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Marcello
Neri 11-4-1926
N
ato nella campagna senese ad Abbadia Ruffolo, da famiglia
di operai (babbo muratore, mamma casalinga ed un fratello più
grande di me di tre anni, in un ambiente rurale molto semplice
a contatto diretto con la natura -oggi forse sarebbe definito
3° mondo-). Fin da piccolo -circa 4 o 5 anni - avendo trovato
per caso, dopo una giornata di pioggia, ai margini di una strada
di campo, un filone di terra molto plastica che si prestava
bene alla modellazione, giocando con i miei coetanei, plasmavamo
degli animaletti che mi riuscivano abbastanza bene. I soggetti
erano scelti tra quelli che vedevamo tutti i giorni: buoi, asini,
maialini, cani, gatti, carri e carrette. L'impegno alla modellazione
ricorreva dopo ogni giornata di pioggia. Già allora potevo
intuire la mia abilità poichè i miei compagni
preferivano i miei modelli ai loro, offrendosi di scambiarli
con tre pezzi dei loro per uno dei miei, cosa che talvolta era
anche motivo di lite tra noi.
Venne poi l'età della scuola ed io continuavo ad impegnarmi
nella modellazione della creta e poco nello studio. Così,
giunto alla 5^ elementare decisi di interrompere gli studi,
mentre mio fratello prendeva la scuola magistrale con buoni
profitti. I miei genitori, vista vana ogni loro preghiera affinchè
io proseguissi gli studi, cercarono di farmi imparare un mestiere
e, per circa due anni, mi fecero frequentare le botteghe di
amici: il barbiere, il calzolaio, il fruttivendolo, il meccanico
di biciclette... Io intanto continuavo a "pasticciare"
con la creta. Nell'estate del 1939, per caso, un professore
di disegno con la propria famiglia venne (come si diceva in
quel tempo) in villeggiatura, in un appartamentino dello stesso
caseggiato dove abitavo io: una vecchia casa padronale un pò
malandata che però mostrava ancora tracce di passati
splendori come il giardino con muro di cinta, la cappella privata,
la peschiera e la limonaia. Questo signore intravide nei miei
animaletti di creta la possibilità di poter fare qualcosa
di meglio: parlò quindi con i miei genitori e poi con
me affinchè riprendessi gli studi frequentando l'Istituto
d'Arte di Siena. Con non pochi contrasti da parte mia riuscirono
a convincermi. Durante quella estate mio fratello, già
avanti con i suoi studi magistrali, mi preparò per gli
esami di ammissione. In via eccezionale,con diretto interessamento
del succitato professore ( Rinaldi ) fui ammesso all'esame della
sessione autunnale, avendo quindi una sola chance, poichè
la sessione estiva era già passata. Decisi di lasciare
la scelta al destino: se fossi riuscito avrei continuato, mentre
se fossi stato bocciato avrei rinunciato definitivamente agli
studi.
Andò bene! Quindi continuai fino al diploma con buoni
profitti -nonostante una guerra ('40...) in mezzo sia nelle
materie artistiche che in quelle culturali, tanto che riuscii
a recuperare uno degli anni perduti dopo la 5^ elementare. Dal
primo anno, preparandomi durante le vacanze estive (sempre con
l'aiuto di mio fratello) all'esame della sessione autunnale,
passai al terzo anno. Finita la guerra (1945), ottenuto il diploma
di Maestro d'Arte scultore e decoratore, cominciò il
travaglio della mia carriera. Le condizioni erano veramente
sfavorevoli: la guerra aveva lasciato distruzione e miseria.
Lavoro per i giovani non c'era, poichè si doveva provvedere
prima alla reintegrazione degli uomini che avevano prestato
servizio militare. Così, vivendo totalmente a carico
della mia famiglia, lavoravo come aiuto nello studio dello scultore
F. Corsini senza ricevere alcun compenso. Fu in questo periodo
che conobbi un altro grande appassionato della ceramica, di
qualche anno più grande di me: il mai dimenticato Giorgio
Bellini, con il quale siamo stati in amicizia finchè
fu in vita e che fu anche testimone alle mie nozze insieme allo
scultore Corsini. Con Bellini abbiamo più volte intrapreso
delle esperienze in campo ceramico con esiti purtroppo poco
soddisfacenti a causa dell' immediato dopoguerra. Disoccupati
e con pochi soldi decidemmo con un altro artista (Luigi Rosini)
di fondare una società per la produzione di ceramiche
denominata "BENEROS" -dalle prime lettere dei nostri
cognomi-. La prima idea fu quella di promuovere una raccolta
di statuette di "arte negra", circa una trentina,
da abbinare ai prodotti Motta -quelli del panettone-. Con la
ditta Giorgio aveva già preso dei contatti presentando
alcuni campioni da noi prodotti. Dovemmo rinunciare perchè
non saremmo stati in grado di soddisfare il quantitativo di
pezzi richiesti. Disponevamo, all'epoca, di una soffitta, presa
in affitto, nel Palazzo Sansedoni. Per raggiungerla dovevamo
scavalcare un muretto e passare sotto uno spiovente. Non avevamo
un forno proprio, così per le cotture approfittavamo
della cortesia del professor Corsini. Un giorno, a causa di
lavori di restauro a palazzo Sansedoni fummo sfrattati e così
finì la BENEROS.
Anno 1948.
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