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Piero Santostefano

L'isola della Chiesa e Treporti                                                                                                                                  approfondimenti

Introduzione  

L’avvio di questo lavoro è stato dettato dalla proposta, avanzatami dall’Amministrazione comunale, di dedicarmi ad una pubblicazione che affiancasse l’inaugurazione dei lavori per la riqualificazione della piazza della Ss. Trinità di Treporti; lusingato e, al contempo, stimolato da questa opportunità, ho intrapreso così la strada della ricerca storica che sottende ognuna di queste pagine e che mi ha via via culturalmente arricchito.

La possibilità di portare alla luce una serie di materiali relativi all’isola della Chiesa mi ha permesso di proseguire e ampliare una produzione storiografica tesa a verificare la feconda complessità delle vicende del territorio di Cavallino Treporti, nel quale le singole comunità percorsero itinerari affatto differenti; solo considerandole separatamente, per poi riunirle in un quadro d’insieme, è possibile  cogliere le diverse e non omologabili modalità di antropizzazione tipiche di un territorio che comprende aree  più che millenarie ed altre a mala pena secolari.

Mentre nei due precedenti volumetti da me mandati alle stampe e dedicati rispettivamente alle conche idrauliche di Cavallino e alla storia della chiesa e della parrocchia di S. Maria Elisabetta, l’oggetto dell’indagine era in qualche modo circoscritto e si riferiva ad eventi di natura commerciale legati alla gestione dei traffici lagunari, o agli aspetti religiosi della vita di una comunità, con la piazza di Treporti si trattava di mettere sotto la lente d’ingrandimento un nucleo urbano da indagare sotto molteplici aspetti, perché complesse risultavano le funzioni che vi si erano accavallate nel volgere dei secoli.

Per delineare con chiarezza le ramificazioni in cui inevitabilmente si dipana ogni testo di storia [locale] e che prendono poi corpo nei diversi capitoli, la scelta iniziale è stata quella di dilatare all’indietro le coordinate temporali fino alla formazione dell’isola della Chiesa, restringendo, invece, con l’avvicinarsi al presente, le coordinate spaziali su cui organizzare i racconti, passando, quindi, dalle vicende di tutta l’isola a quelle della sola piazza.

Sono stati così documentati sia il formarsi dell’isola, chiamata inizialmente - e a ragion veduta -  lido di Saccagnana,  attorno alla metà del XV secolo, sia la trasformazione di terreni che, fino ad allora incolti, vennero strappati alle barene e agli specchi d’acque dai mutevoli confini, ad opera di proprietari coadiuvati da coloni provenienti un po’ da tutte le aree del Veneto e dalle regioni circostanti, inseguendo il sogno di un giusto profitto adeguato alle fatiche e agli investimenti.

Apparentemente, per i primi tre secoli, tra il 1500 e il 1700, in quest’isola non accadde nulla di straordinario e quasi nulla rimane, quale tangibile testimonianza, se non la modesta chiesa parrocchiale, un qualche fabbricato rurale, una lapide  del 1706 che ricorda un fortunale, rarissime mappe scarne di particolari.

I documenti d’archivio, quelli che perlomeno si è riusciti a consultare, restituiscono invece una lunga e complicata teoria di passaggi delle proprietà terriere (a comprensione dei quali si è reso necessario inserire in Appendice uno schema genealogico delle famiglie coinvolte), di vendite giudiziarie, di eredità contese, accompagnata però da uno straordinario sviluppo delle colture agricole, prima fra tutte la vite, le quali rappresentavano la fonte di reddito per le famiglie dei fittavoli che faticosamente procedevano lungo l’incerto cammino delle loro esistenze.

Un’indagine condotta con un tale metodo non è certo l’unica tra i numerosi studi sulla trasformazione del territorio delle aree perilagunari. Essa risulta, tuttavia, peculiare per il tentativo, grazie alla qualità dei documenti spesso reperiti fortunosamente o nell’ambito di precedenti ricerche personali, di saldare conoscenza dei luoghi, individuazione degli abitanti, elencazione delle attività produttive in modo tale da poter organizzare storie parallele di porzioni del territorio la cui localizzazione, rispetto alla situazione attuale, è già ben definita attorno alla metà del secolo XVI con i grandi lavori di appoderamento avviati da Antonio di Girolamo Garzoni, il nobile veneziano che, subentrato alla famiglia de Stefani,  può essere ritenuto il primo vero imprenditore  agricolo in isola della Chiesa.

Laddove le carte d’archivio presentano con sostenuta frequenza riferimenti a poderi indicati come <<vigna della torre>>, <<vigna della chiesa>>, <<vigna della Procuratoria>>, o alla valle della Fossa, questi cessando di essere generici toponimi, sono diventati, in virtù di quella ricchezza di fonti scritte di cui si diceva prima, luoghi individuati con estrema precisione nell’isola che è l’oggetto di quest’indagine.

Il lettore sarà dunque libero di spostarsi all’interno dei primi tre capitoli scegliendo a quale interessarsi tra quei piccoli mondi, diversi per assetto proprietario, ubicazione, morfologia, chiedendo inoltre indulgenza per l’inserimento delle molte note  che, non necessarie al racconto principale,  da una parte sono solite accompagnare le ricerche di natura archivistica e dall’altra offrono ulteriori approfondimenti a proposito della vita quotidiana.

Affrontando le vicende dell’Ottocento gli strumenti a disposizione per proseguire la ricerca si accrescono e si affinano: il catasto geometrico particellare, i documenti conservati nell’archivio della chiesa parrocchiale della Ss. Trinità (insostituibile, data la scomparsa nel 1944 dell’archivio del comune di Burano, cui Treporti apparteneva), le mappe ora ben dettagliate e ricche di informazioni, gli edifici che nell’isola e nella piazza sono sopravvissuti, pur con modifiche e rifacimenti, fino ai nostri giorni.

A quest’abbondanza di fonti si accompagna per Treporti, dall’inizio del secolo XIX, una drastica riduzione del tenore di vita della sua popolazione la quale, stramata da eventi esterni che essa non poteva in alcun modo modificare, solo verso gli anni Ottanta del medesimo riconquistava, pur tra enormi difficoltà, un giusto equilibrio tra fatiche quotidiane e aspettative materiali.

Per il Novecento si è scelto di continuare la narrazione - sempre più concentrata sulla piazza -  da una parte ricorrendo alla consueta indagine archivistica, che in questo caso include anche  riferimenti a coevi quotidiani e periodici a stampa, dall’altra cercando di annodare i fili della memoria con i manufatti e con gli eventi che, come quinte o come attori, parteciparono  alla costruzione (sia concessa la metafora)    di quell’insondabile archivio dell’umano illudersi.

Il “secolo breve” lo è in riferimento all’arco temporale dei documenti conservati nell’Archivio storico del comune di Venezia che negli anni posteriori al 1924, e fino al 1955, appunto, ha costituito la fonte primaria della ricerca. Uniche postille temporali di un solo anno: l’ampliamento della chiesa e l’erezione del cippo portabandiera.

Se tra il testo storico e le storie raccolte oralmente esiste qualche discrepanza in ordine a nomi o fatti, anche questo potrà essere accolto con indulgenza, perché per quest’ultimo capitolo la motivazione fondante di cambiane il registro di scrittura è stata proprio la restituzione del vissuto che, va da sé, è quasi sinonimo di pluralità di ricordi, siano essi concordi, complementari o dissonanti.

Il riferimento è fin troppo palese: si tratta degli allegati al capitolo 5 dove le testimonianze orali dei treportini sono state raccolte con l’ottica dell’adulto (Gianfranco Bastianello) e con quella di chi sta ora iniziando a comprendere i valori depositati nelle vicende della propria comunità. Sono proprio gli alunni della scuola elementare di Treporti, che insieme  ai loro docenti hanno tessuto i fili della memoria, i veri destinatari, quando adulti, di questa ricerca.