La medicina e il corpo nel mondo antico (abstract)

Relazione del professor Fabio STOK

(docente dell'Università di Roma « Tor Vergata »)

La cosmesi antica è variamente influenzata dalla medicina, non solo per l’uso di sostanze di tipo analogo (in cosmesi per es. Coloranti) ma anche per concezioni che interessano l’anatomia e la fisiologia. Un esempio è offerto da un recente intervento di Philippe Mudry (in Micrologus 13, 2005, 75-89), che ha analizzato il lessico ovidiano della cosmesi relativa al viso e alla sua pigmentazione, che riflette l’idea che il colore della pelle sia determinato dalla qualità e dalla quantità del sangue. Altre analogie fra medicina e cosmesi sono determinate dalla loro configurazione di technai, volte ambedue a ripristinare o ad assicurare con mezzi tecnici una condizione naturale ritenuta ottimale, in termini di bellezza e di sanità. Per questo aspetto ambedue le discipline si pongono il problema di un modello di configurazione del corpo umano, al quale rapportare le variazioni individuali. Ambedue le discipline si dividono fra indirizzi volti alla realizzazione di un modello predeterminato, in termini di bellezza e di sanità, ed indirizzi che individuano invece gli obiettivi da perseguire in funzione della particolarità dei singoli casi.

Per la cosmesi un atteggiamento di questo tipo è rilevabile per es. nell’Ars amatoria di Ovidio, nella sezione del libro III dedicata alle acconciature. Per la medicina l’esempio proposto è quello di Celso, che nel De medicina riprende spunti ippocratici in polemica con il Metodismo e rileva la pluralità dei corpi, in relazione sia a dati ereditari e costituzionali, sia a caratteri acquisiti in funzione della società e dell’ambiente. Analoga preoccupazione è rilevabile in Scribonio Largo, che nell’epistola prefatoria e nella conclusione segnala la variabilità dell’effetto dei farmaci in individui diversi, appellandosi anche lui alla diversitas e varietas corporum.

In Celso è individuabile la ricerca di un equilibrio normativo, per es. nell’osservazione sul carattere ottimale della corporatura “quadrata” a cui accenna nel libro II. Gli indizi proposti presuppongono un dibattito che interessò la medicina ma che ebbe effetti anche nella cosmesi e nelle arti figurative, sulla possibilità di individuare un modello normativo del corpo umano, al quale rapportare le variazioni individuali. Nella tarda antichità sembra esser prevalsa una soluzione tipologica, che individuò nei quattro umori di ascendenza ippocratica l’elemento causale dei quattro possibili temperamenti umani, in una prima fase esclusivamente somatici, in seguito anche caratteriali: i temperamenti sanguigno, bilioso, melanconico e flemmatico.

 

Questa tipologia ebbe poi un’enorme fortuna nel Medioevo e nell’età moderna, almeno fino al XVIII secolo, con un’influenza che ancora si estese anche nel campo figurativo, come evidenzia il ben noto caso di Dürer.


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