Laura Montingelli - André - François Marescotti

 

 

       

Un ricordo

Vorrei dedicare un piccolo ricordo ad una figura legata a una di quelle realtà della geografia musicale europea generalmente considerate (più o meno a ragione) periferiche e un poco “sbiadite”. L’area geografica nella fattispecie è quella della Svizzera, e la figura in questione è quella di André – François Marescotti, di cui si è celebrato il 30 aprile 2002 il centenario della nascita (essendo egli nato a Carouge, presso Ginevra, il 30 aprile 1902, e morto a Ginevra il 18 maggio 1995).
Ho scelto di parlare di lui perché, a mio parere, è stato un compositore non geniale, ma comunque interessante, e capace soprattutto di confrontarsi, da una posizione musicalmente un poco isolata e “ovattata” come quella della Svizzera, con alcuni grandi momenti e alcune questioni cruciali della musica del ‘900 europeo.

Marescotti, dato interessante, aveva alle spalle una formazione tecnico-matematica al Technikum di Ginevra, a cui fece seguito il suo ingresso nel Conservatorio di quella città, dove studiò pianoforte, composizione e tecniche di strumentazione. Si perfezionò poi a Parigi sotto la guida di Roger Ducasse.
Divenne maestro del coro al Sacro Cuore di Ginevra nel 1924, docente di pianoforte al Conservatorio nel 1931, e ancora maestro del coro nella chiesa ginevrina di San Giuseppe nel 1940. Parallelamente, fu attivo in diverse organizzazioni musicali svizzere.
Nella sua prima fase creativa fu molto influenzato dai francesi: Debussy, Ravel, ma ancora di più Roussel. In seguito fu affascinato dalle possibilità di esprimersi con leggerezza ed ironia offerte dal Neoclassicismo.

La composizione che lo portò ad acquisire fama internazionale è il Fantasque per pianoforte solo, scritto per partecipare al Concorso Internazionale di Composizione di Ginevra nel 1939.
Nel 1942 avvenne per Marescotti l’incontro sconvolgente con le asprezze espressioniste del Wozzeck di Alban Berg, che gettò Marescotti in una fase di profonda crisi creativa. Durante i successivi sette anni, egli si dedicò allo studio approfondito delle tecniche compositive della Seconda Scuola di Vienna. Dal 1948, i primi frutti di questo studio: Marescotti cominciò a scrivere in uno stile liberamente atonale, nonché dodecafonico e seriale. L’influenza dell’Espressionismo musicale e soprattutto di Alban Berg perdurerà su di lui per lungo tempo.

Agli studi sulla Seconda Scuola di Vienna si collega la sua unica opera teorica, il trattato di strumentazione Les instruments d’orchestre, pubblicato a Parigi nel 1950. Marescotti ha lasciato inoltre un paio di articoli sulle tendenze della musica contemporanea e su dodecafonia e serialità, pubblicati su una Rivista di teologia e filosofia e su Musik der Zeit.

A margine ricordiamo anche che nel 1963 e nel 1964 ottenne due importanti riconoscimenti: fu premiato al Composer’s Prize di Ginevra e dall’Associazione dei Musicisti Svizzeri.
Marescotti ha scritto musiche di scena e per balletti, opere per orchestra, orchestra d’archi o ensembles da camera, tanta musica vocale (specie corale) e svariati lavori per pianoforte: gli Schizzi in due serie, del 1922, tre Suites (del 1929/ 1932/ 1944), il già ricordato Fantasque, del 1939, ed altri piccoli pezzi.

Vorrei soffermarmi proprio sul Fantasque, perché questa breve e vivace composizione fu portata alla notorietà e alla perfezione esecutiva da un musicista di altissimo rango: il giovane Arturo Benedetti Michelangeli, le cui scelte di repertorio negli anni ’40 si caratterizzarono per queste scelte un poco eccentriche, poi abbandonate con la maturità.
Il Fantasque nell’interpretazione di Michelangeli (CD Ermitage 183-2 ADD) mi ha vagamente ricordato, in alcuni suoi passaggi incalzanti e trasparenti insieme, le sonorità raveliane.

A proposito di questo accostamento un po’ temerario Marescotti/ Ravel, vorrei leggere un brevissimo, significativo passaggio delle note critiche di Piero Rattalino al disco Ermitage:
“(…) Il “moderno” è qui rappresentato da Debussy e da Marescotti. Rimpiangiamo molto il fatto che Benedetti Michelangeli non abbia inciso negli anni ’40 i Jeux d’eau di Ravel, scomparsi più tardi dal suo repertorio e mai registrati. Il pezzo del Marescotti, per quanto bonhomme, ci dice però indirettamente quanto fosse già allora la tecnica della sonorità raveliana in Benedetti Michelangeli: una tecnica miracolosa. (…)”.

Ancora a proposito di Marescotti, ho detto che scrisse brani per svariati organici. E’ del 1933 ad esempio un lavoro che mi è parso carino e curioso, La cicala e la formica, musica da balletto composta per un disegno animato di un certo Courvoisier. Ma molti altri lavori si potrebbero citare. Tra le sue principali composizioni vengono solitamente ricordati il poema sinfonico Aubade, del 1936, il Mistero di Natale “Dove la stella si fermerà”, per coro maschile e cinque strumenti, del 1938, La lampada d’argilla, musiche di scena eseguibili però anche sotto forma di oratorio su testi di René Morax, per soli, coro maschile e dodici strumenti (oppure coro, soli e orchestra), del 1947.
Mentre parte della musica scritta per messinscene e, ancora di più, la musica sacra corale, sembrano sin dai titoli influenzate dalla fede cristiana, ed in particolare da diversi episodi evangelici legati alla Natività (i pastori, la Stella cometa ecc.), i lavori per pianoforte paiono ispirati sul piano tematico da atmosfere e argomenti più profani, su quello musicale dal Debussy più impressionista e dal Ravel più colorato e “liquido”.

Ho pensato che il sito e i frequentatori del Cerchio Azzurro, sempre alla ricerca di figure marginali ma meritevoli, del ‘900 storico come dell’attualità, potessero trovare nella figura di Andrè-François Marescotti un qualche motivo di interesse, benché forse (ma resta un’opinione personale) più sotto il profilo intellettuale che non sotto quello strettamente musicale.