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Con
questo breve scritto intendo soffermarmi su un episodio della vita di
due grandi protagonisti del Novecento: un pittore e un poeta. Il pittore
è Oskar Kokoschka, austriaco, tra i maestri dell'espressionismo,
sia pure con un percorso molto personale. Il poeta è Georg Trakl,
anch'egli austriaco, di Salisburgo, poeta di grande e tormentata purezza
espressiva, il cui volto è, direi, assai eloquente.
I
due si frequentavano e si stimavano. Una sera accadde qualcosa di particolare
tra loro, in relazione a questo quadro, anzi per meglio dire, al titolo
di questo quadro che è "La sposa del vento".
Siamo
nel luglio del 1914 e la prima guerra mondiale sta per scoppiare. Kokoschka
era impegnato nella conclusione del dipinto, ora conservato al Kunstmuseum
di Basilea. L'opera è una delle più emotivamente intense
della sua produzione e contiene una chiara allusione alla turbolenta passione
tra l'artista e Alma Mahler, vedova del compositore Gustav.
Alma
Mahler è una figura di grande interesse perché ha affascinato
diversi personalità eminenti. Lo scrittore, premio Nobel, Elias
Canetti la considererà una cacciatrice di trofei, dal momento che
alla lista vanno aggiunti il fondatore del Bauhaus Walter Gropius e lo
scrittore Franz Werfel.
Kokoschka amò fortemente Alma e fu talmente turbato dalla fine
di quest'amore che anni dopo si farà realizzare una bambola a grandezza
naturale somigliante alla donna e con essa andrà a teatro, al ristorante
e via dicendo: bambola che sarà anche modella per due opere di
diversa, ma inquietante bellezza "Donna in blu" (1919) e "Autoritratto
con bambola" (1920-21).
Ma torniamo al quadro.
Una
donna si abbandona tra le braccia di un uomo, dentro una barca-guscio,
letto e relitto insieme, mentre intorno a loro un vento impetuoso espresso
da un turbinio di pennellate dai colori freddi e cupi, in cui predominano
i toni grigi e blu, sembra travolgerli e trascinarli lontano. E all'interno
della barca, nucleo del vortice che conduce alla deriva e alla rovina,
la donna si mostra appagata e sprofondata in un sonno sereno e disinteressato,
quasi che la possibilità del naufragio non concernesse la tenera
naturalezza del suo essere, mentre l'uomo è tormentato, irrequieto,
è un impotente nocchiero con gli occhi segnati dall'insonnia e
dalla tragica intuizione dello sfacelo, come pure rivela l'incrocio nervoso
delle mani.
E'
certo che in questa differenza di atteggiamento vi sia l'influsso del
pensiero bachofeniano e dunque l'idea della conflittualità tra
principio maschile e femminile che già aveva catturato l'attenzione
del Kokoschka drammaturgo (il caso Weininger insegna), cui si aggiunge
il fatto che nella mitologia germanica la donna trascinata dal vento era
ritenuta una specie di creatura malefica e annientatrice al punto di diventare
nella lingua quotidiana sinonimo di tempesta.
Inoltre, su tale furia destabilizzante pare impresso il sigillo di una
misteriosa possessione lunare, che assiste orientando le raffiche veementi.
La
notte non offre alcuna luce o varco alla speranza e rievoca certi notturni
del Tintoretto, visto a Venezia insieme ad Alma l'anno precedente, e i
cieli tetri di El Greco: le pennellate brusche tracciano uno spazio animato
e convulso che ora contiene le due figure ma è pronto a dissolverle
entrambe o chissà forse solo una: quella maschile che vive un amore
impossibile.
Il problema di Kokoschka era che non aveva ancora trovato un titolo adeguato
al quadro: in un primo tempo aveva pensato a "Tristano e Isotta",
ma gli parve un po' scontato. La genesi del titolo, infatti, va ascritta
a merito di Trakl.
Ma vediamo come andarono le cose leggendo le parole del pittore tratte
dalla sua autobiografia:
" Una
sera il poeta Georg Trakl arrivò nel mio squallido studio, nel
quale avevo dipinto di nero le pareti per far risaltare di più
i miei colori.[...] l'arredamento della stanza era costituito da un barile
vuoto che serviva da sedia. Offrii del vino a Trakl e continuai a lavorare
al mio quadro; egli mi guardava in silenzio [...]. Il grande quadro che
mostra me e la donna tanto amata su un relitto nello spazio era finito.
Improvvisamente il silenzio fu rotto dalla voce di Trakl [...] (che) vestiva
a lutto. Il suo dolore era come la luna che si muove davanti al sole oscurandolo.
E lentamente recitò a se stesso una poesia [...] Compose così
quella sua strana lirica La notte davanti al mio quadro".
Quindi
Trakl compose una lirica, che segue qui sotto, davanti al dipinto.
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LA NOTTE
Te io canto selvaggio dirupo,
nella tempesta notturna
erta montagna;
voi grigie torri
traboccanti di ghigni infernali,
animali di fuoco,
ruvide felci, abeti,
fiori di cristallo.
Infinito tormento,
che tu insegua Dio,
mite spirito,
che sospiri nella cascata,
negli ondeggianti pinastri.
Aurei divampano i fuochi
dei popoli intorno.
Sopra livide rupi
precipita ebbra di morte
l'ardente sposa del vento,
l'azzurra onda
del ghiacciaio
e romba possente
la campana nella valle:
fiamme, maledizioni,
e gli oscuri
giochi della libidine,
il cielo assale
un impetrato capo.
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Così
Trakl osservando, contemplando quell'immagine creò di getto la
sua poesia, e Kokoschka che non sapeva che titolo dare al suo dipinto,
ascoltando il poeta, ebbe tutto più chiaro, perché quell'accenno
alla sposa del vento (in tedesco windsbraut) come metafora della tempesta
in arrivo era ciò che esprimeva perfettamente lo spirito dell'opera:
quello di un amore che procedeva implacabilmente verso l'abisso della
fine.
Il
quadro fa dunque nascere la poesia che poi gli darà il titolo.
Quello che ho descritto è semplicemente un aneddoto che, per la
verità, qualche studioso di Trakl come Sauerman prende con le pinze,
ma resta emblematico di come l'arte sia un'avventura dai tratti e dai
confini imprevedibili ed è significativo dei rapporti singolari
che nascono tra gli artisti, per cui possiamo ben dire che i sentieri
dell'arte sono davvero misteriosi e affascinanti.
E noi l'amiamo per questo.
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