L'ORATORIO DI SANTA CITA

GALLERIA FOTOGRAFICA

Nella seconda metà del Seicento la compagnia del Rosario in Santa Cita inizia a costruire il proprio nuovo oratorio adiacente alla chiesa da cui prendeva il nome. Nel 1685 incarica Giacomo Serpotta di comporre tutta la decorazione in stucco della vasta aula (1685-1690 ca., 1707-1710, 1717-1718) e il maestro vi inserisce i quindici Misteri del Rosario, la raffigurazione della Battaglia di Lepanto e numerose statue allegoriche di Virtù. È forse la sua prima opera più impegnativa, e vi trasfonde una freschezza e un'inventiva eccezionale che si concentrano nella straordinaria controfacciata in cui una turba di putti distende un vasto velario. Forse qui per la prima volta Giacomo Serpotta trova la sua "rivoluzionaria" misura compositiva e formale, soggetta in seguito ad affinamenti. I putti non sono più semplici elementi figurati di corredo atti, ad esempio, a reggere strumenti e simboli. Un tripudio di angioli e putti dalle espressioni e posizioni estremamente libere e plastiche sembrano giocare tra di loro, si arrampicano sulla cornice delle finestre, fanno capolino da ghirlande floreali, voltano le spalle in maniera irriverente, piangono, dormono, allacciano le mani intorno alle ginocchia in atteggiamento pensoso. L'attenzione è subito catturata dalla controfacciata. Essi sono i coprotagonisti della rappresentazione sacra. Gli spensierati infanti trovano un proprio ruolo centrale nella poetica dell'artista. Sono attori, soggetti nella scena. Teneri, paffuti, ingenuamente consapevoli, sembrano giocare interpretando a loro modo gli episodi evangelici dei Misteri. Sdrammatizzano ciò che può esservi stato di doloroso nel viaggio che ha condotto attraverso il sacrificio di Cristo alla salvezza dell'uomo. Tutto vuole richiamare il sorriso. La pur malinconica vittoria sugli infedeli, ostentata attraverso la Battaglia di Lepanto della controfacciata, è ormai conquistata, ora è il tempo della rinascita dell'umanità e della freschezza della giovinezza. Le dolcissime espressioni ridenti delle poche figure anziane, un telamone dell'ingresso, l'allegoria della Legge Ebraica, sembrano testimoniare tutto questo. È un mondo che si rinnova, che esce dalle tenebre e gioisce del magnifico creato. La luce si espande nel bianco degli stucchi. Il dramma si volge in gloria. Nel 1717 Serpotta tornerà a decorare il presbiterio con le due statue di Giuditta e Ester, frutto del suo nuovo stile maturo appena mostrato nel vicino oratorio del Rosario in San Domenico. Tutt'intorno alcuni riquadri, presenti anche sotto le finestre delle pareti laterali, ripercorrono i Misteri del Rosario. A partire dalla parete di sinistra troviamo i Misteri Gaudiosi: Annunciazione, Visitazione, Natività e Presentazione al Tempio. A destra i Misteri Dolorosi: Gesù nell'Orto del Getsemani, Flagellazione, Coronazione di Spine e Calvario. Sul fondo (a partire dal basso a sinistra): Risurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione di Maria. In alto, al centro, l'incoronazione di Maria. All'altare, una bella tela di Carlo Maratta raffigura la Madonna del Rosario (1690). Le 8 finestre che ornano le pareti laterali per lato sono "sorvegliate" da figure allegoriche. Il recente restauro a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo ha consentito di rivelare la presenza di interessantissimi disegni autografi del Serpotta sulle pareti dell'oratorio.

CENNI STORICI SUGLI ARTISTI DELL'ORATORIO DI SANTA CITA

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