CONVERSAZIONI DI APOLOGETICA di Giampaolo Barra - Centro studi "Il Timone" |
Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria |
Il Purgatorio |
(9/3/2000) |
In questa conversazione
parleremo del Purgatorio. E’ un tema dottrinale, importante, che
distingue noi cattolici, e anche, per certi versi, i cristiani ortodossi,
che crediamo nella esistenza del Purgatorio dai Protestanti e dai
Testimoni di Geova, che non credono alla esistenza del Purgatorio. Naturalmente,
poiché non credono all’esistenza del Purgatorio, non credono che
esistano anime bisognose delle nostre preghiere, dei suffragi e dunque non
ritengono opportuna, necessaria, doverosa la preghiera per le anime dei
defunti. Il purgatorio è un tema
sul quale si sono cementati persino gli storici. Storici di
prestigio ritengono che la dottrina del Purgatorio sia stata inventata
dalla Chiesa medievale. Prima nessuno avrebbe mai parlato di questa realtà
ultraterrena. Anche qualche giornalista è di questo parere. Su un
articolo del Corriere della Sera del 1 agosto 1999 si legge
che il Purgatorio è nato con il MedioEvo. Ora iniziamo la nostra
conversazione ponendoci una domanda: per quale ragione ci occupiamo
di Purgatorio? Qual è il vantaggio che vogliamo ricavare trattando questo
tema in questa conversazione? Rispondiamo così: per
rinsaldare la verità della fede cattolica. Noi cattolici crediamo che
dopo la morte verremo giudicati da Dio, che ci ama, crediamo nella
esistenza del Paradiso e dell’inferno, dunque dell’immortalità
dell’anima. Con molta gioia suggerisco a tutti voi amici di leggere il
bel libro intitolato “L’Aldilà è una certezza”, scritto da
una delle voci più ascoltate di Radio Maria, Anna Maria Cenci. E’
un libro adatto a tutti, che spiega in modo estremamente semplice queste
verità ultraterrene. E tra le verità di fede
cattolica vi è anche quella del Purgatorio. La “professione di
fede” formulata
da papa Paolo VI in occasione dell’Anno della fede (1967 –
1968) celebrato in tutto il mondo cattolico per ricordare il 1900°
anniversario dalla marte dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, recita
testualmente : “Crediamo
che le anime di tutti coloro che muoiono nella grazia di Dio – sia
quelle che devono essere ancora purificate col fuoco del Purgatorio
sia quelle che, come il buon ladrone, sono ricevute in Paradiso subito
dopo essersi separate dal corpo – costituiscono il popolo di Dio dopo la
morte”. L’esistenza
del Purgatorio è una verità di fede ribadita anche dal Concilio Vaticano
II, nella Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, al punto 49, dove
si può leggere: “Fino a che il Signore non verrà nella gloria e
tutti gli angeli con lui (cf. Mt 25,31) e, distrutta la morte, non gli
saranno sottomesse tutte le cose (cf. 1 Cor 15, 26-27), alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri
passati da questa vita, stanno purificandosi altri
godono della gloria”. Dunque,
l’esistenza del Purgatorio è una verità che un cattolico non può
mettere in discussione. Diciamo Purgatorio per intendere uno stato di
purificazione di alcune anime dopo la loro morte. Poi,
apologeticamente, andremo a verificare nel campo della storia,
se corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale la dottrina del
Purgatorio sarebbe nata nell’epoca medievale. Dobbiamo verificare se
corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale la dottrina del
Purgatorio è stata inventata dalla Chiesa cattolica molti secoli dopo la
morte di Gesù. Dunque,
entriamo subito nel vivo della nostra conversazione e illustriamo le
ragioni della tesi che intendiamo difendere. La dottrina del Purgatorio
nasce dalla Sacra Scrittura. E’ dottrina illustrata nella Parola
di Dio. Gli
amici lettori sanno che le nostre sono conversazioni di apologetica e non
vogliamo entrare nel campo della esegesi biblica. Per questa ragione, mi
limito soltanto a brevi cenni, che ciascuno poi potrà approfondire a
casa propria. Nell’Antico
Testamento è di fondamentale importanza il capitolo 12 del
secondo libro dei Maccabei, specialmente i versetti 43-46. Qui si
narra un episodio veramente significativo. Giuda Maccabeo, dopo
avere vinto una decisiva battaglia per la nobile causa dell’indipendenza
degli Ebrei, si reca sul campo di combattimento per seppellire i caduti.
Si accorge che sotto la tunica di ciascun caduto vi erano oggetti
idolatrici, oggetti dedicati agli idoli pagani e Giuda Maccabeo capisce,
in quel momento, il perché questi soldati erano morti. Dio
li aveva puniti per questo grave peccato. Cosa ci racconta la Bibbia? Ci
racconta che giuda Maccabeo prega e fa pregare il popolo di Israele
perché Dio perdoni il peccato commesso da questi soldati. Erano morti
combattendo per una nobile causa, erano morti con “sentimenti di pietà”
(lo dice il racconto biblico) e Giuda Maccabeo fa innalzare preghiere a
Dio per i defunti. Questa è la prova che si credeva nella possibilità
che i peccati dei defunti fossero perdonati, rimessi. Si
legge ancora nel racconto biblico Giuda Maccabeo fece una colletta e la
“inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio”
e la Bibbia dice che agì “in modo molto buono e nobile, suggerito
dal pensiero della Risurrezione. Perché se non
avesse avuta ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe
stato superfluo e vano pregare per i morti. Ma se egli considerava
la magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentavano nella
morte con sentimenti di pietà, la sua considerazione era santa e devota.
Perciò egli fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché
fossero assolti dal peccato” (2
Mac 12,43-45). Dunque,
ricaviamo subito un primo insegnamento. Quanto noi cattolici
preghiamo per le anime dei nostri defunti siamo in perfetta sintonia, in
perfetto accordo con quanto è insegnato nella Parola di Dio, fin
dall’Antico Testamento. Facciamo un’opera “buona e nobile”,
facciamo un’opera “santa e devota” quando preghiamo per i
nostri defunti, proprio come ha fatto Giuda Maccabeo. Proseguiamo
nella nostra riflessione. Ricordiamo brevemente tre passi del Nuovo
Testamento che alludono abbastanza chiaramente al Purgatorio. Il
primo lo troviamo nel Vangelo di san Matteo. Ascoltiamolo:
“Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario, perché
l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu
venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché
tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo” (5,25-26) Questo
brano del vangelo di san Matteo è interessantissimo. Lasciamo agli
esegeti il compito di approfondire il significato di questo passo, ma
facciamo solo una considerazione. Delle due l’una: o Gesù,
quando parla di questa prigione, intende una prigione terrena, come quelle
che ci sono sulla terra (e allora, spiace dirlo, si è sbagliato:
pensate a quanti esempi, soprattutto nella nostra Italia, si possono fare
di persone che escono di prigione senza aver scontato tutta la pena), oppure
Gesù parlava di una “prigione” non terrestre, prigione
dove si sconta – quindi si purga – fino all’ultimo
spicciolo, infallibilmente. E questa prigione dove, chi lo merita,
sconta fino all’ultimo spicciolo è il Purgatorio. Il
secondo passo lo troviamo sempre nel vangelo di san Matteo: “Perciò
io vi dico: qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma
la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà
male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo
spirito non sarà perdonata né
in questo secolo né in quello futuro” (12, 31-32) Sant’Agostino,
san Gregorio Magno e san Bernardo hanno visto in questo
passo evangelico la chiara allusione alla possibilità che alcuni peccati,
meno gravi della bestemmia contro lo Spirito, siano perdonati nella vita
futura, quindi dopo una purificazione. Ma
il brano più importante viene da san Paolo. Ascoltiamo
attentamente quanto l’Apostolo delle genti scrive nella sua prima Lettera
ai Corinti: “Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come
un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi
costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova,
che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce
con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di
ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si
manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di
ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà,
costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata,
sarà punito; tuttavia egli si salverà, però come attraverso il
fuoco” (1 Cor 3,10-17) Anche
per questo brano di san Paolo lasciamo il compito agli esegeti di
spiegarci bene ogni particolare. Ma a noi resta un dato di fatto: san
Paolo insegna che l’opera di quelli che hanno costruito la loro vita sul
fondamento Gesù Cristo verrà provata, verrà giudicata. Se, nonostante
abbiamo costruito meritoriamente su Gesù Cristo , l’opera verrà
trovata imperfetta, costoro verranno puniti, ma non per sempre:
si salveranno, però dopo essere passati per il fuoco purificatore. Bene:
questo è il Purgatorio. Vedete bene che la credenza nella esistenza del
Purgatorio è fondata biblicamente. La credenze nella possibilità
di scontare i propri peccati
in Purgatorio è credenza fondata biblicamente. Credere che è necessario
pregare per le anime del Purgatorio ha fondamento biblico. Noi
cattolici possiamo dunque stare tranquilli. La nostra fede è pienamente
conforme all’insegnamento biblico. Facciamo
un passo avanti nella nostra riflessione. Una conversazione di apologetica
non può evitare di interrogarsi sulla storia. Che cosa
pensavano i primi cristiani riguardo il Purgatorio? Professavano la
stessa fede che professiamo oggi noi cattolici? Oppure dobbiamo
riconoscere che l’idea del Purgatorio è stata inventata dalla Chiesa
nell’epoca medievale, come sostiene qualche storico e qualche
giornalista? La
risposta, è ovvio, va cercata nella documentazione storica, nelle tracce
che la storia ci ha lasciato. E, prima ancora di vedere i documenti che la
storia ci ha trasmesso, possiamo anticipare senza timore di essere
smentiti, che anche la storia conferma la verità di fede cattolica sul
Purgatorio. Il
primo esempio che voglio ricordare è tratto dal commovente diario di una
grande martire cristiana, di nome Perpetua, che fu uccisa a
Cartagine, in Africa, il 7 marzo dell’anno 203 insieme ad altri
cinque cristiani: Felicita, Revocato, Saturnino, Secundolo e il loro
catechista Saturo. E’ importante ricordare questa data: siamo
nell’anno 203, all’inizio del terzo secolo dopo Cristo. Il
diario di Perpetua è commovente, ci fa comprendere la grandezza di questi
martiri dei primi tempi del Cristianesimo, uccisi in odio alla fede nei
modi più brutali, davanti a folle impazzite che gioivano di questi
crudeli spettacoli. Perpetua e i suoi compagni, fratelli nella fede,
furono prima feriti gravemente da belve feroci e poi finiti con un colpo
di grazia, passati a fil di spada. Il
diario ci narra un episodio importane per il tema che stiamo trattando in
questa conversazione. Mentre si trovava in prigione, Perpetua ha una
duplice visione. Nella prima visione vede suo fratello Dinocrate, “morto
a sette anni per un cancro che gli aveva devastato la faccia” al
punto che, scrive Perpetua “la sua morte aveva fatto inorridire
tutti”. Nella prima visione, Perpetua vede suo fratellino uscire “da
un luogo tenebroso dove vi era molta altra gente; era accaldato e
assetato, sudicio e pallido. Il volto era sfigurato dalla piaga che
l’aveva ucciso”. E ancora, in questa prima visione, Perpetua vede
suo fratello che tenta senza riuscirci di abbeverarsi ad una piscina e
capisce che Dinocrate sta soffrendo. Non riesce ad abbeverarsi e questo
era per lui motivo di grande sofferenza. Perpetua
prega per l’anima di suo fratello defunto. Il Signore ascolta le sue
preghiere e in una seconda visione, Perpetua vede Dinocrate perfettamente
guarito, in grado di abbeverarsi, capace di giocare come fatto tutti i
bambini. Interpretando questa seconda visione, Perpetua scrive nel suo
diario: “Mi svegliai e compresi che la pena (del Purgatorio)
gli era stata rimessa”. Soffermiamo
un istante la nostra attenzione su questo episodio. La storia ci consegna
un documento straordinario, documento che risale all’inizio del terzo
secolo, nel quale Perpetua, una martire della fede cattolica fa
esplicito riferimento al Purgatorio. Nel
terzo secolo dopo Cristo i cristiani credevano pacificatamene
all’esistenza del Purgatorio, come dimostra il diario della martire
Perpetua. Capite
bene, cari amici, che basta questo documento per smantellare l’accusa
che il Purgatorio sarebbe stato inventato dalla Chiesa cattolica
nell’epoca del suo maggior splendore, nel Medioevo. Non è vero: in
realtà i cristiani credevano nell’esistenza del Purgatorio molto tempo
prima, fin dai primissimi secoli. Proseguiamo
il nostro viaggio nella storia. Prima della testimonianza di Perpetua, che
abbiamo appena ricordato, nel secondo secolo, la storia ha
collocato un’altra importante testimonianza della credenza nel
Purgatorio. O meglio: della credenza nella necessità di pregare
per le anime dei defunti e quindi, ovviamente, del Purgatorio, anche se
non lo si chiamava con questo nome. Perché
diciamo “ovviamente”. Perché i cristiani sapevano e sanno bene ancora
oggi che pregare per le anime del Paradiso è inutile, perché
queste anime godono già della felicità eterna; e pregare
per le anime dei dannati non solo è inutile, ma è una gravissima offesa
fatta a Dio e alla sua infinita e infallibile giustizia. Quindi,
quando troviamo documenti satirici che attestano la pratica di pregare per
le anime dei defunti, ciò vuol dire ceh i cristiani credevano nella
possibilità di aiutare le
anime dei defunti; anime che non erano certo destinate all’inferno
(altrimenti sarebbe stato peccato pregare per loro): si tratta
dunque di anime destinate certamente al Paradiso ma che avevano bisogno
di una ulteriore purificazione, che avevano bisogno dei nostri suffragi,
dovendosi purificare; è ciòc he noi chiamiamo Purgatorio. Torniamo
alla nostra documentazione storica. Nel secondo secolo – dicevamo -
la storia colloca il notissimo epitaffio di Abercio. Chi era
Abercio? Era un cristiano , probabilmente vescovo di Ierapoli, in
Asia Minore il quale, prima di morire, compose di propria mano il suo
epitaffio, cioè l’iscrizione per la sua tomba. In
questo epitaffio leggiamo una frase importante per il tema che stiamo
affrontando nella nostra conversazione. Leggiamo: “Queste cose
dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue
anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio.” Riflettiamo
un momento. Abercio invita quelli che visiteranno la sua tomba a
pregare per lui. Invita a pregare per lui defunto, quindi
per la sua anima. Siamo di fronte, come si può facilmente comprendere, ad
una antichissima
testimonianza che prova come la Chiesa primitiva, la Chiesa dei primi
secoli, credeva al Purgatorio e alla necessità di pregare per le
anime dei defunti. Ripetiamo
bene: le anime che avevano -
e hanno - bisogno di
preghiere non sono né le anime del Paradiso (per le quali
è inutile pregare) né quelle
dell’inferno (per le quali è peccato pregare). Evidentemente sono le
anime del Purgatorio. Questo
documento storico antichissimo, di straordinaria importanza
“l’epitaffio di Abercio”, non può che rinsaldare,
rinvigorire, rinforzare la
consapevolezza che noi cattolici abbiamo ragione quando crediamo nella
esistenza del Purgatorio. La nostra fede è conforme alla fede dei primi
cristiani. Pazienza se nel corso dei secoli, dopo la Riforma protestante o
la nascita dei testimoni di Geova, è emerso qualcuno che ha negato questa
verità. Noi stiamo dalla parte di ciò che insegna la Bibbia e che
professano i veri cristiani fin dai tempi della Chiesa primitiva. Continuiamo
il nostro viaggio apologetico nel mondo della storia. Un’altra preziosa
testimonianza ci giunge da Tertulliano (ca 155 – ca 222). Abbiamo
citato questo autore anche nella precedente conversazione. Ricordo che
Terutlliano visse a cavallo tra secondo e terzo secolo, quindi in epoca antichissima. Era un pagano, convertito
al Cristianesimo; divenne uno strenuo apologeta del cattolicesimo prima di
cadere, purtroppo nell’eresia montanista. A
noi Tertulliano interessa per la sua testimonianza storica. Nel suo De
Corona, Tertulliano scrive: “Nel giorno anniversario facciamo preghiere
per i defunti”. Abbiamo, con la testimonianza di Tertulliano,
una prova ulteriore che la Chiesa dei primissimi tempi pregava per i
defunti, quindi per le anime del Purgatorio. Tertulliano
ci offre un altro documento storico importante: nel suo De monogamia, scrive:
“La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per
la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte”, dove
si intende bene che la moglie prega perché l’anima del defunto giunga
presto alla gioia del Paradiso. Questo documento storico ci mostra la
credenza dei primi cristiani nell’ esistenza del Purgatorio: si prega
perché le anime dei defunti giungano
presto nella gioia, cioè nel Paradiso. La
storia della Chiesa, la storia antica è ricchissima di testimonianze.
Anche il grande sant’Agostino attesta la fermissima fede della
Chiesa dei primi secoli nella esistenza del Purgatorio. Scrive quel santo
vescovo di Ippona: “Non si può negare che le anime dei defunti possono
essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è
offerto per loro il sacrificio del Mediatore [qui sant’Agostino sta
parlando del sacrificio della Santa Messa], oppure mediante
elemosine” (De fide, spe, et caritate). Riportiamo
un’ultima testimonianza, anche per non stancare i nostri amici lettori.
Proviene da sant’Efrem di Siro, vissuto nel IV secolo (306-373).
Siamo di fronte ad un uomo di grandissime virtù, che raggiunse una fama
di santità immensa. Era così importante che San Girolamo (ca 347 – 419
o 420) attesta che gli scritti di sant’Efrem erano letti pubblicamente
in Chiesa, dopo la Sacra Bibbia. Scrive
sant’Efrem nel suo testamento: “Nel trigesimo della mia morte
ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono
aiuto dalla preghiera fatta dai vivi” (Testamentum). Anche questa, dunque, è una testimonianza offerta dalla storia riguardo la credenza della Chiesa dei primi secoli: i morti potevano ricevere benefici dalle preghiere dei vivi. Ovviamente, come già detto, non si poteva trattare né delle anime del Paradiso (che non hanno bisogno di nostri benefici) né delle anime dell’inferno (che non possono ricevere alcun beneficio). Dunque, siamo giunti al termine di questa conversazione apologetica. Che cosa ci portiamo a casa? Direi due considerazioni: la prima riguarda la dottrina del Purgatorio che viene contestata. Abbiamo visto che si tratta di una verità fondata sulla Sacra Scrittura e sempre creduto dalla Chiesa e dal popolo cattolico. La seconda considerazione: preghiamo per le anime dei nostri cari, preghiamo con la consapevolezza che la nostra preghiera porta giovamento alla condizione delle anime del Purgatorio. Preghiamo sapendo che queste anime contraccambiano le nostre preghiere e implorano Dio di concederci ogni mezzo necessario per andare insieme a loro in Paradiso. Ci risentiamo, a Dio piacendo. Giampaolo Barra.
|