BIOGRAFIA

Avete presente le Vite Parallele di Plutarco? Beh, perchè dovrebbero meritarsele solo gli antichi romani?!? Non sia mai! Su questo sito potrete leggerne una moderna e originalissima versione dedicata ai nostri "maginifici tre"!
Qui, nella colonna di sinistra, potrete leggere un'abbastanza realistica biografia di Marina Giulia Cavalli (un po' condita "in salsa Brusadin", ma fedele!) e, nella colonna di destra, una fantastica biografia del suo personaggio upassino...fino a quando i due destini si incrociano!! Buona lettura... sperando che la cosa vi aggradi!


MARINA GIULIA

“Tutto cominciò a Portland, Oregon (USA), il 13 dicembre 1965, in una famiglia di cercatori d’oro”.
Se v’immaginate questa introduzione letta con una voce e una cadenza alla “settimana incom”, sembra l’inizio di un film della più splendida epopea western. Se poi, però, si fa attenzione all’anno, non si può non notare che questo western sarebbe ambientato nel secolo sbagliato. Sembrerebbe esserci un errore, ma di quelli proprio grossolani… invece no, nessun errore, l’anno è corretto: quella città (almeno così dicono) così lontana, e quella data tanto vicina non sono altro che luogo e data di nascita della nostra signora. E poi c’è il giorno…anche quello predestinato direi: il giorno di S. Lucia, protettrice degli occhi… sarà per quello che li ha così azzurri, ma di un azzurro profondo e caldo?!? Quanto invece alla “famiglia di cercatori d’oro”, diciamo che non mi vedo molto i signori Cavalli con le bragacce arrotolate al ginocchio, il cappello da cowboy in testa, l’acqua del fiume ai polpacci, intenti a passare al setaccio la sabbia del fondale! Diciamo che più che di cercatori d’oro un po’ anacronistici, la sua è una famiglia di orafi e la sua infanzia e giovinezza sono trascorse a Valenza Po, la città dell’oro, appunto. Cosa avesse portato mamma e papà Cavalli per un periodo, oltre oceano, non è dato sapere, ma forse era solo il destino che voleva rendere Marina Giulia affascinante fin dai natali.
Chissà qual è il portato di questi primissimi anni americani di vita… fatto sta che è il nostro Piemonte a dare l’impronta fondamentale a MG (Marina da bimba, Giulia una volta diventata donna, per sua scelta): è lei stessa a definirsi piemontese, dirsi molto legata a Valenza e a Torino e ad apostrofare la cucina di quelle zone la migliore del mondo. Chi l’ha detto che questa zona d’Italia sia fredda e grigia? Con MG sembra proprio che il destino voglia smentire quest’immeritata fama: se ci sono due caratteristiche che proprio non sono riconducibili alla Nostra sono appunto il grigiume e la freddezza. Forse di più vi possiamo riscontrare razionalità e iperattività, ma è certo che MG, prendendosi allegramente gioco di tali sterili stereotipi, è una persona estremamente solare, assolutamente frizzante, simpaticamente effervescente naturale, energicamente scoppiettante. Così appare ora e c’è da immaginarsi che così fosse pure in primissima gioventù. La sua carriera scolastica vide seguire, alla maturità scientifica (almeno questo dicono voci di corridoio) ottenuta a Valenza, l’iscrizione alla Facoltà di Lingue Straniere di Torino e fu sempre accompagnata da un amore per lo sport attivo, in particolare per l’atletica. Quale fosse la sua specialità non ci è noto, ma per certo si sa che non riusciva a non primeggiare anche in quello, conquistando il titolo di campionessa italiana e facendo più volte parte della Nazionale, junior e senior. Si vede che l’azzurro l’ha sempre caratterizzata: dagli occhi alla maglia! In contemporanea al periodo torinese dell’università, iniziarono pure le sue prime esperienze teatrali. Fu così che piano piano MG capì che la sua strada non era quella dell’interprete o dell’insegnate di lingua, ma quella dell’attrice. Nel 1988 ebbe quindi il coraggio di voltare pagina, di cambiare vita e città: si trasferì a Roma per coltivare da lì, dal centro del mondo, la sua carriera artistica. E, seguendo la scuola di Martone, si trovò particolarmente a suo agio in un teatro sperimentale che dava molta rilevanza all’espressività del corpo nel suo complesso: il suo amore per la fisicità che prima trovava spazio nelle gare sportive, ora si esprimeva in questo tipo di teatro quasi mimico. Ma le esperienze teatrali e cinematografiche non si fermano certo qui. Molti titoli importanti risaltano nella sua filmografia (es. Io Amo Andrea di Nuti), come pure nel suo curriculum teatrale e televisivo, ma pure questi sono facilmente recuperabili ed esulano da questa biografia “sui generis”.
E’ a Roma e nel nuovo ambiente in cui si inserisce che conosce suo marito (ora ex), si sposa appunto e mette al mondo una bellissima bimba col nome etereo di Arianna, che a vederla non la si può che dir figlia di quei due genitori, tanto è l’incrocio esatto delle due fisionomie. Questa bimba, che presto s’è appassionata anche lei a qualcosa di artistico come la danza classica (e non solo!), non fu un impedimento quando sulla strada di MG apparve un intenso raggio di sole, anzi proprio “Un Posto al Sole”. L’incontro si deve anche al precedente fallimento (Dio sia lodato!!) di un provino per “Vivere”: come avrebbero potuto prendere MG, con la sua espressività, la sua forza comunicativa e la sua capacità di emozionare, se la prerogativa di quel casting era “trovare manici di scopa vagamente semoventi”?!? Tanto talento sarebbe stato sprecato ed ha trovato invece giusto sfogo in un gruppo d’attori degni di tal nome, quale quello upassino. Quello che doveva essere un contratto a breve termine, quella che doveva essere un’esperienza fugace, ha invece prodotto tanto seguito nel pubblico che, per nostra fortuna, MG è ancora con noi e speriamo a lungo! Lei definisce il suo personaggio come “psicolabile, umorale, poco intelligente e qualche volta anche prepotente”, ma in fondo alla “sciura” s’è affezionata e si diverte a darle il volto!

 
ORNELLA

“’Na tazza ‘e cafe’ parite: ‘n funno tenite ‘o zucchero e ‘ngoppa amara site. Ma tanto ch’ i’ aggi’ ‘a gira’, ma tanto ch’ i’ aggi’ ‘a vota’, ca ‘o zucchero ‘a ‘rint’ ‘a tazza fin’ a’ vocca m’ha d’arriva’!”.
In questa “canzuncella” c’è il ritratto di Ornella, ma non si sa se queste ne fossero le caratteristiche fin da quando aprì i suoi azzurri occhioni profondi al mondo. Non so come venne in mente a mamma Prati, quel giorno di Giugno in una calda Milano, di appioppare a quel frugoletto questo nome alquanto discutibile e che proprio non s’adatta a una bimba, seppur di questa bimba non conosciamo, per ora, che il colore degli occhi e la loro trasparenza. Forse già dal nome la mamma le volle imporre un aspetto serio, che sarà poi una sorta di condanna per la vita. Nonostante, infatti, l’estrema vitalità di quella bambina, e la sua natura in fondo frizzante, quello che i suoi stimolarono in lei fu quasi soltanto la sua grande forza di volontà e la sua tenacia. Così, quelle che sono certamente delle incontrovertibili qualità, finirono però per condizionare il resto degli aspetti caratteriali di quella bimba che nel frattempo si faceva ragazzina e poi donna, aspetti spensierati e divertenti che solevano uscire solo in rare circostanze, in compagnia di amici. A scuola ovviamente i risultati furono sempre ottimi, seppur a volte con grande fatica. Quando fu il momento di scegliere l’Università, la ragazza dagli occhi blu, decise che, se pure la sua missione principale avrebbe continuato ad essere il personificare la perfezione agli occhi dei suoi, almeno avrebbe voluto farlo impegnandosi in qualcosa che le avrebbe consentito di essere utile anche agli altri: ecco perché si iscrisse a medicina. Certo senza la sua ferrea volontà già menzionata le sarebbe stato difficile portare a termine una facoltà tanto impegnativa mentre nella sua vita trovava posto, in giovane età, anche la famiglia. Si sposò giovane con Giorgio Bruni, commerciante di pietre preziose milanese, che a lungo sembrò poterle dare tanto di quel calore che i suoi, pur volendole sicuramente bene (forse troppo), non sempre erano riusciti a farle sentire. E giovanissima ebbe pure la sua prima figlia, cui diede il nome di un fiore: Viola. La bimba, in effetti, era proprio un fiorellino di bimba, con altri due occhioni azzurri ereditati pari pari da mamma Ornella. Ma quel nome…era sintomo di disgrazie artistiche: la piccoletta infatti scoprì presto la parte d’arte della sua anima e si diede alla danza classica, tanto da frequentare con profitto, insieme alla scuola, anche la scuola di ballo della Scala. Ma vi pare a voi che una con un nome colorato di quel colore possa far tanta strada su un palcoscenico? Prima o poi sarebbe dovuto succedere il patatrack…ma non anticipiamo gli eventi e torniamo alla mamma. Laureatasi cominciò ad esercitare la professione medica in quel di Milano e lo fece per anni, fin quando il destino non le fece passare dei brutti momenti: un suo paziente, malato d’AIDS, si tolse la vita quando scoprì che la nostra dottoressa, nel tentativo peraltro lodevole, di preservare la salute della di lui fidanzata, infranse le regole della riservatezza e rivelò alla ragazza la malattia del fidanzato. La famiglia dell’uomo le si scagliò contro ed Ornella, sopraffatta dai sensi di colpa, pur armata di una forte corazza costruita negli anni, fu costretta a cedere: per superare quel momentaccio, l’unico modo le parve abbandonare Milano. Ed ecco compiuto il gioco del destino: quella affascinante signora dagli occhi blu profondo doveva arrivare fino a Napoli, perché la sua fisionomia venisse definita e la sua vita prendesse una nuova piega. Una volta arrivata nella città partenopea, infatti, avviene l’incontro e questa donna unisce ai predestinati occhi blu, un fisico possente e affascinante e dei capelli rossi che mettono ancor più in risalto le due perle azzurre. Nessuna fusione poteva riuscir meglio che quella tra due donne “nordiche”, belle e imponenti, con una figlia votata alla danza classica, che, per lavoro, si sono trasferite a Napoli. All’inizio la signora, agli occhi degli inquilini di Palazzo Palladini, in cui ha trovato casa e ambulatorio, non fece una gran impressione: sembrava a tutti, figlia compresa, una persona troppo austera e arroccata sui pregiudizi, per poter essere simpatica e avvicinabile. Ma poi ecco di nuovo il destino all’opera. La scoperta della doppia vita del marito, che nel frattempo a Pisa curava un’altra “moglie” e un’altra figlia, la scossero nel profondo, facendole perdere molte delle fittizie certezze che, forzatamente, aveva cercato di costruirsi. E mentre nessuno pareva saperla comprendere davvero, l’unico capace di girare ben bene quella tazzina di caffè, facendosene salire lo zucchero dal fondo fino in bocca fu il magnifico portiere di Palazzo, il mitico Jourdan. Con lui è riuscita ad ammorbidirsi, almeno un po’, a sostenere la figlia quando s’è vista costretta per un incidente a una gamba a lasciare la danza (ma te credo…con quel nome!!)e a mettere al mondo un bimbo tutto napoletano col nome del nonno paterno. La sua rigidità a volte riemerge e le differenze tra i due ogni tanto li mettono a dura prova, ma la speranza di tutti gli upassini è che sempre, in un modo o in un altro, tornino a vivere serenamente e a regalar momenti di tenerezza e divertimento.

 
a cura di Marta Pennina