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L'ora serrata a cui il titolo della prima raccolta
di versi di M. rimanda è il punto anatomico che separa la retina
visiva da quella, per così dire, cieca, senza attività
recettoriale: è suggestivo pensare allora che non solo il titolo,
ma tutta l'opera analizzata sia incentrata sulla ricerca della vista
e sia in bilico, come un sogno o un presagio, tra l'illuminazione e
la difficoltà di esplicarla, tra il vedere e l'intravedere, magari
fino al buio.
E' allora una poesia-ricerca, una poesia-analisi, una poesia razionale
quella che ci aspetteremo, non una poesia contemplativa o passionale.
Magrelli ha un'ottima capacità stilistica,
un senso della misura del verso che gli da sonorità: valga
l'esempio delle allitterazioni di "Preferisco venire dal silenzio/
per parlare. Preparare la parola/ con cura perché arrivi alla
sua sponda [
]"
Non sempre però questa intelaiatura solida gli permette di
dare immagini vive, tarlo forse dell'età (aveva 23 anni) e
forse della ripetitività dei temi (la poesia, il senso di scrivere,
la morte
) e delle forme: la struttura è rigida, con
il tema subito in evidenza e metaforizzato che riemerge al termine
della lirica per "tirare le somme".
( La testa mi s'è accesa/ come una fiaccola/ e brucia e
nutre/ questo fumo sacrificale./ Il rumore delle fiamme/ mi tiene
sveglio.)
Vista la centralità della metafora (la fiaccola, le fiamme)
e delle sue qualità nella poesia, viene spesso spontaneo chiedersi
se M. usi veramente queste qualità anche in riferimento al
tema di cui la poesia è analisi (in questo caso l'illuminazione
che "accende la testa") o se siano più semplicemente
accostamenti, anche se ricercati, e non un binario sotterraneo (ma
non troppo) di lettura.
Forse questo dubbio potrebbe sembrare ininfluente nel giudizio della
poesia, ma in M. la poesia è spesso pensiero che lentamente
si srotola e capirlo appare quindi fondamentale.Potremmo
definirla poesia del pensiero per chiarire questo ruolo di centralità
assoluta: a volte questa peculiarità si scontra coll'intento
universale della poesia; il lettore contribuisce poco, come se M.
non volesse comunicare ad altri che a se stesso. Questo però
può non essere un limite, specie in una poesia provocatoria
che apre spesso interessanti fonti di discussione e di confronto.
I temi non sono molti, in generale solo poche liriche non si possono
"inquadrare" (e sono forse le più belle, quelle d'amore,
quelle sulla donna) mentre le altre ripercorrono, spesso senza aggiungervi
molto, l'analisi del pensiero, della scrittura e del suo valore, della
vita (o della morte).Ma il fulcro del discorso
è l'analisi circa il valore della scrittura e della poesia,
che si apre a un discorso sull'uomo: scrivere è nascondere,
è sottrarre alla vita che sola scrive, è opera di traduzione
e la poesia è morte, frutto di un incendio che lascia solo
cenere. La poesia infatti non evolve, fissa sulla carta una piccola
parte del mondo nell'immobilità che è propria della
morte.Soltanto il tempo veramente scrive/
usando come penna il nostro corpo. [
] Quello che arriva sulla
carta è solo/ il residuo di un poema/ perennemente disperso.
Pg62Scrivere come se questo/ fosse opera
di traduzione/ di qualcosa già scritto in un'altra lingua.
Pg81
la scrittura/non è specchio, piuttosto/ il vetro
zigrinato delle docce/ dove il corpo si sgretola/ e solo la sua ombra
traspare/ incerta ma reale. Pg15
ma
scrivere in genere è nascondere/ sottrarre alla realtà
qualcosa/ di cui sentirà la mancanza.
Pg68 Non ho un bicchiere d'acqua/ sopra
il letto:/ ho questo quaderno. [
] E' il cimitero del pensiero/
che si raccoglie tra le mie mani. Pg40In
realtà M. non solo s'interroga ma sente il dovere di dire e
dare risposte e a volte la sua scrittura ne risente: Poeta Materialista,
la scrittura per lui sembra un compito e uno sforzo, per quanto piacevole,
una ricerca in cui è raro trovare l'ispirazione: "Ogni
sera chino sul chiaro/ orto delle pagine/ colgo i frutti del giorno/
e li raduno [
] La mia vita è legata al frugale raccolto
[
]" ed anche "Dieci poesie scritte in un mese/
non è molto anche se questa/ sarebbe l'undicesima
"Anche
la parola sembra a volte essere il frutto di uno sforzo, di un complesso
e a volte inutile esercizio di scrittura, tanto che M. ci è
sembrato spesso autore di una poesia cerebrale, poco passionale, molto
costruita. Forse allora la poesia è davvero un deposito di
idee, un diario personale, il frutto di un lavoro. (Questa pagina
è una stanza disabitata./ Ogni tanto porto una seggiola rotta/
o un pacco di giornale, e li abbandono)Resta
comunque la soddisfazione di una lettura piacevole e di una poesia
che si fa conoscere e soprattutto riconoscere, una poesia che non
si appiattisce sugli argomenti e che mantiene sempre il suo tono:
una poesia che alla fine però si rivolge poco verso il lettore,
rimanendo nell'orbita del suo autore, come egli stesso ammette. (Senza
accorgermene ho compiuto/ il giro di me stesso./Ho iniziato il racconto/
ma sono arrivato alla fine/ a illustrarmi, a nascondere/ nell'angolo
del quadro/ la mia immagine.)
Gianni Migliarese
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