Festa di San Vincenzo

(in occasione del quarto centenario della sua ordinazione sacerdotale)

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In questi giorni di 400 anni fa, precisamente il 23 settembre del 1600, Vincenzo de' Paoli veniva ordinato sacerdote e cominciava il suo cammino spirituale e pastorale. L'ordinazione chiesta ed ottenuta ad appena 19 anni, in deroga alle norme emanate dal concilio di Trento, dimostra che per il giovane Vincenzo il sacerdozio era più una tappa dell'ascesa sociale che non una vocazione, una missione. Più tardi lo confesserà lui stesso, quando dirà: "Se avessi saputo cos'era il sacerdozio, quando ebbi la temerarietà di entrare in questo stato, come l'ho capito poi, avrei preferito lavorare la terra che avventurarmi in una condizione così tremenda".
Pian piano, però, l'incontro con alcuni sacerdoti santi e uomini di profonda fede, ma ancor più la scoperta della miseria fisica e spirituale di tante persone povere nella Francia di quel tempo, condussero Vincenzo ad un cambiamen
Color to decisivo nel suo modo di intendere e vivere il suo sacerdozio. L'evangelizzazione della povera gente divenne poco per volta un assillo, l'unica ragione della sua vita: si doveva fare qualcosa, ma qualcosa di concreto, per la salvezza umana e spirituale di tanta gente che soffriva e moriva di fame, di freddo, di malattie, e oltretutto senza un'adeguata assistenza religiosa.
Fu subito chiaro per lui che l'evangelizzazione non era solo compito suo, ma una responsabilità di tutti i battezzati. Per questo chiamò attorno a sé dei laici, uomini e donne, con i quali intraprese le sue prime grandi opere caritative. Nacquero così, nel 1617, i primi gruppi di volontariato vincenziano, che in poco tempo si diffusero in tutta la Francia e oltre.
Organizzando e animando l'attività caritativa di quei gruppi Vincenzo poté rispondere alla povertà materiale di tanta gente, ma rimaneva senza risposta un'altra povertà: quella spirituale. Fu così che si dedicò alla sua seconda grande opera: l'organizzazione e la predicazione delle missioni, soprattutto nelle campagne e presso le persone più abbandonate. D'altra parte, i benefici della missione non potevano durare a lungo, se non venivano tenuti costantemente vivi da sacerdoti zelanti ed istruiti, disposti a dedicare l'intera vita al servizio di Cristo. Fu così che, dopo alcuni anni (1625), nacque la Congregazione della Missione.
Ma anche l'attività caritativa esigeva continuità e dedizione totale: non poteva essere lasciata all'entusiasmo del momento o al tempo che le volontarie di allora, le "Dame" di Parigi, riuscivano a sottrarre ai numerosi impegni che la vita dell'alta società imponeva loro. Per questo Vincenzo, lasciandosi guidare dalla Provvidenza e dai bisogni concreti della povera gente, vide la necessità di radunare intorno a sé delle giovani e semplici ragazze della campagna, desiderose di consacrare l'intera vita al servizio dei poveri o, meglio, di Cristo sofferente nella persona dei poveri. Nacquero così, nel 1633, le Figlie della Carità.
Fu questo l'inizio della "famiglia vincenziana", che da allora è fedele alla propria missione nella Chiesa. Ma tale famiglia era destinata a crescere enormemente lungo i secoli, arricchendosi in santità di vita e in opere di bene. Una tappa fondamentale fu quando, due secoli più tardi (1833), Federico Ozanam, giovane studente universitario di Parigi, catturato dall'esempio lasciato da Vincenzo, raduna attorno a sé un gruppo di amici e con essi fonda la Società di san Vincenzo de' Paoli, che raccoglie l'eredità vincenziana e ne diventa, prima nella Francia che andava secolarizzandosi e poi nel mondo intero, un formidabile agente moltiplicatore.
Oggi, la "famiglia vincenziana" è un albero rigoglioso, i cui frutti sono sparsi in tutto il mondo: poco meno di un milione di membri della Società di san Vincenzo de' Paoli, 250.000 volontarie vincenziane, 25.000 Figlie della Carità, oltre 3200 Preti della Missione. Sono questi i quattro rami principali del grande albero della famiglia vincenziana, attorno ai quali vi sono tanti altri rami anch'essi carichi di frutti: si contano fino a 165 tra gruppi, associazioni, movimenti e congregazioni ancora esistenti nel mondo, che si ispirano alla parola e all'azione di Vincenzo de' Paoli

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Nell'anno giubilare, in cui i cristiani di tutto il mondo celebrano in modo particolare il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio, la famiglia vincenziana è chiamata a compiere fedelmente la propria missione nel mondo, sull'esempio del proprio fondatore e ispiratore: come Cristo, essa è inviata dal Padre celeste ad annunciare il vangelo ai poveri, a dare la libertà a coloro che ne sono privi, a liberare gli oppressi, a restituire la vista ai ciechi (cf Tertio millennio adveniente, n. 11).
Un anno di misericordia: è questo il grande dono giubilare per gli uomini del nostro tempo; ma è anche il grande dono che i vincenziani sono chiamati ad offrire agli uomini di tutti i tempi, soprattutto ai più bisognosi della misericordia divina. Come possono i vincenziani essere fedeli a questa loro vocazione? Propongo loro tre impegni, invitandoli a farne oggetto di riflessione, valutazione ed azione (vedere, giudicare ed agire) quali segni dei tempi nell'anno sociale che si apre davanti a noi.

Anzitutto, invito tutti voi vincenziani a vivere il dono della misericordia di Dio. Chi non fa esperienza di misericordia, non può essere misericordioso; chi non si lascia condurre da Dio, non può condurre a Dio; chi non si sente profondamente amato da Dio, non può amare i suoi fratelli, soprattutto quelli che appaiono umanamente meno amabili. Abbiate allora una grande cura nella vostra formazione umana e spirituale: in un'epoca di grande attivismo, soprattutto nel sociale, c'è bisogno di persone la cui attività davvero arricchisca umanamente spiritualmente sia che la fa, sia chi la riceve, sia infine l'intera famiglia umana della quale tutti facciamo parte.

Vi invito, in secondo luogo, a condividere il dono della misericordia di Dio. A condividerlo con gli altri membri della famiglia vincenziana, con tutti coloro che nella Chiesa si dedicano alle opere di carità, con tutti gli uomini di buona volontà che ovunque hanno fame e sete di giustizia. Vincenzo de' Paoli intuì sin dall'inizio della sua attività caritativa che né lui né nessun altro al mondo può essere strumento adeguato ed esclusivo per l'esercizio della misericordia di Dio: tutti però possiamo esserne un piccolo segno. Non siamo noi a fare la carità, ma è la carità che genera noi. Vincenzo de' Paoli chiamò "charités" (carità, al plurale) i primi gruppi di volontariato che fondò fin dal 1617, quasi ad identificarli con la terza virtù teologale; più tardi chiamò "Figlie della Carità" le giovani contadine che si consacravano al servizio dei poveri, riconoscendo in tal modo la giusta priorità teo-logica.
Nessuno di noi può vantare l'esclusiva del carisma della carità, cioè di essere la piena manifestazione, dell'infinita misericordia di Dio. Anzi, quanto più armonizziamo tra loro le nostre opere di misericordia, tanto meglio esse, come una sorta di telescopio fatto di molti specchi tra loro ben coordinati, permetteranno all'occhio del mondo una certa visione della "astronomica" misericordia divina.

Vi invito, in terzo luogo, a trasmettere ad altri, soprattutto ai giovani, il dono e il compito di essere testimoni della misericordia di Dio nel mondo. Oggi sono molti, adulti e giovani, a sentire il bisogno di fare volontariato, soprattutto dedicandosi ad opere di bene. Il futuro della famiglia vincenziana dipenderà anche dalla sua capacità di riconoscere questo bisogno e di soddisfarlo mediante opere della misericordia divina rinnovate e culturalmente significative (in ordine alla promozione di una "cultura della carità"), capaci di catturare l'interesse e la dedizione di coloro che potranno essere i vincenziani del prossimo millennio.

Affidiamo all'intercessione di San Vincenzo, patrono delle opere di carità, tutta l'attività caritativa della Chiesa e soprattutto quella della famiglia vincenziana nelle sue varie forme. Invochiamo anche la protezione di François Régis-Clet, Prete delle Missione, che sarà proclamato "santo" da Giovanni Paolo II il 1 ottobre a Roma, in piazza san Pietro, insieme con altri martiri della Cina. Mentre lo invochiamo, mi sembra doveroso impegnarci anche a conoscere meglio questa figura perché la Chiesa ce la propone, come tutte le figure dei santi, come modello di vita, una vita spesa fino alla morte nel compimento fedele e generoso della propria vocazione. La vita di Vincenzo de' Paoli, di François Régis-Clet e di tutti i santi della famiglia vincenziana sono una preziosa testimonianza della misericordia di Dio per gli uomini negli ultimi quattro secoli. A noi la responsabilità di tener viva questa testimonianza nei secoli a venire.

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