Seneca, Questioni naturali
LIBRO VI - IL TERREMOTO
1. Il terremoto che colpì la Campania nel 62 d.C.
[1] O Lucilio, che sei il migliore fra gli uomini, abbiamo sentito dire che Pompei, frequentata città della Campania, dove si incontrano da una parte le coste di Sorrento e di Stabia e dall’altra quelle di Ercolano, e circondano con una ridente insenatura il mare che si ritrae dal largo, è sprofondata a causa di un terremoto che ha devastato tutte le regioni adiacenti, e che ciò è avvenuto proprio nei giorni invernali, che i nostri antenati garantivano essere al sicuro da un pericolo del genere. [2] Questo terremoto si è verificato alle None di febbraio, durante il consolato di Regolo e di Virginio, e ha devastato con gravi distruzioni la Campania, regione che non era mai stata al sicuro da questa calamità e che ne era sempre uscita indenne, anche se tante volte morta di paura: infatti, anche una parte della città di Ercolano è crollata e anche ciò che è rimasto in piedi è pericolante, e la colonia di Nocera, pur non avendo subito gravi danni, ha comunque motivo di lamentarsi; anche Napoli ha subito perdite, molte fra le proprietà private, nessuna fra quelle pubbliche, essendo stata toccata leggermente dall’enorme disgrazia: in effetti, alcune ville sono crollate, altre qua e là hanno tremato senza essere danneggiate. [3] A questi danni se ne aggiungono altri: è morto un gregge di seicento pecore, alcune statue si sono rotte, alcuni dopo questi fatti sono andati errando con la mente sconvolta e non più padroni di sé. Sia il piano dell’opera che mi sono proposto, sia la coincidenza che dà attualità all’argomento esigono che esaminiamo approfonditamente le cause di questi fenomeni. [4] Bisogna cercare modi per confortare gli impauriti e per togliere il grande timore. Infatti, che cosa può sembrare a ciascuno di noi abbastanza sicuro, se il mondo stesso viene scosso e le sue parti più solide vacillano? Se l’unica cosa che c’è di immobile e di fisso in esso, tanto che regge tutte le cose che tendono verso di essa, tremola; se la terra ha perso quella che era la sua peculiarità, la stabilità: dove si acquieteranno le nostre paure? Quale rifugio troveranno i corpi, dove si ripareranno, se la paura nasce dal profondo e viene dalle fondamenta? [5] Lo sbigottimento è generale, quando le case scricchiolano e si annuncia il crollo. Allora ciascuno si precipita fuori e abbandona i suoi penati e si affida all’aria aperta: a quale nascondiglio guardiamo, a quale aiuto, se il globo stesso prepara rovine, se ciò che ci protegge e ci sostiene, su cui sono situate le città e che alcuni hanno detto essere il fondamento del mondo, si apre e vacilla? [6] Che cosa ti può essere non dico di aiuto, ma di conforto, quando la paura ha perso ogni via di scampo? Che cosa c’è, dico di abbastanza sicuro o di saldo per difendere gli altri e se stessi? Respingerò un nemico con un muro, e fortificazioni erette su un’altura dirupata arresteranno anche grandi eserciti per la difficoltà dell’accesso; un porto ci mette al riparo dalla tempesta; i tetti tengono lontano la violenza sfrenata dei temporali e le piogge che cadono senza fine; un incendio non insegue chi fugge; contro il tuono e le minacce del cielo sono un rimedio le case sotterranee e le grotte scavate in profondità (quel fuoco proveniente dal cielo non trapassa la terra, anzi viene rintuzzato da un ostacolo minuscolo); in caso di pestilenza si può cambiare sede: nessun male è senza scampo. [7] I fulmini non hanno mai bruciato completamente un popolo; un clima pestilenziale ha vuotato delle città, non le ha fatte sparire: questo flagello, invece, ha un’estensione immensa ed è inevitabile, insaziabile, rovinoso per intere popolazioni. Infatti, non ingoia solo case o famiglie o singole città, ma fa sprofondare popolazioni e regioni intere, e ora le copre di rovine, ora le seppellisce in profonde voragini e non lascia neppure una minima traccia da cui appaia che ciò che non esiste più un tempo è esistito, ma sulle città più famose il suolo si stende senza alcun’impronta del loro antico aspetto.[8] E non mancano persone che temono maggiormente questo tipo di morte per il quale vanno a finire nell’abisso con le loro dimore e vengono strappati dal novero dei viventi, come se non ogni destino giungesse alla medesima conclusione. Fra le altre prove che la natura ci offre della sua giustizia, questa è quella decisiva: che quando siamo arrivati alla fine della vita, siamo tutti sullo stesso piano. [9] Dunque, non c’è nessuna differenza se è una pietra a schiacciarmi o una montagna intera a stritolarmi, se mi cade addosso il peso di una sola casa e io spiro sotto il piccolo mucchio delle sue rovine polverose o l’intero globo terrestre fa sparire la mia persona, se esalo l’ultimo respiro alla luce e all’aperto o nell’immensa voragine delle terre che si spalancano, se sono portato nell’abisso da solo o in compagnia di un seguito numeroso di popoli che cadono insieme con me; non mi importa affatto che attorno alla mia morte ci sia un gran clamore: essa è ovunque altrettanto grande. [10] Quindi, facciamoci coraggio contro questa catastrofe che non può essere né evitata né prevista, e smettiamo di dare ascolto a costoro che hanno rinunciato alla Campania e che sono emigrati dopo questo evento e dicono che non rimetteranno mai piede in quella regione: infatti, chi assicura loro che questo o quell’altro terreno poggia su fondamenta più solide? [11] Tutti condividono le medesime condizioni e, se non sono stati ancora mossi, tuttavia sono suscettibili di esserlo: forse questa notte o questo giorno prima di notte fenderà questa località in cui risiedete più sicuri. Come fai a sapere se <non> sia migliore la condizione di quei luoghi in cui la fortuna ha già consumato le sue forze e che per il futuro trovano un sostegno sulle proprie macerie? [12] Sbagliamo, infatti, se crediamo che qualche parte della terra sia esente e immune da questo pericolo: tutte sono sottomesse alla medesima legge; la natura non ha generato niente che fosse immobile; qualcosa cade un giorno, qualcosa un altro giorno e, come nelle grandi città si puntella ora questa casa ora quella, così in questo globo terrestre va a pezzi ora questa parte ora quella. [13] Tiro divenne un tempo tristemente famosa per le sue rovine, l’Asia Minore ha perso in una volta sola dodici città; l’anno precedente la violenza di questa sciagura, qualunque essa sia, ha colpito l’Acaia e la Macedonia, ora ha ferito la Campania: il destino fa il suo giro e, se ha trascurato a lungo qualcosa, ritorna per colpirla. Alcune zone le affligge più raramente, altre più spesso: non permette che nulla resti indenne e illeso. [14] Non solo noi uomini, che nasciamo esseri effimeri e caduchi, ma le città, i continenti, le rive e il mare stesso sono schiavi del destino. Noi, tuttavia, ci induciamo a credere che i beni della fortuna dureranno, e pensiamo che la felicità, che di tutte le cose umane è quella che vola via più rapidamente, per qualcuno avrà solidità e durata: [15] e a quelli che promettono a se stessi cose perenni non viene in mente che il suolo stesso su cui stanno non è stabile. Infatti, questo difetto di mancare di coesione e di disgregarsi per più cause e di durare nel complesso, ma di crollare nelle singole parti, non è proprio solo della Campania o dell’Acaia, ma di tutte le terre.
2. Il più valido conforto contro la morte è il fatto stesso che siamo mortali
[1] Ma che cosa faccio? Avevo promesso un conforto contro i pericoli rari ed ecco che dichiaro che ovunque ci sono motivi di timore e dico che non c’è riposo eterno per niente di ciò che può perire e far perire. Ora, io considero questo come un motivo di conforto, certo validissimo, dato che il timore è senza rimedio per gli stolti: la ragione libera gli uomini assennati dalla paura; agli ignoranti, invece, verrà sicurezza dalla disperazione. [2] Perciò, pensa che sia stato detto per il genere umano ciò che è stato detto a quegli uomini sbigottiti, presi all’improvviso tra i fuochi e il nemico: unica salvezza per i vinti è quella di non sperare nella salvezza.[3] Se volete non aver paura di nulla, pensate che tutto è da temere: guardatevi attorno come basta un nonnulla ad annientarci: né il cibo, né le bevande, né la veglia, né il sonno sono salutari per noi, se non ci atteniamo a una determinata misura; ormai avrete capito che noi siamo dei corpiciattoli senza valore, caduchi, che possono essere distrutti senza grandi apparati. Senza dubbio l’unico pericolo che corriamo è che la terra trema e all’improvviso si spacca e fa cadere ciò che sta di sopra! [4] Ha un’alta stima di sé chi ha paura dei fulmini, delle scosse e delle spaccature della terra. Vuole decidersi a diventare consapevole della propria debolezza e ad aver paura del catarro? Evidentemente siamo nati così, abbiamo ricevuto in sorte membra così forti, siamo cresciuti fino a diventare così grandi! E per questo, se le parti del mondo non si sconvolgono, se il cielo non tuona, se la terra non sprofonda, non possiamo morire! [5] Il dolore di un’unghia, per quanto piccola, e neppure di un’unghia intera, ma di un pezzetto che si è staccato da una parte ci distrugge! E io dovrei temere che la terra tremi, io che una saliva un po’ più densa basta a soffocare? Io dovrei aver paura che il mare esca dalle sue sedi e che arrivi una marea più forte del solito, portando con sé una maggiore massa d’acqua, quando una bevanda andata di traverso ha strozzato più uomini? Com’è stolto aver paura del mare, quando sai che l’acqua che cade goccia a goccia può farti morire![6] Contro la morte non c’è conforto più valido del fatto stesso che siamo mortali, e contro tutti questi eventi che ci terrorizzano dal di fuori la consapevolezza che in noi stessi ci sono innumerevoli pericoli. Infatti, che cosa c’è di più insensato che lasciarsi abbattere di fronte ai tuoni e nascondersi strisciando sottoterra per paura dei fulmini? Che cosa c’è di più stolto che temere l’oscillare della terra o l’improvviso precipitare di monti e l’invasione del mare gettato fuori dalla riva, quando la morte è presente dappertutto e ci viene incontro da ogni parte, e niente è così minuscolo da non avere abbastanza forza per distruggere il genere umano?[7] A tal punto queste catastrofi non ci devono sconvolgere, come se implicassero un male maggiore della morte comune, che anzi, poiché è inevitabile uscire dalla vita ed esalare l’ultimo respiro una volta o l’altra, dobbiamo rallegrarci di farlo per una causa più grandiosa. Morire è inevitabile, in un luogo o in un altro, un giorno o un altro: stia pure ferma questa terra e si mantenga nei suoi limiti e non sia scossa da alcun colpo, prima o poi mi ricoprirà. <Che> differenza c’è se sarò io a gettarla su di me o vi si getterà da sola? [8] Si apre e si spacca per l’enorme potenza di non so quale male, e mi trascina in un abisso profondissimo; e allora? La morte è più lieve alla superficie della terra? Che motivo ho di lamentarmi, se la natura non vuole che io muoia in modo comune, se mi getta addosso una parte di sé? [9] Dice molto bene Vagellio in quel famoso carme: «Se bisogna cadere, vorrei cadere dal cielo». La stessa cosa potrei dire <io>: se bisogna cadere, cadrò nello sconvolgimento del globo, non perché sia lecito augurarsi un disastro generale, ma perché contro la morte è di grande conforto vedere che anche la terra è mortale.
3. Cause del terremoto. Cause del nostro timore
[1] Gioverà anche mettersi nella disposizione d’animo che gli dèi non fanno niente del genere e che gli sconvolgimenti del cielo e della terra non sono le conseguenze della collera divina: questi fenomeni hanno le loro cause, e non infuriano a comando, ma gli elementi, come i nostri corpi, vengono alterati e, mentre sembra che facciano del male, lo subiscono. [2] Per noi che ignoriamo la verità, tutti i fatti sono più terribili, soprattutto quelli la cui rarità accresce la nostra paura: i fenomeni che ci sono familiari ci paiono meno impressionanti; quelli insoliti fanno più paura. Ma perché qualcosa è insolito per noi? Perché noi conosciamo la natura con gli occhi e non con l’intelletto, e non pensiamo a ciò che essa può fare, ma soltanto a ciò che ha fatto. Perciò siamo puniti per questa nostra negligenza con la paura suscitata da fenomeni che ci sembrano nuovi, mentre non sono nuovi, ma insoliti. [3] E allora? La superstizione non si insinua nelle menti, e in intere popolazioni, quando si verifica un’eclissi di sole o quando la luna, che si oscura più frequentemente, nasconde una parte o tutta la sua faccia? E ancor più quando delle fiaccole attraversano il cielo e una gran parte del cielo è in fiamme e si vedono stelle comete e più soli e stelle durante il giorno e corpi infiammati che attraversano il cielo all’improvviso, tirandosi dietro una lunga scia luminosa? [4] Tutti questi fenomeni provocano in noi ammirazione e timore: e poiché la causa del nostro timore è l’ignoranza, non vale la pena di sapere, per non avere più paura? Quanto è meglio ricercare le cause, e dedicarsi completamente a questo con tutti se stessi! E non si potrebbe trovare alcun argomento più degno non solo che ci si occupi di esso, ma che ci si consacri a esso.
4. Il vantaggio della nostra indagine è il più grande di tutti: la conoscenza della natura
[1] Ricerchiamo, dunque, che cosa sia che scuote la terra fin dal profondo, che muove una massa così pesante; quale sia la causa più potente che con la sua forza scrolla un peso simile; perché ora tremi, ora, allentandosi, sprofondi, a volte si scinda, dividendosi in parti, altre volte conservi a lungo la spaccatura prodotta dal crollo, altre volte ancora la richiuda immediatamente; ora inghiotta fiumi famosi per la loro grandezza, ora ne faccia scaturire di nuovi; talvolta faccia sgorgare fonti d’acqua calda, talvolta le faccia diventare fredde, a volte emetta fuochi attraverso qualche apertura prima sconosciuta di un monte o di una rupe, altre volte faccia sparire quelli noti e famosi da secoli. Essa compie mille prodigi, e cambia aspetto ai luoghi e abbassa le montagne, solleva le pianure, fa gonfiare le valli, fa affiorare isole in alto mare: per quali cause si verifichino questi fenomeni è argomento degno di essere esaminato approfonditamente. [2] «Quale vantaggio ne trarremo?», chiedi. Il più grande di tutti: la conoscenza della natura. Infatti, l’affrontare questo argomento, pur avendo in sé molte cose che potranno essere utili, non ha niente di più bello del fatto che con la sua magnificenza avvince l’uomo e che la ricerca viene condotta non in vista di un guadagno, ma per la meraviglia destata da questi fenomeni. Indaghiamo, dunque, per quale motivo accadano queste cose: e questa indagine è per me così piacevole che, sebbene una volta, quand’ero giovane, abbia pubblicato un volume sul terremoto, ho voluto tuttavia mettermi alla prova e vedere <se> l’età abbia aggiunto qualcosa o alle mie conoscenze o per lo meno alla mia diligenza di studioso.
5. Le spiegazioni degli antichi sono ben lontane dalla perfezione
[1] Alcuni hanno creduto che la causa per cui la terra è scossa fosse nell’acqua, altri nel fuoco, altri nella terra stessa, altri nell’aria, altri in più d’uno di questi elementi, altri in tutti; certi hanno detto che per loro era chiaro che la causa fosse una di queste, ma non era chiaro quale. [2] Ora esaminerò una alla volta queste spiegazioni. Prima di tutto devo dire che le opinioni degli antichi, a mio parere, sono poco precise e rozze: si vagava ancora attorno al vero; tutto era nuovo per uomini che erano ai loro primi tentativi; successivamente, quelle stesse teorie sono state rifinite e, se si è scoperto qualcosa, il merito deve essere nonostante tutto attribuito a loro: c’è voluto un gran coraggio per dischiudere i nascondigli della natura e, senza accontentarsi del suo aspetto esteriore, scrutarla a fondo e scendere nei segreti degli dèi. Contribuì moltissimo alle scoperte colui che sperò di poter trovare. [3] Perciò, dobbiamo ascoltare gli antichi con indulgenza: niente è perfetto fin dall’inizio; e non soltanto in questo ambito importantissimo e complicatissimo (nel quale, anche quando si sarà fatto molto, ogni età troverà tuttavia qualcosa da fare), ma anche in ogni altra attività gli inizi sono sempre stati lontani dalla perfezione.
6. La causa dei terremoti è nell’acqua: teoria di Talete
[1] Che la causa sia nell’acqua non è stato detto né da uno solo né in un solo modo. Talete di Mileto pensa che la terra intera sia sorretta da una massa liquida posta sotto di essa e che galleggi; puoi chiamare questo liquido oceano o grande mare o acqua di un’altra natura, semplice, ed elemento liquido. «Il globo», dice, «è sostenuto da quest’onda come una grande imbarcazione pesante su queste acque che comprime». [2] Sarebbe superfluo esporre le ragioni per cui si ritiene che la parte più pesante del mondo non possa essere portata dall’aria, che è così sottile e mobile; infatti, ora non si tratta della posizione della terra, ma del terremoto. Per dimostrare che la causa per cui la terra è scossa è nelle acque, adduce come prova il fatto che in ogni terremoto importante sgorgano quasi sempre nuove fonti (come avviene anche nelle navi, che, se si sono inclinate e piegate su un fianco, imbarcano acqua, e, se per l’enorme peso del carico trasportato, sono eccessivamente immerse, o entra dal di sopra o per lo meno si alza a destra e a sinistra più del consueto). [3] Non occorrono molti ragionamenti per dimostrare che questa opinione è falsa: infatti, se la terra fosse sostenuta dall’acqua e ne fosse scossa una volta, ne sarebbe mossa continuamente, e non ci meraviglieremmo che fosse agitata, ma che rimanesse ferma; inoltre, sarebbe scossa tutta intera, non in parte (infatti, non accade mai che solo metà di una nave venga sballottata); ora, invece, il terremoto non tocca la terra nel suo complesso, ma solo una parte: come può, dunque, accadere, che una cosa che viene portata nel suo insieme non sia agitata nel suo insieme, se è stata agitata dall’elemento che la porta? [4] «Ma perché scaturiscono sorgenti d’acqua?». Prima di tutto, spesso la terra ha tremato senza che cominciasse a scorrere qualche nuova acqua; poi, se l’acqua sgorgasse per questa ragione, si diffonderebbe attorno dai lati della terra (come vediamo che avviene nei fiumi e nel mare, dove ogni volta che un’imbarcazione affonda, la crescita dell’acqua è più visibile sui lati); infine, l’invasione dell’acqua non sarebbe di entità così piccola, come tu dici, e non si infiltrerebbe attraverso una fessura, come accade nella stiva, ma l’inondazione sarebbe immensa, come quella proveniente da una massa liquida inesauribile che sostiene tutte le cose.
7. La causa del terremoto è nelle acque sotterranee
[1] Alcuni hanno ascritto il terremoto all’acqua, ma non per lo stesso motivo. «Attraverso tutta la terra», si dice, «scorrono molti generi di acqua: in certi luoghi si tratta di fiumi perenni, le cui dimensioni li rendono navigabili anche senza l’aiuto delle piogge: di qui il Nilo, <che> d’estate trasporta grandi masse d’acqua; di là il Danubio e il Reno, che scorrono tra regioni pacificate e regioni nemiche, perché uno frena le incursioni dei Sarmati e segna il confine tra l’Europa e l’Asia, l’altro respinge i Germani, gente avida di guerra. [2] «Aggiungi ora laghi molto estesi e stagni attorniati da popolazioni che non si conoscono fra loro e paludi impraticabili alle imbarcazioni, non percorribili neppure da coloro che abitano sulle loro rive; e poi tante fonti, tante sorgenti di fiumi che vomitano all’improvviso dalle loro viscere corsi d’acqua, tanti torrenti impetuosi formatisi allo stesso tempo, la cui violenza è tanto repentina quanto effimera. [3] «La natura e l’aspetto di tutte queste acque si trovano anch’esse nell’interno della terra: anche lì alcune acque cadono giù con un ampio corso e cadono a precipizio turbinosamente, altre si riversano languidamente sui bassifondi e scorrono dolcemente e tranquillamente; chi potrebbe negare che esse si raccolgono in grandi bacini e che in molti luoghi restano immobili? Non c’è bisogno di molte argomentazioni per dimostrare che ci sono molte acque là donde provengono tutte; infatti, la terra non riuscirebbe a produrre tanti fiumi, se non attingesse a una riserva abbondante. [4] «Se questo è vero, necessariamente di tanto in tanto lì si svilupperà un corso d’acqua che, oltrepassati gli argini, si scaraventerà con violenza contro gli ostacoli che incontra: così si verificherà una scossa di quella regione contro cui il fiume si è scagliato e che ha sferzato finché non è decresciuto. Può accadere che un ruscello eroda una qualche regione che bagna e trascini così una massa di materiale che, franando, scuote ciò che si trova sopra. [5] «In realtà, concede già troppo ai propri occhi e non sa spingere lo spirito al di là di essi chi non crede che nelle viscere della terra ci sia un vasto mare con le sue insenature. Infatti, non vedo che cosa impedisca od ostacoli che la terra abbia anche nelle sue viscere un qualche litorale e un mare che vi si raccolga attraverso vie nascoste, e anche lì occupi altrettanto spazio o forse di più, perché la superficie della terra doveva essere divisa fra tanti esseri viventi: infatti, luoghi nascosti e deserti e senza padroni sono liberi per ricevere le acque. [6] «E che cosa vieta che lì ondeggino e siano spinte dai venti che vengono prodotti da ogni interstizio della terra e da ogni atmosfera? Dunque, una tempesta che si alzi con più forza del consueto può scuotere qualche parte della terra colpita più violentemente. Infatti, anche qui da noi molte località che erano lontane dal mare hanno sofferto gravi danni in seguito al suo arrivo improvviso, e i flutti che si udivano in lontananza hanno invaso ville situate in punti panoramici; anche lì il mare del sottosuolo può ritirarsi e risollevarsi, e nessuno di questi due movimenti avviene senza scuotere le terre sovrastanti».
8. Conferme all’esistenza di acque sotterranee
[1] Non penso certo che tu resterai a lungo in dubbio se ammettere l’esistenza di corsi d’acqua sotterranei e di un mare nascosto: donde scaturiscono questi che vediamo, donde arrivano a noi, se l’origine della loro acqua non si trova nell’interno della terra? [2] Dai, quando vedi che il Tigri si interrompe a metà percorso e si secca e non scompare tutto ad un tratto, ma a poco a poco con diminuzioni impercettibili dapprima decresce, poi scompare, dove pensi che vada a finire, se non nelle profondità della terra, tanto più che lo vedi riaffiorare con una portata non inferiore a quella che aveva in precedenza? E che dire quando vedi l’Alfeo, celebrato dai poeti, sprofondare in Acaia e, dopo aver attraversato il mare, riapparire in Sicilia, dando origine alla ridente fonte Aretusa? [3] Non sai poi che fra le opinioni che cercano di spiegare la piena estiva del Nilo c’è anche questa: che esso erompa dalla terra e si ingrossi non per le acque che scendono dal cielo, ma per quelle che vengono dall’interno della terra? Io ho ascoltato due centurioni che Nerone Cesare, grande amante di tutte le altre virtù, ma soprattutto della verità, aveva inviato alla ricerca delle sorgenti del Nilo, raccontare di aver fatto un lungo viaggio, quando, avendo ricevuto aiuto ed essendo stati raccomandati ai re dei paesi vicini dal re dell’Etiopia, erano andati ancora più avanti. [4] <«Dopo molti giorni»,> dicevano, «siamo arrivati a delle immense paludi, di cui neppure gli abitanti del luogo conoscevano la fine e nessuno può sperare di conoscerla in futuro, a tal punto le erbacce sono aggrovigliate fra le acque e le acque non sono percorribili né a piedi né con un’imbarcazione, perché la palude fangosa e ostruita non può sorreggere nient’altro che una barca piccola e in grado di trasportare una sola persona. Lì», continuavano, «abbiamo visto due rocce dalle quali usciva un fiume di dimensioni considerevoli».[5] Ma, sia che si tratti della sorgente del Nilo, sia che si tratti di un affluente, sia che nasca allora, sia che ritorni in superficie dopo un corso precedente, non credi che in ogni caso esso salga da un vasto lago sotterraneo? Bisogna, infatti, che la terra contenga al suo interno dell’acqua sparsa in più luoghi e raccolta nelle sue profondità, per poterla espellere con tanto impeto.
9. Opinione di Anassagora: la causa del terremoto è il fuoco
[1] Alcuni, e alcuni non <privi di notorietà>, ritengono che il fuoco sia la causa del terremoto, primo fra tutti Anassagora, il quale pensa che sia l’aria sia la terra siano scosse da una causa pressoché uguale: quando nelle regioni situate al di sotto di noi i venti rompono l’aria densa e condensata in nubi con la stessa violenza con cui anche presso di noi di solito vengono squarciate le nubi e il fuoco guizza fuori da questo scontro di nubi e dalla corrente d’aria schiacciata, proprio questo fuoco si precipita contro ciò che si trova di fronte, cercando una via d’uscita, e fa a pezzi ciò che gli si oppone, finché o trova una via per uscire all’aria aperta, sia pure attraverso uno stretto passaggio, o se la apre con la forza e con danno. [2] Altri pensano che la causa sia sì nel fuoco, ma non per lo stesso motivo, ma perché esso arde nascosto in più punti del sottosuolo e consuma tutte le cose che gli si avvicinano; e se queste talvolta, consunte, si sgretolano, allora ne segue un movimento di quelle parti che, private dei sostegni che le sorreggevano, vacillano, finché rovinano tutte insieme, perché non c’è più nulla a sostenere il loro peso; allora si aprono voragini e vaste fenditure, oppure quelle parti, dopo aver barcollato a lungo, si sistemano sopra a ciò che resta in piedi stabilmente. [3] Vediamo accadere questo anche presso di noi, ogni volta che parte di una città è in preda a un incendio: quando le travi sono state divorate dal fuoco o le strutture che assicuravano stabilità ai piani superiori sono state danneggiate gravemente, allora le parti più alte, a lungo fatte tremare, crollano, e precipitano e sono instabili fino a quando non si posano su qualcosa di solido.
10. Opinione di Anassimene: la causa del terremoto è la terra stessa
[1] Anassimene sostiene che la terra stessa è causa delle sue scosse e che ciò che la scuote non viene dall’esterno, ma si trova dentro di essa e proviene da essa: infatti, certe sue parti crollano o perché l’acqua le ha sciolte o perché il fuoco le ha divorate o la violenza dell’aria le ha gettate giù. Ma, anche se vengono meno queste, non mancano le cause che facciano staccare e strappino via qualche sua parte. Infatti, prima di tutto, tutte le cose vacillano per il passar del tempo, e niente è al riparo dalla vecchiaia; essa fa a pezzi anche le cose solide e molto robuste. [2] Perciò, come nei vecchi edifici, certe parti, pur non essendo state colpite, cadono giù ugualmente quando hanno un peso superiore alle loro forze, così nel corpo della terra nel suo insieme accade che alcune sue parti col tempo si sgretolino e, una volta sgretolate, cadano e facciano tremare gli strati superiori: prima di tutto, mentre si staccano (infatti, nessuna massa, specialmente se grande, si stacca senza scosse da ciò cui era attaccata); poi, quando sono crollate, incontrando una superficie solida, rimbalzano come una palla (che, quando è caduta, salta e riceve tante spinte quante sono quelle che le imprime il suolo a ogni rimbalzo); se, invece, sono cadute in acque stagnanti, questa stessa caduta scuote le zone vicine con un’ondata improvvisa e immensa sollevata da quella massa lanciata con violenza dall’alto.
11. La causa del terremoto è nei vapori sotterranei provocati dal fuoco
[1] Alcuni attribuiscono al fuoco questo tremore della terra, ma per altri motivi. Infatti, poiché arde in più luoghi, necessariamente forma grandi vapori senza uscita, che, con la loro forza, mettono in tensione l’aria e, se la pressione aumenta, spaccano gli ostacoli, se essa, invece, è più debole, non fanno che scuotere. Vediamo che l’acqua spumeggia, se è messa sul fuoco: ciò che esso provoca in questa piccola quantità d’acqua chiusa dentro un recipiente, dobbiamo credere che provochi in misura molto maggiore quando, violento e immenso, fa evaporare grandi quantità d’acqua: allora tutto ciò che il fuoco investe con questa evaporazione di acque ribollenti viene scosso. 12. Opinione di Archelao: la causa del terremoto è l’aria[1] Secondo molti e importanti studiosi è l’aria a provocare il terremoto. Archelao, che fu per il suo tempo uno studioso diligente, dice così: «I venti scendono nelle cavità della terra; poi, quando ormai tutti gli spazi sono pieni e l’aria si è addensata quanto ha potuto, la corrente che arriva comprime quella che c’era già e dapprima la schiaccia con colpi ripetuti, poi la scaccia. [2] Allora l’aria, cercando un posto, si fa largo fra tutte le strettoie e si sforza di infrangere le barriere che la trattengono: così avviene che la terra tremi, perché l’aria lotta, cercando di fuggire. Perciò, quando sta per arrivare un terremoto, l’aria è calma e tranquilla, evidentemente perché la forza dell’aria che di solito scatena i venti è trattenuta all’interno della terra». Anche adesso, quando c’è stato questo terremoto in Campania, nonostante la stagione invernale e il tempo perturbato, nei giorni precedenti l’aria in cielo era immobile. [3] E allora? La terra non è mai stata scossa quando soffiava il vento? «Molto raramente; tuttavia, può e suole accadere, <se> due venti soffiano contemporaneamente». E se ammettiamo questo ed è chiaro che due venti provocano questo fenomeno agendo simultaneamente, perché non potrebbe accadere che uno agiti l’aria che sta al di sopra della superficie della terra e l’altro quella che sta al di sotto?
13. Opinione di Aristotele, Teofrasto e Stratone: la causa del terremoto è nella lotta fra correnti d’aria sotterranee
[1] Fra coloro che la pensano in questo modo puoi mettere Aristotele e il suo discepolo Teofrasto (studioso il cui stile non è divino, come è sembrato ai Greci, e però è piacevole e chiaro senza sforzo). Esporrò la loro opinione: «Dalla terra sale sempre qualche evaporazione, che ora è secca, ora è mista a umido; essa è prodotta dalle regioni situate più in profondità e si solleva il più possibile verso l’alto, quando non trova più uno spazio per salire ancora, torna indietro e si ripiega su se stessa; poi, la lotta di questa corrente che si muove alternativamente avanti e indietro percuote ciò che la ostacola e, sia che trovi la strada sbarrata, sia che riesca a uscire per uno stretto passaggio, provoca movimenti e sconvolgimenti». [2] Alla stessa scuola appartiene Stratone, che ha coltivato soprattutto questa parte della filosofia ed è stato attento indagatore della natura; questa è la sua tesi: «Il freddo e il caldo si allontanano sempre in direzioni contrarie, non possono stare insieme: il freddo affluisce là donde il caldo è andato via, e viceversa il caldo là donde il freddo è stato scacciato. Che ciò che dico sia vero e che ciascuno dei due sia spinto in direzione contraria all’altro, ti può risultar chiaro da questo: [3] durante l’inverno, quando sopra la terra fa freddo, i pozzi sono caldi e così pure le caverne e ogni antro sotterraneo, perché il calore si è spostato lì, cedendo il passo al freddo che si è impossessato delle regioni in superficie; il caldo, quando è giunto nelle regioni inferiori, vi si accumula il più possibile, e più si condensa, più diventa potente. Quest’aria trova lo spazio occupato da un’altra aria. Inevitabilmente quello, che si è già ammassato e compresso in uno spazio angusto, cede il passo. [4] «La stessa cosa avviene in senso contrario: quando una quantità maggiore di freddo si è introdotta nelle caverne, tutto il caldo che è nascosto, cedendogli il passo, si rinserra e si agita energicamente, perché la natura delle due forze non permette né la concordia né la convivenza in un medesimo luogo. Dunque, fuggendo e cercando in tutti i modi di uscire, scuote tutto ciò che le si avvicina». [5] Perciò, prima di un terremoto, di solito si sente un muggito, provocato dai venti che si agitano sottoterra. Infatti, diversamente non potrebbero, come dice il nostro Virgilio, muggire il suolo sotto i piedi e tremare le alte creste dei monti, se questa non fosse opera dei venti. [6] Le vicende di questa lotta si ripetono: il caldo si accumula e poi erompe impetuosamente di nuovo; allora il freddo viene represso e poi ritorna per imporsi ben presto. Mentre, dunque, queste due forze vanno e vengono alternativamente e l’aria va su e giù, la terra viene scossa.
14. Teoria anonima: la causa del terremoto è nell’aria sotterranea
[1] Ci sono alcuni che pensano che la terra tremi sì a causa dell’aria e per nessun altra causa, ma per una ragione diversa da quella che pretendeva Aristotele. Ascolta che cosa dicono: il nostro corpo è irrorato sia dal sangue sia dall’aria, che scorre attraverso canali propri. Abbiamo poi alcuni vasi più stretti per la respirazione, attraverso i quali l’aria non fa che passare, altri più aperti, nei quali si raccoglie e dai quali si distribuisce alle varie parti del corpo. Così tutto questo corpo formato dall’intera terra è percorso dalle acque, che svolgono la funzione del sangue, e dai venti, che si potrebbero benissimo chiamare respiro. Questi due elementi ora corrono, ora si fermano. [2] Ma, come nel nostro corpo, finché gode di buona salute, anche la mobilità delle vene rimane inalterata e regolare, quando c’è un’indisposizione, le vene pulsano più velocemente e i gemiti e il respiro affannoso sono indizi di fatica e di stanchezza, così anche la terra, finché la sua condizione è quella naturale, rimane stabile; quando qualcosa non funziona, allora si genera un movimento come di un corpo malato, poiché quell’aria che scorreva con moderazione viene spinta con più violenza e scuote le vene in cui scorre, diversamente da quanto dicevano quelli che ho ricordato poco fa, che considerano la terra un essere vivente. Altrimenti, la terra sentirebbe tutta intera il colpo, come un essere vivente; nel nostro corpo, infatti, la febbre non attacca alcune parti più intensamente e altre meno, ma si propaga a tutte con pari intensità. [3] Vedi, dunque, se non si introduce nella terra dell’aria proveniente da quella che la circonda. Questa finché trova una via d’uscita, se ne va senza fare danni; se invece qualcosa la ostacola e le sbarra la strada, allora dapprima aumenta di pressione perché altra aria sopraggiunge alle spalle, poi fugge con difficoltà attraverso qualche fessura e quanto più stretta è l’apertura, tanto più violentemente esce. Questo non può accadere senza lotta, né la lotta senza terremoto. [4] Ma, se non trova neppure una fessura attraverso cui uscire, ammassatasi lì, si scatena e gira attorno agli ostacoli, abbattendone alcuni, infrangendone altri, poiché, sottilissima e insieme fortissima, si insinua nei luoghi più inaccessibili e con la sua forza fa a pezzi e disperde tutto ciò in cui è penetrata. Allora la terra è scossa: infatti, o si apre per offrire un passaggio al vento, oppure, dopo averglielo offerto, privata del suo sostegno, sprofonda in quella stessa cavità da cui l’ha fatto uscire.
15. La circolazione dell’aria sottoterra
Alcuni pensano che la terra sia perforata in molti punti e che non abbia soltanto quei primitivi accessi che ha ricevuto come spiragli fin dall’inizio, ma che molti li abbia aggiunti il caso. In un luogo l’acqua ha portato via da sotto tutto il terreno che c’era in superficie, altri luoghi sono stati portati via dai torrenti, altri ancora, spaccati da grosse ondate, sono venuti allo scoperto. Attraverso questi interstizi entra l’aria: e se il mare la circonda e la spinge più in profondità e i flutti non le permettono di tornare indietro e di andarsene, allora essa, trovandosi senza più possibilità di uscita né di ritorno, gira su se stessa e, poiché non può procedere in linea retta, si sforza di andare verso l’alto, secondo la sua tendenza naturale, e percuote la terra che la comprime.
16. Il soffio vitale
[1] Resta ancora da riferire l’opinione di molti studiosi, che riceverà forse il favore generale. Che la terra non sia priva d’aria è evidente, e non intendo solo di quell’aria che mantiene la sua coesione e tiene unite le parti che la costituiscono, aria che si trova anche nei sassi e nei cadaveri, ma di quel soffio vitale e attivo, che nutre tutte le cose. Se la terra non lo possedesse, come potrebbe infonderlo in tanti alberi e in tante piante che vivono grazie a quello? E come potrebbe far crescere radici tanto diverse, che affondano in essa in un modo o nell’altro, alcune attaccate alla superficie, altre conficcate più in profondità, se non avesse in abbondanza il soffio vitale che genera tante varietà di esseri che devono la loro crescita al fatto che lo assorbono e se ne alimentano? [2] Ma non adduco ancora prove decisive: tutto questo cielo racchiuso dall’etere infuocato, parte più alta dell’universo, tutte queste stelle di cui è impossibile dire il numero, tutta questa schiera di corpi celesti e, per tralasciare il resto, questo sole che percorre la sua orbita così vicino a noi e che è parecchie volte più grande dell’intero globo terrestre, traggono il loro nutrimento dalla terra e se lo dividono fra loro, e non sono certamente sostenuti da nient’altro che dalle esalazioni terrestri: questo è il loro alimento, questo è il loro pasto.[3] Ma la terra non potrebbe nutrire tanti corpi e tanto più grandi di sé, se non fosse piena di soffio vitale, che esala giorno e notte da tutte le sue parti; infatti, non può accadere che essa non ne abbia in sovrabbondanza, dal momento che gliene viene chiesto e preso tanto. È vero che ciò che esce si genera al momento (la terra, infatti, non potrebbe avere una riserva d’aria inesauribile tale da bastare a tanti corpi celesti, se non ci fosse uno scambio reciproco fra gli elementi e non si trasformassero gli uni negli altri), ma tuttavia bisogna che essa ne abbondi e ne sia piena e la tragga dalle sue riserve. [4] Dunque, non c’è dubbio che al suo interno ci sia molta aria nascosta e che un’atmosfera estesa occupi gli spazi oscuri sottoterra. E se questo è vero, deve essere spesso soggetto a scosse ciò che è pieno di una cosa tanto mobile: forse qualcuno potrebbe dubitare che non c’è nulla di così turbolento come l’aria, di così volubile e di così contento di agitarsi?
17. La forza irresistibile dell’aria
[1] Ne consegue, dunque, che l’aria mette in opera la sua natura e, poiché tende sempre a muoversi, talvolta fa muovere anche altre cose. Ciò quando avviene? Quando è stata arrestata nella sua corsa. Infatti, finché non viene ostacolata, scorre tranquillamente; quando invece viene urtata e trattenuta, smania e travolge ciò che la frena, come il famoso «Arasse che non sopporta un ponte». [2] Finché il suo alveo è agevolmente e liberamente navigabile, esso fa scorrere le sue acque regolarmente; quando dei sassi messi lì dalla mano dell’uomo o dal caso rallentano il suo flusso, allora cerca uno slancio nel ritardo e, quanti più ostacoli incontra, tanta più forza trova: infatti, le masse d’acqua che arrivano da dietro e che si accavallano su se stesse, quando non riescono a sostenere il proprio peso, acquistano forza dalla propria caduta e fuggono portando con sé ciò che sbarrava il passaggio. Lo stesso fenomeno si verifica con l’aria, che, quanto più è potente e mobile, tanto più rapidamente irrompe e più violentemente sconvolge tutto ciò che la chiude: da qui ha origine una scossa, naturalmente di quella parte sotto alla quale è avvenuta la lotta. [3] Che ciò che si dice è vero è dimostrato anche da questo fatto: spesso, quando c’è stato un terremoto, se si è aperta anche solo una qualche parte della superficie terrestre, da lì il vento ha soffiato per molti giorni, come si tramanda che sia avvenuto in occasione del terremoto che ha travagliato Calcide: ne troverai notizia in Asclepiodoto, discepolo di Posidonio, là dove dà la spiegazione proprio di questi fenomeni naturali di cui ci stiamo occupando. Troverai anche presso altri autori che la terra si è spaccata in un certo punto e che da lì per un tempo abbastanza lungo ha soffiato il vento, che evidentemente si era aperto da sé quel passaggio attraverso cui usciva.
18. La generazione dei venti e l’origine del terremoto
[1] Dunque, la causa principale dei terremoti è l’aria, che si muove rapidamente per natura e che si sposta da un luogo all’altro. Essa, finché non riceve spinte e sta nascosta in uno spazio vuoto, resta inoffensiva e non dà fastidio a ciò che la circonda: [2] quando una causa proveniente dall’esterno la scuote, la spinge in avanti e la rinserra in uno spazio ristretto, essa, se è ancora possibile, si limita a cedere il passo e a vagabondare: quando, invece, le è stata portata via la possibilità di allontanarsi ed è assediata da tutte le parti, allora, con gran rimbombo della montagna, freme attorno alle sue barriere, e, dopo averle a lungo colpite, le abbatte e le travolge con tanta più violenza quanto più forte è l’ostacolo contro cui ha lottato. [3] Poi, quando ha perlustrato tutto il luogo in cui era trattenuta, non potendo fuggire, balza indietro da quegli ostacoli contro cui s’è gettata con più impeto e o si disperde nei meandri nascosti prodotti dalla disgregazione conseguenza del terremoto, o si lancia fuori attraverso una nuova ferita del terreno: così la sua enorme forza non può essere contenuta e nessuna compagine trattiene il vento. L’aria, infatti, scioglie qualsiasi legame e porta con sé qualsiasi peso e, insinuatasi attraverso passaggi strettissimi, si fa largo e, con la potenza indomabile della sua natura, si libera, soprattutto quando, scatenandosi, fa valere i propri diritti. [4] L’aria è in verità qualcosa di invincibile: non ci sarà nulla che possa piegare sotto il proprio dominio e mettere in catene e chiudere in prigione i venti in lotta e le rumorose tempeste. [5] Senza dubbio i poeti hanno voluto che sembrasse una prigione il luogo in cui i venti sono nascosti sottoterra, ma non hanno capito che ciò che sta rinchiuso non è ancora vento e che ciò che è vento non può essere rinchiuso. Infatti, ciò che è al chiuso sta tranquillo ed è aria immobile; ogni vento invece è in fuga. [6] A queste argomentazioni se ne aggiunge un’altra, dalla quale risulta che il terremoto è causato dall’aria: anche i nostri corpi non tremano che quando una qualche causa perturba l’aria che circola in essi, quando essa si contrae per la paura, quando si illanguidisce per la vecchiaia ed è snervata per l’intorpidimento delle vene, quando è paralizzata dal freddo o allontanata dal suo corso regolare da un attacco di febbre. [7] Infatti, finché scorre senza ostacoli e segue il suo consueto percorso, non c’è alcun tremore del corpo: quando invece si presenta qualcosa che inibisce le sue funzioni, allora essa, incapace di mantenere quello che con la sua energia teneva teso come un arco, indebolendosi, scuote tutto ciò che sosteneva quando era nel pieno del suo vigore.
19. Opinione di Metrodoro di Chio: la causa del terremoto è l’aria
[1] Ascoltiamo, poiché è necessario, Metrodoro di Chio, che, arrivato il suo turno, esprime il proprio parere. Io, infatti, non mi permetto di tralasciare neppure quelle opinioni che disapprovo, poiché è più opportuno riportarle tutte per esteso e condannare quelle da cui dissentiamo, piuttosto che tralasciarle. [2] Che cosa dice, dunque? Come quando la voce di un cantante <vibra> dentro una giara, essa si diffonde e risuona per tutto il recipiente con una sorta di tremolio e, pur essendo stata emessa debolmente, tuttavia si aggira non senza scuotimento e rimbombo del vaso che la racchiude, così le estese caverne che formano una volta sottoterra racchiudono dell’aria propria, che, appena colpita da altra aria che arriva dall’alto, viene agitata, allo stesso modo in cui risuonano quei recipienti vuoti cui ho accennato poco fa, se vi si grida dentro.
20. Opinioni di Democrito e di Epicuro: la causa del terremoto è in più di un elemento
[1] Veniamo ora a coloro che hanno posto la causa del terremoto in tutti questi elementi che ho menzionato o nella maggior parte di essi. Democrito ritiene che sia in più di uno. Dice, infatti, che il terremoto è provocato a volte dall’aria, a volte dall’acqua, a volte da entrambe, e sviluppa in questo modo la sua argomentazione: «Una certa parte della terra è concava; in essa confluisce una gran massa d’acqua. Una parte di quest’acqua è leggera e più fluida delle altre. Quando questa è respinta da una massa pesante che le cade addosso, viene spinta contro la terra e la scuote, poiché non potrebbe essere così agitata senza scuotere ciò contro cui viene spinta». [2] E a proposito dell’acqua bisogna ripetere quello che dicevamo dell’aria: «Quando si è accumulata tutta in un luogo e non riesce più a contenersi, fa forza in un punto e si apre un passaggio dapprima col suo peso, poi col suo impeto. Essa, infatti, essendo stata a lungo rinchiusa, non può uscire, se non per una via in discesa, né cadere verticalmente con delicatezza o senza scuotere ciò attraverso cui o su cui cade. [3] Se poi, quando ha già cominciato a muoversi rapidamente, si è fermata in qualche luogo e la forza della corrente si è ripiegata su se stessa, l’acqua viene respinta contro la terra, e la agita con violenza in quella parte in cui ci sono più cavità. Inoltre, talvolta la terra, impregnata del liquido sceso fino in profondità, sprofonda più in basso, e il suo stesso fondo si guasta: allora viene schiacciata quella parte su cui soprattutto grava il peso delle acque che cadono. [4] Per quanto concerne l’aria, essa a volte respinge le onde e, se incalza con violenza, scuote naturalmente quella parte della terra contro cui ha scagliato le acque accumulate; altre volte, insinuatasi in canali sotterranei e alla ricerca di una via d’uscita, scuote tutto. La terra, per altro, è permeabile ai venti e l’aria è troppo sottile per poter essere tenuta fuori e troppo violenta perché si possa resistere alla sua agitazione e alla sua velocità».[5] Epicuro afferma che tutte queste cause sono possibili e ne cerca molte altre ancora e rimprovera coloro che hanno sostenuto che la causa è una sola di queste, poiché è difficile garantire qualcosa di certo a proposito di questi fenomeni che sono spiegabili solo in modo congetturale. [6] «Dunque», come dice, «l’acqua può scuotere la terra, se ne ha trascinato via ed eroso alcune parti, le quali, una volta assottigliate, non sono più in grado di sostenere ciò che sorreggevano quando erano intatte. Può scuotere la terra la spinta dell’aria: infatti, può darsi che l’aria sia agitata da altra aria che entra dall’esterno, oppure può darsi che sia scossa da una massa di terra che cade all’improvviso e che le comunica il movimento. Può darsi che qualche parte della terra si sostenga come su delle specie di colonne e di pilastri che, indebolitisi e cedendo, fanno tremare il peso poggiato sopra. [7] «Può darsi che una massa d’aria calda trasformatasi in fuoco e simile al fulmine si muova, abbattendo tutto ciò che la ostacola. Può darsi che un qualche soffio spinga delle acque paludose e stagnanti e che quindi l’urto scuota la terra o l’agitazione dell’aria, che cresce ed è stimolata dal suo stesso moto, si comunichi dalle profondità fino alla superficie». Tuttavia, secondo lui, non c’è nessuna causa del terremoto più potente dell’aria.
21. Opinione personale di Seneca: la causa del terremoto è l’aria.
Tipi di terremoto
[1] Anche secondo noi è quest’aria a essere capace di effetti così straordinari, poiché in natura non c’è niente di più potente, niente di più energico, e senza di essa neppure gli elementi più violenti mantengono la loro forza: l’aria attizza il fuoco; le acque, se togli il vento, restano immobili: esse prendono slancio quando un soffio le spinge. E l’aria può disperdere grandi estensioni di terra e sollevare dal di sotto nuove montagne e far apparire in mezzo al mare isole mai viste prima: chi mette in dubbio che sia stata l’aria a portare alla luce Tera e Terasia e quest’isola dei nostri tempi, nata sotto i nostri occhi nel mar Egeo? [2] Secondo Posidonio, ci sono due tipi di terremoto. Ciascuno ha un suo nome specifico: uno è il moto sussultorio, quando la terra è scossa e si muove dal basso verso l’alto e viceversa, l’altro è il moto ondulatorio, in cui la terra oscilla alternativamente da un lato e dall’altro, come un’imbarcazione. Io, però, credo che ci sia anche un terzo tipo, che è stato designato con una parola latina: infatti, non senza ragione i nostri antenati hanno parlato di un «tremore» della terra, che è diverso dagli altri due, poiché le cose non ricevono una scossa verticale, né oscillano lateralmente, ma vibrano, che in casi di questo genere è il movimento più inoffensivo; così come l’oscillazione è molto più perniciosa della scossa sussultoria: infatti, se non arriva rapidamente dalla parte opposta un moto che rimetta diritte le cose che stanno per cadere, ne consegue inevitabilmente un crollo.
22. I diversi tipi di terremoto hanno diverse cause
[1] Poiché questi movimenti sono diversi fra loro, anche le loro cause sono diverse. Prima, dunque, parliamo del moto sussultorio. Se dei pesi enormi avanzano trascinati da una colonna di carri e le ruote, a causa dello sforzo considerevole, incappano nelle asperità del terreno, sentirai che il suolo è scosso. [2] Asclepiodoto tramanda: essendo caduto un masso, staccatosi dal fianco di una montagna, gli edifici vicini sono crollati per la scossa. La stessa cosa può avvenire sotto terra, cioè che qualcuna di queste rupi sospese, staccatasi, cada pesantemente e rumorosamente nella caverna sottostante, con tanta maggiore violenza quanto maggiore è il suo peso o l’altezza da cui cade; e così trema tutta la volta della caverna sotterranea. [3] E non è credibile che le rocce si stacchino soltanto per il loro peso, ma, poiché sopra scorrono dei fiumi, l’acqua che scorre costantemente assottiglia le giunture della pietra e ogni giorno porta via qualcosa alle parti cui essa è attaccata ed erode quella colla, per così dire, da cui è tenuta insieme. Quindi, un’erosione che continua nel tempo indebolisce le parti che quotidianamente logora fino a tal punto che queste non sono più in grado di reggere il peso. [4] Allora precipitano massi pesantissimi; allora quella rupe caduta giù, non potendo lasciare ferme tutte le cose mobili che ha colpito, «arriva <con> un gran rumore, e sembra che tutto crolli all’improvviso», come dice il nostro Virgilio.
23. Opinione di Callistene: la causa del terremoto è l’aria
[1] Questa sarà la causa di questo moto che scuote la terra verticalmente: passo all’altra. La natura della terra è porosa e contiene in sé molto vuoto: attraverso questi pori circola l’aria, che, quando vi si è introdotta in maggior quantità e non riesce a uscire, scuote la terra. [2] Come ho riferito poco fa, questa spiegazione è accolta anche da altri, se il numero dei testimoni ti sembra decisivo: la approva anche Callistene, uomo niente affatto spregevole; ebbe, infatti, animo nobile e incapace di sopportare i furori di un re. Questa è la colpa eterna di Alessandro, che nessun valore, nessun successo militare potrà riscattare. [3] Infatti, ogni volta che qualcuno dirà: «Uccise molte migliaia di Persiani», si ribatterà: «e anche Callistene»; ogni volta che si dirà: «Uccise Dario, che allora possedeva il regno più grande del mondo», si ribatterà «e anche Callistene»; ogni volta che si dirà: «Vinse tutto fino all’oceano, e affrontò l’oceano stesso con nuove flotte ed estese l’impero da un angolo della Tracia sino ai confini dell’Oriente», si dirà: «però uccise Callistene»: abbia pure superato tutto ciò che avevano fatto generali e re in precedenza, ma niente di ciò che ha compiuto sarà così grande come il suo delitto. [4] Questo Callistene nei libri in cui descrive come Elice e Bura siano state sommerse e quale evento le abbia sprofondate nel mare, espone la teoria che io ho presentato nella parte precedente di questo libro: «L’aria entra nella terra attraverso fori nascosti, come avviene dappertutto, così anche sotto il mare; poi, quando è ostruito quel passaggio attraverso cui era discesa, e l’acqua che oppone resistenza alle sue spalle la priva della possibilità di tornare indietro, essa viene spinta da una parte e dall’altra e, scontrandosi con se stessa, scrolla la terra». Perciò, molto spesso le regioni vicine al mare sono devastate dal terremoto e da qui è stata attribuita a Nettuno questa facoltà del mare di muovere la terra. Chiunque abbia ricevuto un’istruzione elementare sa bene che quel dio in Omero è chiamato jEnosivcqwn.
24. Come l’aria entra nel sottosuolo e provoca i terremoti
[1] Anch’io sono d’accordo che la causa di questo flagello sia l’aria. Discuterò su questo punto: in che modo entra quest’aria, se attraverso fori minuscoli che sfuggono ai nostri occhi o attraverso aperture più grandi e più visibili, e se viene dalle profondità della terra oppure si introduce anche attraverso la superficie. [2] Quest’ultima ipotesi non è credibile. Infatti, anche nei nostri corpi la pelle respinge l’aria, che non può entrare, se non attraverso le vie respiratorie e, una volta entrata, non si può fermare, se non in una parte del corpo relativamente aperta: essa, infatti, non si sofferma in mezzo ai nervi o alla carne, ma nelle viscere e nelle ampie cavità interiori. [3] La stessa cosa si può supporre a proposito della terra, anche per il fatto che il terremoto non si verifica in superficie o in prossimità della superficie, ma sottoterra, e proviene dalle profondità. Una prova di questo è il fatto che mari profondissimi sono agitati, evidentemente a causa del moto di quelle regioni sopra le quali si distendono: è, dunque, verosimile che il terremoto abbia origine dalle profondità della terra e che lì l’aria si ammassi in enormi cavità. [4] «Anzi!», dice. «Come quando abbiamo i brividi per il freddo ne consegue un tremito, così anche la terra è scossa da una corrente d’aria che viene dal di fuori». Ciò non può assolutamente accadere. Infatti, dovrebbe soffrire il freddo, perché le possa accadere quello che accade a noi, che una causa esterna fa rabbrividire. Potrei anche ammettere che alla terra accada qualcosa di simile a ciò che accade a noi, ma non per una causa simile. [5] Dev’essere una lesione più interna e più profonda a scrollare la terra: la prova migliore a favore di questa tesi può forse essere il fatto che, quando il suolo si è aperto a causa di un terremoto violento, provocando gravi danni, talvolta quella voragine inghiotte e seppellisce intere città. [6] Tucidide dice che al tempo della guerra del Peloponneso l’isola di Atalante fu inghiottita completamente o per lo meno per la maggior parte. E puoi credere a Posidonio che la stessa cosa è accaduta a Sidone. Ma per questo non occorrono testimoni: infatti, ci ricordiamo che, spaccatasi la terra per un terremoto interno, delle località furono sconquassate e delle pianure distrutte. E ormai dirò in che modo penso che ciò si verifichi.
25. L’azione dell’aria nel sottosuolo
[1] Quando l’aria con la sua grande forza ha riempito completamente una cavità sotterranea e ha cominciato a lottare e a cercare una via d’uscita, colpisce più frequentemente proprio le pareti fra le quali è nascosta, sopra le quali sono talvolta situate delle città. Queste pareti a volte ricevono delle scosse tali che gli edifici sovrastanti crollano, a volte il terremoto è così forte che le pareti che sorreggono tutta la volta della cavità rovinano sullo spazio vuoto che si apre sotto e intere città sprofondano nell’immensa voragine. [2] Se vuoi crederci, dicono che un tempo l’Ossa era strettamente unito all’Olimpo e che poi a causa di un terremoto si sia separato e che quell’unico enorme monte si sia scisso in due. Allora sgorgò il Peneo, che prosciugò le paludi da cui era afflitta la Tessaglia, attraendo nel suo corso le acque che ristagnavano prive di una via d’uscita. A metà strada fra Elide e Megalopoli scorre il fiume Ladone, che è stato fatto scaturire da un terremoto. [3] Che cosa dimostro con questi esempi? Che l’aria sottoterra si ammassa in vaste caverne (con quale altro nome potrei designare questi spazi vuoti?); se non fosse così, il terremoto interesserebbe insieme grandi estensioni di terra e molte regioni tremerebbero nello stesso momento: ora invece sono zone poco estese ad essere colpite e il terremoto non si fa sentire mai per duecento miglia. Ecco, questo terremoto che ha riempito il globo di resoconti favolosi non ha varcato i confini della Campania. [4] Che cosa dovrei dire del fatto che, quando Calcide tremò, Tebe rimase stabile, e quando fu distrutta Egio, Patre, che è così vicina, del terremoto sentì solo parlare? Quelle ingenti scosse che abbatterono le due città di Elice e Bura si fermarono nei dintorni di Egio. È chiaro, dunque, che il terremoto in superficie si propaga tanto più quanto più esteso è il vuoto nelle cavità sotterranee.
26. Non esistono regioni immuni dal terremoto
[1] Per dimostrare questa tesi, avrei potuto fare ricorso all’autorità di uomini illustri, che tramandano che l’Egitto non ha mai tremato. Essi spiegano così questo fatto: il terreno è fatto interamente di limo. Infatti, se ti fidi di Omero, Faro era tanto lontana dalla terraferma quant’è la distanza che una nave, spinta a vele spiegate, può percorrere in un giorno; ma ora si è accostata alla terraferma: infatti, il Nilo, scorrendo torbido e trascinando con sé molto fango e aggiungendolo un po’ per volta alla terra già esistente, fa avanzare continuamente i confini dell’Egitto con incrementi che si susseguono anno dopo anno. Da qui la natura grassa e fangosa del terreno, che non presenta fenditure, anzi è cresciuto in modo compatto per il disseccarsi del limo, la cui struttura era compatta e sedimentaria per l’agglutinazione delle sue parti, e non si poteva formare alcun vuoto al suo interno, perché alla materia solida se ne aggiungeva continuamente una liquida e molle. [2] Ma sono soggetti a terremoti sia l’Egitto, sia Delo, che Virgilio ha preteso che stesse salda: e le concesse di essere immobile e di essere abitata e di disprezzare i venti;anche i filosofi, gente credulona, hanno sostenuto, su garanzia di Pindaro, che quest’isola non è soggetta a terremoti. Tucidide afferma che prima era sì rimasta immobile, ma all’epoca della guerra del Peloponneso tremò. [3] Callistene afferma che ciò accadde anche in un’altra occasione: «Fra i molti prodigi», dice, «che preannunciarono la distruzione delle due città di Elice e Bura, quelli di gran lunga più appariscenti furono una gigantesca colonna di fuoco e lo scuotimento di Delo». Egli sostiene che Delo sia sembrata stabile perché poggia sul mare e possiede delle rocce concave e delle pietre perforate, che consentono all’aria imprigionata di tornare in libertà: per questo le isole avrebbero un terreno più stabile e le città sarebbero tanto più sicure quanto più sono vicine al mare. [4] Che queste tesi siano false, l’hanno sperimentato Pompei ed Ercolano. Aggiungi ora che tutte le coste marine sono esposte ai terremoti: così Pafo crollò più di una volta; così Nicopoli ha acquistato dimestichezza con questo flagello che l’ha resa famosa; un mare profondo circonda Cipro, eppure anch’essa viene scossa; e anche la stessa Tiro viene colpita dai terremoti tanto quanto viene erosa dal mare.Queste sono le cause che generalmente si adducono per spiegare il terremoto.
27. Fenomeni concomitanti col terremoto: le epidemie
[1] Si racconta, tuttavia, che in questo terremoto in Campania si siano verificati alcuni fenomeni particolari, di cui bisogna render conto. Abbiamo detto che un gregge di seicento pecore è morto nella zona di Pompei. Non c’è ragione perché tu creda che quanto è accaduto a quelle pecore sia dovuto allo spavento. [2] Si dice, infatti che dopo forti terremoti dilaghi di solito un’epidemia, e non c’è da meravigliarsi. Infatti, molte sostanze letali stanno nascoste in profondità: l’aria stessa, che rimane inerte o per difetto del terreno o per pigrizia o per il buio perpetuo, è funesta per quelli che la respirano, oppure, alterata dai fuochi sotterranei, quando è venuta in superficie dopo una lunga stagnazione, contamina e inquina la nostra atmosfera pura e limpida, e porta nuovi generi di malattie a chi respira quest’aria cui non è abituato. [3] E che dire del fatto che stanno nascoste sottoterra anche acque imbevibili e pestilenziali, che non vengono mai utilizzate e non sono mai sferzate dall’aria un po’ libera? Pertanto, dense e coperte costantemente da una pesante caligine, non contengono nient’altro che sostanze malsane e dannose per il nostro organismo. Anche l’aria, che si trova mescolata a quelle acque e che giace in mezzo a quelle paludi, quando arriva in superficie, diffonde per largo tratto il suo veleno e uccide chi la respira. [4] Le bestie poi, che la pestilenza di solito colpisce per prime, ne risentono più facilmente quanto più sono insaziabili: vivendo all’aria aperta, fanno abbondantemente uso di acqua, che è la principale responsabile dell’epidemia. E non mi meraviglio che ne siano state colpite le pecore, che sono di natura più delicata, dato che hanno la testa più vicina al suolo, poiché hanno assorbito in prossimità del suolo quelle esalazioni nocive. Avrebbero danneggiato anche gli uomini, se fossero uscite in maggior quantità ; ma sono state neutralizzate dall’abbondanza di aria pura prima che si sollevassero abbastanza per poter essere respirate dall’uomo.
28. Fenomeni concomitanti col terremoto: le esalazioni pestilenziali
[1] Che la terra poi contenga molte sostanze letali, lo puoi capire anche dal fatto che vengono alla luce tanti veleni non seminati dalla mano dell’uomo, ma spontaneamente, evidentemente perché il suolo racchiude i semi sia di ciò che fa bene, sia di ciò che fa male. E che dire del fatto che in molte località italiane attraverso certi fori escono delle esalazioni pestilenziali che né l’uomo né le bestie possono respirare senza danno? Anche gli uccelli, se si imbattono in esse prima che siano attenuate da un’aria migliore, cadono durante il volo e i loro corpi si fanno lividi e la gola si gonfia come se fosse stata strangolata. [2] Quest’aria, finché si trattiene sottoterra, uscendo solo attraverso fori sottili, ha una potenza sufficiente solo a uccidere gli animali che hanno la testa rivolta verso il basso e che si spingono da sé nel suo interno; dopo essere rimasta nascosta per secoli nelle tenebre e in un luogo lugubre, ha accresciuto la sua forza nociva, e diventa sempre più funesta col passar del tempo e peggiora quanto più resta immobile: quando ha trovato una via d’uscita, trasporta quel contagio di un luogo perennemente immerso nel freddo e nel buio e nella notte infernale, e contamina l’atmosfera delle nostre regioni; il meglio, infatti, è vinto dal peggio. [3] Allora anche quell’aria più pura diventa nociva: di qui le morti improvvise che si susseguono ininterrottamente e generi mostruosi di malattie, poiché nascono da cause sconosciute. Questa calamità dura più o meno a lungo a seconda della violenza del contagio, e la pestilenza non cessa prima che l’ampiezza del cielo e l’agitazione dei venti abbiano messo in movimento quell’aria opprimente.
29. Effetti del terremoto sulla mente degli uomini: la pazzia
[1] Infatti, alcuni si sono messi a correre qua e là, come forsennati e storditi per effetto della paura, che scuote le menti quand’è personale e moderata: e che? Quando il terrore è generale, quando crollano le città, i popoli sono schiacciati, la terra è scossa, che cosa c’è da meravigliarsi che gli animi, abbandonati in preda al dolore e alla paura, siano smarriti? [2] Non è facile restare in sé in mezzo a grandi catastrofi. Perciò, quasi sempre le menti più deboli vengono prese dal panico al punto da uscire di sé. Certo nessuno prova un grande spavento senza pregiudicare un po’ la sua sanità mentale, e chi ha paura è simile a un pazzo: ma la paura rende alcuni ben presto a se stessi, altri invece li sconvolge con più violenza e li porta alla follia. [3] Ecco perché durante le guerre si sono visti uomini andare errando come forsennati e in nessun posto troverai più esempi di persone dedite alle profezie che dove il panico, mescolato alla superstizione, ha colpito le menti.
30. Effetti del terremoto su realtà naturali e costruzioni erette dagli uomini
[1] Non mi meraviglio che una statua si sia spaccata in due, dopo aver detto che le montagne si sono staccate dalle montagne e il suolo stesso si è aperto dal profondo. Si narra che questi luoghi un tempo si siano separati per la violenza di un’enorme rovina (così grandi sono i cambiamenti che può causare il lungo trascorrere dei secoli), quando le due terre erano unite a formarne una sola. Il mare penetrò con violenza in esse e smisurato staccò la costa dell’Esperia dalla Sicilia e venne a bagnare coi suoi flutti nello stretto passaggio le campagne e le città dalle due parti, dopo averle separate con le sue acque.[2] Tu vedi che intere regioni sono strappate dalle loro sedi e che al di là del mare si estendono dei territori che un tempo confinavano coi nostri; tu vedi che città e popolazioni si separano, quando una parte della natura si è sollevata e ha spinto contro qualcosa il mare, il fuoco o l’aria; e la forza di questi elementi è meravigliosa, poiché proviene dal tutto: infatti, pur infuriando solo parzialmente, infuria tuttavia con le forze del mondo.[3] Così il mare ha strappato la Spagna dalla stretta unione con l’Africa, così attraverso questa inondazione celebrata dai più grandi poeti, la Sicilia è stata allontanata dall’Italia. Ciò che viene dalle massime profondità ha un impeto molto maggiore: infatti, ciò che esce con sforzo attraverso stretti passaggi è più potente. [4] Si è già parlato abbastanza dell’imponenza degli effetti provocati da questi terremoti e della bellezza degli spettacoli che ci hanno offerto: perché, dunque, qualcuno si meraviglia che il bronzo di un’unica statua, e neppure massiccio, ma concavo e sottile, si sia spaccato in due, dato che forse in essa era rimasta imprigionata dell’aria che cercava una via d’uscita? E chi ignora quest’altro effetto? Abbiamo visto degli edifici aprirsi agli angoli e poi richiudersi nuovamente a causa di un terremoto. Anzi, alcuni, poco stabili sulle fondamenta e costruiti con una certa negligenza e poco solidamente, sono stati consolidati dal terremoto che li ha scossi ripetutamente. [5] E se esso fende intere pareti e intere case e apre i fianchi di grandi torri, per quanto siano solidi, e manda in pezzi i pilastri che sostengono le costruzioni, che motivo c’è per considerare degno di nota il fatto che una statua sia stata divisa in due parti uguali dalla testa ai piedi?
31. Le scosse di assestamento. Osservazioni fatte in Campania
[1] Perché, tuttavia, questo terremoto durò più giorni? La Campania, infatti, non smise di tremare ripetutamente, con scosse sì relativamente deboli, ma molto dannose, perché scuotevano edifici già scossi, che, reggendosi in piedi in modo precario, per cadere non avevano <bisogno> di essere spinti, ma solo di essere mossi: evidentemente l’aria non era ancora uscita tutta, ma, emessa la maggior parte, si aggirava ancora qua e là. Fra le prove con cui si dimostra che questi fenomeni sono prodotti dall’aria non esitare ad annoverare anche questa: [2] Quando si è verificata una scossa fortissima, che ha infuriato contro città e regioni, non può seguirne un’altra ugualmente potente, ma dopo quella più violenta ne vengono altre leggere, perché quella più forte ha già aperto una via d’uscita ai venti in lotta; l’aria rimasta non possiede la stessa potenza e non ha bisogno di ingaggiare battaglia, perché ha già trovato una via d’uscita e la segue passando per la strada attraverso cui è uscita la prima e più potente massa d’aria.[3] Giudico degno di essere ricordato anche questo fatto venuto a conoscenza di un uomo molto colto e serio: egli afferma di aver visto che in bagno (per caso, infatti, si stava lavando, quando ciò avvenne) le tessere da mosaico di cui era rivestito il pavimento si separavano l’una dall’altra e poi si ricongiungevano, e che l’acqua ora si raccoglieva nelle fessure, quando il pavimento si ritirava, ora usciva gorgogliando, quando si ricomponeva. L’ho sentito raccontare anche d’aver visto dei muri a secco in preda a scosse più dolci e più frequenti di quanto non lo consenta la loro naturale durezza.
32. Riflessioni sulla morte e sulla paura della morte
[1] Questo è tutto, o Lucilio, che sei il migliore fra gli uomini, per quanto riguarda le cause: passiamo ora a ciò che può dare forza agli animi. Perché a noi importa maggiormente che essi diventino più forti che più dotti; ma l’uno non può avvenire senza l’altro: infatti, la forza dell’animo non ha altra origine che i buoni studi e la contemplazione della natura. [2] Chi, infatti, non è stato reso saldo e rinfrancato contro tutte le sventure proprio da questo disastro? Perché, infatti, dovrei tremare di fronte a una freccia o a una lancia? Mi attendono pericoli più gravi: siamo presi di mira dai fulmini, dalla terra e dai potenti apparati della natura. [3] Bisogna, dunque, sfidare la morte, sia che essa ci attacchi in modo ampio e imponente, sia che ci riservi una fine banale e comune. Non ha importanza la violenza delle sue minacce o la grandezza dei mezzi mobilitati contro di noi; quello che vuole da noi è ben poco: ce lo può portar via la vecchiaia, un mal d’orecchie, un eccesso di umori guasti, un cibo poco adatto allo stomaco, una leggera escoriazione a un piede.[4] La vita dell’uomo è una cosa insignificante, ma una grande cosa è il disprezzo della vita: chi l’ha disprezzata vedrà senza turbarsi i mari in tempesta, anche se tutti i venti li avranno sollevati, anche se la marea, in uno sconvolgimento generale del mondo, rovescerà sulla terra l’oceano intero; guarderà senza turbarsi l’aspetto minaccioso e pauroso del cielo solcato dai fulmini, se anche il cielo si squarciasse e mescolasse i suoi fuochi per la distruzione di tutte le cose; guarderà senza turbarsi il suolo che si spacca, spezzatisi i legami che lo tengono unito, se anche si aprissero i regni degli Inferi. Starà fermo, impavido, sull’orlo di quella voragine, e forse scenderà là dove dovrebbe cadere. [5] Che m’importa la grandezza delle forze che mi faranno morire? Lo stesso morire non è una grande cosa. Quindi, se vogliamo essere felici, se non vogliamo essere esposti alla paura degli uomini né degli dèi né delle cose, se vogliamo disprezzare la fortuna che promette cose senza valore e minaccia mali senza importanza, se vogliamo vivere una vita tranquilla e gareggiare in felicità con gli dèi stessi, bisogna tener l’anima sempre pronta: sia che la attacchino gli agguati o le spade nemiche o il rumoroso crollo di grandi caseggiati o lo sprofondamento della terra o la furia devastatrice di incendi che avviluppano in un’unica rovina città e campagne, chi la vorrà se la prenda pure. [6] Che cos’altro devo fare, se non incoraggiarla nel momento di andarsene e congedarla con buoni auguri? «Va’ con coraggio! Va’ felice! Non avere esitazioni: sei restituita alla tua origine. In questione non è la cosa, ma solo il tempo: tu fai ciò che prima o poi bisogna fare. Non supplicare, non avere paura, non tirarti indietro come se dovessi andare verso qualche male: la natura che ti ha generato ti aspetta, e in luogo migliore e più sicuro. [7] «Là non trema la terra, e i venti non si scontrano fra loro con gran fragore di nubi, gli incendi non devastano regioni e città, non c’è la paura di naufragi che inghiottono intere flotte, non ci sono eserciti schierati sotto bandiere nemiche e molte migliaia di soldati pronti a sterminarsi a vicenda con uguale furore, non c’è la pestilenza, né ci sono roghi comuni su cui bruciano insieme cadaveri di popoli che cadono».La morte è un evento trascurabile: perché lo temiamo? È un evento importante: allora è meglio che ci colpisca una volta per tutte piuttosto che incombere sempre su di noi. [8] E io dovrei aver paura di morire, quando la terra muore prima di me, quando queste cose che ci scuotono sono a loro volta scosse e non possono fare del male a noi senza farne a se stesse? Il mare ha inghiottito interamente Elice e Bura: io dovrei aver paura per un solo misero corpo? Si naviga sopra due città (due città che conosciamo, il cui ricordo, conservato dagli scrittori, è arrivato fino alla nostra conoscenza: ma quante altre sono state sommerse in altri luoghi, quanti popoli ha inghiottito nelle sue viscere la terra o il mare!): e io dovrei rifiutare la mia fine, pur sapendo che io non sono senza fine? Anzi, sapendo che tutte le cose hanno una fine, dovrei aver paura di esalare l’ultimo respiro? [9] Dunque, Lucilio, fatti forza quanto puoi contro la paura della morte: è questa paura che ci rende meschini; è questa paura che turba e rovina proprio quella vita che risparmia; è questa paura che ingigantisce tutti questi fenomeni, i terremoti e i fulmini. E tu sopporterai tutte queste cose con fermezza, se penserai che non c’è nessuna differenza fra un arco di tempo breve e uno lungo. [10] Sono ore quelle che noi perdiamo; pensa che sono giorni, mesi, anni: li perdiamo sì, ma li avremmo persi comunque. Ti prego, dimmi che importanza ha se riesco a raggiungerli? Il tempo scorre e ci lascia avidissimi di sé; non è mio né quello che è passato né quello che verrà: sono sospeso a un attimo fuggente, ed è già tanto che abbia avuto un minimo di durata. [11] Il noto saggio Lelio, a uno che diceva: «Ho sessant’anni», rispose: «Tu parli di quei sessanta che non hai più». Neppure dal fatto che contiamo gli anni perduti ci rendiamo conto che la condizione della vita è di essere inafferrabile e che la sorte del tempo è di non appartenerci mai? [12] Imprimiamoci bene nell’animo questo e ripetiamocelo continuamente: si deve morire. «Quando?». Che importa? La morte è una legge di natura, la morte è un tributo e un dovere per i mortali, ed è il rimedio per tutti i mali: chiunque ha paura la invoca. Lasciando da parte tutto il resto, Lucilio, medita questo soltanto: non aver paura della parola «morte»; fa’ sì che ti diventi familiare, pensandoci molto, cosicché, se ce ne sarà bisogno, tu sia in grado di andarle incontro.