali il nero e il
verde.
La
prima iscrizione ai campionati regionali fu ovviamente a quello di terza
categoria e fu creata anche una squadra di allievi del settore giovanile. Era il
periodo in cui attraverso le leve calcistiche si sperava di captare qualche
elemento interessante. Le migliori infornate ricordano Piermaria (il tecnico
sopraffino e sempre capitano della squadra, approdato successivamente
all’OMI), Agulli (il tenace difensore prelevato subito dalla Roma), Barba
(quello che ci ha fatto sognare, rimasto l’emblema del settore giovanile),
Nomirelli (il trascinatore finito in serie C nel Seregno) e Cestaro (umile
faticatore in campo, con la costanza di essere sempre presente agli allenamenti
anche se con i mezzi pubblici veniva dal lontano quartiere di Montesacro). E non
si possono non ricordare validissimi ragazzi cresciuti nel vivaio e assurti a
livello nazionale nella loro successiva attività lavorativa. Tra questi
ricordiamo il tecnico sopraffino Arnaldo Andreoli, ora primario chirurgo, e il
coriaceo difensore Claudio Togna, ora rinomato notaio.
Il
parco giocatori della prima squadra era completamente da costituire e la prima
idea fu quella di ricercare solo calciatori della zona. Tra i primi giocatori
accaparrati c’è Valentino Pambianco, quello che abitava dietro da zì Checco
che scendeva volentieri dalla prima categoria del Fiumicino alla terza
categoria; c’è Salvatore Piazzolla, il poeta del calcio che abitava alla madonnella,
che solo la costanza di Serafino riuscì a portarlo dal Civitavecchia nella
nostra squadra; Franco er barese che abitava in una casa malandata davanti al
bar della sora Parmira, Gianni Sardone, difensore tutto cuore della madonnella.
Tra gli altri si ricorda il tornante Cicala, la punta Sterlicchio, i fratelli
D’Adamo e il possente portierone Napoleoni. Si pensi che nei primi anni i
calciatori lasciavano gli scarpini in sede, dove Tito e Pomarico
pensavano alla lucidatura e manutenzione. Un prezioso contributo, per la
sua attività presso l’AS Roma, fu offerto dal Peppù, al secolo Giuseppe Di
Pilato, famoso per una invasione di campo allo stadio Olimpico durante la gara
di serie A Roma-Bologna.
La
società si sosteneva grazie al contributo dei soci (L. 250 al mese) e dei
consiglieri (L. 500 al mese), di sponsor nemmeno a parlarne. Di grande aiuto
furono nei primi anni gli incassi delle gare interne di campionato che, ancorché
il basso prezzo del biglietto (L. 200), erano consistenti per il numero di
spettatori.
Il
borderò della Siae era un vincolo assillante che Pera della Siae controllava
minuziosamente e sistematicamente ad ogni partita. Ciò lo fece diventare in
seguito un assiduo tifoso certosino. In una gara interna, che fruttò
l’incasso di 260 mila lire, le forze dell’ordine ordinarono la chiusura dei
cancelli per superaffollamento. Si, perché la Certosa era diventata nel giro di
un paio di anni la prima squadra di Torpignattara.
Il
primo campo di calcio prescelto fu il mitico Sangalli, che al modesto affitto di
200 mila lire all’anno si utilizzò per la intera stagione calcistica 65-66.
Il terreno, gli spogliatoi e i servizi erano un po’ malandati, tra l’altro
si doveva sopportare il brontolio del custode Fontana. Ma il Sangalli era
diventata la nostra bomboniera che incuteva terrore ai nostri avversari. Tanto
che l’allora giovane giornalista sportivo Roberto Ciavatta lo definì sul
Corriere dello Sport “la fossa dei leoni”.
Appena l’arbitro dava il fischio d’avvio er Nandella (quanto ci manchi!) ad
alta voce chiedeva “…arbitrooo, ma che
stamo ancora zero aa zerooo ?”. Ad intervalli regolari si sentiva l’urlo
tutto d’un fiato “Forza Certosa”
di Bruno Grillo. L’unico che ancora tiene in vita questo slogan.
La
prima sede sociale era un buchetto offerto dalla sora Parmira, che a mala pena
poteva ospitare un paio di persone. Le riunioni si svolgevano all’osteria di
Romoletto, prima di una mangiata di bruschetta, pane, lonza e un buon bicchiere
di vino. Le decisioni assembleari erano note a tutti, anche agli avventori
dell’osteria. Arnaldo e Eliseno, tra una pizza servita e una fojetta di vino,
portavano il loro contributo di soci.
Solo
nel ’70 si riusci ad ottenere la nuova sede di Via dei Savorgnan 71, che
almeno consentiva di alloggiare nella parte inferiore un numero sufficiente di
persone per condurre una riunione. La sala d’ingresso era destinata ad
alloggiare una bacheca per le coppe e i trofei, un bigliardino, un flipper e
qualche foto d’epoca. Un sostenitore per regalo fece un dipinto con tre
calciatori certosini in azione di gioco, tra cui sono stati sempre riconosciuti
Pambianco, Piazzolla e Santoro. Il dipinto si trova attualmente presso il salone
dell’impianto sportivo. Il nostro recapito postale era appoggiato presso
l’officina ciclistica di Franco Cirelli.
I
primi anni furono veramente felici con l’entusiasmo giovanile e la
collaborazione di tutti. Le gratificazioni sportive non mancarono, dalla
vittoria del primo campionato, imbattuti sotto la guida di Tito Proietti, al
secondo posto nel secondo anno di attività contro la quotata Pro Tivoli del
folgorante Pulitelli.
Nella
prima edizione del torneo Citta di Roma, organizzatore Angeli, perdemmo la
finale allo stadio Flaminio sotto i colpi di Porcacchia della Rustica, allenata
dall’amico Baldassarri, davanti a 15 mila persone.
Al
contorno della squadra c’erano soci di grande simpatia che con il loro umor
hanno anticipato molti dei barzelettisti che tutt’oggi appaiono in
televisione.
Tra
questi si ricorda il compianto Nandella, Mascagni, er Camello, compare Pelle,
ecc.
Nella
stagione 69-70 si tentò il salto di categoria con l’arrivo in panchina di
Amleto Marcellini, boss di San Lorenzo, e il suo staff con il massaggiatore
Ferrelli e il fido Zi’ Alvaro, ma la Maia Cat dei fratelli Quintavalle, Troili,
Cancellieri e Lenzi ci superarono in dirittura finale. Tra i componenti della
nostra squadra ricordiamo la saracinesca sicula Titone, quel canaccio di Pietro
Di Candia, il biondo postale Regano, il baffuto Petrelli, il professore zi
Milia, il direttore d’orchestra Mastroianni, il certosino Piacentini e i
fratelli D’Ambrosio. Quella stagione fu funestata da una gravissima disgrazia
con la morte durante un allenamento del giovanissimo Renzo Agulli.
Il
decennio degli anni 70 fu molto travagliato. Inizialmente il Sangalli fu chiuso
e si prese in affitto per due anni il campo Ricaldone di Via del Mandrione. Era
il periodo in cui Paparelli, persona piena di iniziative, ma un po’ ambigua,
con la sua società stava prendendo piede nel quartiere di Torpignattara e si
era allargato al punto di diventare un valido antagonista. Per di più costruì
su via degli Angeli il campo di calcio Paparelli, una vera chicca della zona.
Lasciammo il Ricaldone e andammo in affitto per un anno presso il campo
Paparelli. Nell’anno successivo 1974, viste le difficoltà in cui versava
Paparelli e la possibile cessazione della sua attività, furono fatti i primi
passi per subentrare nella gestione del campo sportivo. L’operazione fu molto
complicata e condotta con l’avv. Riccioni del Conte Gerini, proprietario del
terreno su cui insisteva l’impianto.
Erano
pure gli anni nei quali Grillo Benedetto assurgeva alla presidenza della
Certosa.
Gli
anni del suo impero sono stati complessivamente 27 e tuttora ricopre la carica
di presidente onorario. Se l’A.S. Certosa tutt’ora vive ed è conosciuta in
ambito regionale, senza togliere meriti agli altri, si deve in gran parte al
nostro caro presidentissimo.
Fatto
curioso è come alcuni giocatori o genitori di calciatori si siano appassionati
alla Certosa riuscendo ad integrarsi all’interno della Società.
E’
il caso di Sandro Di Cesare, che da coriaceo difensore certosino degli anni
‘70 è diventato consigliere, segretario e allenatore di una squadra del
settore giovanile; di Liano D’Antoni, da buon friulano, che timidamente
accompagnava il figliolo al campo, è entrato nella società svolgendo
proficuamente diversi incarichi e attualmente ricopre la carica di vice
presidente.
Non
si possono nemmeno dimenticare i custodi dei campi che si sono succeduti, dal
vecchio Guerrino degli anni ‘70, al signore col camice celeste Fucetola degli
anni ‘80, al borbottone Aldo degli anni ‘90, al grande sor Gigi del 2000.
Tra
gli allenatori degli anni ‘70 si ricorda con piacere il dott. Tuccini, il
dott. Iodice, Baragatti per la prima squadra; Brizzi Guerino e Foglia Nicola per
il settore giovanile.
Il
campionato di seconda categoria della stagione 77’78, alla guida del dott.
Jodice, fu vinto con grande merito. I ragazzi che diedero questa soddisfazione
si chiamavano Magozzi, Egidi, Petrillo, De Luca, Tomassi, ecc. Dirigente
accompagnatore della squadra, manco a dirlo, era il già corpulento Ciavardini.
E’
bene ricordare tutto il contributo in prestazioni d’opera prestata
gratuitamente dai soci e simpatizzanti nella gestione e manutenzione
dell’impianto sportivo. Tra questi è bene menzionare per gli anni passati
Mattiotti, Petrazzoli, Pomarico, Eugenio e nel periodo più recente Di Cesare, i
fratelli Romano, Quatela, D’Antoni e i sempre presente i fratelli Pomarici
(come li amava chiamare il cav. Togna).
Nel
1981 la società subì un grande trauma per l’espropriazione da parte del
Comune di Roma del terreno ove insisteva il campo sportivo.
Grande
aiuto, grazie alle interferenze del certosino e grande bocciofilo nazionale
Gigione Colagrossi, ci fu dato dal compianto Vilella con l’affitto del campo
Roma di Via Sannio.
Nel
frattempo innumerevoli passi furono fatti nei confronti della circoscrizione per
ottenere in concessione una parte del terreno dell’ex aeroporto di Centocelle
per la costruzione di un proprio impianto sportivo.
Fu allora che le proverbiali maestranze della Certosa si rimboccarono le maniche e nel giro di alcuni mesi fu realizzato l’attuale campo B del Centro Sportivo Certosa. Nello spirito della massima economia furono recuperati pannelli prefabbricati, recinzioni, pali di illuminazione del vecchio campo e quant’altro poteva essere d’ausilio per la costruzione del nuovo impianto.
Il
presidente Grillo e i consiglieri più di una volta misero in tasca le mani per
reperire fondi per la costruzione dell’impianto. Furono insomma gli anni in
cui si badò principalmente alla costruzione delle fondamenta della società,
senza comunque trascurare l’aspetto sportivo.
Dopo
alcuni anni, in considerazione del terreno disponibile, fu costruito il campo A
e fu sistemato il parcheggio che attualmente dispone di circa 5.000 metri
quadrati. Il campo B, omologato anche per partite in notturna, può ospitare 900
persone e il campo A 400 persone.
L’entusiasmo
e l’amicizia portò alla organizzazione di veglioni per l’ultimo dell’anno
e per Carnevale.
Purtroppo
durante di uno di questi veglioni si verificò la tragica scomparsa del vice
presidente Primo Papi e da allora, forse per scaramanzia, non fu più nulla
organizzato del genere.
Gli
anni ‘90
Nei
primi anni 90 si cominciò seriamente a potenziare il settore giovanile,
costituendo squadre a tutti i livelli ammissibili dal regolamento del Settore
Giovanile e Scolastico. Le squadre della Scuola Calcio si chiamavano primi
calci, pulcini, esordienti e quelle dell’agonistica giovanissimi, allievi e
Juniores.
La
organizzazione interna societaria e la collaborazione di tecnici regolarmente
dotati di “patentino federale”
fece ottenere il riconoscimento di Scuola Calcio FIGC-CONI.
Gli
anni ’90 sono stati anche quelli che hanno visto prolificare le trasmissioni
televisive private di Calciolandia, Goal di notte, Rete in Oro, ma le
partecipazioni certosine si contano sulla punta delle dita. Qui ritornano le
umili origini dei dirigenti e la voglia di non apparire al pubblico, ma solo di
lavorare per scopi sociali. Anche i referti sui giornali sportivi locali quali
Record e Corriere Laziale si sono limitati ad iniziative di qualche genitore
volenteroso.
Qualche
problema è sorto con l’invasione di alcune migliaia di zingari nell’area
dell’ex aeroporto di Centocelle, meglio conosciuto con il nome di Casilino
700, ove costruirono una mega baraccopoli. Più di una volta sono state
sottratte parte delle nostre strutture, il paziente Eugenio doveva rincorrere
gli zingarelli che avevano rubato i pop-corn dal bar che teneva in gestione. Per
fortuna Mario, il nostro fedele cane, riconosceva gli zingari e non permetteva
loro di avvicinarsi. In un momento di sua distrazione trovammo gli zingari che
autonomamente stavano effettuando una partita di calcio. Comunque mantenemmo un
buon vicinato venendo incontro, in taluni casi, a loro richieste. Per esempio
concedemmo l’uso dell’acqua, anche se dopo breve tempo strapparono il
rubinetto di chiusura trasformando il loro sito in una piccola piscina.
In
quel periodo entra in società Paolo Valente, galantuomo e imprenditore del
settore del mercato delle moto. Da allenatore della squadra di allievi diventa
successivamente assiduo consigliere. A lui si deve l’idea dell’ampliamento
del bar e la costruzione del salone. Altro grande acquisto di quegli anni è
stato un giovane ragazzo, Marco Reale, consigliere tutto fare che segue
tutt’ora il tesseramento dei calciatori e i rapporti con il Comitato Regionale
Laziale. Non disdegna di essere l’assistente dell’arbitro nelle gare
ufficiali e riscuote simpatia e ammirazione da parte di tutti i soci. Marchetto
e il suo amico del cuore Riccardone costituiscono un connubio inseparabile.
Nel
1991 si raggiunge l’accordo con la A.S.
Roma per l’affiliazione. In virtù di tale accordo la A.S. Roma ha il diritto
di prelazione sui ragazzi ritenuti interessanti. Tra i giocatori ceduti alla
Roma ricordiamo Laureti, Marras e Cervini.
Bisogna
aspettare il 1992 per fare il salto di qualità raggiungendo il campionato di
promozione. Alla comando della squadra c’è Gianfranco Di Carlo, tecnico che
ha dimostrato anche successivamente a livelli superiori le sue qualità, e i
giocatori vincenti si chiamano Filonzi, Capurzo, Tamilia, Ponzo, Proietti,
Colonna, ecc.. Tutto l’interesse societario viene concentrato in quell’anno
sulla prima squadra e grazie al vulcanico Elio Massi, entrato come una meteora
in società, si riesce a centrare l’obiettivo.
Ma
sostenere e gestire un campionato ad alto livello non rientra nei piani e nella
mentalità della Certosa.
Il
nuovo allenatore, Franco Bellucci, maestro di calcio e di vita, riesce a fare i
miracoli per sostenere la squadra mantenendo la categoria per diversi anni, ma
alla fine, quando deve cedere il passo per sopraggiunti limiti di età, ci
lascia nei guai. L’interesse per la promozione scema tremendamente e non si
riesce a mantenere la categoria retrocedendo nella attuale 1 categoria.
In
questa storia non si sono elencati i successi e vittorie ottenuti nei campionati
giovanili altrimenti il racconto sarebbe troppo dispersivo. Solo per menzione si
ricorda la vittoria nel 1995 del campionato provinciale di allievi guidati dal
mister Mauro Francesco. Tra gli artefici del successo sono da ricordare i
calciatori Santoro, Andreuccioli, Perrone, Picchioni, i cugini Bruschetti, ecc.
Nel
1999 il presidentissimo Grillo Benedetto lascia l’incarico per assumere quello
di presidente onorario.
Al
suo posto viene nominato Giuseppe Quatela, già socio e consigliere per tutta la
vita della Certosa.
Nel
2000 viene cambiata la denominazione da G.S Certosa a A.S. Certosa con
assunzione di pari responsabilità di tutti i soci costituenti. L’atto
costitutivo e lo statuto, sottoscritti da 24 soci fondatori, vengono
regolarmente depositati presso il Comitato Regionale Laziale.
Il
resto è storia di tutti i giorni con impegni continui, il pullulare di 150
ragazzi della Scuola Calcio, i problemi e le esigenze dei genitori,
l’organizzazione di Tornei, ecc.
L’invito
è per tutti che vogliono passare dei momenti di relax, di venire presso il
Centro Sportivo Certosa. Si possono vedere gratuitamente le partite dei ragazzi,
prendere un caffè al bar, chiacchierare con gli amici. Ovviamente è vietato
l’ingresso nella zona antistante gli spogliatoi: c’è il controller Damiano
di Sorrento che giustamente consente l’accesso solo alle persone autorizzate.
In segreteria Marino riceve contemporaneamente telefonate dal cellulare e dal
telefono fisso, mentre legge i comunicati, fa un fax e una fotocopia.
E
la storia continua…….
Si
è cercato di raccontare la storia di come un gruppo di umili persone si sono
dedicati ad una attività sociale, senza scopo di lucro, che hanno saputo essere
attivi e partecipi di una costruzione nel bene per se stessi e per gli altri.
Ennio
Rossi