La Lombardia deve importare quasi il 40% del proprio
fabbisogno. Saglia: un tavolo di discussione
Energia, al centro del dibattito
d’autunno
Alessandro Cheula
BRESCIA
Nella sola Lombardia le domande giacenti per nuove
centrali elettriche ammontano a 16mila Mw.
Liberalizzazione, produzione locale, decentramento
territoriale, coinvolgimento popolare e informazione
puntuale. Così potrebbe essere riassunta, in
estrema sintesi, la filosofia del Programma
energetico della Lombardia, una regione dove il
deficit di energia è pari al 38% del fabbisogno.
Che servano nuovi impianti è fuori dubbio, ma
come e dove farli? Il Piano lombardo conferma - come
osserva Stefano Saglia, parlamentare bresciano
responsabile Industria ed Energia di An - la
necessità di nuovi impianti localizzati secondo
un'attenta programmazione territoriale di tutela
ambientale. Brescia, la provincia più energivora
d'Italia, all'interno di tale programmazione dovrebbe
ospitare una centrale da 800 Mgw, essendo il deficit
energetico locale stimato in circa 1200 Mgw all'anno.
Ovvio che, per quanto riguarda Brescia, il Piano
regionale dovrà incardinarsi a quello
provinciale, come precisa l'assessore all'energia in
Broletto Enrico Mattinzoli, al fine di scongiurare
un'eccessiva concentrazione di centrali in un solo
territorio. «L'auspicio - dice ancora Saglia -
è che Regione e Provincia facciano sedere
attorno a un tavolo le aziende proponenti per
giungere a sintesi progettuali e societarie: la
realizzazione di nuovi impianti deve orientarsi al
coinvolgimento delle comunità locali, senza
trascurare ovviamente politiche mirate al risparmio
energetico e all'utilizzo di fonti rinnovabili».
Il coinvolgimento della comunità locali, con
preventiva informazione in materia, è tanto
più opportuno quanto più si pensi alla
bocciatura della cittadinanza di Offlaga nel
referendum sulla centrale da 800 Mgw di Asm, ipotesi
respinta quasi all'80% dei voti espressi.
«C'è stata sicuramente una insufficiente
informazione in materia - prosegue Saglia - il che ha
lasciato campo libero alla disinformazione e
all'approssimazione, dando adito a tutti gli eccessi
e persino ai più sconcertanti pregiudizi su
presunti effetti ambientali delle centrali: una seria
campagna di sensibilizzazione è il primo
strumento per coivolgere le comunità locali, ed
è quanto bisogna fare anche a Brescia». Le
attuali centrali consentono ampi margini di sicurezza
e forniscono congrue garanzie di protezione
ecologica. Si tratta infatti di impianti
termoelettrici alimentati a gas metano concepiti con
tecnologie molto avanzate: si veda ad esempio il
raffreddamento ad aria del progetto della
società Sole per la centrale da 400 Mgw di
Mairano, tecnologia che la stessa Ansaldo avrebbe
proposto anche per la centrale di Offlaga di
Asm-International Power. La terza ipotesi, per la
cronanaca, è la centrale termoelettrica di
Calvisano su progetto presentato dalla Seb,
società presieduta da Aldo Artioli e al cui
capitale partecipano i maggiori imprenditori
sider-metallurgici bresciani. Ed è appunto da
questi ultimi che provengono le sollecitazioni
più pressanti. «Il Piano energetico
regionale - dice Giuseppa Pasini, presidente di
Federacciai - parte da un dato incontestabile: i
prezzi al consumo italiani per gli utenti industriali
sono di un buon 30% più alti rispetto alla media
europea». Una situazione che a lungo andare
diventa insostenibile per le nostre produzioni.
«Sarà proprio questo - risponde Saglia -
uno degli argomenti che affronterò il prossimo
30 agosto nel corso di un dibattito nell'ambito della
Fiera di Orzinuovi cui parteciparà anche Renzo
Capra, presidente di Asm».
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