Da

CULTI Con il voto contrario dei popolari
Via libera del governo alle intese con buddisti e testimoni di Geova

Monsignor Bromuri: positivo che comunità religiose si confrontino con lo Stato Ma si facciano verifiche sui «geovisti»

Angelo Picariello

   

 Roma. Il consiglio dei ministri ha approvato ieri due schemi d'intesa per regolare i rapporti con l'Unione buddista italiana e la Congregazione dei Testimoni di Geova. Nei due testi licenziati dal governo (contrari i tre ministri Ppi, in dissenso anche Dini e Loiero) viene riconosciuta l'autonomia delle rispettive confessioni religiose, liberamente organizzate e disciplinate secondo i propri ordinamenti e statuti, e sancita la non ingerenza nelle nomine dei ministri di culto. Un provvedimento - come si vede - molto importante, che probabilmente avrebbe richiesto maggiore approfondimento e dibattito. La decisione è stata partorita invece in un momento particolarissimo della vita politica italiana, che vedeva fra l'altro esponenti del governo in partenza per la Tunisia, per i funerali di Bettino Craxi, ed essendo quest'evento a catalizzare ieri l'attenzione del mondo politico e dei media. L'iter delle due intese è però ancora lungo. Dopo la firma del presidente del Consiglio e dei rappresentanti delle due confessioni religiose, i testi torneranno nel consiglio dei ministri, che varerà un disegno di legge da portare in Parlamento per la definitiva approvazione.  I ministri popolari Mattarella, Bindi e Toia avrebbero motivato la loro netta contrarietà all'intesa con i Testimoni di Geova, facendo osservare che bisogna distinguere nettamente tra la difesa della libertà di culto, che va garantita e assicurata a tutti, e la sottoscrizione di un'intesa con una Congregazione, come quella dei Testimoni di Geova, che «suscita perplessità». I popolari avrebbero ricordato infatti alcune posizioni assunte nella tutela della persona, come sulla trasfusione di sangue, e in materia di partecipazione al voto. Analoghe perplessità avrebbero manifestato il ministro udeur Agazio Loiero e il titolare degli Esteri Lamberto Dini.   Intanto il Sir, l'agenzia promossa dalla Cei, con un intervento di monsignor Elio Bromuri, esperto di dialogo ecumenico, invita le autorità italiane - nel caso dei Testimoni di Geova - a farsi carico «di conoscere principi e prassi concreta» di questa comunità, non per certificarne la verità religiosa, ma per verificare se «vi siano elementi teorici e pratici che cozzano contro le regole della convivenza civile». «In particolare - avverte - si deve stabilire se il reclutamento degli adepti avviene nel rispetto della libertà di coscienza, se vi è violazione dei diritti familiari e dei minori (in particolare dei bambini) se si dà vera possibilità di abbandonare la comunità senza danni nè minacce. Pur tuttavia «è positivo che delle comunità religiose vengano pienamente alla luce e si confrontino con lo Stato e con la società civile». Ma per Franco Pizzetti, presidente della "Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose", il passo di ieri resta un fatto positivo, e ricorda che le due confessioni erano state già riconosciute come tali dal ministro dell'Interno e dal Consiglio di Stato, rispettivamente nel 1986 e nel 1991.

Angelo Picariello   

 

   

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