MARINA
GIULIA
“Tutto
cominciò a Portland, Oregon (USA), il 13 dicembre 1965, in una
famiglia di cercatori d’oro”.
Se v’immaginate questa introduzione letta con una voce e una cadenza
alla “settimana incom”, sembra l’inizio di un film della
più splendida epopea western. Se poi, però, si fa attenzione
all’anno, non si può non notare che questo western sarebbe
ambientato nel secolo sbagliato. Sembrerebbe esserci un errore, ma di
quelli proprio grossolani… invece no, nessun errore, l’anno
è corretto: quella città (almeno così dicono) così
lontana, e quella data tanto vicina non sono altro che luogo e data di
nascita della nostra signora. E poi c’è il giorno…anche
quello predestinato direi: il giorno di S. Lucia, protettrice degli occhi…
sarà per quello che li ha così azzurri, ma di un azzurro
profondo e caldo?!? Quanto invece alla “famiglia di cercatori d’oro”,
diciamo che non mi vedo molto i signori Cavalli con le bragacce arrotolate
al ginocchio, il cappello da cowboy in testa, l’acqua del fiume
ai polpacci, intenti a passare al setaccio la sabbia del fondale! Diciamo
che più che di cercatori d’oro un po’ anacronistici,
la sua è una famiglia di orafi e la sua infanzia e giovinezza sono
trascorse a Valenza Po, la città dell’oro, appunto. Cosa
avesse portato mamma e papà Cavalli per un periodo, oltre oceano,
non è dato sapere, ma forse era solo il destino che voleva rendere
Marina Giulia affascinante fin dai natali.
Chissà qual è il portato di questi primissimi anni americani
di vita… fatto sta che è il nostro Piemonte a dare l’impronta
fondamentale a MG (Marina da bimba, Giulia una volta diventata donna,
per sua scelta): è lei stessa a definirsi piemontese, dirsi molto
legata a Valenza e a Torino e ad apostrofare la cucina di quelle zone
la migliore del mondo. Chi l’ha detto che questa zona d’Italia
sia fredda e grigia? Con MG sembra proprio che il destino voglia smentire
quest’immeritata fama: se ci sono due caratteristiche che proprio
non sono riconducibili alla Nostra sono appunto il grigiume e la freddezza.
Forse di più vi possiamo riscontrare razionalità e iperattività,
ma è certo che MG, prendendosi allegramente gioco di tali sterili
stereotipi, è una persona estremamente solare, assolutamente frizzante,
simpaticamente effervescente naturale, energicamente scoppiettante. Così
appare ora e c’è da immaginarsi che così fosse pure
in primissima gioventù. La sua carriera scolastica vide seguire,
alla maturità scientifica (almeno questo dicono voci di corridoio)
ottenuta a Valenza, l’iscrizione alla Facoltà di Lingue Straniere
di Torino e fu sempre accompagnata da un amore per lo sport attivo, in
particolare per l’atletica. Quale fosse la sua specialità
non ci è noto, ma per certo si sa che non riusciva a non primeggiare
anche in quello, conquistando il titolo di campionessa italiana e facendo
più volte parte della Nazionale, junior e senior. Si vede che l’azzurro
l’ha sempre caratterizzata: dagli occhi alla maglia! In contemporanea
al periodo torinese dell’università, iniziarono pure le sue
prime esperienze teatrali. Fu così che piano piano MG capì
che la sua strada non era quella dell’interprete o dell’insegnate
di lingua, ma quella dell’attrice. Nel 1988 ebbe quindi il coraggio
di voltare pagina, di cambiare vita e città: si trasferì
a Roma per coltivare da lì, dal centro del mondo, la sua carriera
artistica. E, seguendo la scuola di Martone, si trovò particolarmente
a suo agio in un teatro sperimentale che dava molta rilevanza all’espressività
del corpo nel suo complesso: il suo amore per la fisicità che prima
trovava spazio nelle gare sportive, ora si esprimeva in questo tipo di
teatro quasi mimico. Ma le esperienze teatrali e cinematografiche non
si fermano certo qui. Molti titoli importanti risaltano nella sua filmografia
(es. Io Amo Andrea di Nuti), come pure nel suo curriculum teatrale e televisivo,
ma pure questi sono facilmente recuperabili ed esulano da questa biografia
“sui generis”.
E’ a Roma e nel nuovo ambiente in cui si inserisce che conosce suo
marito (ora ex), si sposa appunto e mette al mondo una bellissima bimba
col nome etereo di Arianna, che a vederla non la si può che dir
figlia di quei due genitori, tanto è l’incrocio esatto delle
due fisionomie. Questa bimba, che presto s’è appassionata
anche lei a qualcosa di artistico come la danza classica (e non solo!),
non fu un impedimento quando sulla strada di MG apparve un intenso raggio
di sole, anzi proprio “Un Posto al Sole”. L’incontro
si deve anche al precedente fallimento (Dio sia lodato!!) di un provino
per “Vivere”: come avrebbero potuto prendere MG, con la sua
espressività, la sua forza comunicativa e la sua capacità
di emozionare, se la prerogativa di quel casting era “trovare manici
di scopa vagamente semoventi”?!? Tanto talento sarebbe stato sprecato
ed ha trovato invece giusto sfogo in un gruppo d’attori degni di
tal nome, quale quello upassino. Quello che doveva essere un contratto
a breve termine, quella che doveva essere un’esperienza fugace,
ha invece prodotto tanto seguito nel pubblico che, per nostra fortuna,
MG è ancora con noi e speriamo a lungo! Lei definisce il suo personaggio
come “psicolabile, umorale, poco intelligente e qualche volta anche
prepotente”, ma in fondo alla “sciura” s’è
affezionata e si diverte a darle il volto! |
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“’Na
tazza ‘e cafe’ parite: ‘n funno tenite ‘o zucchero
e ‘ngoppa amara site. Ma tanto ch’ i’ aggi’ ‘a
gira’, ma tanto ch’ i’ aggi’ ‘a vota’,
ca ‘o zucchero ‘a ‘rint’ ‘a tazza fin’
a’ vocca m’ha d’arriva’!”.
In questa “canzuncella” c’è il ritratto di Ornella,
ma non si sa se queste ne fossero le caratteristiche fin da quando aprì
i suoi azzurri occhioni profondi al mondo. Non so come venne in mente
a mamma Prati, quel giorno di Giugno in una calda Milano, di appioppare
a quel frugoletto questo nome alquanto discutibile e che proprio non s’adatta
a una bimba, seppur di questa bimba non conosciamo, per ora, che il colore
degli occhi e la loro trasparenza. Forse già dal nome la mamma
le volle imporre un aspetto serio, che sarà poi una sorta di condanna
per la vita. Nonostante, infatti, l’estrema vitalità di quella
bambina, e la sua natura in fondo frizzante, quello che i suoi stimolarono
in lei fu quasi soltanto la sua grande forza di volontà e la sua
tenacia. Così, quelle che sono certamente delle incontrovertibili
qualità, finirono però per condizionare il resto degli aspetti
caratteriali di quella bimba che nel frattempo si faceva ragazzina e poi
donna, aspetti spensierati e divertenti che solevano uscire solo in rare
circostanze, in compagnia di amici. A scuola ovviamente i risultati furono
sempre ottimi, seppur a volte con grande fatica. Quando fu il momento
di scegliere l’Università, la ragazza dagli occhi blu, decise
che, se pure la sua missione principale avrebbe continuato ad essere il
personificare la perfezione agli occhi dei suoi, almeno avrebbe voluto
farlo impegnandosi in qualcosa che le avrebbe consentito di essere utile
anche agli altri: ecco perché si iscrisse a medicina. Certo senza
la sua ferrea volontà già menzionata le sarebbe stato difficile
portare a termine una facoltà tanto impegnativa mentre nella sua
vita trovava posto, in giovane età, anche la famiglia. Si sposò
giovane con Giorgio Bruni, commerciante di pietre preziose milanese, che
a lungo sembrò poterle dare tanto di quel calore che i suoi, pur
volendole sicuramente bene (forse troppo), non sempre erano riusciti a
farle sentire. E giovanissima ebbe pure la sua prima figlia, cui diede
il nome di un fiore: Viola. La bimba, in effetti, era proprio un fiorellino
di bimba, con altri due occhioni azzurri ereditati pari pari da mamma
Ornella. Ma quel nome…era sintomo di disgrazie artistiche: la piccoletta
infatti scoprì presto la parte d’arte della sua anima e si
diede alla danza classica, tanto da frequentare con profitto, insieme
alla scuola, anche la scuola di ballo della Scala. Ma vi pare a voi che
una con un nome colorato di quel colore possa far tanta strada su un palcoscenico?
Prima o poi sarebbe dovuto succedere il patatrack…ma non anticipiamo
gli eventi e torniamo alla mamma. Laureatasi cominciò ad esercitare
la professione medica in quel di Milano e lo fece per anni, fin quando
il destino non le fece passare dei brutti momenti: un suo paziente, malato
d’AIDS, si tolse la vita quando scoprì che la nostra dottoressa,
nel tentativo peraltro lodevole, di preservare la salute della di lui
fidanzata, infranse le regole della riservatezza e rivelò alla
ragazza la malattia del fidanzato. La famiglia dell’uomo le si scagliò
contro ed Ornella, sopraffatta dai sensi di colpa, pur armata di una forte
corazza costruita negli anni, fu costretta a cedere: per superare quel
momentaccio, l’unico modo le parve abbandonare Milano. Ed ecco compiuto
il gioco del destino: quella affascinante signora dagli occhi blu profondo
doveva arrivare fino a Napoli, perché la sua fisionomia venisse
definita e la sua vita prendesse una nuova piega. Una volta arrivata nella
città partenopea, infatti, avviene l’incontro e questa donna
unisce ai predestinati occhi blu, un fisico possente e affascinante e
dei capelli rossi che mettono ancor più in risalto le due perle
azzurre. Nessuna fusione poteva riuscir meglio che quella tra due donne
“nordiche”, belle e imponenti, con una figlia votata alla
danza classica, che, per lavoro, si sono trasferite a Napoli. All’inizio
la signora, agli occhi degli inquilini di Palazzo Palladini, in cui ha
trovato casa e ambulatorio, non fece una gran impressione: sembrava a
tutti, figlia compresa, una persona troppo austera e arroccata sui pregiudizi,
per poter essere simpatica e avvicinabile. Ma poi ecco di nuovo il destino
all’opera. La scoperta della doppia vita del marito, che nel frattempo
a Pisa curava un’altra “moglie” e un’altra figlia,
la scossero nel profondo, facendole perdere molte delle fittizie certezze
che, forzatamente, aveva cercato di costruirsi. E mentre nessuno pareva
saperla comprendere davvero, l’unico capace di girare ben bene quella
tazzina di caffè, facendosene salire lo zucchero dal fondo fino
in bocca fu il magnifico portiere di Palazzo, il mitico Jourdan. Con lui
è riuscita ad ammorbidirsi, almeno un po’, a sostenere la
figlia quando s’è vista costretta per un incidente a una
gamba a lasciare la danza (ma te credo…con quel nome!!)e a mettere
al mondo un bimbo tutto napoletano col nome del nonno paterno. La sua
rigidità a volte riemerge e le differenze tra i due ogni tanto
li mettono a dura prova, ma la speranza di tutti gli upassini è
che sempre, in un modo o in un altro, tornino a vivere serenamente e a
regalar momenti di tenerezza e divertimento.
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