In primo piano, la storia
BEATO GHERARDO DA VILLAMAGNA E IL MIRACOLO DELLE CILIEGE
Sabato 10 giugno, all’interno della Rassegna Viae Musicae,
si è svolta a Villamagna una sacra rappresentazione sulla vita del Beato
Gherardo, nativo del piccolo borgo, le cui spoglie si trovano ancora
nella Pieve di San Donnino.
Gherardo Mecatti nacque nel 1174 da una famiglia di contadini che fu
sterminata da una terribile pestilenza. Rimasto orfano all’età di dodici
anni fu adottato dai Foschi proprietari delle terre dove lavoravano i
suoi genitori e, giovanissimo scudiero, seguì il suo signore in
Terrasanta finendo prigioniero dei Turchi. Dopo anni di tormenti e
paure fu liberato, ma rimase a Gerusalemme abbastanza per rendersi conto
delle atrocità e delle ingiustizie compiute nel nome della fede
cristiana; decise perciò di ritornare a Villamagna per dedicarsi
completamente alla preghiera e all’assistenza materiale e spirituale dei
poveri del luogo. La sua dimora fu l’Oratorio che porta il suo nome e
che si trova vicino al piccolo cimitero, sulla strada che porta al
Convento dell’Incontro.
In occasione di una successiva Crociata, Gherardo decise di ripartire
per la Palestina al seguito di venti cavalieri dell’Ordine di San
Giovanni ma, facendo rotta verso la Siria, furono attaccati dai pirati
e, proprio in questa avventura, Gherardo si rese protagonista di un
primo miracolo: invocando l’aiuto del Signore impose ai compagni di non
abbandonare la nave e di resistere all’attacco dei Saraceni che, per
grazia divina, morirono tutti in un naufragio.
Rimase in Terrasanta per altri sette anni durante i quali si prodigò per
alleviare le sofferenze dei pellegrini ammalati, diventando oggetto di
venerazione come se fosse davvero un santo. A proposito di questa
presunta santità lo troviamo citato come “Santo Gherardo” sia nel
“Decamerone” di Boccaccio (Sesta giornata. Novella nona), sia nel “Il
trecentonovelle di Franco Sacchetti” (Novella CI). Proprio per sfuggire
a questa fama e alla richiesta di nuovi miracoli, se ne tornò a
Villamagna, ma prima ebbe l’occasione di conoscere Francesco d’Assisi e
di ricevere da lui la consacrazione all’Ordine francescano.
Il frate-contadino proseguì la sua vita di preghiera e di sostegno ai
poveri e ai malati ma, nonostante la sua immensa modestia, continuarono
ad attribuirgli miracolose guarigioni e piccoli prodigi, come il
“miracolo delle ciliegie” entrato a far parte della tradizione popolare.
Si racconta, infatti, che stanco e affamato, in una giornata di pieno
inverno, si sia appoggiato al tronco di un ciliegio che miracolosamente
si riempì di ciliegie per sfamarlo. In ricordo di questo prodigio fino a
tutto il Settecento, ogni tre anni, si faceva la processione alle
reliquie del Beato Gherardo, conservate allora nell’Oratorio, e durante
questa funzione del 13 maggio venivano distribuite a tutti i presenti le
ciliegie benedette in memoria del suo piccolo e semplice miracolo.
La compagnia teatrale di Stefano Acciarino ha permesso di rivivere
questa antica storia in una notte di piena estate, organizzando una
fiaccolata dall’Oratorio del Beato Gherardo alla Pieve di San Donnino e
prevedendo alcune soste per recitare e narrare le tappe più
significative della vita del frate. La rappresentazione è stata
volutamente semplice e ingenua, sia per aderire alla tradizione
popolare, sia per esprimere la grande umiltà del personaggio, ma è
risultata molto suggestiva per la bellezza dei luoghi, ancora
incontaminati, e per la riscoperta di una forma di spettacolo di sapore
antico, molto apprezzata dal pubblico. La serata si è naturalmente
conclusa con un assaggio di ciliegie.
Stefania Pratesi
da L'Altra Campana
n°3/2006
In primo piano, la tutela del PAESAGGIO
Caro Sindaco Bartolini, fai
“qualcosa di sinistra”
Anni fa un film di Moretti ebbe un certo successo
anche per una scena nella quale l’attore/regista, guardando la
televisione, incitava il presidente del Consiglio D’Alema a dire
“qualcosa di sinistra”.
Noi, prendendo spunto da quella pellicola ed in modo particolare da
quella battuta, inciteremo il sindaco Bartolini a fare…”qualcosa di
sinistra”. Non è di sinistra infatti rifiutare di confrontarsi con i
molti comitati sorti contro l’edificazione nelle località di Villamagna,
Balatro e Vallina, come non è di sinistra disconoscere la protesta di
numerosi cittadini. Non è neppure di sinistra rifiutare la bontà di
alcune proposte alternative più razionali e socialmente più valide, come
non è di sinistra rimettersi “al buon cuore dei costruttori” per cercare
di limitare un danno ambientale irreversibile. Ed ancora non è di
sinistra evitare di affrontare situazioni scabrose cercando un più
facile consenso politico con la partecipazione a festeggiamenti,
commemorazioni, inaugurazioni.
E’ di sinistra, signor sindaco, approvare un Piano
regolatore dove si prevede la costruzione di appartamenti con la sola
indicazione del “minimo” delle unità immobiliari per poi moltiplicarle a
dismisura? Con questo sistema il previsto “piccolo insediamento
abitativo” è già diventato un complesso residenziale di 28 appartamenti.
E’ di sinistra giustificare tale edificazione con la
richiesta di alcuni abitanti che sollecitavano la costruzione di un
parcheggio per i visitatori occasionali di Villamagna?
E’ di sinistra costruire abitazioni il cui prezzo di
vendita sarà superiore a 5.000 euro al metro quadro e volerla spacciare
per edilizia destinata alle giovani coppie di Bagno a Ripoli?
E’ di sinistra, come si vocifera, spostare a Vallina
tutta l’edilizia convenzionata e lasciare a libero mercato le
costruzioni sulle colline?
E’ di sinistra imporre a tutti i cittadini, nel nome
della più rigida tutela ambientale, una infinita trafila di pratiche
burocratiche per abbattere un albero ormai secco, o negare la
costruzione di una piccola tettoia sulla porta di casa o di un casottino
per proteggere l’autoclave, e poi autorizzare l’edificazione di
insediamenti distruttivi per l’ambiente e per le tradizioni?
Sono proprio queste soluzioni di sinistra che
traumatizzano un piccolo paese e che spingono alcuni cittadini
ultraottantenni, per la prima volta nella loro vita, a scriverle
chiedendo di non seppellire la loro casa con nuove alte costruzioni. Non
sia sordo, signor sindaco, a tali richieste e faccia in modo che la
protesta, quella davvero di sinistra, non sia l’unica e l’ultima
possibilità per potere manifestare il proprio dissenso.
A riguardo corre voce fra gli abitanti delle colline che, durante il
periodo dei lavori, si voglia istituire il senso unico che andrebbe da
Candeli a Vallina, passando per>>Segue a pag. III Segue da pag. II >>
Villamagna e Case di San Romolo per permettere il transito dei pesanti
mezzi necessari per la costruzione delle case a Villamagna. Noi non
sappiamo se ciò corrisponda a verità, ma riteniamo che sarebbe
necessario che l’Amministrazione, facendo “qualcosa di sinistra”,
consultasse i residenti perché una tale eventualità verrebbe percepita
come una ulteriore provocazione al buon senso. Questa soluzione
comporterebbe infatti un tale aggravio di percorrenze chilometriche e di
perdita di tempo per recarsi al lavoro che la popolazione non è decisa
assolutamente a sopportare.
Quando il sindaco Bartolini affidò la sua campagna elettorale ad un
volantino intitolato “costruiamo insieme”, noi ingenui cittadini avevamo
interpretato questo slogan come una intenzione a rendersi disponibile al
dialogo e a sentire le proposte di tutti in modo da trovare insieme le
giuste soluzioni; solo ora abbiamo capito che quel “costruire” era
inteso nel senso letterale di “edificare”, “cementificare”. Non abbiamo
invece ancora chiaro a chi si riferisca la parola “insieme”… insieme a
chi?
Roberto Diligenti
Presidente del Comitato “Per Villamagna”
da L'Altra Campana n° 6 2004
In primo piano i borghi
collinari:
Perché Villamagna non può semplicemente restare
Villamagna?
Non è difficile innamorarsi di Villamagna. A chi
piace la natura e gli orizzonti lontani già comincia a sentirsi a suo
agio quando da Villa La Tana la strada sale attraverso un bosco
selvaggio dove vivono caprioli e scoiattoli e quando arriva al paese
si trova di fronte ad uno spettacolo raro per il nostro secolo: un
piccolo agglomerato di vecchie case strette intorno alla pieve di San
Donnino abitate da una comunità di residenti che lì sono nati e
vissuti. A Villamagna esiste, in via Paoletti, un insediamento della
metà degli anni ‘70, un po’ discutibile dal punto di vista
architettonico, ma anche questo ha una sua storia. La proprietaria
della fattoria di Poggio a Luco, nel momento in cui i suoi dipendenti
decisero di cessare l’attività, volle cedere a loro una parte dei
terreni di sua proprietà ad un prezzo molto conveniente. Così ognuno
ebbe l’opportunità di costruirvi la propria casa, dove ancora
risiedono gli eredi del falegname, del lattaio, del mezzadro, del
fattore, che lavoravano per la signora Protto. Niente a che vedere
quindi con quegli insediamenti “dormitorio” creati artificialmente per
dare una casa ai lavoratori di Firenze. Non è difficile, ripeto,
innamorarsi di Villamagna e della sua gente, come testimoniano le
numerose famiglie che mantengono una casa padronale nella frazione per
passarci i mesi estivi. E’ invece abbastanza complicato viverci dal
momento che ogni persona che lavora deve avere una propria automobile;
i ragazzi che vanno alle superiori devono per forza andare in motorino
o con i genitori; d’inverno la strada è ghiacciata e pericolosissima.
Per tutti questi motivi le famiglie sono costrette a sostenere molte
più spese e sacrifici di quelle che vivono nel capoluogo, a Grassina o
all’Antella, ma hanno comunque scelto di privilegiare la qualità della
vita e dell’ambiente. Abbiamo esultato quando i terreni incolti delle
Case di San Romolo si sono ritrasformati in ordinate e splendide
vigne. Purtroppo esiste anche quell’orribile casermone giallo che
deturpa il paesaggio e, se gli amministratori non ci ripenseranno, ci
sarà anche a Villamagna un insediamento mostruoso, organizzato come un
condominio di città con scale, disimpegni, cunicoli, torrette, e
assolutamente privo di uno spazio destinato a verde privato. Alla
maggior parte dei cittadini >>Segue a pag. II Segue da pag. I <<di
Villamagna, ma non solo, questo progetto appare come un insulto al
buon senso, al gusto e un autentico oltraggio per l’ambiente. Con
tutto il terreno incolto che circonda la frazione c’era davvero la
necessità di costruire un “fortilizio” lungo la strada panoramica,
così da impedire a tutti i cittadini del mondo e non solo ai
residenti, di godere di un paesaggio spettacolare che spazia dal
castello di Monte Acuto, a Monte Senario, alle colline del Mugello?
Sembra che al Sindaco e ad alcuni consiglieri dei quali abbiamo a
volte ascoltato raccapriccianti commenti su Villamagna, interessino
le bellezze ambientali solo quando possono vantare slogan, come quello
che fregia il sito del Comune “la città delle colline”. Quello che non
si vuole capire è che la gente che vive e ama Villamagna non si è
pronunciata per una pregiudiziale opposizione a nuove costruzioni, ma
sollecita gli amministratori a favorire in primo luogo il recupero
degli edifici da restaurare e rifiuta in modo categorico il progetto
presentato dalla Cooper Bagno a Ripoli, una specie di formicaio posto
nel punto più bello e panoramico del paese. Perché non si sono
previste case sparse e basse, ciascuna con un giardino privato
intorno, come vorrebbe l’architettura di campagna? Il sindaco
Bartolini, oltre ad ostentare in ogni occasione il successo ottenuto
alle elezioni, si vanta, come fosse un successo personale, di aver
consegnato 49 nuovi appartamenti all’Antella a prezzi inferiori del
20% a quelli di mercato. Ma questo giustifica forse che si debba fare
un intervento simile a Villamagna? A proposito del sindaco, egli si
nega agli abitanti della frazione. Anche giovedì 25 u.s., in sede di
Consiglio comunale, dopo l’interrogazione dei consiglieri Bensi e
Ronchi sul Piano Regolatore, quando i cittadini di Villamagna sono
usciti dalla sala e Bartolini è uscito dietro a noi, tutti pensavamo
che si sarebbe fermato, che ci avrebbe proposto un incontro; invece,
visibilmente imbarazzato, ha preferito aggredire Morozzi dicendogli
che ci riferisce delle falsità, che ci imbroglia. In questo modo non
ha offeso solo il coordinatore dei comitati, ma anche tutti noi,
considerandoci strumentalizzati, incapaci di valutare il peso delle
decisioni comunali e di giudicare con esattezza le previsioni che ci
colpiscono. Se Bartolini ci avesse rivolto la parola o chiesto un
incontro, noi non l’avremmo certo aggredito, magari gli avremmo
presentato queste osservazioni che, molto semplicemente, ho cercato di
riassumere in questo scritto.
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