L'edizione contenente "I Quarantanove racconti" apparve
nel 1938, ma gran parte dei racconti erano già stati precedentemente
pubblicati in altri volumi (Nel nostro tempo, Uomini senza donne,
ecc) o su varie riviste (come nel caso di "Le nevi del Kilimangiaro",
apparso sulla rivista "Esquire" nel 1936).
Basterebbe questo dato "storico-cronologico" per spiegare
l'estrema eterogeneità dei temi e degli stili, anche se non
si può certo dire che anche da quest'opera non nasca chiaramente
un'immagine della poetica cara ad Hemingway, capace di trasmettere
una forza e una vitalità tipica, del tutto riconoscibile e
l'immagine di uomini che si rendono eroi trasformando le loro inevitabili
sconfitte in vittorie del carattere.
Il contenuto della raccolta è infatti una summa dei temi cari
allo scrittore americano: la guerra (descritta in maniera realistica,
ma che arriva a costituire una metafora della condizione umana), il
rapporto con la natura, la Spagna e le corride; l'Africa e il mondo
dello sport (boxe e ippica).
Spesso è il conflitto tra i personaggi e una società
indifferente a costituire l'argomento dei racconti: altre volte Hemingway
non esita invece a parlare di sentimenti e di dolore (come nel caso
de "Il mio vecchio" in cui è presente il contrasto
tra l'ambientazione nel mondo delle corse dei cavalli e il rapporto
padre e figlio, che costituisce l'essenza della storia).
Emblematiche sono le storie che hanno come protagonista Nick Adams
(alter ego di Hemingway), le cui vicende adolescenziali si svolgono
nel Middle West, per poi proseguire con le vicende del primo conflitto
mondiale e col ritorno a casa dopo che il dolore della guerra ha irrimediabilmente
mutato il personaggio.
Basterebbe sempre il solito dato "storico-cronologico" per
sottolineare che, come spesso capita a opere di notevole "spessore"
(sono circa 500 pagine), il ritmo della narrazione e dei diversi racconti
non sempre siano all'altezza del nome dell'autore: accanto a racconti
pregevoli, sia nella capacità espressiva che nella tensione
emotiva, come "La breve vita felice di Francis Macomber",
a mio modo di vedere uno dei racconti più riusciti del novecento,
ecco racconti piuttosto insignificanti, che hanno l'unico pregio di
far apprezzare maggiormente gli altri.
La narrazione procede con lo stile tanto caro a Hemingway, essenziale,
senza fronzoli, secco come una fucilata (ricordate una frase di Festa
Mobile in cui Hemingway parlava di Ezra Pound, "l'uomo che mi
insegnò a diffidare degli aggettivi come si diffida di certe
persone in certe situazioni"?).
"I quarantanove racconti" rimangono dunque un'opera con
molte contraddizioni, al tempo stesso una summa delle tematiche care
a Hemingway, una raccolta con punte di straordinaria capacità
narrativa e zone di comprensibile appiattimento.
Credo perciò che uno dei compiti di chiunque si ritrovi a leggere
questa raccolta sia in primo luogo quella di fare una selezione, anche
se questo potrebbe sembrare doloroso.
Io, da parte mia e nel mio piccolo, mi limiterò perciò
a suggerire i titoli di quelli che a mio modo di vedere sono i racconti
da non perdere, sia perché effettivamente belli, sia perché
maggiormente amati dal loro autore: credo ad esempio che la lettura
della storia di Francis Macomber sia un piacere che chiunque, accostandosi
a Hemingway, non dovrebbe perdersi.
Consiglio inoltre "Le nevi del Kilimangiaro", "In un
altro paese", "Colline come elefanti d'Africa", "Un
posto pulito, illuminato bene" (che anticipa un certo modo di
scrivere degli scrittori minimalisti moderni, si sente un po' del
sapore di Carver in questo racconto), "La luce del mondo",
"Come non sarai mai".
A cura di Gianni Migliarese