La medicina romana: concezione etica e caratteristiche (abstract)

Relazione del professor Sergio SCONOCCHIA

(docente dell'Università di Trieste )

La Professio medici ha una lunga tradizione: sin dal’antichità classica si impone nella società una concezione etica della medicina con regole proprie.

L’opera più famosa, se non la più antica, su tale argomento è lo Iusiurandum attribuito ad Ippocrate: redatto in rapporto alla società greca, costituisce ancora oggi un documento basilare per la concezione etica della scienza e dell’attività medica. I precetti e le norme di comportamento indicate nel Giuramento rivelano un modo di pensare sotto molti aspetti straordinariamente affine a quello odierno.

La scienza greca ebbe grande influenza nella formazione della medicina romana (Graecia capta ferum victorem cepit). A partire dal II secolo a.C. tecniche e lessico della medicina greca penetrarono nella civiltà latina.

Questo processo incontrò la resistenza dell’ala conservatrice, le cui posizioni sono attestate in Plinio e Catone, che criticano la nuova cultura medica greca e la figura stessa del medico. La dottrina greca non poté non soppiantare la vecchia medicina indigena. Quest’ultima era basata su credenze popolari, osservazioni empiriche ed illazioni di natura magica. Al contrario le nozioni della medicina greca erano fondate su un vero e proprio metodo scentifico; la “grecizzazione” della cultura romana giunge al suo culmine in età tardo repubblicana e nell’epoca imperiale. Alcuni provvedimenti legislativi di Cesare e Augusto crearono un sistema centralizzato di insegnamento medico e assistenza sanitaria.

In questo contesto si inseriscono le opere dell’enciclopedista Celso e del trattatista Scribonio, rispettivamente De medicina e Compositiones. Questi due scrittori  hanno molti punti di contatto  sul piano tematico e, in qualche misura, anche  su quello stilistico.

Nelle due opere viene riproposta la tripartizione della medicina in sottodiscipline, precisamente dietetica, farmacologia e chirurgia, anche se inizialmente pare che vi fosse in realtà una bipartizione  tra affezioni interne e affezioni esterne (Eraclide di Taranto). In base a questa tripartizione Celso suddivide la sua opera in tre sezioni, ad ognuna delle quali fa precedere un proemio o prefazione. Il suo trattato è, con le Compositiones di Scribonio Largo, tra i più importanti documenti della medicina romana.

Ulteriore punto di contatto tra Celso e Scribonio è la volontà di sintetizzare le tre discipline nella sola medicina, la cui unità è sottolineata più volte nelle rispettive opere. Questo concetto sarà ripreso in seguito da altri importanti autori medici, tra cui Galeno.

Sul piano stilistico possiamo trovare delle analogie nelle citazioni (riferimenti a Ippocrate, Adsclepiade ed altri autori); altre forti analogie troviamo nel lessico, con calchi, più frequenti in Celso, e prestiti, più frequenti in Scribonio; soprattutto in Celso (Cicero medicorum), ma talora anche in Scribonio, troviamo riprese del modello ciceroniano

 

Sia il De medicina che le Compositiones insistono sulla componente etica esaltando nella medicina i valori di humanitas e misericordia e dimostrano una netta tendenza filantropica. Soprattutto nell’opera di Scribonio abbiamo l’attestazione di una interpretatio Romana dei Precetti ippocratici.

I due autori si inseriscono nel contrasto tra le varie Sette o Scuole mediche: Celso mostra soprattutto propensione per la corrente empirica, contrapposta a quella dogmatica. Si va afferamndo in questa età anche la nuova corrente dei Metodici, che propongono una concezione della medicina in molti casi semplicistica o inadeguata.

I Metodici infatti non si applicano in modo scientifico alla cura delle malattie, considerando troppo semplicisticamente concatenamenti di causa-effetto e non analizzando a fondo i sintomi dei pazienti. Celso insiste nel richiamare, dei Metodici, le origini teoriche atomistiche e i communia, cioè gli elementi comuni delle malattie, che presupporrebbero quindi cure piuttosto generalizzate e non specifiche. I Metodici – nei quali sono da identificare, pare, i  medici contro i quali polemizza Scribonio nella sua Epistula di dedica a Giulio Callisto, potente liberto dell’imperatore Claudio, arrivano – arrivano ad affermare addirittura l’inutilità dei medicamenti e delle cure specifiche in favore di terapie di natura comportamentale (dieta, intesa nel valore complessivo di ‘sistema di vita’, bagni caldi, vino, alimentazione). Scribonio ricorda tuttavia che Asclepiade, da questi medici invocato a modello, faceva in realtà uso frequente dei medicamenti.

 

Dei tre più noti esponenti dei Metodici di questa età, Asclepiade, Temisone e Tessalo, quest’ultimo, contemporaneo di Nerone, arriva persino ad affermare di essere in grado di rendere chiunque medico in soli sei mesi e senza alcuna preparazione specifica. Contro questi atteggiamenti si levano le critiche di Celso e la polemica appassionata di Scribonio e, in seguito, la condanna e l’esecrazione di Plinio e di Galeno.


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