Giovedì 26 giugno 2003

 

Per l’assessore Maurizio Bernardo il progetto dell’elettrodotto italo-svizzero non annulla le esigenze locali
La Regione: «Una piccola centrale per Brescia» Energia elettrica, confermato almeno un nuovo impianto in provincia


Valerio Di Donato

Nella giungla dell’energia elettrica invocata e carente; o disponibile ma troppo costosa; nei grafici dei kilowattora e megawattora, che l’industria reclama a prezzi il più possibile concorrenziali; nel mercato virtuoso delle fonti «rinnovabili», e dunque più pulite, che il buon senso, prima delle normative comunitarie, chiede di incentivare; nella depressione della drammatica scarsità d’acqua, che sta mettenfo a repentaglio l’ecosistema dei nostri bacini idrici. In tutto questo complesso intrecciarsi di questioni e competenze, locali e nazionali o sovrannazionali, una piccola certezza la porta a Brescia Maurizio Bernardo, assessore regionale ai Servizi di pubblica utilità. «Brescia - spiega in un incontro in città con amministratori locali e rappresentanti delle categorie produttive - avrà una, non più di una, nuova centrale termoelettrica. Sarà di piccola taglia, 400 megawattora, e sorgerà presumibilmente in uno dei tre Comuni per i quali era stata formulata apposita domanda al ministero». Di tre progetti, uno solo vedrà la luce. Forse a Calvisano, forse a Mairano, forse a Offlaga. È presto per dirlo. Ma le coordinate sono tracciate. Tutto combacia con le linee di intervento tracciate dal Piano energetico regionale. Escluse interferenze, contraddizioni, incompatibilità con l’accordo siglato due giorni fa a Roma fra l’Italia e la Svizzera, per il progetto del nuovo elettrodotto di San Fiorano-Robbia. Una mega-linea da 1.500 MW, che ha fatto dire all’assessore provinciale all’Energia Enrico Mattinzoli, che «San Fiorano vale quattro centrali elettriche». A dire che, secondo Palazzo Broletto, questo importante intervento risparmia a Brescia costi e disagi di nuovi impianti sul nostro territorio. La risposta dell’assessore Bernardo arriva a ruota, cogliendo l’occasione dell’incontro di ieri: «La centrale San Fiorano-Robbia è un progetto di più ampia valenza nazionale. I suoi 1.500 magawattora, pertanto, vanno aggiunti e non detratti dal fabbisogno lombardo, calcolato in circa 1.300 megawattora. Questo significa che resta spazio per costruire in Lombardia non più di tre piccole centrali, da 400 MW, di cui una a Brescia». La partita della «centrale termoelettrica bresciana» è quindi ben lungi dall’essere archiviata in virtù dell’accordo italo-svizzero. Al tempo stesso, bisogna fare i conti con un Piano regionale che ridimensiona le aspettative delle tante società in lista per ottenere l’autorizzazione ad entrare nel mercato locale dell’energia. Bernardo sottolinea un altro significativo risultato, ormai in fase di dirittura: l’approvazione in Consiglio regionale del disegno di legge sui servizi pubblici. Salvo intoppi procedurali, la legge vedrà la luce entro luglio, e promette una più efficiente gestione dei problemi energetici ed ecologici. «È il primo testo a livello nazionale, in tema di politiche ambientali, che dà attuazione al Titolo V della Costituzione», sottolinea con soddisfazione l’assessore giunto da Milano. Federalismo ambientale, la Lombardia è prima. Tre le misure più significative introdotte: la figura del Garante, chiamato a tutelare il consumatore per quanto riguarda la qualità del servizio; l’Osservatorio dei servizi di pubblica utilità, un «prezioso supporto per sindaci e assessori dei piccoli Comuni (quelli sotto i 5.000 abitanti, ndr), cui mancano spesso risorse umane»; la tutela delle fasce deboli: l’intento è di favorire il contenimento di bollette e tariffe. Il piatto forte resta, naturalmente, il Piano energetico regionale. La Lombardia è «ostaggio» di un deficit di fabbisogno intorno al 40 per cento, e Brescia si distingue come provincia più «energivora» d’Italia, data l’alta concentrazione di attività produttive. L’assessore Bernardo si dice preoccupato, in particolare, per la dipendenza energetica dall’estero: compriamo il 40% di energia in aree a rischio come il Medioriente, «urge diversificare le fonti». Ma non va dimenticata l’emergenza del momento: la siccità. L’area del Mella - è stato detto ieri - è in condizioni pietose, quella dell’Oglio non sta troppo bene e il lago d’Idro soffre di prelievi eccessivi. Anche su queste «spine», Enti locali, mondo produttivo, istituzioni, sono chiamati a un confronto serrato.




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