Circolo Culturale Albatross: David Treuba
'Quattro amici'
Universale Economica Feltrinelli - 1999


"Amor mio, amor mio.
E la parola risuona nel vuoto. E si sta soli."

Vincent Aleixandre

 

 

David Trueba è nato a Madrid nel 1969. Lavora come giornalista per la stampa e la televisione; autore di sceneggiature di film di successo (Two Much / Uno di troppo, diretto del fratello Fernando, Amo tu cama rica e Los peores años de nuestras vidas, diretti da Emilio Martinez), ha debuttato nel 1996 come regista con La buena vida. Il suo primo romanzo edito in Italia è del 1999: Aperto tutta la notte.


"Quattro amici"

"Moderni moschettieri su uno scassato furgoncino, quattro amici in crisi di maturità si lanciano in un improbabile viaggio per strappare un po' di tempo all'esistenza e riaffermare la propria voglia di ribellione e di divertimento. Solo, ventisettenne oppresso da genitori troppo perfetti e dal ricordo di una ex che sta per convolare a nozze; Blas, grasso e goffo, alla frustrata ricerca di un amore; Claudio, tombeur de femmes che vive solo per l'amicizia; Raul, precipitato dalle fantasie sadomaso a un 'tranquillo' mènage familiare con due gemelli a carico. Su un furgoncino di seconda mano che olezza di formaggio, i quattro decidono di concedersi un agosto da leoni, come illusoria fuga dalla quotidianità. Da Madrid a Valencia, da Saragozza di nuovo a Madrid, attraverso una serie di avventure, risse, sbornie, cuori infranti e amplessi frettolosi, rinsalderanno la loro amicizia in una tardiva fine dell'adolescenza."

INCIPIT
Ho sempre avuto il sospetto che l'amicizia venga sopravvalutata. Come gli studi universitari, la morte o avere il cazzo lungo. Noi essere umani esaltiamo i luoghi comuni per sfuggire alla scarsa originalità della nostra vita. Ecco perché l'amicizia viene rappresentata con patti di sangue, lealtà eterne, e addirittura mitizzata come una variante dell'amore, più profonda del banale affetto di coppia. Eppure non deve essere un vincolo tanto solido, se l'elenco degli amici perduti è sempre più lungo di quelli conservati.

CONCLUSIONE
Sentivo sferragliare il treno in mezzo al furibondo temporale estivo, galoppava sopra i binari con quel suono che dice qualcosa di molto personale a chiunque lo ascolti. Guardai Blas e Claudio seduti vicino a me, e compresi, in un certo senso, che cos'è l'amicizia. È una presenza che non ti evita di sentirti solo, ma rende il viaggio più leggero.

E POI:
L'estate è una stagione triste, in cui non cresce nulla. Chi non preferisce il mese di dicembre, nonostante l'amarezza che provoca la felicità altrui? Perfino la rinomata crudeltà di aprile è mille volte più stimolante. La canzone dell'estate è sempre la canzone più brutta dell'anno. L'amore estivo è un sottogenere dell'amore, del grande amore che non potrà mai avere luogo d'estate. Si parla di letture estive, notti estive, viaggi estivi, bevande estive, con un implicito senso di disprezzo. Il nostro amore non è fatto per l'estate. Il nostro amore non conosce vacanza.

Narra una leggenda cinese di due amanti che non riescono mai ad unirsi. Si chiamano Notte e Giorno. Nelle magiche ore del tramonto e dell'alba gli amanti si sfiorano e sono sul punto di incontrarsi ma non succede mai. Dicono che se fai attenzione, puoi ascoltare i lamenti e vedere il cielo tingersi di rosso della loro rabbia. La leggenda afferma che gli dei hanno voluto concedere loro qualche attimo di felicità; per questo hanno creato le eclissi, nel corso delle quali gli amanti riescono ad unirsi e fanno l'amore. Anche io e te aspettiamo la nostra eclisse. Ora che abbiamo capito che non c'incontreremo mai più, che siamo condannati a vivere separati, che siamo la notte e il giorno.

Certe volte penso che il cervello sia invidioso del cuore. E lo strapazza, lo prende in giro, gli nega quello che lui desidera, lo tratta come se fosse un piede o il fegato. E in questo confronto, in questa battaglia, chi perde è il proprietario di entrambi.

Le tue labbra vermiglie stampate sopra un tovagliolo. Il segno del tuo corpo quando ti alzi dal letto. L'impronta dei tuoi piedi sulla sabbia. Le onde che sollevi quando entri in acqua. La forma che conserva il vestito che togli. L'eco della tua voce. Il tuo profumo nel fiore che hai appena annusato. L'immagine che rimane ancora un secondo quanto ti allontani dallo specchio. Il mio enorme museo di ricordi tuoi che visito sovente con la fantasia.

Da bambino avevo l'impressione che si potesse vivere solo grazie all'anticonformismo. Che felicità volesse dire imbecillità. Le avevo raccontato che da piccolo sentivo il bisogno di rompere i miei giocattoli preferiti quando capivo che mi erano diventati indispensabili, e che non avrei potuto alzarmi il giorno dopo scoprendo di non averli più, allora li pestavo sotto i piedi, li buttavo giù dalla finestra, non sopportavo l'idea che un giorno mi si rompessero involontariamente, scomparendo così dalla mia vita. La felicità era un luogo verso cui bisognava tendere, ma dove non era consigliabile arrivare.

Un romanzo che descriva il viaggio on the road di quattro ragazzi attraverso la caliente Spagna non è un'impresa semplice. Ci sono alcuni precedenti, a cui ovviamente Trueba ammicca, difficili da eguagliare. Innanzitutto, ogni volta che si parla di viaggi ai limiti dell'indecenza, tra alcool e sesso, non si può evitare il paragone con la tanto osannata opera di Kerouc. Poi, quando si descrivono imprese di vagabondaggio nella terra del sol è facile creare un parallelismo con le vicende del giovane Hemingway, a caccia di donne, liquori ed esperienze estreme. Diciamo subito che questo romanzo non è all'altezza dei suoi maestri. Nonostante la narrazione scorra veloce e si arrivi con facilità all'ultima pagina, non solo lo stile non ha l'incisività di 'Fiesta' ma nemmeno i contenuti sono in grado di scuoterci e offrirci grandi spunti di riflessione. In questo Trueba non è facilitato dal periodo in cui vive, che purtroppo non gli propone i grandi ideali su cui invece hanno potuto contare i suoi predecessori. Lui stesso, comunque, non sembra avere grande originalità: di primo acchito, ci troviamo di fronte ancora una volta alle stradiscusse problematiche dei giovani venticinquenni, che davanti alla vita non sanno come comportarsi e cercano in ogni modo di fuggire da responsabilità e prese di posizione. Raul, ad esempio, che, diventato imprudentemente e suo malgrado padre di due gemelli, rimpiange le sbornie con gli amici e abbandona la moglie con i suoceri per ritrovare emozioni adolescenziali e dimenticare almeno per una settimana quelli che lui vede solo come faticosi doveri. Che dire poi di Solo, incapace di costruire una relazione o di avere un lavoro stabile perché oppresso dalle eccessive aspettative dei genitori e dalla poca stima in se stesso. Ma allora perché leggere "Quattro amici"? Perché, tutto sommato, un libro che si fa leggere fino all'ultima riga senza fatica deve avere dei pregi: innanzitutto, Trueba ha uno stile di scrittura vivace e non privo di humour, alcune battute sono davvero vincenti e questo sicuramente riesce ad appassionare il lettore; in secondo luogo, ed è forse il maggior pregio di questo romanzo, trasuda calore: seguendo le avventure dei quattro protagonisti si riesce a rivivere con molta familiarità quella incredibile sensazione, certamente sperimentata da coloro che hanno viaggiato per la Spagna nei mesi estivi, di febbre e di siccità che caratterizza il paesaggio mentre si attraversa il paese per andare da Madrid verso il mare. Purtroppo, però, è altrettanto evidente che gli intenti di Trueba siano più quelli di dire la sua sull'amore e l'amicizia, il che rende questo romanzo solo una piacevole lettura da ombrellone.

Torna indietro

| Home Page | Indice | Poesia | Prosa | Aforismi | Forum | Download |