VITA DI SAN MAMILIANO

La figura di San Mamiliano, presentato come Vescovo e Martire da leggende assai posteriori è intimamente connessa alla diffusione del Vangelo nell'Arcipelago toscano e nella bassa Maremma. E’ stato, infatti, uno dei primi evangelizzatori della Toscana.
E' una figura leggendaria, proprio perché la sua vita rasenta la leggenda, ed in parte di leggenda si tratta. Ma, com’è noto, le leggende nascono dal popolo ed hanno quindi un fondo di verità. Tramandate ai posteri nel corso dei secoli, sono arrivate fino a noi via-via modificandosi anche in modo sostanziale, a guisa di quanto i mutati climi storico-politici-religiosi influenzarono i tempi. Per quanto riguarda S. Mamiliano, la Storia narra che visse nel V secolo( dal 440 al 480 - la cronotassi dei Vescovi di Palermo vuole che sia stato l’8° 455- 479 ), ed è stato vescovo di Palermo. Battezzò Santa Ninfa, che fu rinchiusa nella torre del Palazzo Reale dal padre Aureliano, Prefetto della città. Ancora oggi, la torre porta il nome della Santa. In seguito alla persecuzioni, fu fatto prigioniero dai vandali comandati dal loro Re Genserico, che l’avrebbe poi venduto come schiavo, e trasferito in Africa, insieme ai Santi Ninfa, Eustazio, Proculo e Golbodeo. Riusciti miracolosamente a fuggire, si rifugiarono dapprima in Sardegna, poi all’Elba, ponendosi quindi alla ricerca di un luogo più isolato e solitario dove ritirarsi. San Mamiliano scelse (455?) un’isola chiamata Mons Jovis (antecedentemente i greci la chiamarono Ocrasia, ed i romani Oglasa): Egli la ribattezzò con il più consono nome di Mons Christi. Anche qui lo seguirono i suoi compagni di fede. Narra la leggenda che, appena giunto sull’isola, San Mamiliano lottò con un drago e lo uccise (altri dicono che lo ammansì): battè poi sulla roccia da cui zampillò quell’acqua freschissima che ancor oggi scende in cascatelle verso il mare, dando vita alle piante ed agli animali che vivono in stato selvaggio nell’isola. Nei dintorni della grotta, che divenne la sua dimora, si scorgono ancora le orme del santo impresse nel granito. San Mamiliano e i suoi seguaci, insieme ad altri monaci, che avevano seguito il loro esempio, fondarono un monastero che intitolarono Monte Cristo.

La vita di Mamiliano sull’isola fu però una breve sosta di pace contemplativa perché morì poco dopo (15 settembre 460). La fama del sant’uomo non solo raggiunse tutte le isole circostanti, ma arrivò perfino sul continente dove tuttora esistono luoghi nei quali il santo è venerato. La leggenda diventa tregenda quando narra della morte del santo. Secondo gli accordi stabiliti con i suoi fedeli, questi ne sarebbero venuti a conoscenza quando una colonna di fumo bianco si sarebbe levata dall’isola. Avvistato il segnale, gli abitanti delle isole vicine fecero a gara per arrivare a Montecristo, alfine di impossessarsi del corpo del Santo, quale reliquia da venerare ed alla quale chiedere Grazie. Sembra che per primi siano arrivati gli elbani, immediatamente seguiti dagli abitanti del Giglio: sorse allora tra di loro una tremenda disputa per il possesso della salma. Gli elbani ebbero la meglio, ma i gigliesi riuscirono ad impossessarsi di un braccio staccato dal corpo del Santo. La preziosa reliquia fu portata sulla loro isola dove tuttora,ogni anno, il 18 novembre, si celebra la festa di San Mamiliano dei Turchi, a ricordo di un fatto storico avvenuto nel 1799. Infatti, proprio il 18 novembre di quell’anno, gli abitanti dell’isola, nonostante fossero in numero esiguo, riuscirono a mettere in fuga gli assalitori mussulmani che non erano nuovi a scorribande piratesche in queste acque. Questa vittoria, che segna l'ultima incursione dei barbareschi e l’inizio della tranquillità di tutto l’arcipelago toscano, secondo la tradizione popolare fu possibile grazie all’intercessione di San Mamiliano, che fece apparire sulle mura del Castello moltissimi soldati che spaventarono gli assalitori facendoli fuggire. Per commemorare questo evento, si celebra una solenne messa nella chiesa di Giglio Castello, durante la quale si espone il reliquiario d’argento contenente il braccio del santo, e le armi che furono tolte agli invasori.
Le spoglie del santo sarebbero rimaste a Montecristo fino al IX secolo, quando l’incalzare delle scorrerie piratesche ne consigliarono la traslazione sul continente (forse a Civitavecchia). Nel 1666, per volere del papa Alessandro VII, le principali reliquie furono traslate a Palermo, dove si trovano ancora, nella cappella delle reliquie della Cattedrale. Nella Diocesi di Palermo San Mamiliano è celebrato il 16 giugno, data della 1^ Traslazione delle Reliquie a Sovana . Di fatto, i frammenti sacri del Santo si trovano oggi sparsi tra Palermo, Roma, Pisa, l'isola d'Elba, Sovana (della quale San Mamiliano è protettore) e l'isola del Giglio (il famoso braccio). E' il Patrono principale della Diocesi di Pitigliano - Sovana - Orbetello ( GR ), ed è venerato anche a Sestu e Samassi (Sardegna). Dal 1976 è il Patrono Secondario dell’Arcidiocesi di Palermo, dopo essere stato celebrato come Patrono Principale dal 1625 circa.

 

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