Da: Avvernire del 22.01.2000bar-54.gif (3312 byte)

IL PUNTO La svolta dopo la «Ut unum sint»
Sul ruolo del primato si rivedono antichi veti
Elio Bromuri

 

Nell'ambito del dialogo ecumenico non è più un tabù la questione del primato pontificio. Esso è divenuto oggetto di ricerca e di riflessione da parte dei teologi e dei pastori delle varie Chiese e confessioni cristiane. Accanto a posizioni ancora rigidamente contrapposte, specialmente dopo l'enciclica di Giovanni Paolo II Ut unum sint sono aumentate «aperture condizionate» sul tema, che pur sempre rimane un pesante scoglio nel cammino dei cristiani verso la unità visibile. Nell'enciclica il Papa propone «la preghiera di Cristo per la conversione, che è indispensabile a "Pietro" per poter servire i fratelli». Ed aggiunge: «Di cuore chiedo che partecipino a questa preghiera i fedeli della Chiesa cattolica e tutti i cristiani. Insieme a me, tutti preghino per questa conversione». Le reazioni a questa richiesta sono state varie, ma sostanzialmente attente alla ragione che sta al fondo del ministero petrino, che è il servizio all'unità della Chiesa. Come vi è un ministero di unità nell'ambito parrocchiale, e regionale, presbiteri e vescovi, così parrebbe pensabile un ministero di unità che riguardi la Chiesa universale (Pannenberg). Che questo compito venga assolto dalla Chiesa romana e dal suo vescovo fa parte della lunga storia del cristianesimo. L'affermazione del primato papale come «ministero di unità» viene condiviso da coloro che nell'ambito del movimento ecumenico, in particolare in seno alla commissione Fede e Costituzione, si sforzano di ripensare come possa divenire unità visibile l'intima comunione di grazia dei battezzati. La ricerca verte soprattutto sul modo di esercizio, sul valore da conferire a questo ruolo, se esso possa essere esercitato da una persona singola, se esso debba avere un potere giuridico o semplicemente un carattere rappresentativo e di onore. Si discute ancora in ambito ecumenico in che modo un primato papale possa essere armonizzato con l'assoluto primato del Vangelo e posto al suo servizio. Ci si domanda ancora se il «primato petrino» o «servizio petrino» sia parte costitutiva e necessaria della Chiesa oppure sia solo una funzione possibile in linea di principio. Alcune Chiese e confessioni cristiane rimangono dell'avviso che non c'è alcuno spazio, secondo la Scrittura, per una Chiesa che si proclami «madre e maestra» delle altre (valdesi), e un ecumenismo senza Papa sarebbe auspicabile, ma non è di poco conto osservare che molte delle accuse rivolte al Papa sono cadute e molti cristiani anche non cattolici hanno avuto esperienze di intensa comprensione e comunione con i cattolici che hanno fatto cadere gravi pregiudizi e condanne senza appello. Così come per i cattolici si sono aperte nuove prospettive di considerare il permanente ruolo di Pietro nella Chiesa. A questo si è giunti attraverso studi e ricerche impostati in stile e metodo ecumenici, che vuol dire ascoltando tutte le voci e mettendo sul tavolo tutte le ipotesi per confrontarle con la Parola e con la storia della Chiesa. Ma a ciò si è giunti anche attraverso il contatto diretto dei cristiani di ogni confessione con gli ultimi vescovi di Roma, e attraverso il dialogo interconfessionale che hanno permesso di superare le chiusure aprioristiche e i contrapposti fondamentalismi. Il primato può essere ricompreso come "dono di Dio per la comunione; ma il primato non è l'unico dono per la Koinonia. Nel piano di Dio il primato è uno strumento che rende capaci le chiese di vivere in modo autentico come Chiese sorelle nella comunione della Verità e dell'Agapé" (Tillard).

Elio Bromuri

 

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