COMPLESSITÀ

Oggi la sociologia, analogamente ad altre discipline, utilizza frequentemente questo concetto. Naturalmente la nozione di complessità sociale non è nuova ed ha caratterizzato molte teorie (ad esempio, quelle dei sistemi, del funzionalismo strutturale, dell’azione sociale) e molti autori (Spencer, Pareto, Parsons, Luhman).

Ad esempio, in latino complecti significa abbracciare e questo termine indica che la realtà non è scomponibile ma comprensibile (dal latino cum = con, insieme e prehendere = prendere). La realtà va quindi colta insieme.

Il significato di complessità è diverso da quello di complicazione (dal latino cum e plicare = piegare, avvolgere) che parte dal presupposto che la realtà sia scomponibile e pertanto è importante conoscere nei dettagli gli elementi che la formano.

Il pensiero attuale si orienta sempre più all'analisi della complessità, preferendo la generalità allo specialismo ed alla frantumazione del sapere.

Un ampio cambiamento è intervenuto nell’orizzonte teorico ed esso è stato promosso da molti scienziati, quali A. Einstein, I. Prigogine, E. Morin, G. Bateson, F. J. Varela, H. von Foerster. Costoro hanno sottolineato la limitatezza e l’unilateralità delle concezioni razionali, lineari e meccanicistiche.

Termini quali ragione, ordine, simmetria, certezza, misurabilità, armonia, equilibrio, omogeneità, legge, verità, obiettività, razionalità, regolarità e prevedibilità sono stati fortemente messi in discussione.

Al contrario, le teorie della complessità affermano che vita, umanità, evoluzione, cambiamento, conoscenza, etc. sono originate da, e vanno di pari passo con, disordine, caos, perturbazione, dissimmetria, instabilità, squilibrio, flussi, turbolenza, non linearità, marginalità, incertezza, relatività, disarmonia, frattalismo, imponderabilità, etc.

Questo è tanto più vero oggi. Infatti, nell’attuale interdipendenza complessiva (globalizzazione), le azioni locali producono ampie conseguenze in termini di distanza (spazio), tempo e dimensione. La globalizzazione mette assieme simultaneamente iniziative differenti, eccezionali, individuali e frammentate.

Perciò soltanto un pensiero strategico può collegare (olismo) tali eventi e gestire la complessità. E’ necessario un modo di pensare olistico, in grado cioè di rispettare ciò che è diverso (e divergente), le sfaccettature multidimensionali di una situazione e di un problema (frattale e ologramma), agendo sulle loro interdipendenze. Come scrive P. Drucker (1993), citando E. M. Forster, è molto importante collegare ciò che si conosce o si sta per conoscere; questo è il principio per promuovere la produttività della conoscenza.

Infatti, il tutto è nella parte ed ogni parte è nel tutto. Come affermava Pascal, tutte le cose sono causa ed effetto, mediate ed immediate, connesse e separate allo stesso tempo; quindi è impossibile conoscere una parte senza conoscere l’intero e vice versa.

In termini assai noti agli ambientalisti, ciò significa pensare globalmente ed agire localmente e, viceversa, agire globalmente e pensare localmente.

L’ecologia, nel senso culturale più ampio, ha chiaramente giocato un ruolo chiave in questa riforma del pensiero umano, agendo sui comportamenti sociali e collegando dimensioni prima separate, quali quelle dell’economia e dell’ambiente.