27 settembre
la Famiglia Vincenziana in festa per il suo fondatore:

SAN VINCENZO DE PAOLI,
patrono universale delle opere di carità

 

Il 27 settembre la Famiglia Vincenziana celebra le festa del proprio fondatore, San Vincenzo de Paoli, il patrono delle opere di carità.

Nato a Pouy, in Guascogna (Francia) il 24 aprile 1581, Vincenzo de Paoli frequentò qualche classe elementare presso la parrocchia, distinguendosi per l’intelligenza e ancor più per la sua pietà e carità. Proprio per questo fu avviato agli studi ecclesiastici, con un profitto così straordinario, dapprima a Dax e poi all’università di Tolosa, che a soli 19 anni, dopo appena cinque anni complessivi di studio, poté essere ordinato sacerdote il 23 settembre 1600.

Nei primi anni di sacerdozio, il giovane Vincenzo avvertì la necessità di approfondire la sua preparazione culturale (che era stata fin troppo affrettata) e frequentò per altri quattro anni l’università di Tolosa. Nel frattempo, per non gravare sulla famiglia, diresse un pensionato di studenti, che affluivano numerosi nella città. Nel 1604 conseguì il titolo di baccelliere e più tardi, a Parigi, diventerà anche dottore in Diritto Canonico.

A Parigi, che doveva diventare il campo della sua attività e delle sue fondazioni, arrivò verso la fine del 1608. La splendida capitale francese contava allora sui 250.000 abitanti, ma già alla fine del secolo, a motivo della lunga serie di guerre e pestilenze, la popolazione parigina sarebbe salita a circa 14 milioni. I mendicanti e i vagabondi si moltiplicavano a vista d’occhio: contadini senza più terra, artigiani senza lavoro, donne senza famiglia e bambini di nessuno si riversavano in questa città. Nel 1660 (anno nel quale San Vincenzo morrà) si calcolavano 2 milioni di mendicanti che vagavano per la Francia su un totale di 17 milioni.

Questa povera gente sarà la porzione di umanità che toccherà il cuore di san Vincenzo. Solo, senza grandi risorse economiche, egli seppe organizzare una rete di assistenhza che ancor oggi in tutto il mondo suscita interesse e ammirazione. Raggiunse e soccorse galeotti, orfani, poveri e ammalati. Inventò le suore dei poveri a domicilio, le suore degli ospedali, delle case di riposo, degli istituti per trovatelli. Seppe commuovere il cuore dei ricchi e consolare quello dei poveri.

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Tre furono le grandi fondazioni con cui diede concretezza alla sua azione caritativa ed evangelizzante.

a) La Congregazione della Missione

Nel gennaio 1617, Vincenzo si trovava in un piccolo villaggio a 13 km da Folleville, in terra che apparteneva ad una nobile famiglia francese, la famiglia de Gondi. Un contadino sulla sessantina giaceva in fin di vita, torturato non meno dai rimorsi per un peccato taciuto in confessione che dal male fisico. Vincenzo accorse al capezzale e quel pover’uomo, che da tutti era stimato “uomo dabbene” e buon cristiano, gli rivelò il suo segreto.

«Ah, Signora - disse quel pover”uomo alla signora de Gondi dopo la confessione - io mi sarei dannato, se quel santo prete non mi avesse rimesso in grazia di Dio. Ma quanti saranno nelle mie condizioni, perché nessuno mai li ha istruiti!» La signora, che era assai timorata e scrupolosa, ne rimase colpita. Pregò subito Vincenzo de Paoli (che era suo cappellano) di tenere una predicazione nella chiesa di Folleville, per esortare gli abitanti alla confessione generale. Dio benedisse tanto le parole di Vincenzo, che tutti i preti dei dintorni, fatti venire apposta per l’occasione, non furono sufficienti per confessare.

Vincenzo de Paoli ritenne sempre il giorno di quella predica (era il 25 gennaio 1617) la data di fondazione della nuova famiglia di sacerdoti, anche se ufficialmente essa fu costituita nel 1625. Ne furono fondatori, per la parte materiale, i signori de Gondi, solleciti ad assicurare ai contadini delle loro terre un’assistenza religiosa straordinaria e periodica. Vincenzo de Paoli riunì attorno a sé confratelli zelanti, disposti a percorrere con lui le campagne, rinunciando al ministero più facile e redditizio delle città.

Nacquero così i Missionari di san Vincenzo o Preti della Missione, detti poi Lazzaristi, dalla loro prima casa di Parigi, cioè il priorato di san Lazzaro. A Como sono oggi conosciuti come Padri del Gesù, in quanto svolgono il loro ministero sacerdotale nella Chiesa del Gesù, in via Primo Tatti, un tempo chiesa dei Gesuiti.

b) Le Volontarie Vincenziane e le Conferenze di san Vincenzo

Vincenzo de Paoli poteva essere soddisfatto dopo la predicazione di Folleville. Ma i santi non si accontentano mai. Folleville non era che un villaggio ed altri cento attendevano la stessa grazia di Dio, mentre egli rimaneva come prigioniero nella casa de Gondi, impegnato per buona parte del suo tempo dai doveri di cappellano e di precettore. Qualche mese dopo, nel luglio dello stesso anno (1617) si decise a lasciare la casa de Gondi e, su consiglio del suo direttore spirituale, andò in una parrocchia lontana da Parigi, Châtillon-les-Dombes, nei pressi di Lione. Qui la Provvidenza lo attendeva per nuove iniziative.

Una mattina, mentre Vincenzo stava indossando i paramenti per celebrare la messa, gli vennero a dire: «Signor curato, in una famiglia della vicina borgata tutti sono ammalati e sono privi di qualsiasi assistenza. Li raccomandi un po’ Lei alla carità di tutti!». Anche in questa circostanza, Dio benedisse così tanto le sue parole che, al termine della messa, tutti si mossero per portare qualcosa a quei poveretti. Anche Vincenzo si recò nella loro casa e, mentre incontrava le persone che vi ritornavano, pensò: «Oggi questa povera famiglia avrà più del necessario, ma tra qualche giorno sarà nel bisogno più di prima!».

Da quel ragionamento nacque l’idea di una confraternita di pie donne, che si impegnassero ad assistere a turno, non solo quella famiglia, ma tutti gli ammalati, i vecchi e i bisognosi di quella parrocchia. Era il 20 agosto 1617 e nasceva così la prima “Carità”, le cui associate presero il nome di Serve dei poveri.

Da Châtillon-les-Dombes, le “Carità” si diffusero, grazie a san Vincenzo e i suoi missionari, in tante altre città, ove le signore iscritte alla confraternita si denominarono Dame di Carità e cominciarono a coinvolgere anche gli uomini con le “Carità” maschili. Le “Carità” cittadine, specialmente quella di Parigi, contarono nelle loro file le più nobili signore di Francia e furono il più valido aiuto di Vincenzo de Paoli nelle sue molteplici opere di assistenza caritativa.

Oggi questo esercito della carità è formato da circa 250.000 associate e continua la sua azione benefica in ogni parte del mondo. Nel 1972 esse si sono costituite come Associazione Internazionale delle Carità (A.I.C.) con sede a Bruxelles.

In Italia, dopo il Concilio Vaticano II, hanno assunto la denominazione di Volontarie Vincenziane. A Como sono presenti da oltre cento anni in diverse parrocchie della città ed hanno la loro sede in Via Primo Tatti 7.

Le “Carità” maschili, fondate da San Vincenzo, furono travolte dalla rivoluzione francese e scomparvero, almeno fino a che Federico Ozanam ed alcuni suoi compagni le rifondarono con nuovo slancio nel 1833 (sempre in Parigi) ed oggi operano anch’esse in ogni parte del mondo nel campo della carità, in particolare con il metodo vincenziano della visita al domicilio del povero. La nuova associazione, messa dallo stesso Ozanam sotto il patrocinio di san Vincenzo fu denominata giuridicamente Società di San Vincenzo de Paoli. Essa si strutturò da subito in gruppi, chiamati “Conferenze” (motivo per il quale è popolarmente conosciuta con il nome di Conferenze di San Vincenzo) e si diffuse velocemente in tutto il mondo: oggi si contano circa 800.000 membri in 46.650 Conferenze.

In Italia i confratelli sono più di 20.000 in più di 2000 Conferenze. A Como le Conferenze di san Vincenzo, che sono oggi miste (uomini e donne), sono anch’esse presenti da un secolo in diverse parrocchie della città e della diocesi e hanno la sede del proprio Consiglio Centrale presso la Casa della Missione di Via Lambertenghi 2.

c) Le Figlie della Carità

Mentre andavano diffondendosi le “Carità” un po’ ovunque in tutta la Francia, si presentarono a Vincenzo de Paoli alcune ragazze di campagna, desiderose di consacrarsi al servizio dei poveri. Egli le accolse e le assegnò alle varie “Carità” cittadine. Nelle città, infatti, le grandi e nobili signore cominciavano a trovare difficoltà ad esercitare personalmente le opere di misericordia. Le semplici ragazze del contado, invece, svolgevano con gioia e con perizia anche le mansioni più umili, che l’assistenza dei poveri, dei vecchi e dei malati richiedevano.

Il nome che venne loro dato, sin dall’inizio della loro attività, fu quello di “Figlie della Carità”. Fu lo stesso popolo a denominarle con questo appellativo, che ottenne più tardi il riconoscimento canonico.

Dal 1630 al 1633 esse lavorarono in collaborazione con le Dame della Carità, in dipendenza da una o più signore, nelle varie parrocchie, ma soprattutto in stretta collaborazione e dipendenza da colei che era divenuta nel frattempo la prima direttrice e l’anima delle “Carità”, cioè Luisa de Marillac.

Successivamente Vincenzo pensò di affidare proprio a Luisa de Marillac tutte queste ragazze, affinché le istruisse e le preparasse meglio al loro apostolato e al loro lavoro di assistenza. Le prime tre o quattro furono ricevute da Luisa in casa sua nel novembre 1633. Nacque così la Compagnia delle Figlie della Carità, primo esempio di suore moderne, senza voti perpetui, senza grata e senza abito monacale, se non il semplice abito che portavano le contadine dei dintorni di Parigi.

Lo stesso Vincenzo de Paoli diceva loro: «Voi avete per monastero solo le case degli ammalati e quella in cui risiede la superiora; per cella una camera d’affitto; per cappella la chiesa parrocchiale; per chiostro le vie della città; per clausura l’obbedienza; per grata il timor di Dio; per velo la santa modestia!»

Ben presto numerose opere di carità fiorirono tra le loro mani. Dopo i poveri, vennero gli ammalati degli ospedali, i trovatelli (1638), gli orfani e le scuole delle fanciulle, i forzati (1640), i vecchi e i feriti sui campi di battaglia (1653): in una parola, ogni sorta di miseria umana.

Oggi la Compagnia è formata da oltre 27.000 suore sparse in tutto il mondo. Nella Provincia religiosa di Torino (corrispondente all’Italia del Nord) le Figlie delle Carità sono circa 680, distribuite in circa 70 case. A Como vi sono due insediamenti; in via Jacopo Rezia 5 e in via Primo Tatti 7 (nella sede delle Volontarie Vincenziane).

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A Como vi è un altro ramo appartenente al grande albero della Famiglia Vincenziana: si tratta delle suore Nazarene di via Ferrari 5. Furono fondate a Torino nel 1865 da un missionario vincenziano, il P Marcantonio Durando, per l’assistenza ai malati a domicilio, ricchi e poveri, di giorno e di notte, per l'educazione dell'infanzia derelitta ed ogni opera che prediliga coloro che portano impresse nel proprio corpo le sofferenze di Gesù Nazareno, come i lebbrosi nelle missioni. La loro spiritualità è, infatti, centrata sul mistero della Passione di Cristo.

La città di Torino andò subito a gara per avere le suore vegliatrici del P. Durando, quando in famiglia vi era un ammalato da accudire, ed il Signore si servi di loro per operare diversi miracoli e conversioni. Dal 1901 la Comunità è "affiliata" a quella delle Figlie della Carità di S. Vincenzo De Paoli, pur conservando la sua indipendenza di direzione e di amministrazione.

Il 20 ottobre prossimo, in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, il Santo Padre Giovanni Paolo II celebrerà la “beatificazione” di P. Marcantonio Durando (1801-1880) che, oltre ad essere il fondatore delle suore Nazarene, fu anche Visitatore (cioè Padre Provinciale) dei missionari vincenziani, Direttore delle Figlie della Carità, animatore delle Volontarie Vincenziane. Fu chiamato “il San Vincenzo d’Italia” e, come appunto Vincenzo de Paoli, egli fu un fondatore, consigliere dei ricchi, servo dei poveri, direttore di suore, apostolo delle missioni popolari.

Era entrato nella Congregazione della Missione con l’intenzione di partire per la Cina ed annunziare il vangelo, ma la sua salute gracile non glielo permise. Così, lungo gli anni del suo servizio come Visitatore mandò molti confratelli in Cina, in Etiopia, nelle Americhe e aprì a Genova un seminario per le missioni.

Oggi la Chiesa lo propone a tutti i fedeli come modello di vita missionaria e di carità.

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San Vincenzo ha lasciato una traccia indelebile nella storia della Chiesa. La sua attività incise profondamente nella Francia del sec. XVII e nella storia della Chiesa dei secoli successivi. Non solo però per l’attività caritativa, alla quale forse il suo nome è più facilmente associato. Infatti, egli fu anche uno dei più efficaci riformatori del clero.

Cominciò con gli esercizi spirituali agli ordinandi (1628) e i frutti di tale opera furono così abbondanti, che l’arcivescovo di Parigi impose a tutti gli aspiranti al sacerdozio un periodo di quindici giorni di preparazione intensa al collegio dei Bons Enfants, di cui Vincenzo de Paoli era il superiore. Si avviava così la pratica dei decreti del Concilio di Trento, rimasti fino ad allora lettera morta.

Per i sacerdoti Vincenzo de Paoli promosse le Conferenze del martedì, che erano una sorta di formazione permanente ante litteram. Vi parteciparono i membri più eminenti del clero parigino e la lista degli associati dal 1633 al 1660 conta ben oltre 250 nomi. Non di rado il cardinale Richelieu sceglieva tra i sacerdoti delle Conferenze del martedì ecclesiastici esemplari e capaci da elevare alla dignità episcopale.

Per l’istituzione dei seminari Vincenzo de Paoli diede tutta la sua collaborazione e quella della sua comunità, orientandosi di preferenza verso i seminari maggiori. Intuì subito che i frutti della missione rurale non sarebbero durati a lungo se, dopo a partenza dei missionari, non fossero rimasti sul posto parroci santi.

Alla sua morte, avvenuta nel 1660, i seminari maggiori diretti dai Preti della Missione erano già dodici.

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Alla scuola di Vincenzo de Paoli, evangelizzatore dei poveri, si formarono sacerdoti religiosi e laici che furono per secoli gli animatori della Chiesa di Francia e oltre ai confini di questa. Ancora oggi la Chiesa, agli inizi del suo terzo millennio, ci invita a farne memoria e a custodirne la preziosa testimonianza, affinché «animati dallo stesso fervore, amiamo ciò che egli ha amato e mettiamo in pratica i suoi stessi insegnamenti» (dalla colletta della liturgia eucaristica del 27 settembre, memoria del santo).

P. Giuseppe Turati CM

Rettore della Chiesa del Gesù