Nick Hornby è nato nel 1957
e vive a Londra. Dopo aver esercitato la professione di insegnante
si è dedicato interamente alla scrittura e collabora con le
più prestigiose pagine letterarie inglesi. Ha scritto: Febbre
a ’90, sulla passione per il calcio e i romanzi Alta fedeltà
e Un ragazzo.
La quarta di copertina
Come si fa a diventare buoni? E, soprattutto, che cosa significa
essere buoni? Katie Carr non se l'è mai chiesto: una donna
che ha scelto di diventare medico per aiutare gli altri e che ha cresciuto
i figli ai valori morali più profondi non ha nemmeno bisogno
di porsi la questione. Finché quella donna non tradisce il
marito. E allora il marito, David, decide di dare una svolta alla
sua vita. Abbandona le arguzie sarcastiche con le quali non risparmiava
nessuno, nemmeno la moglie e i figli, e rinuncia a versare veleno
su tutto e tutti nella rubrica che firmava regolarmente su un quotidiano
locale; insomma, smette di essere «l'uomo più arrabbiato
di Holloway» per diventare buono. Ma buono sul serio. Niente
di più azzeccato, a questo punto, dell' entrata in scena di
BuoneNuove. Con tanto di piercing alle sopracciglia, una storia di
droga alle spalle e tecniche di guarigione dello spirito e del corpo
capaci di sfidare tutta la scienza medica, BuoneNuove aiuta David
a mettere a punto strategie di bontà e varare progetti piccoli
e grandi per contribuire a risolvere il problema della sofferenza
umana: lasagne prese dal congelatore di casa per sfamare i barboni
del parco, giocattoli e computer sottratti ai figli per intrattenere
i bambini meno fortunati, esortazioni agli abitanti della via perché
ciascuna famiglia metta a disposizione una stanza per un senzatetto
e infine un bel manuale di istruzioni su come redistribuire equamente
le ricchezze mondiali. Com'è prevedibile, Katie perde ogni
punto di riferimento: il marito è irriconoscibile, i due figli
si schierano l'uno con la madre e l'altra col padre, e lei deve sopportare
la convivenza coatta con BuoneNuove e un senzatetto che si fa chiamare
Scimmia. E, catapultata in una realtà tutta nuova, è
costretta a riflettere anche sulla crisi del suo matrimonio.
Un commento al libro
Nick Hornby è stata una bella sorpresa: è
uno scrittore giovane, di successo - i suoi libri hanno dato vita
a numerose sceneggiature di film anche ben riusciti - eppure sa scrivere
bene. Hornby ha ancora voglia di narrare delle storie, di sfruttare
una delle qualità principali di un buon libro, quella di raccontare.
Non è un caso isolato, questo è vero, ma è pur
sempre piacevole leggere una buona storia, ben raccontata, con uno
stile colloquiale che non scade mai nel banale, soprattutto se questa
storia da anche degli spunti di riflessione.
COME DIVENTARE BUONI racconta la storia di Kate e
David, sposati ormai da vent'anni, con due figli che assomigliano
a Bart e Lisa Simpson (di cui sono grandi estimatori) e dei problemi
della vita di coppia, tra incomprensioni, litigi, accuse. Come si
vede il filo della trama è abbastanza sottile, irrisorio, e
ha dato spesso vita ad altri romanzi, sia nel passato, come nel presente.
Su questa sottile linea che congiunge la prima con l'ultima pagina
troviamo però numerose gemmazioni, storie che si intrecciano
con leggerezza. David, che nelle prime pagine del libro è identificato
come "l'uomo più arrabbiato di New York" (è
con questo nome che tiene una rubrica sul giornale locale) dopo un'incontro
con una specie di santone New Age con delle tartarughe al posto delle
sopracciglia, cambia radicalmente il modo di pensare e di vivere e
si imbarca in campagne per la creazione di un mondo migliore. Kate,
medico generico, alle prese con patologie spesso croniche e paziente
fin troppo fedeli al suo ambulatorio, di fronte al repentino cambiamento
del marito va in crisi, perdendo la bussola (io sono il medico, lavoro
per il bene degli altri e quindi sono buona) con la quale si è
sempre orientata nella vita. Ne derivano situazioni tra le più
varie, alcune anche decisamente divertenti, che non descrivo per non
rovinare il piacere al futuro lettore più di quanto non abbia
già fatto.
COME DIVENTARE BUONI affronta un tema delicato, inflazionato
forse e tuttavia molto interessante, quello della bontà. In
un certo senso il titolo del libro non centra esattamente il problema,
perchè la riflessione che viviamo in prima persona, attraverso
il personaggio di Kate che si fa voce narrante, è soprattutto
quello di che cosa voglia dire essere buoni e che sacrifici comporti.
A cosa è giusto rinunciare per diventare buoni e per creare
una società migliore? Essere buoni può essere una forma
di egoismo? Sono gli egoismi che guidano le nostre azioni?
Tutte queste sono domande che sorgono spontanee e a cui Hornby non
da una risposta definitiva, al massimo indirizza il lettore, fa comprendere
per cosa egli stesso parteggia.
COME DIVENTARE BUONI è anche un libro sulle
relazioni: tra marito e moglie, tra padre e figli, tra madre e figli,
tra amici, tra medico e paziente. Kate e David sono due persone confuse
la cui vita monotona si risveglia all'improvviso e ha bisogno di una
sterzata. Ha bisogno della volontà, perchè amare non
è solo una questione di sentimento, ma necessita di una scelta,
la stessa che è fatta con il matrimonio, la scelta di accettare
le incomprensioni, le difficoltà, a volte la sofferenza.
"fino a qui,
nel cuore del cuore dell'uomo
è penetrato il danno d'Adamo
che da sale al mondo"
La fatica è penetrata anche nel cuore dell'uomo, nella sua
capacità di amare che non è più spontanea, immediata,
ma si scontra con le finitezze della creatura.
E' un libro sull'educazione dei figli, figli viziati, che incessantemente
registrano gli errori dei "grandi" e li ripetono, che assorbono
le contraddizioni - tutte - della nostra società. Figli consumisti,
mediatici, egoisti.
Infine è un libro sulla possibilità di cambiare, perchè
"cambiare è sempre possibile, a dispetto di tutto, contro
ogni speranza, basta che lo si creda intensamente".
Alcune frasi tratte dal romanzo
“Datemi retta: non sono una persona cattiva. Sono un medico.
Una delle ragioni per cui volevo diventare medico era che la ritenevo
una buona cosa – sottolineo buona, più che emozionante
o ben retribuita o affascinante”.
"Mi trovo in un parcheggio a Leeds quando dico a mio marito
che non voglio piu' stare con lui. David non e' li' con me nel parcheggio.
E' a casa, a curare i bambini, e io l'ho chiamato soltanto perricordargli
che dovrebbe scrivere due righe per la maestra di Molly. L'altra cosa
mi e' come ... sfuggita. Un errore. Ovvio. Evidentemente, e con mia
grande sorpresa, sono il tipo di persona capace di dire al marito
che non se la sente piu' di stare con lui, ma non pensavo davvero
di essere capace di dire questa cosa da un cellulare, da un parcheggio.
Adesso, è chiaro, la considerazione che avevo di me stessa
andrà rivista... Per la maggior parte delle persone le conversazioni
di fine matrimonio si svolgono una volta sola, se va bene. Se scegli
di condurre la tua da un cellulare, da un parcheggio di Leeds, allora
non puoi certo pretendere che non sia da te, così come Lee
Harvey Oswald non poteva certo pretendere che sparare ai presidenti
non fosse da lui. A volte basta un gesto per essere giudicati."
Bibliografia essenziale
Alta fedeltà tr. di Noulian L., 1999, 256
p., Lit. 13000, "I tascabili della Fenice", Guanda
Come diventare buoni, tr. di Viviani S., 2001, 292
p., Lit. 28000, "Narratori della Fenice", Guanda
Febbre a 90', tr. di Pedrotti F. e Willis L., 2001,
244 p., Lit. 13000, "I tascabili della Fenice" n. 37, Guanda
Un ragazzo, tr. di Pedrotti F., 2001, 264 p., Lit.
15000, "Teadue" n. 797
A cura di Gianni Migliarese