IL GATTO da I fiori del male di Baudelaire
Nel cervello un bel gatto, un dolce, fiero,
incantevole gatto mi passeggia,
come fosse il padrone dell'alloggio,
e miagola con timbro sė leggero
e tenero che quasi non lo intendo;
per questa voce sua ricca e profonda,
sia che brontoli o placida s'effonda,
racchiude un incantesimo stupendo.
Si sgrana e filtra dentro in lente spire
fino al fondo di me pių cieco e perso;
mi sazia come il battito d'un verso,
e mi delizia come un elisire.
Sopisce i mali pių crudi, contiene
per chi l'ascolta ogni estasi e sogno;
di parole giammai non ha bisogno
per intrecciare le frasi pių piene.
No, non so archetto che meglio mi morda
il cuore, ineguagliabile strumento,
e ne ricavi pių regale accento,
facendone vibrar l'intima corda,
della tua voce, o strana, o misetriosa
creatura, serafico soriano,
in cui, come in un angelo, all'arcani
pių sottile una musica si sposa.
Si forti aromi la sua bionda e bruna
pelliccia esala che, una sera, quasi
fin nell'anima intriso ne rimasi:
colpa d'una carezza, solo d'una!
Genio del luogo e spirito natio,
tutto egli giudica, tutto presiede
e ispira dalla sua regale sede:
chissā, forse č una fata, forse č un dio.
Quando a lui gli occhi miei docili giro,
obbedendo a un magnetico richiamo
che m'incatena all'essere che amo,
e la mia stessa anima rimiro,
vedo con meraviglia come arda
un fuoco nelle sue pupille pallide,
opali vivide, lanterne gialle,
di fronte a me, che immobili mi guardano