IN ITALIA E NEL BRESCIANO
Un punto sulle centrali elettriche
Il «Giornale di Brescia» ha ospitato
di recente, con apprezzabile frequenza e pluralismo di opinioni, numerosi
interventi sui temi delle centrali elettriche e della politica energetica,
questioni di particolare rilevanza ed attualità nella nostra
provincia. Come è noto, infatti, il Piano energetico della Regione
Lombardia assegna alla cosiddetta «area 2» (quella nella
quale è compresa la Bassa bresciana, insieme a buona parte delle
province di Milano e Bergamo) lonere di aumentare la produzione
di energia elettrica di 400 Mw, in pratica di ospitare una nuova centrale
di media potenza. Rispetto ai 2000 Mw ed alle 3-4 nuove centrali di
cui si parlava per la provincia di Brescia ancora nella primavera del
2002 è un bel passo avanti, anche se per le comunità della
Bassa bresciana si tratta di una magra consolazione. Ma appunto, una
tale difformità di cifre rispetto a quelle ipotizzate solo un
anno fa, dovrebbe indurre molta cautela circa i dati sul fabbisogno
e le vere potenzialità esistenti. Gli stessi black-out estivi,
reali o solo preannunciati, che hanno riportato in primo piano il dibattito
sul fabbisogno energetico e ridato fiato alle trombe dei fautori di
nuove centrali elettriche, paiono dovuti più ad un insieme di
cause che alla semplice mancanza di nuovi impianti. La capacità
di generazione di energia elettrica in Italia (oltre 70mila Mw) è
in effetti largamente in eccesso anche rispetto alla domanda di punta
registrata in queste settimane (circa 51 mila Mw). Da più parti
si segnala infatti come il sovraccarico sia dipeso in larga misura dal
sottoutilizzo delle centrali esistenti, vuoi per carenza dacqua
di raffreddamento degli impianti, vuoi perché alcune vecchie
centrali hanno costi di produzione troppo elevati rispetto ai prezzi
dellenergia in vigore e conviene dunque lasciarle inattive. Detto
tra parentesi, questultima circostanza dovrebbe indurre qualche
riflessione circa lopportunità di aver liberalizzato un
bene pubblico fondamentale come quello dellenergia, il cui processo
di offerta non dovrebbe essere regolato solamente dalle leggi di mercato.
In questo senso mi paiono condivisibili le critiche espresse (sul «Giornale
di Brescia» del 21 luglio u.s.) da Giuseppe Bertozzi, segretario
regionale della Flaei/Cisl, circa gli esiti della riforma elettrica
italiana. Meno condivisibili, dal mio punto di vista, le valutazioni
dello stesso Bertozzi circa «la piega demagogica che la politica
ambientale ha assunto nel nostro paese» e le critiche al «potere
di interdizione di cui risultano titolari gli Enti locali, ecc.»,
così come laccanimento di Arsenio Carosi, segretario generale
della stessa Flaei/Cisl, contro «un ambientalismo ideologico che
non ha niente a che vedere con la tutela dellambiente» («Giornale
di Brescia» del 30 luglio u.s.). Le centrali elettriche, anche
quelle alimentate con combustibili meno inquinanti (metano, ecc.), hanno
un impatto ambientale pesante ed indiscutibile, in termini di emissioni
inquinanti, di impoverimento del patrimonio idrico, di danni allagricoltura,
di possibile attrazione di poli industriali, e così via. E la
considerazione ricorrente per cui la provincia di Brescia è la
«più energivora» dEuropa e deve dunque farsi
carico di ospitare nuovi impianti vale fino a un certo punto, perché
proprio il tipo di produzione industriale che caratterizza la nostra
provincia ha già prodotto e produce tuttora pesanti ricadute
su un ambiente ed un territorio che non è detto possano sopportarne
di ulteriori. La stessa protesta dei cittadini di Calvisano, di Mairano,
di Offlaga, delle migliaia di elettori che hanno votato nei referendum
comunali, delle decine di sindaci che hanno firmato petizioni, delle
associazioni che si stanno mobilitando contro linsediamento di
centrali sul loro territorio, non può essere liquidata semplicemente
come espressione di quel fenomeno di egoismo localistico che i sociologi
americani chiamano «nimby» («not in my backyard»:
si facciano gli impianti ma da qualche altra parte!), perché
è anche indice di una sensibilità nuova e crescente verso
la qualità dellambiente e del territorio da parte di cittadini
che non accettano di rinunciare, in nessun caso, alla propria salute.
A giudicare dalle prime reazioni, infatti, nemmeno i contributi previsti
dalla Legge Marzano per i Comuni che accettino di ospitare nuove centrali
sul loro territorio, recentemente approvata e presentata con trionfalismo
da alcuni parlamentari del centro-destra, sembrano poter modificare
la situazione. Il punto è che o la tutela dellambiente
rimane unespressione buona per i convegni, salvo accantonarla
quando si tratta di fare scelte concrete, oppure si prende atto che
è necessario partire dalla «coscienza dei limiti»
perché le risorse naturali non sono infinite: le estati più
calde, dovute all«effetto serra», fanno aumentare
la richiesta di condizionamento e di energia elettrica, cui non si può
rispondere con ulteriori aumenti di emissioni inquinanti se non si vuole
produrre una tendenza a spirale del tutto insostenibile. Immaginare
una nuova qualità dello sviluppo non significa prefigurare un
ritorno a stili di vita «silvo-pastorali», come qualcuno
ha provocatoriamente affermato, ma utilizzare le moderne tecnologie
per incidere sia sul lato dellofferta di energia, colmando il
ritardo che separa lItalia dagli altri Paesi avanzati nellutilizzo
delle fonti rinnovabili (sole, vento, biomasse), che su quello della
domanda, incentivando il risparmio denergia (standard energetici
obbligatori per gli elettrodomestici, interventi edilizi, ecc.). Poiché
lAmministrazione provinciale di Brescia ha annunciato la prossima
presentazione del Piano energetico provinciale, credo che i cittadini
della Bassa, e non solo loro, si aspettino che la Provincia voglia giocare
un proprio autonomo ruolo sullintera partita, non indulga alle
soluzioni apparentemente più facili, prenda atto delle novità
derivanti dallinterconnessione con la rete svizzera tramite lelettrodotto
di San Fiorano e dia il proprio contributo allo sviluppo delle fonti
rinnovabili, allindividuazione di interventi efficaci di risparmio
energetico, alla promozione di investimenti per la microgenerazione
diffusa. Soprattutto, si aspettano che la Provincia si assuma le sue
responsabilità e non si nasconda dietro largomento per
cui «a decidere sulle centrali saranno il Governo e la Regione»,
come avrebbe dichiarato lassessore Mattinzoli, considerato che
la Regione ha licenziato un suo Piano energetico in palese contrasto
con gli impegni sottoscritti dallItalia in applicazione del Trattato
di Kyoto per la riduzione dei gas serra ed il Governo nazionale si è
dimenticato del Trattato il giorno dopo averlo ratificato.
MAURIZIO GOFFREDI
Segreteria provinciale Ds
Brescia
|