COMITATO CIVICO
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BUBE' INFORMA |
Manuela Masi
era nata il 15 Ottobre 1952, nel comune di Impruneta a
Fonte Seconda, poco distante da quel piccolo borgo di Grassina chiamato Bubè
nel quale la sua famiglia si trasferì subito dopo la sua nascita e dove è
deceduta il 1° Settembre 1979. Manuela, non visse un'infanzia come
tutti i coetanei perché i suoi genitori, accentuati dalla loro personalità e
coerenza, mettevano in pratica quei valori di democrazia e solidarietà per i
quali ricevevano testimonianze di stima e di amicizia da ben oltre i confini
del loro piccolo borgo. Il padre Aldo era stato un partigiano ed aveva
mantenuti intatti i valori di quella scelta. Nella zona rappresentava un sicuro punto di riferimento e molti si fermavano a casa Masi perché erano sicuri di poter contare su Wanda e Aldo per qualunque aiuto. Altri si fermavano anche solo per salutare, fare quattro chiacchere, prima di ripartire a piedi verso gli altri borghetti sparsi per le colline vicine. Insomma in casa Masi non si era mai soli, come usa dire Wanda. Manuela è quindi vissuta in questo determinante contesto di valori anche se la sua infanzia seguì per il resto consuetudini consolidate della nostra realtà sociale. Così frequentò l'asilo dalle suore del Sacro Cuore in via Costa al Rosso, frequentò le elementari alla Marconi di via Tegolaia e dopo aver ultimato la scuola media, scelse di frequentare il Liceo Classico di Badia a Ripoli, nel quale insegnavano le locali Suore dell'Immacolata. Già dal ginnasio dimostrò una
particolare vocazione per le materie umanistiche riscuotendo subito
l'apprezzamento delle insegnanti più attente, anche se gli argomenti che
trattava talvolta si scontravano con la loro fede. Tuttavia, alcune di loro,
anche dopo il Liceo, continuarono a coltivare i rapporti con Manuela, fino al
giorno della sua scomparsa, affascinate dalla sua rara comunicativa e capacità
di saper ascoltare qualsiasi interlocutore. Doti che Manuela aveva evidentemente
ereditato nel suo "umus"
familiare così socializzante ed aperto a tutti. A forza di ascoltare gli altri
ed i loro problemi fin da piccola, a 16 anni si era già fatta un'idea precisa
di quello che erano la vita e la nostra società. Sono lì a testimoniarlo le sue più di
cento poesie che i genitori hanno ritrovato scritte su agende, fogliacci e
quant'altro Manuela aveva "a portata di penna" nel momento
dell'ispirazione. Infatti, già nel '68, scriveva poesie
come “Denuncia”, “Pensieri” ed altre su temi che rispecchiano il pensiero
giovanile dell’epoca. Tuttavia leggendole non si percepisce la sua giovane età
tanta è la profondità e la bellezza dei suoi versi che descrivono, con
sorprendente attualità i temi legati all'esistenza dell'uomo e della natura:
contro il degrado, l’ingiustizia le
ipocrisie. Coerentemente alle sue poesie aveva
cercato di mettere in pratica, nella sua breve vita, quei valori di solidarietà
e democrazia, anche attraverso il suo impegno lavorativo nell'Amministrazione
Comunale di Bagno a Ripoli, nell'assessorato alle politiche sociali, per
l'attivazione dell'ospedale di S.M. Annunziata e nell'ambito dell'assistenza
agli anziani. Assunse anche responsabilità politiche
rilevanti ed inusuali per una ragazza poco più che ventenne, come quando fu
eletta segretaria della sezione di Grassina dell'allora P.C.I. Il suo volere e sapere ascoltare gli
altri le permisero di riscuotere consensi sia tra le nuove generazioni che tra
i compagni più anziani i quali, inizialmente, provarono un certo disagio di
fronte ad una segretaria donna così giovane, per poi ricordarla oggi come
fenomeno di preparazione politica e sensibilità umana, doti indispensabili in
una delle epoche più travagliate della storia politica della nostra Repubblica
come furono gli anni ‘70. Manuela dimostrò sempre apertura al dialogo con tutte
le forze politiche di allora senza alcun settarismo come raccontano molti
compagni. Quando seppe di quel male incurabile,
fece leva sulla sua caparbietà di riuscire a vincere anche questa battaglia e
continuò per la sua strada nella vita e nella politica, seguendo i lavori dei
vari congressi e preparandone lei stessa le tesi anche dal letto dell’ospedale. Poi, a partire dal '79, cominciò a
ritagliarsi un mondo suo, per prepararsi a quello che sapeva essere
inevitabile. Preferì tralasciare gli studi di laurea in scienze politiche e ricominciare
a scrivere poesie; molte premonitrici, nelle quali si percepisce la maturità e
la profondità del suo pensiero, altre intrise di toccanti versi indirizzati
alla sua Mamma. La musica divenne la terapia preferita.
Ricordava sempre certi passi di un saggio del maestro Giuseppe Sinopoli che
dicevano: “La musica come la bellezza risplende… Il superamento del dolore è
necessario perché la nostra vita riacquisti il senso della bellezza. Forse, la musica, con la sua impalpabile
bellezza ci può aiutare.” Nei momenti difficili, fino all’ultimo,
volle ascoltare il suo brano preferito, il Bolero di Ravel: quel crescendo
martellante di viole e violini sempre più avvolgenti, come quel momento che
sapeva essere ogni giorno più vicino. Attraverso la sua malattia ebbe modo di
toccare con mano le carenze delle strutture sanitarie e di conoscere da vicino
tutte le sofferenze che ne derivavano per i malati e così, ancora una volta,
volle pensare agl'altri chiedendo ai propri genitori di impegnarsi in qualcosa
per aiutare quei malati come lei. Questo "qualcosa" da vent'anni è il Calcit Chianti Fiorentino, un’associazione autonoma di volontariato, per la prevenzione dei tumori e l’assistenza domiciliare ai malati terminali. Sergio Morozzi |