Mario Luzi
Da Onore del Vero

Raccolta di mezzo, punto di passaggio obbligato nell'opera di Luzi, Onore del vero mi ha sempre affascinato, sin da quando lessi le prime poesie nell'edizione originale del 1957 edita da Neri Pozza, un'edizione che, come tutte le cose belle, permette di gustare al pieno il contenuto, di entrare in rapporto ancora più profondo col poeta.
Onore del vero è una raccolta che chiama in causa il lettore in continuazione, in un dialogo serrato, profondo, alla ricerca del senso della vita, di quella passata e di quella futura: in un certo senso è anche un monologo, ed è Luzi stesso che si interroga, come lui stesso dice, Nell'imminenza dei quarant'anni, e dunque nel "mezzo del cammin di nostra vita", da sempre periodo di bilanci, nella consapevolezza di una maturità conquistata a fatica.
Anche lo stile appare in evoluzione, tanto rispetto all'ermetismo precedente, se di ermetismo si puo' davvero parlare, quanto allo sperimentalismo successivo, con l'ottimo risultato (a mio parere) di Nel magma, in cui la poesia e la prosa sono così vicine da sfiorarsi e da confondersi: anche in Onore del vero, il verso ricorda la prosa, pur discostandosene nettamente, e rimane più legato (rispetto a La barca) alle cose quotidiane, agli oggetti, spesso metafore della vita e dei sentimenti.
Sono in questa raccolta alcune delle poesie di Luzi a cui sono maggiormente affezionato, sempre e nuove e diverse ogni volta, sempre capaci di affascinarmi, come solo le cose belle sono davvero in grado di fare.

Gianni Migliarese

Nell'imminenza dei quarant'anni

Il pensiero m'insegue in questo borgo
cupo ove corre un vento d'altipiano
e il tuffo del rondone taglia il filo
sottile in lontananza dei monti.
Sono tra poco quarant'anni d'ansia,
d'uggia, d'ilarità improvvise, rapide
com'è rapida a marzo la ventata
che sparge luce e pioggia, son gli indugi,
lo strappo a mani tese dai miei cari,
dai miei luoghi, abitudini di anni
rotte a un tratto che devo ora comprendere.
L'albero di dolore scuote i rami...
Si sollevano gli anni alle mie spalle
a sciami. Non fu vano, è questa l'opera
che si compie ciascuno e tutti insieme
i vivi i morti, penetrare il mondo
opaco lungo vie chiare e cunicoli
fitti d'incontri effimeri e di perdite
o d'amore in amore o in uno solo
di padre in figlio fino a che sia limpido.
E detto questo posso incamminarmi
spedito tra l'eterna compresenza
del tutto nella vita nella morte,

sparire nella polvere o nel fuoco
se il fuoco oltre la fiamma dura ancora.

Uccelli

il vento è un'aspra voce che ammonisce
per noi stuolo che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti, viola
scavato nel viola inesauribile,
miniera senza fondo dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell'azzurro che s'apre oltre l'azzurro,
nel tempo ch'è di là dal tempo; alcuni
mandano grida acute che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia è il moto delle cime
nell'ora - quasi non si può pensare
né dire - quando su steli invisibili
tutt'intorno una primavera strana
fiorisce in nuvole rade che il vento
pasce in un cielo o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia, la schiarita.

A mia madre dalla sua casa

M'accoglie la tua vecchia, grigia casa
steso supino sopra un letto angusto,
forse il tuo letto per tanti anni. Ascolto,
conto le ore lentissime a passare,
più lente per le nuvole che solcano
queste notti d'agosto in terre avare.

Uno che torna a notte alta dai campi
scambia un cenno a fatica con i simili,
infila l'erta, il vicolo, scompare
dietro la porta del tugurio. L'afa
dello scirocco agita i riposi,
fa smaniare gli infermi ed i reclusi.

Non dormo, seguo il passo del nottambulo
sia demente sia giovane tarato
mentre risuona sopra pietre e ciottoli;
lascio e prendo il mio carico servile
e scendo, scendo più che già non sia
profondo in questo tempo, in questo popolo.


Mario Luzi


Questa felicità

Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.

Versi d'ottobre

E' qui dove vivendo si produce ombra, mistero
per noi, per altri che ha da coglierne e a sua volta
ne getta il seme alle sue spalle, è qui
non altrove che deve farsi luce.
E' passata, ne resta appena traccia,
l'età immodesta e leggera
quando si aspetta che altri,
chiunque sia, diradi queste ombre.
Quel che verrà, verrà da questa pena.
siedo presso il mio fuoco triste, attendo
finché nasca la vampa piena o il guizzo
sul sarmento bagnato dalla fiamma.

Tu che aspetti da fuori della casa,
della luce domestica, del giorno?
oggi, oggi che il vento
balza, corre nell'allegria dei monti
e a quell'annuncio di vino e di freddi
la furbizia dei vecchi scintilla tra le grinze?
Quel che verrà, verrà da questa pena.
Altra sorte non spero mai, neppure
sotto il cielo di questo mese arcano
che il colore dell'uva si diffonde
e l'autunno ci spinge a viva forza
fino ai Cessati Spiriti o al Domine quo vadis?

Sulla riva

I pontili deserti scavalcano le ondate,
anche il lupo di mare si fa cupo.
Che fai? Aggiungo olio alla lucerna,
tengo desta la stanza in cui mi trovo
all'oscuro di te e dei tuoi cari.

La brigata dispersa si raccoglie,
si conta dopo queste mareggiate.
Tu dove sei? ti spero in qualche porto…
L'uomo del faro esce con la barca,
scruta, perlustra, va verso l'aperto.
Il tempo e il mare hanno di queste pause.

 

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