Festa S. Luisa de' Marillac
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La figura di Luisa de' Marillac, dopo essere rimasta per secoli all'ombra di quella di S. Vincenzo de' Paoli, di cui erroneamente era considerata una discepola passiva, ha finalmente cominciato a splendere di luce propria da ormai alcuni decenni: almeno dal 1960, quando Giovanni XXIII la dichiarò patrona di tutti coloro che sono impegnati nelle opere sociali cristiane. Più recentemente ancora, l'Associazione Internazionale delle Carità (A.I.C.) ha scelto il giorno della sua memoria per farne la giornata di preghiera delle volontarie vincenziane sparse in tutto il mondo. Mi pare una cosa buona estendere oggi l'invito a tutta la famiglia vincenziana, che riconosce in questa santa una cofondatrice della propria spiritualità, ad unirsi nella preghiera e nel farne memoria liturgica
Celebrarne liturgicamente la memoria non significa solo ricordarla, celebrare un'eucaristia in suo onore, ma "farla rivivere" in noi, incarnando in noi stessi quelle caratteristiche che fanno di lei un modello di vita cristiana e vincenziana. E tra i tanti suoi tratti umani e spirituali, mi piace oggi ricordarne alcuni, sia sotto il profilo della santità personale sia sotto quello dell'azione caritativa.

1. Una donna attenta alle persone. Luisa de' Marillac è anzitutto una donna attenta ad ogni persona, non solo alla persona dei poveri, ma a tutte le persone che incontra: dalle molte che ha avuto come maestri spirituali (tra i quali spicca Vincenzo de' Paoli) a quelle a lei affidate, che sono state le prime volontarie vincenziane e le prime Figlie della Carità.
Di esse Luisa si è presa cura con rara sensibilità pedagogica, grazie ad un intuito squisitamente femminile, che ci è di esempio prezioso ancora oggi. Essa è attenta, anzitutto, al livello culturale delle persone affidate alla sua cura e lo dimostra nel trattare con ognuna rispettando questo livello. E' poi attenta al carattere di ognuno: anche qui, nei richiami che talvolta si vede costretta a fare, la persona viene prima dei suoi comportamenti. Ancora, è attenta alla loro situazione fisica e psicologica, con una spiccata tenerezza per coloro che soffrono nel corpo o nello spirito; E' attenta, infine, alla crescita personale di ognuna di loro, consapevole che ogni persona ha in sé un potenziale che si attiva solo con l'amore che sappiamo donarle.
Luisa ci insegna dunque che, se non siamo attenti alle persone con le quali lavoriamo o delle quali abbiamo il compito di curare la formazione umana, cristiana e vincenziana, difficilmente saremo attenti ai poveri: più facilmente finiremo di esercitare nei loro confronti non una maternità, bensì un "maternalismo" (o un "paternalismo"), che invece di aiutarli a crescere li blocca nella loro maturazione.

2. Una persona concreta. Oggi sappiamo bene che, per crescere nella santità personale e nell'azione caritativa vincenziana, occorrono buoni progetti di formazione; ma sappiamo anche quanto a volte essi risultino inefficaci, nonostante le nostre buone intenzioni.
Per formare le suore e le volontarie, Luisa parte dai fatti concreti, dagli avvenimenti della vita quotidiana: ad esempio, insegna ad essere precisi nelle richieste di aiuto per i poveri (e questo è un elemento importante per fare dei buoni progetti). Spesso propone di riflettere insieme su quello che vivono, su come vivono e si comportano: noi forse riflettiamo molto più su come vivono i poveri che non su come viviamo noi (magari vedendo la pagliuzza che è nel loro occhio e non la trave che è nel nostro). Nella sua attività formatrice la vediamo spesso verificare l'utilizzo del tempo: se le visite fatte sono tutte necessarie, se le conversazioni e le parole usate sono tutte utili, e ogni tanto suggerisce la revisione comunitaria dell'organizzazione. Luisa sa che suore e volontarie devono affrontare molte difficoltà: per questo insegna loro a non scoraggiarsi, dice loro che guardare in faccia alle difficoltà è scoprirne le cause, è anche attenuarne l'intensità.
Mi sembra che ci sia tanto buon senso e tanta concretezza in tutte queste indicazioni: sono tratti squisitamente vincenziani che non dovremmo mai trascurare nei nostri incontri.

3. Una vincenziana capace di coinvolgere. Con la parola e l'esempio, Luisa sa trasmettere ad altri ciò che l'anima: l'amore verso i fratelli attinto dall'amore del Cristo incarnato.
Anzitutto, ha una grande ammirazione per l'uomo che Dio ha creato, ha amato fino a voler assumere Egli stesso l'umanità per riscattarlo. Poi crede nelle potenzialità presenti in ogni persona, per quanto povera e misera possa essere. Non solo vi crede, ma sa valorizzare ciò che c'è di buono in ogni persona: uno sguardo carico di affetto e di amicizia valorizza sempre l'altro. Infine, ed è forse la cosa più importante di tutte, contempla in Gesù il suo sguardo di amore, i suoi gesti di rispetto, la sua fiducia in tutti.
Darsi a Dio per darsi totalmente agli altri: questo è il riassunto della formazione data da Luisa alle sue collaboratrici. E il tutto sostenuto da una fervente e costante preghiera.

4. Una santa moderna. A questo punto possiamo capire in che senso si è potuto dire di Luisa de' Marillac che è "una santa moderna". Si crede comunemente che lo spirito moderno sia uno spirito efficiente ed efficace: l'azione di Luisa aveva queste due caratteristiche, ma esse sono solo la manifestazione più vistosa di altri fattori meno appariscenti, che ne determinano la forza e la qualità.
Ora, questi fattori sono dell'ordine della grazia, non solo della natura: anzi, conviene non dimenticare che la natura umana di Luisa era molto fragile: segnata fino ai trent'anni dall'insicurezza, dalla paura, dall'angoscia. Quante partenze false nella sua vita: la stessa nascita (avvenuta fuori dal matrimonio), la sua infanzia solitaria e priva di calore affettivo, il "voto" fatto in modo prematuro e avventato, il matrimonio di convenienza, la sua maternità travagliata.
Ma tutto ciò non le impedì di percorrere il suo cammino di santità: poco per volta si lasciò modellare dalla grazia, trovando in essa la risposta adeguata alle sue sofferenze e, insieme, anche a quelle dei poveri. Non a caso, la svolta della sua vita avvenne proprio nel giorno di Pentecoste, nel 1623, quando al termine della novena dello Spirito Santo un'improvvisa "illuminazione interiore" le suggerì di consacrarsi al Signore e di dedicarsi totalmente ai poveri. Aveva capito una cosa importante: non la ricerca solitaria e perfezionista porta alla santità personale, ma il lasciarsi guidare da Dio nell'amore per Lui e per i fratelli. Questa grande intuizione è ciò che la rende ancora oggi attuale e moderna per noi vincenziani e per tutti coloro che si impegnano nelle opere sociali cristiane.

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