EQUILIBRIO

Secondo molti sociologi del passato (ad esempio, Pareto e Parsons), quando si introducono cambiamenti in una società, inevitabilmente si tende a raggiungere lo stato di equilibrio attraverso nuovi livelli e nuovi tipi di scambio sociale. Esisterebbe così una sorta di legge naturale riferita all’equilibrio sociale, secondo la quale forze o tendenze opposte, presto o tardi, si neutralizzano a vicenda. Questo significa che, essendo data per scontata la tendenza all’equilibrio dei sistemi sociali, i cambiamenti (equilibrio in movimento e squilibrio) sono inevitabilmente funzionali al nuovo ordine sociale.

A parte l’evidente fattore tautologico, appare chiara l’influenza di una certezza deterministica (e fatalistica) secondo la quale i problemi, prima o poi, si risolveranno da soli o con l’aiuto dell’evoluzione umana e di altri fattori. Viene così meno la riflessione sulle molteplici opzioni che si possono aprire e delle alternative che possono essere seguite, mentre si afferma la tendenza a decidere subito sugli aspetti più visibili del problema, rinviando le sue effettive soluzioni a tempi più lontani.

Attualmente questo significato di "equilibrio sociale" non è più in grado di spiegare il cambiamento ed è fortemente messo in discussione dalla teoria dell’incertezza (Giarini e Stahel, 1993) e da nuovi principi, quali quello precauzionale, emersi dalla posizione ambientalista e che hanno influenzato l’evoluzione del pensiero economico.