CONVERSAZIONI DI APOLOGETICA di Giampaolo Barra - Centro studi "Il Timone" |
Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria |
La Santa Messa |
In
questa conversazione affrontiamo un tema di straordinaria importanza per
la fede cattolica: parleremo della Santa Messa, del Sacrificio
eucaristico: sapete bene che noi cattolici siamo obbligati a
partecipare alla Santa Messa tutte le domeniche e el feste comandate.
Sapete anche che saltare la Messa, non partecipare al Sacrificio
eucaristico per colpa propria costituisce un peccato grave, un peccato
mortale, e per ottenere il perdono è necessario fare una buona
confessione. Quando
parlo della Santa Messa sottolineo il termine di “Sacrificio
eucaristico” perché proprio la verità fondamentale della Messa, il
significato essenziale della Messa come “Sacrificio” è spesso dimenticato
in casa cattolica e contestato dai cristiani non
cattolici. Come
è nostra abitudine, vogliamo chiarire innanzitutto che cosa è la
Messa, che cosa insegna la dottrina cattolica riguardo la Santa
Messa e poi vedremo le contestazioni che vengono avanzate alla
dottrina cattolica, cercando di mostrare come queste contestazioni siano
insostenibili. Naturalmente,
non mancheremo di fare una breve incursione nel campo della storia
dei primi cristiani, e domanderemo alla storia, alle tracce
che ci ha lasciato, ai documenti che sono giunti fino a noi, di
dirci che cosa pensavano i primi cristiani riguardo la santa Messa. Erano
questi cristiani consapevoli che la Messa è il sacrificio incruento di
Gesù oppure la consideravano solo un atto di culto che ricordava,
rappresentava simbolicamente, l’ultima Cena? Iniziamo
questa conversazione con una considerazione
di ordine generale, che mi pare molto utile per la nostra fede. L’importanza
della Santa Messa si
comprende se poniamo attenzione a quanto scrive un autore classico, il Royo
Marin, in un giustamente celebre studio intitolato “Teologia
della perfezione cristiana”. Ascoltiamo:
“La Messa ha gli stessi fini e produce gli stessi effetti
della croce” e
questo autore specifica che “Con la Messa possiamo dare a Dio tutto
l’onore che gli è dovuto in riconoscimento della sua infinita maestà e
del suo supremo dominio, nella maniera più perfetta possibile e in grado
rigorosamente infinito. Una sola Messa glorifica più Iddio di quanto lo
glorificheranno in Cielo, per tutta l’eternità, tutti gli angeli, i
santi e i beati, compresa Maria Santissima” (p. 549). Perché
la
Messa, una sola Messa, vale più di ogni altra preghiera, di ogni
altro culto, vale più di tutta la lode offerta a Dio in Paradiso, dagli
angeli, dai santi, compresa – badate bene – Maria Santissima? Si
può rispondere in questo modo: Poiché il sacerdote principale della
Messa è Gesù Cristo e la sua dignità è infinita, e siccome nella Santa
Messa viene immolata e offerta a Dio una vittima di dignità infinita, che
è lo stesso Gesù Cristo, si capisce bene perché la Messa – una sola
Messa - dà a Dio un culto di
lode e di ringraziamento che oltrepassa all’infinito ciò che le
creature, tutte le creature del Cielo e della terra, sono in condizione di
prestare. Capite bene, amici, quanto è importante la Santa Messa. Veniamo
subito alla prima domanda: che cosa è la Messa? Il
Catechismo di san Pio X, che ho avuto la grazia di studiare quando ero
bambino, risponde alla domanda in questo modo: “La santa Messa è il sacrificio
del Corpo e del Sangue sull’altare, in memoria e rinnovazione
del sacrificio della Croce”. È
difficile trovare una sintesi più ricca e profonda del significato della
Messa di quella offerta dal Catechismo di san Pio X. Ci vorrebbe una
intera trasmissione per esaminare ogni parola, ma le nostre – sapete
bene – sono conversazioni di apologetica, non di dottrina. Il
recente Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna, al n. 1330,
che la Santa Messa è un “Santo Sacrificio, perché attualizza
l’unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l’offerta
della Chiesa”. Dunque
per noi Cattolici la Santa Messa è innanzitutto il Sacrificio di Gesù,
è lo stesso
sacrificio della Croce, con una differenza: che
duemila anni fa, sul Monte Calvario, inchiodato alla Croce, Gesù si è
sacrificato volontariamente versando il suo sangue e meritando
per noi ogni grazia; invece, sull’altare delle nostre chiese Gesù si
sacrifica misticamente, per il ministero del sacerdote, senza
spargere il suo sangue e ci applica i meriti guadagnati con il
sacrificio della croce. La
Messa è un mistero grande, ma è un mistero vero. La
dottrina cattolica insegna che il sacrifico della Messa e quello della
Croce non sono e non possono essere che un solo e
identico sacrifico, come una e identica è la vittima:
Gesù Cristo, immolato una volta sola sulla Croce con sacrificio cruento. La
dottrina cattolica insegna che la vittima cruenta del Calvario e quella
incruenta della Messa non sono due vittime, ma una sola,
il cui sacrificio si rinnova ogni giorno nell’Eucaristia. Qui
sorge subito la prima domanda alla quale chi si occupa di apologetica deve
saper rispondere. Perché noi cattolici, a differenza di coloro che
contestano il significato della Messa, diciamo che la Messa è il
sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesù? La
risposta è molto semplice: perché lo ha insegnato Gesù Cristo,
è esplicitamente ricordato nella Sacra Scrittura e perché è
sempre stato insegnato e creduto dai veri cristiani, dalle
origini fino ai nostri giorni. La
Sacra Scrittura è estremamente chiara. Nell’Ultima Cena del Giovedì
santo, quando Gesù ha istituito l’Eucaristia, il Signore ha compiuto un
vero e proprio sacrifico, dicendo che il suo Corpo era “dato”, cioè offerto in sacrificio. A
conferma di quanto stiamo dicendo, valga per tutti ciò che riporta il
Vangelo di san Luca, al capitolo 22 e versetto 19: “Poi, preso
un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il
mio Corpo che è dato per voi”. Prestiamo
attenzione a queste parole. Il Corpo del Signore non viene soltanto offerto come cibo ai discepoli, ma è “dato”
per i discepoli e questa è una evidente allusione al carattere
sacrificale, cioè di sacrificio, del rito che Gesù sta compiendo,
cioè della Messa. Ancora.
Gesù ha compiuto un vero e proprio sacrificio dicendo che il suo sangue
era versato, come si versava nei sacrifici. Sentiamo il Vangelo di san
Matteo, al capitolo 26, versetti 27 e 28: “Poi prese il calice e,
dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: “Bevetene tutti, perché
questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione
dei peccati”. Dunque,
il Corpo “dato” e il
Sangue “versato” costituiscono un vero e proprio sacrificio. Questo è
il fondamento della dottrina cattolica sulla Santa Messa. E
il Signore Gesù, dopo aver istituito e celebrato la prima Santa
Messa proprio nell’Ultima Cena, ordina ai discepoli di rinnovare
quel sacrifico eucaristico: “Fate questo in memoria di me”, sono
le parole pronunciate da Gesù e riportate dal vangelo di Luca. Parole che
riporta anche san Paolo nella prima lettera che ha scritto ai
cristiani di Corinto, capitolo 12, versetto 25 “Fate questo, ogni
volta che ne bevete, in memoria di me”. Ovviamente,
quando Gesù ha dato questo comando ai suoi discepoli, quando
ha ordinato loro di rinnovare il sacrificio dell’ultima Cena e del
Calvario, ha dato loro anche il “potere” di eseguirlo, quindi
li ha ordinati, li ha costituiti “sacerdoti”. Il
sacerdote è dunque colui che ha ricevuto il potere e l’ordine di
rinnovare il sacrificio eucaristico, di celebrare la Santa Messa. Quando
un sacerdote celebra la Santa Messa obbedisce al comando di Gesù: fate
questo in memoria di me. Allora la Chiesa, ripetendo il gesto eucaristico
del suo Fondatore, compie un
vero e proprio sacrificio, quello stesso che offrì Gesù. Proseguiamo
nella nostra riflessione. Questa verità fondamentale riguardante il
carattere di vero e proprio sacrifico della Messa è stata contestata, nel
XVI secolo, dall’eretico Martin Lutero, dall’eretico Zwingli
e dopo di loro da tutti i membri della variegata e numerosa famiglia
protestante. Zwingli,
in un pubblico dibattito organizzato il 29 gennaio 1523 dalle autorità di
Zurigo, sostenne apertamente che la Messa, il culto dei santi, il celibato
dei sacerdoti, i voti monastici, le pratiche di devozione erano tutte
superstizioni, non insegnate dal Vangelo, am inventate dalla Chiesa. Anche
la Messa era un gesto superstizioso, che non aveva fondamento nel Vangelo
e nella volontà di Cristo. Ai
giorni nostri, anche i testimoni di Geova, che non dobbiamo
confondere con i Protestanti (i Protestanti credono alla divinità di
Cristo, i Testimoni di Geova non ci credono) negano che la Messa abbia
carattere di sacrificio. Nel
loro opuscolo intitolato “Accertatevi di ogni cosa” i testimoni di Geova scrivono che “Cristo è in cielo,
non è portato giù quotidianamente nel sacrificio della messa”. Ora,
tocca agli studiosi della Bibbia, ai teologi e agli esegeti, ai professori
di Sacra liturgia rispondere a queste contestazioni facendo uso della
Sacra Scrittura e mostrare, come abbiamo fatto –purtroppo
superficialmente – in apertura di questa conversazione, che la dottrina
cattolica è totalmente conforme all’insegnamento di Gesù e della Sacra
Scrittura. Noi
ci occuperemo di storia. Anche la storia ci può dare qualche indicazione
interessante. Domanderemo alla storia di dirci, sulla base delle
testimonianze, dei documenti, delle tracce che sono giunte fino a noi, che
cosa pensavano i primi cristiani della Messa. Essi pensavano che si
trattasse di un sacrificio, del sacrificio eucaristico – come crediamo
noi cattolici – oppure di una semplice commemorazione, di un ricordo, di
un rito, di una “cena”, come pensano Protestanti e testimoni di Geova? La
risposta della storia è chiara e inequivocabile. I
primi cristiani celebravano e partecipavano alla Messa consapevoli che si
trattava del sacrificio eucaristico, esattamente come crediamo oggi noi
cattolici. È
giunto il momento di portare le prove. E le prove, cari amici, sono
abbondanti! Cominciamo
dalla famosa Didachè , detta anche Dottrina degli
Apostoli, opera della quale non si conosce l’autore, o gli autori,
ma che fu composta alcuni dicono verso la fine del primo secolo, altri
intorno alla metà del secondo; dunque è uno scritto antichissimo, di
inestimabile valore, quasi contemporaneo al Vangelo di san Giovanni o
successivo di alcuni decenni. La
Didachè è un manuale di pietà scritto per i fedeli e per i
catecumeni che si preparavano a ricevere il battesimo nei primi tempi del
Cristianesimo. Al
capitolo XIV leggiamo questo passo estremamente interessante: “Ogni
domenica, giorno del
Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie, dopo che
avrete confessato i vostri peccati, affinché
il vostro sacrificio sia puro. Chiunque ha qualche lite con il suo
compagno, non si riunisca a voi prima che siano riconciliati, affinché
non sia profanato il vostro sacrificio. Così infatti ha detto il Signore:
“in ogni luogo e in ogni tempo, mi sia offerto un sacrificio
mondo; poiché io sono un gran re, dice il Signore, e il nome mio è
ammirevole tra le genti”. Soffermiamo
per un istante la nostra attenzione e cerchiamo di sottolineare la
ricchezza di queste poche righe. Dunque, alla fine del primo secolo,
o nei primi decenni del secondo, la storia tramanda un documento che
rivela le convinzioni e abitudini dei cristiani di quel tempo. Ricordiamole:
si radunavano la domenica (proprio
come facciamo noi cattolici), “spezzano il pane e rendono grazie”
(come succede nella Santa Messa alla quale partecipiamo noi cattolici);
“dopo aver confessato i peccati” (come insegna la nostra
dottrina: bisogna confessare i peccati mortali prima di fare al
Comunione); e, questo ci interessa particolarmente, i cristiani del primo
secolo credevano che la Messa fosse un “sacrificio”, lo stesso
Sacrificio di Gesù sul Calvario, rinnovato sull’altare della Santa
Messa. Qui
ci troviamo di fronte ad un conferma documentata storicamente, straordinaria,
antichissima che i primi cristiani avevano della Messa lo stesso
pensiero che abbiamo oggi noi cattolici. Ne
consegue che Protestanti e Testimoni di Geova, negando il valore
sacrificale della Messa non solo si pongono in contrasto con
l’insegnamento di Gesù e con la Sacra Scrittura, ma riprendono
un pensiero eretico che aveva fatto capolino nelle sette medievali e che non
era conosciuto dai primi cristiani. Andiamo
avanti in questo breve viaggio nella storia dei primi cristiani e
arriviamo, sempre in epoca antichissima, a sant’Ignazio di
Antiochia, morto a Roma, martire, nell’anno 107. Sant’Ignazio
fu autore di celeberrime lettere, che ci sono giunte. In quella inviata ai
Cristiani che vivevano a Smirne, sant’Ignazio scrive: “Si
astengano poi dall’Eucaristia e dalla preghiera liturgica della Chiesa
perché non credono che l’Eucaristia è la vera Carne del Signore nostro
Gesù Cristo; quella Carne che
ha patito per i nostri peccati e che il Padre celeste ha risuscitato,
per la sua potente bontà” (VII,
1). Quello
che abbiamo appena ascoltato è un testo di valore storico inestimabile.
Sant’Ignazio ci informa della fede dei primi cristiani
sull’Eucaristia, Corpo di Cristo, ma conferma la fede e la
consapevolezza che l’Eucaristia è quello stesso Corpo di Cristo che ha
patito, dunque che si è sacrificato per
i nostri peccati. Questo
è ciò che insegna ancora la dottrina cattolica dopo duemila anni,
dottrina cattolica rimasta fedele all’insegnamento del Vangelo e alla
prassi dei primi cristiani. Proseguiamo
questa breve incursione nel campo della storia dei primi cristiani. Il
nome di san Cipriano vi è ormai noto, perché è stato citato in
qualche nostra conversazione recente. San
Cipriano (ca 205-258) è vissuto nel III secolo, è stato Vescovo di
Cartagine ed è morto martire per la fede durante la persecuzione
scatenata dall’Imperatore romano Valeriano. Trattando
dell’Eucaristia, Cipriano usa espressioni di straordinaria chiarezza che
rivelano la fede dei cristiani dei primi secoli: “Sacrificio vero e
pieno”, “Sacrificio vero e sommo”, “Sacrificio verissimo e
singolare”. Molte
altre testimonianze si potrebbero portare. La storia conferma che
la Santa Messa, celebrata dai cristiani fin dalle origini, obbedendo in
questo al comando del Signore, è sempre stata considerata il Sacrificio
incruento, cioè senza spargimento di sangue, di Gesù. Lo stesso
Sacrificio del Calvario. L’ultima
conferma che ci offre la storia, questa sera, viene da San Cirillo di
Gerusalemme, santo, Padre della Chiesa, vissuto nel IV secolo (ca 315-
ca 387), il quale, istruendo i neofiti, scriveva: “Dopo compiuto il
sacrificio spirituale, rito incruento, sopra quell’ostia di
propiziazione, noi supplichiamo Dio per la pace universale della Chiesa,
per il retto ordine del mondo, per l’imperatore, per gli eserciti e gli
alleati, per i malati e in generale preghiamo noi tutti per tutti coloro
che han bisogno di aiuto e offriamo questa vittima…” Come
si vede, tra i cristiani dei primi secoli è vivissima la consapevolezza
che la Santa Messa è “sacrificio spirituale”, “offerta della
vittima” che è Cristo. Esattamente la stessa fede conservata dalla
Chiesa cattolica fino ai nostri giorni. Ma
la storia ci consegna anche altre importanti testimonianze. Sappiamo come
si celebrava la Messa in epoca antica ed è impressionante constatare come
noi cattolici abbiamo conservato, nella sostanza, i vari momenti della
celebrazione liturgica. Un
grande cristiano dei primissimi tempi, un maestro dell’apologetica, san
Giustino, vissuto nel secondo secolo, un pagano convertito al
cattolicesimo, morto martire verso l’anno 165, ci ha lasciato, tra altre
opere, anche due “Apologie”, dedicate una all’Imperatore Antonino
e l’altra al Senato Romano o allo stesso imperatore.
Apologie scritte per illustrare chi erano e che cosa pensavano i
cristiani, nella speranza che questo facesse prender coscienza alle
autorità del bene che facevano i cristiani e cessassero così le
persecuzioni. Nella
prima “Apologia”, scritta verso la metà del secondo secolo,
Giustino descrive la celebrazione eucaristica. Dopo aver detto che il Pane
e il Vino consacrati sono il Corpo e il Sangue di Cristo (cap. 66),
Giustino ci ricorda che “nel giorno detto del sole” (questo era
la domenica), “Convengono tutti nello stesso luogo” (quindi i
cristiani si radunavano, come facciamo oggi noi cattolici nelle nostre
chiese), “si leggono le memorie degli Apostoli, oppure le scritture
dei profeti” (ecco le nostre letture della Messa), “poi, quando
il lettore ha finito, chi presiede l’adunanza parla ammonendo ed
esortando” (ecco l’omelia del sacerdote celebrante dopo le
letture), “quindi ci alziamo insieme in piedi e facciamo le
preghiere” (queste sono le preghiere dei fedeli), “e terminata
la preghiera si offre pane, vino e acqua” (siamo al nostro
offertorio), “chi presiede, con tutto il fervore di cui è capace,
eleva preghiere e azioni di grazia” (siamo alla Consacrazione), “poi
si fa la distribuzione” (ecco la Comunione). È ricordata anche la
raccolta delle offerte. È
per noi cattolici una grande consolazione constatare quanto la Chiesa sia
rimasta fedele alla dottrina insegnata da Gesù e alla Tradizione. Sono i
Protestanti e i Testimoni di Geova che hanno introdotto delle novità,
inventate da uomini, che nulla hanno a che fare con il Vangelo e con la
Tradizione. Credo
molto opportuno terminare questa conversazione riportando alla nostra
memoria la celeberrima Professione di fede del Papa Paolo Vi, quando
parla della Santa Messa. Dice
il Papa: “Noi crediamo che la Messa, celebrata dal sacerdote che
rappresenta la persona di Cristo in virtù del potere ricevuto nel
sacramento dell’ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo e dei membri
del Corpo mistico, è il sacrificio del Calvario reso
sacramentalmente presente sui nostri altari.”. Questo
è ciò che crediamo noi cattolici. Per adesso credo che possa bastare. A
risentirci, a Dio piacendo. Giampaolo Barra.
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