BEFORE ADES

di: Sabrina "Pollon"



Milo era affacciato alla finestra. La vista era un tramonto magnifico sulle rovine dell'Acropoli. 

Dalla tendina scostata entravano gli ultimi raggi di sole caldi e ovattati. 

Ioria e Aldebaran si stavano versando da bere in abbondanza suscitando gli sguardi di rimprovero di Mur. Solo Shaka appariva del tutto calmo e distaccato. Aveva gli occhi chiusi e sedeva nella posizione del loto sul pavimento della 1° Casa, ai piedi della gradinata che pochi giorni prima si era imbevuta di troppo sangue. 

Questo malinconico raduno era opera di Mur. Il suo cosmo, abitualmente quieto e pacifico, era invece confuso e ... timoroso. 

Il timore impregnava ogni atomo di quella stanza, eccetto l'aura dorata che circondava il cavaliere della Vergine. 

-Perchè ci hai chiamati, Mur?- fu Milo a rompere l'innaturale silenzio dello spartano salottino. 

-Il vecchio maestro di Goro Ho mi ha pregato di esortarvi alla calma e a fare affidamento sul vostro cosmo- 

-Sì, ma il pensiero che... beh, che sia un conto alla rovescia sul tempo che ci resta da vivere... Mur, siamo esseri umani prima ancora che Gold Saints... abbiamo paura della morte che ci aspetta!- ribattè Milo avvicinandosi alla poltrona occupata da Mur e sedendosi accanto a lui. 

-Il timore è certo umano- la voce del cavaliere tradiva una leggera esitazione -ma cos'è morire, se lo si fa in nome di Atena?- 

-Perchè devi mentire a te stesso, Mur?- si intromise piccato Ioria, sbattendo il boccale di birra sul tavolino e facendo schizzare fuori il liquido. 

-Morire per un ideale è certo bello, salvare la terra è straordinariamente eroico ma... hai visto il cadavere di Aphrodite, contratto nel dolore della morte? Il sangue intorno a lui, la sua pelle di rosa resa violacea dal rigor mortis che ha congelato il suo viso in un ghigno di sofferenza? E Camus?!- il tono di voce di Milo era salito fino a strozzarsi sul nome dell'amico. 

Mur abbassò il capo. 

Li avevano seppelliti e avevano pregato per ciascuno di essi, compagni morti nella inutile lotta con i bronze saints. 

Tutti avevano visto da vicino quei corpi mutilati, sfregiati, distrutti. E per la prima volta da quando avevano indossato le sacre vestigia, si erano resi conto che ANCHE loro stessi erano mortali, che la morte è sofferenza e non immacolata arte della guerra in nome della Giustizia. Anche gli altri, volgendo la mente a queste dolorose constatazioni, chinarono il capo mestamente. 

E finalmente si udì la voce flebile e pacata di Shaka: 

-Cavalieri, la morte non deve spaventarci! Essa è cosa ben lieve, per noi uomini, necessaria e ineluttabile! E' un'ascensione ad un livello più vicino a Dio!- 

-Per te è facile dire così!Chi lasci su questa terra?Niente, nessuno! Hai amici? NO. Ami qualcuno? NO. Hai passato la tua vita a gambe incrociate, a prtegare! E magari non vedi l'ora di liberarti dal peso della carne!- 

Dopo lo sfogo ad alta voce Ioria abbassò il capo passandosi una mano tra i riccioli castani. Emise un gemito ed infine prese a singhiozzare. 

-Non sai cosa voglia dire la morte per chi rimane in vita...-continuò a fatica il cavaliere-mio fratello è morto anni fa ma quel dolore atroce, quel senso di perdita totale... io non voglio che... e poi la carne che per te è un fardello... No, per me è...è la vita! Senza la carne non potrei abbracciare la mia Marin! Io voglio amarla per tutti i giorni della mia vita! Sentire la sua pelle contro la mia! Non voglio che... non voglio che soffra per la mia morte! Tu non puoi capire!- 

Shaka aveva aperto gli occhi blu. 

La cosa, inusuale, aveva colpito Milo, Mur e Aldebaran che, stupiti, si erano scambiati sguardi perplessi. 

Era calato nuovamente il silenzio. 

Fu Mur a romperlo riprendendo la parola. 

-Anche io ho un fratello minore e temo per lui, non vorrei lasciarlo solo mai. Ammesso che la sofferenza fisica non mi spaventi, non vorrei che la morte mi cogliesse prima del giorno della sua investitura a saint, vorrei vederlo crescere, maturare... e probabilmente non potrò. E' questo che è difficile da accettare, Shaka- concluse Mur. 

Anche Aldebaran, di solito silenzioso e sempre restio a far conoscere le sue intime preoccupazioni, prese la parola. 

-Shaka di Virgo, anch'io come Ioria amo una donna. Anch'io ho dei fratelli. E perderò tutto ciò. Per Atena, certo. Ma li perderò. Non è questione di paura o meno. E' ciò che lasceremo che ci tiene così uniti a questa vita. E il tuo cosmo calmo e distaccato indica che non lasci niente qui.- 

Detto ciò il cavaliere del Toro si alzò dalla sedia in tutta la sua imponente statura e si avviò verso l'uscita della Casa. 

-E ora vado da loro per vederli, forse per l'ultima volta. Cavalieri, compagni miei, lotterò strenuamente fino alla morte per Atena. Darò la mia vita per Atena. Addio.- e sparì dall'uscio emanando un cosmo non più timoroso e confuso, bensì calmo e ... fiero. 

-Temo sarà così- scandì Mur -Il maestro oggi mi ha detto che sarà questione di ore. E poi incontreremo la Morte- 

Milo, che per tutto il tempo si era agitato sulla poltrona, infine si alzò di scatto e corse a riaffacciarsi alla finestra. 

-Milo, è inutile trattenere le lacrime! Se necessario, falle sgorgare dal tuo cuore. E dopo torna il cavaliere di Atena che noi tutti conosciamo- 

Mur sentiva nell'animo di Milo un dolore e un'afflizione che non derivavano dal futuro ma dal passato. 

Perchè Hyoga aveva ucciso Camus e non lui? Perchè lui aveva lasciato passare Hyoga, l'assassino di Camus? Quel ragazzino, lui lo aveva salvato! Aveva salvato la vita a quell' essere capace di uccidere il proprio maestro! Dov'era,quel maledettissimo giorno, il suo buon senso di cavaliere?! Era come se... come se avesse ucciso lui Camus ... o quanto meno lo aveva lasciato uccidere! 

Come poi quel bronze moribondo fosse riuscito ad uccidere Camus, maestro incontrastabile delle energie fredde... beh, questo non lo avrebbe mai saputo. 

Mai. Non se ne sarebbe mai andato, quel senso di colpa che gli attanagliava il petto, impedendogli di respirare. 

Mur sentiva questo travaglio interiore nel cavaliere dello Scorpione. Era questa sofferenza a rendere il cosmo del gold saint debole come mai lo era stato. 

-Mur, ti ricordi?Quel giorno, al Grande Tempio, noi gold saints bambini, Aphrodite, Shura, Deathmask, Saga, Aiolos... loro cinque, più grandi e più potenti... Shura era stato di poche parole, ci aveva a malapena considerato... e se n'era andato stizzito dopo che Aldebaran inavvertitamente gli aveva pestato un piede!- un sorriso aleggiò sul volto di Milo. 

-Poche parole ma cortesi! Sempre meglio del ghigno odioso del cavaliere del Cancro, no?- Shaka, come sempre, faceva le sue uscite in modo del tutto inaspettato, producendo un effetto di estraniazione sugli altri saints, che rimanevano spiazzati. Il primo a riprendersi fu Ioria. 

-Già. E mio fratello? Vi ricordate le sue splendide parole durante la cerimonia dell'investitura?- 

Ioria aveva riacquistato la calma e con le guance ancora arrossate per i singhiozzi di prima appariva quel bimbo che anni prima al termine del discorso del fratello aveva urlato gioiosamente: -Fratello sei un dio!- battendo le manine. 

E Saga, che un dio lo sembrava davvero, aveva sorriso amabile al fanciullo e ridendo aveva elogiato tutti i giovani saints, prendendo sotto le sue ampie spalle Mur e Shaka e complimentandosi con loro x il contegno che avevano dimostrato e le straordinarie doti che già facevano intuire. 

Lasciandosi andare ai ricordi, Mur per un poco richiamò alla mente dei presenti alcuni episodi di quel giorno memorabile, finchè Milo non lo interruppe per continuare il discorso che precedentemente aveva iniziato. 

-E quando se ne andarono i grandi, noi tutti tentammo di mettere da parte la nostra timidezza e ci presentammo...- 

-Già, io mi sono presentato per primo e Aldebaran mi ha distrutto una spalla con una pacca amichevole, dicendo entusiasta: -Saremo vicini di casa!-e andandosene mi ha pestato i piedi!- 

-E io non volevo avere te, Shaka, come vicino perchè non ti piaceva giocare a calcio!- 

-E io non volevo te perchè avevo già organizzato un torneo nel giardino della mia Casa!- 

Una nuova risata corse tra i gold, spontanea e di cuore ma velata dalla malinconia devastante di un destino ineluttabile che la rendeva forse l'ultima per giovani vite dal sangue ardimentoso. 

-Io volevo solo ricordare Camus- disse infine Milo. 

La voce era atona e il sorriso sulle labbra gli si era spento. 

-Era il più timido di tutti... forse persino più di Aldebaran... aveva dei cenci, vestiti rattoppati, ben diversi dalle nostre belle divise da allievi... era sconvolto dal sole caldissimo della Grecia e ... cercava un amico... ci siamo trovati... noi... amici per sempre... ma sempre non è morire così... per colpa mia!- 

-Milo- disse sommessamente Mur -tutti conosciamo il legame che c'era tra te e Camus ma... ma...- il cavaliere trasse un profondo sospiro e concluse la frase -ma lui dal paradiso dei cavalieri di certo non gioirà nel vederti morire d'inedia, senza aver adempiuto al tuo dovere di cavaliere. Devi tornare in te ed espandere il tuo cosmo ai limiti estremi della costellazione dello Scorpione, non devi abbandonarti al Fato, a Camus non farà alcun piacere vederti vagare tra i morti dell'Ade, giovane, forte e maestoso come sei!- 

Per la verità, tutti i cavalieri morti nella Guerra Sacra erano giovani, belli, forti... un'ingiustizia assurda commessa in nome della pace. Ma la pace vale tante vite? 

Milo aveva appoggiato la fronte alla finestra dalla quale entrava una luce ormai fioca e mesta. 

Chiuse gli occhi, scosse il capo ed infine si voltò verso gli altri cavalieri. 

Il suo sguardo errò sui volti dei presenti e si soffermò sulla frangia bionda di Shaka. Shaka lo percepì ed aperse gli occhi. 

-Milo- disse muovendo appena le labbra- sento il tuo odio verso il mondo... sento il tuo senso di colpa...Milo, Hyoga non ha ucciso Camus. Camus si E' FATTO uccidere da Hyoga. Il perchè non lo so... ma è così. Camus voleva quella lotta assurda, l'aveva già cercata alla casa della Bilancia. E aveva pianto per quel bronze. Non è certo colpa tua. E nemmeno di Hyoga. Quei bronze sono disposti a dare la vita per Atena e niente e nessuno può esser loro d'ostacolo. E neanche di Saga. Lui stesso è stato strumento inconsapevole di un destino di sangue. Lui era buono. Se non lo fosse stato me ne sarei reso conto, io che so leggere nel cuore degli uomini. Era MOLTO buono. Una pedina nelle mani del male. Come Kanon, d'altra parte. E Saga ha saputo espiare le sue colpe con molto più coraggio, si è suicidato dopo essersi pentito- 

Scosse la frangia e continuò: 

-E rivedrai Camus... tra poco, quindi trattieni le tue lacrime e pensa a servire la Dea con tutta la tua forza, cavaliere- 

Riprese fiato, scosse nuovamente la frangia e si rivolse verso Ioria. 

-Non è l'ira, cavaliere, il sentimento che ti si addice adesso. Devi raccogliere le tue forze ed espandere il tuo cosmo come io ho fatto in questi giorni-disse pacato Shaka. 

Era vero, pensava Mur, Shaka in quei giorni aveva emanato un cosmo di potenza... straordinaria e lui, cavaliere di Ariete, si era stupito del fatto che il cosmo di un cavaliere potesse crescere tanto senza esplodere. E aveva anche invidiato un poco il cavaliere della Vergine, per quella potenza inusitata, che di certo gli sarebbe stata utile per sopravvivere alla lotta con la Morte. Perchè se qualcuno doveva sopravvivere, Mur era certo che sarebbe stato Shaka, il cavaliere più capace di far bruciare il suo cosmo. Proprio Shaka che, come aveva ricordato prima Ioria, era colui che meno aveva da lasciare sulla terra. 

Intanto nella stanza era calato il buio. Mur si riscosse dai suoi amari pensieri, si alzò e, con l'aiuto di un accendino, accese le candele che immediatamente illuminarono la stanza conferendole un'aria intima. 

Il senso di intimità sprigionato dalla luce delle candele fece tacere nuovamente tutti i cavalieri. 

Infine Ioria si alzò, mostrandosi fiero e maestoso come raramente era apparso agli altri cavalieri dopo l'onere del tradimento del fratello. 

-Sai Shaka- prese a dire con la voce roca e profonda -Hai ragione. Che senso ha urlare con te? Tanto non puoi capire i dolci, banali piaceri della carne. Non puoi. Non è colpa tua quello che sta per accadere. Mi resta poco da fare. Solo salire per questa gradinata, raggiungere la donna che amo e con lei trascorrere le mie ultime ore di vita. Vita.- 

Ioria chinò il capo e scosse i riccioli castani. Si passò una mano sul volto, si stropicciò gli occhi ed infine rialzò lo sguardo verso Mur, regalandogli un sorriso di amicizia. 

Mur ricambiò a malincuore. Era forse un sorriso d'addio? O si sarebbero rivisti, avrebbero lottato insieme, avrebbero sconfitto insieme la Morte? 

Si avvicinò a Ioria e lo circondò con un abbraccio fraterno. 

In quel mentre si voltò anche Milo, rasserenato perche non aveva percepito il presagio di morte di Shaka ma solo quello di un incontro futuro con Camus. 

-Te ne vai già, Ioria?- disse, ammiccando con gli occhi azzurri. 

-E' tempo di salutare chi amo.- 

-Sei un ragazzo fantastico, Ioria, e un formidabile cavaliere d'oro. Ci rivedremo domani.- 

-Certo. A domani, cavalieri!-e volse le spalle ai cavalieri rimanenti, facendo volteggiare il mantello bianco dietro di sè. 

Cos'è il domani per chi sottrae ogni ora che passa a quelle che restano da vivere? Mur chiuse gli occhi, costernato di fronte al dolore quasi fisico che provava nel pensare queste cose. 

Milo gli si avvicinò e con un gesto rapido, flessuoso, giovanile lo cinse con le braccia e gli sfiorò la guancia con un bacio. 

-Anch'io me ne vado. Domani saremo compagni valorosi e dal sangue ardimentoso nella lotta contro la Morte, non temere!- 

-Non temo- sussurrò Mur -che ci mancherà il coraggio. Abbi cura di te, Milo.- terminò sorridendo. 

-Certo, cavaliere! A domani.- e sfiorando la spalla di Shaka ancora seduto nella posizione de loto, uscì. 

Mur lo seguì con lo sguardo finchè la penombra non avvolse il cavaliere dello Scorpione. 

Quest'uomo valoroso, sensibile, affascinante sarebbe morto l'indomani? E Ioria, il cui aspetto da eroe greco incuteva ammirazione e rispetto? E Aldebaran, caro amico e valido combattente? 

Avrebbe voluto comunicare le sue domande al silenzioso cavaliere della 6° Casa ma non volle turbare l'incanto e la calma placida del momento. 

Si accostò alla finestra e rimase colpito dallo splendido scenario che ebbe davanti: non era ancora del tutto buio e le luci della città rischiaravano ancora il cielo. Le rovine dell'Acropoli erano illuminate dai fari e avevano assunto un aspetto così... epico... una sorta di languore romantico pervase il cavaliere. 

Sarebbe divenuto anche lui un eroe del mito, avrebbe affascinato generazioni di fanciulli la narrazione delle sue gesta? Qualcuno avrebbe cantato le imprese dei cavalieri d'oro? Sarebbe stata una piccola consolazione di fronte a ciò che li attendeva, certo, ma... Aiace, Achille, Agamennone, Ettore e ... Mur... un fruscìo di vesti lo distrasse dalle fantasticherie nelle quali si era perso. 

Si volse verso Shaka. 

Shaka era in piedi, con gli occhi aperti. Aveva scosso i capelli biondi, aveva lisciato la tunica di lino bianco e, dopo un attimo di esitazione, aveva fatto un passo verso Mur. 

Mur sorrise e si avvicinò a braccia aperte. I due si abbracciarono forte. Mu appoggiò il suo volto sulla spalla di Shaka. 

-Non è bello, Shaka, avere un cosmo penetrante e sensibile come quello che ci appartiene... non è bello sentire che cosa provano gli altri, le loro paure... questo accresce le mie insicurezze... capisci?- 

-Vorrei poter capire. Sai bene che è difficile che qualcosa produca in me turbamento. Ma non aver timore, saremo capaci di sconfiggere la Morte e, solo se sarà necessario, saliremo nel paradiso dei cavalieri.- 

-Sì, certo-disse sciogliendosi dall'abbraccio e guardando il cavaliere negli occhi- ma io, te e Dauko soltanto abbiamo idea di ciò che ci aspetta. Ovvero non solo la morte. Neppure lady Saori sa cosa accadrà... nel mondo della Morte.- 

-Lo scopriremo di certo. Ma adesso raccogli le tue forze ed espandi il tuo cosmo. Non per essere pessimista- e sorrise- ma credo manchino davvero poche ore, no?- 

Mur sorrise a sua volta. 

-Dunque, addio.- 

-Addio- 

Detto ciò il cavaliere della Vergine si allontanò. 

Mur si accasciò sulla poltrona, stremato dai suoi pensieri. 

Era carne da macello pensante. Chiuse gli occhi assumendo una smorfia di dolore. Passò una mano sul volto contratto e si abbandonò alle lacrime. 

La sua mente corse a quando, bambino, aveva iniziato l'addestramento con il grande sacerdote Sion. A quando correva nelle valli alpine e scalava i picchi rocciosi col pensiero. A quando giocava a nascondino col fratellino e usava il teletrasporto per esasperarlo. A quando per la prima volta Kiki aveva usato da solo il teletrasporto. Quale orgoglio era stato per lui! Più di un fratello, si era sentito un padre. Kiki. 

Il piccolo Kiki. Adesso era pronto per fare il cavaliere. Lo aveva allevato bene, rendendolo suo degno successore... chissà che faccia avrebbe fatto quando gli avrebbero detto che il suo fratellone lo aveva destinato all'armatura d'oro dell'Ariete? Sarebbe stato un valoroso combattente, il primo della nuova era, dopo la sconfitta del male. 

L'espressione di Mur era tornata quella pacifica di sempre. Si alzò in piedi, scese i gradini che lo conducevano negli alloggi privati e aperse la porta della cameretta del fratello. 

Alla luce delle candele, il volto del fratellino era placido. Il cavaliere sorrise nel vedere come dormiva beato ed ignaro, stretto al cuscino. 

Avrebbe dato la sua vita per Atena, sarebbe morto, ma Kiki sarebbe sempre stato orgoglioso di lui. E questa forse era l'unica consolazione che si concedeva. Ma il viso tranquillo e gaio del fratellino avrebbe visto le lacrime. Molte lacrime. 

Kiki aveva aperto gli occhi assonnati per pochi istanti, biascicando con la voce assonnata -Fratellone!- 

-Kiki- il cavaliere dell'Ariete si era avvicinato al bambino e sfiorandogli la fronte con le labbra, si era congedato da lui -addio, mio valoroso cavaliere!- 

Prima che le lacrime che gli scendevano copiose cadessero sul volto del fratellino, Mur si voltò ed abbandonò la stanzetta facendo sventolare dietro di sè il mantello candido. 


-Addio- 



FINE

 

 

 

 

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