IACOPO
PALMA IL GIOVANE - PITTORE
Iacopo
Negretti detto Palma il Giovane per distinguerlo dal prozio Jacopo
da Palma il Vecchio (Venezia, 1544 – 14 ottobre 1628) è
stato un pittore italiano. Nato da Antonio e Giulia de' Pitati, appartenenti
ad una famiglia dalla spiccata indole artistica, fu subito iniziato
agli studi pittorici sulle orme dello zio del padre, Palma il Vecchio
e del fratello della madre, Bonifacio de' Pitati, (detto Bonifacio
Veronese). Studiò e subì l'influenza di Raffaello e
Tintoretto, eseguì varie copie di Tiziano, suo vero maestro,
col quale in seguito collaborò portandone anche a termine il
celebre dipinto La Pietà. Si formò nel periodo della
scuola veneta e del manierismo romano, che ebbe modo di apprendere
durante i quattro anni del suo soggiorno romano. L'inizio della sua
produzione artistica è datata verso il 1565. Nel 1582 si sposò
con Andriana Fondra, che tuttavia portò non poche preoccupazioni
al pittore a causa del suo animo instabile, situazione peggiorata
dalla prematura scomparsa di due figli della coppia, e che la portò
alla morte nel febbraio del 1605. Ebbe grande fortuna nel bergamasco,
terra d'origine del padre, e fu tra i più attivi nel tardo
XVI secolo. Morì "oppresso dal catarro" nel 1628,
senza che nessuno tra i suoi eredi (le figlie Crezia e Giulia ed i
nipoti Andriana e Giacomo) continuassero le gesta pittoriche dei Palma.
Tra le sue Opere ricordiamo:
Decorazioni nella Sala del Senato, 1575-1595, olio su tela, Venezia,
Palazzo Ducale.
Compianto su Cristo morto, 1580 ca, Seattle, Seattle Art Museum.
Martirio di san Lorenzo, 1581-1582, Venezia, Chiesa di San Giacomo
dall'Orio.
Santa Caterina battezzata dall'Eremita, 1585, Duomo di Conegliano
(TV)
Adorazione dei pastori, 1585 ca, Würzburg, Staatsgalerie.
Marte e Venere nel letto, 1585-1590 ca, Londra, National Gallery.
Ritratto di gentiluomo, 1590 ca,Chicago, Art Institute.
Lavanda dei piedi, 1591-1592, Venezia, Chiesa di San Giovanni in Bragora.
Il paralitico della piscina, 1592, Castenaso, Collezione Molinari
Pradelli.
Allontanamento del figliol prodigo, 1595-1600, Venezia, Gallerie dell'Accademia.
Ritorno del figliol prodigo, 1595-1600, Venezia, Gallerie dell'Accademia.
Salomè con la testa del Battista, 1599 ca, Vienna, Kunthistorisches
Museum.
Ciclo della Passione, 1600, Scuola di San Girolamo, Venezia.
Cristo morto sorretto da due angeli, 1600 ca, Budapest, Museum of
Fine Arts.
Ritratto di Paolo Veronese, 1600-1610, Firenze, Uffizi
Caino e Abele, 1603 ca, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Venere e Marte, 1605-1609 ca, Los Angeles, J. Paul Getty Museum.
Venere e Cupido nella fucina di Vulcano, 1610 ca, Kassel, Staatliche
Museen.
Ritratto di Vincenzo Cappello, ammiraglio veneziano, 1610 ca,Parigi,
Louvre.
LUCA
GIORDANO - PITTORE - 1634-1705
Luca Giordano è finalmente ricordato con un'ampia retrospettiva
nella sua città natale, Napoli, a Castel Sant'Elmo e al Museo
Capodimonte, con 140 dipinti e 70 disegni. Luca è autore nella
sua lunga vita di circa 700 quadri.
Egli incarna lo spirito del barocco, unito con una rivisitazione dei
classici della pittura coeva e passata, come i veneti, Tiziano, Paolo
Veronese, ma, prima ancora, come il suo maestro Mattia Preti, da cui
Giordano assimila l'opacità dei colori, nonché un gusto
per una vaga ma dignitosa caricatura, oltre all'interesse per lo stesso
Nicolas Poussin, da cui Luca deriva la dignità delle figure.
Giordano nasce a Napoli nel 1634. Il padre è un modesto pittore.
Già nel 1652 Luca è a Roma. Alla data del 1654-55 risalgono
le sue prime opere. Lavora a Venezia nel 1664-1665 e a Firenze nel
1682-1683. Dal 1692 al 1702 è a Madrid. Muore a Napoli, nel
1704. Il lessico pittorico di Luca Giordano si fonda su una formazione
eclettica: i veneti, di cui si è detto e su cui torneremo,
specificamente sulla figura di Tiziano Vecellio, poi Jusepe de Ribera,
che lo istruisce sul chiaroscuro e su una rappresentazione drammatica,
e infine Rubens, che gli ispira le carni sensuali, le positure audaci
e la magniloquenza che Luca esprime in Palazzo Medici Ricciardi a
Firenze e che desume dai grandi dipinti eseguiti dal fiammingo per
la famiglia Medici, ora al Louvre. E poi Mattia Preti, che rimane
comunque il suo primo e immortale riferimento, per l'impalcatura monumentale
delle scene bibliche. Oppure Salvator Rosa, per quel che concerne
i paesaggi, ma soprattutto Luca attinge da se stesso. Quando esegue
"Il Ratto d'Europa" – per la prima volta esposto al
pubblico in questa mostra – il suo referente è Albrecht
Durer e l' omonima poesia di Agnolo Poliziano, che era stata per l'artista
tedesco la fonte letteraria.
Al modello in questione Luca aggiunge l'incarnato e la conseguente,
prepotente sensualità, simile all'omonimo quadro di Tiziano,
ora all'Isabella G. Stewart Museum di Boston (finanche gli angioletti
in alto a destra ricalcano la tela del cadorino); inoltre Luca dipinge
l'attributo della conchiglia due volte, in basso e a sinistra, tenuto
e ostentato da due puttini: canonico simbolo che allude alla stato
verginale prima e violato poi, di Europa. O ne "Lucrezia e Tarquinio",
in cui Luca omaggia Diego Velazquez (tenendo tuttavia a mente ancora
Tiziano), dipingendo di spalle Tarquinia (come "La Venere allo
specchio" del pittore sivigliano della National Gallery di Londra).
Quello che nella storiografia e nella letteratura (Shakespeare compreso)
è un tema trattato con carica drammatica e giudizio morale,
qui, nella Pittura di Luca, si risolve come un incontro d'amore, più
che in guisa di violenza carnale. O la splendida "Cleopatra",
che dipinge con il volto inondato di luce e adombrato da una smorfia
di un piacere misto a scompiglio e con un grappolo d'uva, simbolo
di vita reciso, nel cesto di frutta, in primo piano in basso. E "Loth
e le figlie", tema biblico torbido, che Luca invece raffigura
con un vago senso del comico nella figura ebbra di Loth, in cui echeggia
la lezione di impatto drammatico e crepuscolare di Jusepe de Ribera
(detto ‘Lo Spagnoletto'), nonché la similitudine per
la postura di Mosé, con il quadro del Musée de Beaux-Arts
di Caen dall'omonimo tema di Giovanni Bellini. Queste immagini testimoniano
l'eccletismo pittorico di Luca Giordano, la sua capacità nell'effigiare
l'anatomia e il suo oscillare fra temi sacri e temi profani con una
disinvoltura ed una tecnica altissima, caratteristica consona ai grandi
creatori.