INCERTEZZA

Giddens (1990), nel citare Popper ("tutta la scienza si regge su un terreno instabile"), afferma che "Non vi è nulla di certo nella scienza e niente può essere provato, anche se le più sicure informazioni sul mondo alle quali possiamo aspirare sono frutto dell’impegno scientifico".

L’incertezza sostituisce così la certezza ed indica (Giarini e Stahel, 1993) l’interazione fra diverse opzioni ed alternative. Parafrasando Albert Einstein, un problema non può essere risolto al livello di pensiero al quale, e con la stessa cultura con la quale, è stato creato o percepito.

L’incertezza è il luogo naturale dei principi dialogici che mettono insieme assunti complementari o antagonisti (ad esempio, conservazione, rivoluzione, resistenza).

L’incertezza è l’espressione della circolarità, della retroazione, della complementarietà, della completezza, della solidarietà, dell’olismo, della fuzzy logic, etc.

La realtà stessa è incerta. Come B. Groethuysen usava affermare "Essere realisti, che utopia!" (citato da Morin, 1994).

Oggi è chiaro che gli esseri umani percepiscono la realtà come ciò che essi pensano sia. Come insegna la ben nota commedia di Pirandello dal titolo "Così è se vi pare", la realtà stessa è un altro concetto dialogico. La realtà fattuale può risultare irreale (il cambiamento futuro può capovolgere ciò che si è ritenuto essere vero), l’irrealtà può essere reale (quando ciò che si era ritenuto irreale o falso, o frutto della pazzia, si rivela successivamente vero).

Jameson (1984) sottolinea che c’è una prodigiosa espansione della cultura in tutto il regno del sociale, al punto di poter affermare che qualunque cosa nella nostra vita sociale — dal valore economico e dal potere statale fino alle pratiche ed alla struttura profonda della stessa psiche — è diventata "culturale" in un senso originale e non ancora pienamente teorizzato; il "reale" è trasformato in pseudo-eventi, in immagine o simulacro, nei quali non si distingue l’originale dalla copia.

Uno dei famosi assunti di Baudrillard è che noi viviamo nell’età della simulazione dove l’iperrealtà diventa realtà, o ancora più reale della realtà. Altri autori concordano con questa opinione. Per esempio, secondo P. Daudi (1990), essendo incerti gli eventi reali stessi, l’interesse andrebbe concentrato sulla rappresentazione di questi eventi.

In altre parole, la realtà diventa iperrealtà e si crea una catena nella quale il soggettivo simula l’oggettivo; la rappresentazione opera come se fosse un concetto, e, simultaneamente, il concetto si riduce ad uno stato di pura rappresentazione (Pecheux, 1982 citato da P. Daudi).

L’incertezza positiva rende possibile respingere l’intera idea dell’esistenza di confini tra le varie discipline (fortemente rifiutata da Baudrillard). Questo contribuisce a nutrire la creatività qualunque e dovunque siano le differenze. Infatti, anche la certezza scientifica è relativa. Ad esempio, Albert Einstein scrisse che, nella misura in cui le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe e, nella misura in cui sono certe, esse non si riferiscono alla realtà.

Si può, quindi, ritenere che esiste una forte relazione fra l’incertezza ed i concetti ambientalisti di limite, cautela, consapevolezza, posterità.

L’essere umano più diventa consapevole dell’incertezza, più può apprendere ad usarla positivamente al fine di: comprendere la relatività della scienza e del sapere; combinare antiche e nuove culture; comprendere culture diverse; relativizzare quanto viene percepito come "reale"; comprendere i limiti delle verità "oggettive"; stimolare la possibile realizzazione di quanto viene percepito come "irreale" (o utopistico) in un dato periodo temporale; trovare soluzioni strategiche e risolvere problemi, percependo rischio e vulnerabilità di molte azioni, modalità comportamentali e di pensiero.

Come sostiene Gelatt (1991), sembra paradossale essere incerti e positivi, imparare a prendere una decisione e cambiarla, e divenire allo stesso tempo razionali ed intuitivi? Si, ma vi siete accorti che il futuro è pieno di paradossi? Essere ottimisti circa ciò che potrebbe accadere può cambiare ciò che accade. Essere positivi e fiduciosi in quello che state cercando di fare vi consente di rilassarvi e, paradossalmente, di concentrarvi.

L’incertezza può creare angoscia, solo se non si comprende il suo significato creativo e se non si adottano tecniche appropriate al suo uso positivo. Del resto, come afferma Minc (1993), ieri, avevamo il diritto di essere fatalisti per ottimismo, ormai dobbiamo essere audaci per pessimismo.


FUZZY LOGIC

I concetti della fuzzy logic sono stati presentati recentemente da Bart Kosko (1993), ma erano stati già usati da Lofti Zadech negli anni ’60.

Fuzzy significa soffice come una pelliccia, di forma e di contorno sfumati, non chiaramente definiti, indistinti vaghi.

Il simbolo del Tao (yin-yang), che rappresenta le contraddizioni e l’unione dei contrari, può essere considerato l’emblema della fuzzy logic.

Questa è un'altra maniera di pensare, collegata maggiormente al misticismo orientale (dal Buddismo, al Taoismo, allo Zen, allo stesso pensiero di Mao Tse Tung), piuttosto che alla cultura occidentale. Nulla è assoluto.

Non esiste dicotomia ma solo continuità in un costante processo olistico. Non c’è una logica rigida ma flessibilità. Vari e diversi punti di vista coesistono e si combinano nello stesso tempo.

C’è tolleranza e dialettica; unità e connessione tra concetti, spesso considerati differenti o contrastanti (ad esempio, incertezza e certezza, caos e ordine, semplicità e complessità, ecc.) dalla cultura occidentale dell’epoca moderna.

Per tali motivi, si può ritenere che la fuzzy logic contribuisce al pensiero postmoderno e ne favorisce la capacità di apertura verso le altre culture e filosofie del mondo.